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Se mastichi abbastanza l'inglese parlato vorrei farti vedere la scena di un film. Non lo ritengo un grande spoiler, quindi se non l'hai mai visto comunque non mi preoccuperei più di tanto da questo punto di vista.A tal proposito, sono uscito un paio di volte con una ragazza conosciuta di recente su Tinder e le ho fatto semplicemente questo discorso: cerchiamo di non fare "gli sgargianti" e di giocare a carte scoperte e vediamo come va a finire. Sarà che sono stato fortunato ad avere di fronte una persona ben disposta ad accettare questo mia sorta di proposta/esperimento, ma devo dire che ci stiamo trovando bene a prescindere poi dalle evoluzioni che potrà prendere il nostro rapporto.
Però ripeto: sono stato molto fortunato a beccare una persona sulla stessa lunghezza d'onda ed è raro secondo me trovarne una così soprattutto conosciuta "virtualmente" ed ammetto che sarà sempre difficile essere totalmente se stessi al 100% con un estraneo.
Lei è un po' drastica, senza filtri, e usa uno "strong language". Ma il "patto", la proposta è la stessa che hai fatto alla ragazza: non cerchiamo di impressionarci a vicenda.
Anch'io ho conosciuto una ragazza online con cui si può dire che ho stabilito un rapporto del genere, non ti dico com'è successo perché ha dell'assurdo e rocambolesco (non ha niente a che fare con social o app/siti di dating e bada bene che con questa precisazione non sto esprimendo alcun giudizio sul loro utilizzo), ma comunque non penso abbia molta importanza nel discorso. È ucraina e non ci siamo ancora incontrati di persona, ma posso assicurarti al 100% che non è un'identità fake. Tra le altre cose mi ricordo che per rassicurarla sul mio non essere judgemental le feci questo esempio estremo ma penso eloquente: "tu potresti anche scendere per strada e metterti ad urlare che io mi unirei a te e solo dopo ti chiederei per quale motivo lo stiamo facendo". Poi le ho fatto conoscere un film coreano che si intitola Oasis, uno dei miei preferiti. L'ha amato. Penso che ciò le abbia dato un'idea decisa sulla persona con cui stava parlando e un boost notevole per aprirsi con me, ma d'altro canto l'ha data anche a me nei suoi riguardi. Mi ha detto più di una volta che, oltre ai familiari più stretti, io sono l'unica altra persona con cui si sente "at home", con cui sente di poter essere se stessa e dire tutto ciò che le passa per la testa senza impensierirsi per le mie reazioni. Io ovviamente mi sento estremamente lusingato da ciò e anche lei mi ha trasmesso una sensazione simile. Mi va di precisare che ero indeciso se scrivere qui queste ultime righe per rispetto e discrezione nei suoi confronti, ma ho optato per farlo perché, oltre al mantenimento dell'anonimato, credo che potrei tranquillamente darle il link al topic e farglielo leggere traducendoglielo.
Detto ciò, naturalmente concordo sul fatto che in ogni relazione che si basa su una coppia, come suggerisce la parola stessa
Anch'io in questa occasione penso di essere stato "fortunato", penso che una persona come lei sia rara e preziosa, e gliel'ho detto. Concordo anche sulle eventuali complicazioni dell'essere se stessi al 100%. Intanto all'inizio direi che l'inclinazione istintiva a tastare prima il terreno è anche, secondo me almeno in parte, "normale", poi sì, non è facile o perlomeno non è affatto scontato che lo sia e, soprattutto in una società che esercita varie pressioni per spingerci a non esserlo, è un aspetto fondamentale che va stimolato e continuamente supportato da entrambi. A mio modo di vedere, la sua riuscita momento per momento dipende sia dalla capacità dell'altro (apertura mentale, sospensione del giudizio, ascolto, comprensione, empatia) di convincerti che qualsiasi cosa tu faccia o dica non ci saranno conseguenze irreversibili, che si può dialogare, sia però anche dalla propensione a vincere le proprie perplessità in merito, siano esse dovute al proprio vissuto, al proprio "carattere corrente" o più genericamente ed esternamente alle pressioni e distorsioni sociali, al retaggio culturale. Queste leve devono lavorare insieme, da sole probabilmente non bastano, oppure vale a dire che la sola presenza della seconda - che comunque è auspicabilmente giusto che ci sia - prima o poi purtroppo condurrebbe all'insorgere di attriti, ad un blocco e/o ad un allontanamento (o almeno credo).
Su internet non sono solito commentare l'altrui gestione delle relazioni partendo dal fatto che non conosco né la persona alla quale mi rivolgerei né quella con cui essa l'ha instaurata o sta provando insieme all'altra ad iniziare ad instaurarla. Oltretutto prima di lanciarmi in una cosa simile mi chiedo: quanto ho a cuore la persona a cui sto indirizzando la mia visione dell'argomento? Per cosa lo faccio, a che pro? Magari potrebbe essere che lo faccio nella speranza di aiutarla in qualche modo, tuttavia non dovrebbe essere l'aiuto del buon samaritano che si china sul bisognoso alimentando un ego che si vuole sentire sempre più irreprensibile e virtuoso, o ancora senza ergermi ad arrivista che elargisce perle di saggezza che in realtà magari riflettono soltanto dei trascorsi personali e individuali, ma anzi accogliendo la possibilità che il destinatario possa a sua volta aiutarmi di rimando. A quale scopo "sentito" lo sto facendo? Mi chiedo ciò in quanto, essendo aspetti importanti della vita, le parole che spendo per esporre tale visione dovrebbero portare con sé un qualche mio coinvolgimento emotivo, un principio di legame affettivo, dovrei volere almeno un po' di bene a quella persona, dovrei volere il suo bene. Ma se in questo caso posso esprimere la mia modesta opinione - e verosimilmente a questo punto l'avrai già capito - hai senz'altro il mio virtuale appoggio nell'averle proposto di non comportarvi da sgargianti.
Mi va di aggiungere questo: proprio come quello che si dipinge sul viso di Lisa alla fine di quell'estratto degli immenSimpson che furono, i sorrisi (o le risate) più sinceri e sgargianti sono quelli in cui si riflette anche un sollievo, un senso di liberazione, uno spensierato ed esposto abbandono che ha radici nella consapevolezza di poter esternare, manifestare con serenità davanti a qualcuno (potremmo dire anche paradossalmente, ma in realtà si tratta di un falso paradosso) sentimenti meno alla moda come tristezza, sconforto, confusione, agitazione, irrequietezza, insicurezza, vulnerabilità, di potersi astenere dall'impegno autoimposto e stressante, psicologicamente faticoso, atto a garantire una costante e diligente positività di facciata, tirata a lucido e "tossica" in quanto corre il rischio di imporsi come unico modo di rapportarsi costringendo a sua volta l'altro nella condizione di sentire l'esigenza di rispondere con un altrettanto identica, o meglio simmetrica, gravosa per lo spirito e secondo me poco sana, pantomima imbastita per non essere da meno, dalla quale può generarsi un circolo vizioso, comprimente e alla lunga asfissiante, una rete fastidiosamente viscosa e appiccicosa di aspettative. Oltretutto penso che questo equilibrio molto precario, da un momento all'altro, potrebbe far "naufragare" la relazione, farle incontrare serie difficoltà o impedire di portarla oltre un certo grado di profondità e intimità (considerato che quest'ultima non si esaurisce nel vedersi nudi e fare sesso), cioè quando, all'aumentare di quella che per comodità chiamo confidenza, emergeranno giocoforza almeno alcune caratteristiche autentiche della personalità di entrambi (concetto che avevo già letto qui dentro una volta, forse espresso da HunterKakashi [correggimi se sbaglio], e direi che lo sposo senza remore); oppure mi chiedo che razza di "asylum for the feeling" io potrei rappresentare per l'altra persona nell'eventualità che sia lei la prima a sentire il bisogno di dare sfogo a qualcosa di diverso dall'entusiasmo pimpante, dalla vivace vitalità nel periodo in cui ci stiamo frequentando, poni il caso che nasca anche soltanto da una semplice giornata andata storta, se a quel punto si vedrà costretta a confrontarsi con il cartonato monodimensionale, dalla risonanza non versatile, che ho eretto fra me e lei, e se per questa ragione a quel punto i dubbi su come potrei reagire alla diversità di questo qualcosa inizieranno ad affacciarsi nella sua mente. Risposta? Fino a quel momento non avrei dimostrato di saperle offrire nessun asylum e sarebbe piena di incognite. Inoltre in questo senso, se mi passi il termine, un simile atteggiamento è quasi deprimente poiché piatto, monostratificato e monotematico, cioè depaupera quel groviglio di sfaccettature belle da esplorare, sciogliere e distendere, per ammirarle nelle loro perfezioni e imperfezioni, che è l'essere umano, il quale non si dovrebbe né vergognare di ciò né sentire l'urgenza o il peso costipante di nasconderlo.
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