Leggevo i vostri post e riflettevo su una cosa: mi sembra che ci sia una sovrapposizione di più livelli di discussione e tematiche, che se non opportunamente divise penso che faccia loro un gran disservizio:
-la prima cosa che mi sento di dire è che in tutte le discussioni di "woke" e videogiochi, purtroppo, il 90% delle volte "l'inclusione" non c'entra nulla. A mio parere le iniziative veramente inclusive nei vg sono state per esempio tutte quelle relative alle opzioni di accessibilità, ma per quanto riguarda le forme di rappresentazione siamo ancora in alto mare (ci torno subito);
-la mia idea è che in generale il fruitore di videogiochi non è stupido o poco sveglio; quando un prodotto veicola un contenuto artefatto e stucchevole se ne accorge. Per esempio, un fanservice estremo e dozzinale sfocia molto facilmente nello squallore quando non nella comicità (involontaria). Una storiella scritta male, moralista e dagli intenti retorici convince ben poche persone. Il polpettone blockbuster che gioca "safe" non conquista e non convince nessuno, anzi annoia. Allo stesso modo, un tentativo di "rappresentatività" goffo e ostentato viene percepito come paraculo e poco altro.
-il bisogno di ampliare le forme di rappresentazione nei videogiochi è reale; ci sono diversi casi in cui ho apprezzato la qualità, la credibilità e la sensibilità con cui questo è stato fatto, ad esempio TLOUII. Le protagoniste non erano personaggi "etichetta", erano personaggi veri e come tali sono stati apprezzati. Ci sarebbero diversi altri esempi, ma in generale è più facile che si tratti di giochi autoriali e ben scritti.
-alle SH non frega una mazza dell'"inclusione" o della "rappresentatività". Qualsiasi prodotto non nasca da un guizzo prevalentemente artistico e/o autoriale sta soltanto adulando il tipo di utenza che di volta in volta gli è più conveniente, e verrà adottata qualsiasi misura posticcia necessaria per raggiungere un determinato traguardo di marketing e vendite.
Ora, il mio pensiero è: giocare la partita di temi seri come "l'inclusione" e la "rappresentatività" sul terreno delle megacorp videoludiche è un'operazione fallimentare in partenza. Il predominio dei corpi iper-sessualizzati era negativo in quanto modelli unici ed esclusivi di riferimento, che creavano standard irreali e penalizzanti (per tutti) e contribuivano a rafforzare alcuni stereotipi sui videogiochi stessi (ad es., "il videogioco è un passatempo da maschi").
Tenendo conto di questo, l'odierno bisogno di varietà nelle forme di rappresentazione è reale, perché creare alternative credibili e verosimili a questi superuomini e donne perfetti che popolano il media può fargli fare un salto qualitativo. Ma la megacorp che produce il prodotto di massa adotta questa strategia non per fini "nobili" ma commerciali, e pertanto ha una probabilità molto elevata di tirare fuori un prodotto posticcio e artefatto.
Il mio ragionamento è: l'obiettivo dell'ampliamento delle forme di rappresentazione (almeno nei videogiochi) dovrebbe essere favorire un cambiamento di punti di vista nel mondo, "normalizzare" in un media come questo modelli e tipi che in realtà sono già la normalità. Tirare fuori "in serie" prodotti posticci e di bassa qualità che paiono rispondere ad un'agenda sistematica a mio parere fa un disservizio alla causa e crea ostilità nel pubblico generalista che si vuole "sensibilizzare", perché (vedere punto 2) le persone percepiscono la sviolinata in sottotesto e non se la bevono. Per estensione, tutto ciò che è ""inclusione"" diventa tirannico, pesante e stupido.
Qualcuno potrebbe dirmi "e chi cazzo se ne frega che l'uomo bianco etero o chicchessia si offende? Si è goduto la sua egemonia indiscussa per secoli, è giusto che adesso se ne stia da parte e capisca che non è il centro del mondo". Ma la mia visione rimane centrata sul messaggio da inviare: cosa mi interessa veramente, "rivendicare" un diritto e "punire", o far arrivare il mio messaggio nel modo più efficace e ampio possibile al maggior numero di persone?
Per cui secondo me in questi discorsi si scontrano principalmente due correnti:
1 - da una parte chi è infastidito/a da quello che a tutti gli effetti sta diventando un nuovo tipo di bigottismo, soprattutto nei prodotti di massa. Badate bene che non penso nemmeno che la colpa sia da imputare completamente al "woke" soprattutto per quel che riguarda la nudità, ma trovo che sia invece soprattutto una conseguenza della crescita esponenziale del mercato dei videogiochi.
2 - dall'altra chi è irritato/a dalla continua riduzione di qualsiasi tentativo di ampliare le forme di rappresentazione ad un'agenda woke, al punto di farne un pensiero fisso e ossessivo, dando vita a paranoie complottiste e vedendo "woke" ovunque.
Poi ovvio nel mentre si inseriscono agilmente misogini/razzisti/omofobi/misandre/incel e chi più ne ha più ne metta, ma in linea di massima mi sembra che a scontrarsi e a cercare di comunicare siano spesso i tipi 1 e 2, senza però riuscirci.
Il rischio che vedo? Che la parola "inclusione", da invito ad accogliere, rischi di venire deformata (da entrambe le fazioni) in una parola pesante e opprimente, che finisce per separare ancora di più.