IL VERO VINCITORE MORALE DEL VGA: THE VILLAGE
«The Village non è un villaggio, è una autentica villeggiatura per il gamer»
(cit mois)
Giocando The Village, per la terza volta, mi sono chiesto cosa esattamente continuasse a portarmi e riportarmi (Repetita iuvant uber alles) su un'esperienza videogiocosa come RE8.
Facciamo le pulci al gioco, come si confa in questa classica casistica forumara: The Village è un'esperienza estremamente lineare, ha un ritmo sbilanciato specialmente tra le sue fasi intermedie, quando intervalla esplorazione ed azione pura, ha richieste belliche assai leggere e poco esigenti, ha boss con pattern piuttosto semplici, alcuni li hanno definiti molto elegantemente un filler del cazzo, la materia enigmistica è un'autentica parodia dei gloriosi fasti di come era, un pretesto. Onestamente RE8 è un titolo che presta il fianco su molti aspetti, ma nonostante questo io non ho ancora capito perché sto approntando una quarta run.
È particolarmente tosto riuscire a fornire una motivazione plausibile che non abbia a che vedere solo con il cuore in questi casi. Non ho avuto quindi risposte certe e non posso fornire soluzioni semplici, nemmeno dopo un podcast ad esso dedicato, ma posso ipotizzare che la favola nera di Ethan Winters e i doni della morte, o per meglio dire, i doni di madre Miranda, sia un autentico frutto autoriale del miglior sviluppo nipponico, con un sottotesto immaginifico composto da coraggiose scelte autoriali che non fanno prigionieri ne compromessi, un gioco stratosferico per composizione e natura tipicamente giapponese, nel suo essere un mosaico di situazioni bizzarre, grottesche, sanguinose, stereotipali, un gioco “antologico”, dell’orrore e del franchise stesso, sopra tutto, dannatamente divertente.
RE8 è un gioco che in qualche modo, a me ignoto, che ho già visto e giocato dozzine di volte, specialmente dopo oltre 20 anni di franchise, la sensazione di essere dentro un collage situazionale è decisamente fortissima. Se da un lato era impossibile che Resident Evil non assomigliasse (almeno come ricorsività contenutistica) a sé stesso, dopotutto è passato troppo tempo, è vero anche che basta una macchina da scrivere senza ink-ribbon posata su un barile per far tornare alla memoria del giocatore le perniciose deambulazioni nella Spencer Mansion senza aggiungere una sola riga di codice. Dopotutto RE8 è tutto qui. Celato nei nostri ricordi più puri ed incontaminati, si offre per interpretare in salsa moderna le medesime idee tramandate per anni e si prodiga per conservarle con cura, messe sotto vitro, o sotto sale.
È stato detto che questo titolo provoca nel giocatore un senso di “eterno ritorno” che da sempre è croce e delizia delle serie longeve, ed è vero.
Alcuni aspetti che ho notato, schematizzati ad hoc.
~ il gioco esce sulle orme del precedente, che era un'esperienza fondante sul PSVR. Siccome il PSVR (di PS5) è in alto mare, credo che abbiano ridiretto lo sviluppo su una versione liscia, ma anche The Village mi sembra un gioco per PSVR, mi sembra quantomeno palese, basta guardare la mappa, i boss, e la linearità.
~ il gioco esce ed inganna fin dal didascalico e fiabesco inizio, che mi ha ricordato "Harry Potter e i doni della Morte" (con tanto di stile Tim Burtoniano, funfact è fatto da Platige Image Studio, quelli di The Witcher 2, che sono polacchi)
~ il protagonista si trova dentro un film horror, è lui stesso a dirlo nel suo striminzito diario. Il giocatore invece si trova dentro un RE che fa tesoro di tutto quello che aveva precedentemente stipulato con il gamer. Eppure ci sono veramente troppe cose che hanno un doppio linguaggio. Uno più esterno ed uno più interno. E tutte e due funzionano alla perfezione.
~ il gioco inizia e finisce come una favola, sembra uscita dai fratelli Grimm o Basile, c'è persino il personaggio grassoccio che aiuta il protagonista, ed Ethan e la sua famiglia sembrano usciti da una fiaba.
~ Il richiamo all'horror antologico è geniale: 4 location, 4 stili di gioco, tutti da assaporare
~ Il protagonista, Ethan, viene continuamente ferito, morso, perforato da lame, trascinato brutalmente, pestato sotto ingranaggi di ferro, qualcosa che non subiscono nemmeno i supereroi dei comics, i soli capaci di sopravvivere a tanto...la mente del giocatore cede facilmente all’inaccettazione per il mancato realismo basilare per un survival horror...ma è tutto pianificato
~ Come si può conquistare il pubblico videogiocante nella maniera più semplice ed immediata? Basta presentare un'icona sessuale di ampia portata. Una gigantessa tettona, una orchessa, una seducente vampira, un perfetto ed ostentato desiderio sessuale, l'ideale ariete da sfondamento per conquistare il pubblico. Di fatto non si è parlato di altro, e i Baker non reggono il confronto.
~ RE8 sguazza pure anche nelle dimensioni identitarie di determinate nazioni europee, come la Transylvania, con la sua rosa di antagonisti e NPC a rappresentare determinate stereotipizzazioni religiose - culturali e letterarie - con le loro specificità. Già lo fece in passato, ma questa volta, il compito è da dieci con bacio accademico.
~ Dentro RE8 ci sono almeno 8 RE ed infinite declinazioni di horror gaming. La parte con Alcina è chiaramente RE, La parte con il Villaggio delle Ombre è RE4, La parte con La fabbrica è RE6, si spara come in RE: Gun Survivor, si esplora come in RE: Revelations, e poi non so che altro, Donna Bienevento? Clock Tower e le derive "Walking Horror Simulator" e titoli come "Emily Wants to Play" e indie games.
~ Alcuni lo hanno definito lontano da RE, invece è il capitolo più importante in assoluto, basta finirlo per rendersene conto.
~ In una parola l'ho definito "Fracchioso" Tratto da Fracchia e la Belva umana. Fracchia era una commedia, ma il sottotesto era orrorifico.
Termino, ma potrei continuare...per secoli.