Nomadland (Chloe Zhao). Sarà che mi aspettavo qualcosa in più rispetto alla media, tra vittoria agli Oscar ed il fatto di essere "on the road", genere che solitamente apprezzo molto, ma questo film, e scrivo il commento un pò meno che a caldo, non mi è sembrato chissà che. Molto molto lento, è un insieme lineare di incontri che però non lasciano nulla. Non ho trovato neanche così fenomenale l'interpretazione della McDormand, ma devo ancora recuperare gli altri film in concorso quest'anno per poter confrontare. Anzi, se lo paragono a quelli che ho già visto, Sound of Metal a mio parere meritava molto di più di quanto si è portato a casa. Solitamente apprezzo la fotografia al naturale, in questo caso però non mi ha convinto del tutto. Anche le ambientazioni, troppo simili tra loro, non ho capito se son sempre rimasti nel Nevada o meno, nel primo caso allora ci potrebbe anche stare. Mi è piaciuta invece la colonna sonora.
The Mitchells vs the Machines - parto subito dal punto che meno potrebbe entusiasmare ovvero la trama di base, si ha a che fare con un family road movie senza particolari guizzi.
L'effetto wow deriva da tutto il resto che è pazzesco! un film incredibilmente divertente dall'inizio alla fine, avvantaggiato da un esecuzione sbalorditiva (visto in Dolby Vision) con una CGI brillantemente stilizzata che continua il trend iniziato da Spider-Verse, ma che ha fatto qualche passo in più con la fusione di altri medium che mi ha fatto impazzire.
Aiuta anche il fatto che il 92% delle battute centrano il bersaglio. E oltretutto ha anche un gran cuore, disarmante e astuto.
Devo dire che è il film di animazione degli ultimi anni che più mi ha colpito.. e i confronti con Soul post visione non sono di certo mancati
Peppermint Frappe, Saura
Una doppia equivalente presenza delle due donne che diluisce troppo il film, oltre all'accumulo di scenette ossessive. Bello ma i film da cui si ispira, Vertigo Bunuel e tutti i drammi americani con dottore che fa interventi su una donna per renderla perfetta, sono molto meglio.
Commedia romantica con un po' troppo sessismo per i miei gusti. Vale la pena notare che il sessismo non è una specie di prodotto a parte, che si potrebbe rimuovere linecmando qualche scena, ma è necessario a sostenere il tema principale del film: la stabilità sociale e i ruoli che la compongono.
Oxygène, Alexandre Aja
Mi è piaciuto parecchio, claustrofobico e pieno di suspense. Il regista è riuscito a mettere in piedi un gran film e una storia convincente nonostante il tutto si svolga in una sola location. A ritmo costante vengono svelati dettagli e indizi che mantengono sempre alta la curiosità, non c'è nulla di scontato, fino alla fine non è affatto facile capire come stanno realmente le cose.
Army of the Dead (Zack Snyder). Io sono leggenda, Las Vegas edition. Buon ritmo, non fa pesare le quasi due ore e mezza di contenuti. Ovviamente da guardare a cervello spento, nonostante ciò bisogna sorvolare su un bel pò di cose ugualmente, specie verso il finale, dove anche la CGI peggiora in maniera importante. Tutto sommato per una serata tra amici va più che bene. Ad un certo punto del film pensavo volessero virare verso qualcosa di nuovo,
(nella sparatoria finale all'interno del casinò, mentre fuggono, uno degli zombi uccisi dal messicano sembra essere un robot, il cranio aperto sembra mettere in evidenza qualcosa di metallico)
peccato che così non è stato.
Tom Cruise s'è sfinato parecchio.
Si ispira palesemente a Groundhog Day sia per la trama che per i temi trattati, ma riesce comunque a non farlo pesare troppo e a risultare fresco e divertente per quasi tutta la durata.
Ho trovato molto bella l'alchimia che si instaura tra i due protagonisti che trovano in questo loop temporale quasi un rifugio dal mondo che evidentemente non riescono e non vogliono affrontare, come nel film con Murray infatti vengono declinati in chiave leggera temi anche piuttosto pesanti come la depressione e l'assenza di uno scopo nella vita, il tutto raccontato poi con tempi comici sempre azzeccati. La parte finale tuttavia non mi ha convinto fino in fondo sia per la risoluzione troppo sbrigativa della trama sia per i dialoghi un po' stereotipati da commedia americana qualsiasi.
L'année derniere a Marienbad, Alan Resnais
Spero che qui l'abbiate visto un po' tutti. Un capolavoro come pochi, capace di mettere a nudo il conflitto tra amore e strutture sociali. Semplice e brutale. Inimmaginabile prima di averlo visto. Con delle invenzioni di sceneggiatura millimetriche rispetto ai propri temi, c'è davvero una cura inusuale a quello che significa scrivere il conflitto e la negazione.
"No, non è stato di forza"
Visto The Turning - La Casa del Male con Mackenzie Davies e Finn Wolfhard (si, proprio Mike di Stranger Things).
Film appena sufficiente, ben girato ma con una trama mediocre ed un (doppio) finale assolutamente insensato. Sconsigliato.
Kapurush (Il codardo) – Satyajit RayRay, 1965. Un titolo del genere per un film con un protagonista sceneggiatore non può essere casuale. Detto ciò, non ho trovato che la sceneggiatura giustificasse tanta autocommiserazione – così come si può parlare retrospettivamente di codardia intorno a certe scelte, si sarebbe potuto benissimo trattare di avventatezza nel caso contrario. Film quasi interamente retto dai dialoghi, non esente da qualche ridondanza, ma la breve durata e il fascino di Mukherjee gli evitano di scadere nella noia.
My octopus teacher – Philippa Ehrlich, James Reed, 2020. Sicuramente toccante, e utile per chi ancora crede sia ragionevole tracciare linee arbitrarie per decidere chi meriti di vivere e chi no. La rappresentazione dell’habitat sottomarino è affascinante ed offre una prospettiva raramente utilizzata. Per il resto è un documentario estremamente basico e televisivo, costituito essenzialmente dalla traccia audio di un’intervista e da un montaggio di riprese precedenti, e in cui le velleità narrative non vanno oltre la semplice descrizione della successione degli eventi.
I basilischi – Lina Wertmüller, 1963. Amarissima ma irresistibile commedia sulle più claustrofobiche realtà provinciali, e sulla pigrizia e l'inerzia di certe mentalità refrattarie a qualsiasi velleità di cambiamento ben oltre il limite dell'autolesionismo. Magnifici gli sporadici interventi della narratrice fuori campo, ma in generale tutta la scrittura è eccezionale.
Maynila sa mga kuko ng liwanag (Manila in the claws of light) – Lino Brocka, 1975. La disperata denuncia sociale di una generazione perduta nei recessi della metropoli, sottoposta ad ogni sfruttamento possibile fino alla perdita della dignità, della salute e della vita. In un contesto urbano di spietata crudezza brilla la flebile luce con cui il protagonista incrollabilmente ricerca la propria donna, unico elemento di candore a cui sembra possibile aggrapparsi e forse unica vera ragione rimasta di sopravvivere.
Insiang – Lino Brocka, 1976. Bellissimo melodramma dalle decise tinte sociali, così come Manila soltanto un anno prima. Qui lo sguardo è più concentrato sullo sviluppo delle vicende particolari dei protagonisti, ma anche qui spicca il contrasto fra il degrado urbano e umano e gli ultimi barlumi di dignità. P.s. Il film inizia con una serie di uccisioni a schermo.
Ebolusyon ng isang pamilyang Pilipino (Evolution of a Filipino family) – Lav Diaz, 2004. Ovviamente spezzato in più sessioni, che però fortunatamente nel mio caso non hanno guastato il flusso della narrazione. Ha i suoi ritmi ed è giusto così. Tecnicamente estremamente grezzo, specie nel montaggio audio, ma non al punto da compromettere la visione. I miei unici appunti vanno ad alcune scelte di montaggio – con alcune non-continuità temporali che a mio parere spezzano il ritmo di una narrazione che ha nell'immersività gran parte del suo fascino – e la deviazione narrativa che copre approssimativamente l'ottava e la nona ora, in cui le vite delle due famiglie vengono messe da parte per concentrarsi sulle vicende di un singolo personaggio che però personalmente ho trovato poco interessanti con alcuni tratti addirittura noiosi. Fortunatamente l'ultima ora dà una bella chiusura a questa lunga storia, con in particolare un'ultima scena che mi ha sorpreso in positivo. Al di là di tutto, resta una visione molto piacevole.
Nel nome della legge – Pietro Germi, 1949. Altra sortita siciliana di Germi che in questo caso sceglie di prendere di petto la questione mafiosa, e quindi il dramma di una terra avvilita da usanze animalesche e da una patologica mentalità dell'ipocrisia. L’intreccio non si discosta da schemi stereotipici, ma la sceneggiatura si dimostra il grado di esaltarne l’altissimo senso di dignità senza per questo scadere nella retorica né banalizzarne i difficili temi. Germi sembra poter fare solo film perfetti e questo non fa eccezione. Solo il finale mi ha dato da pensare,
sicuramente sorprendente e commovente ma mi è sembrato trovare una soluzione un po' troppo semplicistica, per quanto indubbiamente sofferta.
L'année derniere a Marienbad, Alan Resnais
Spero che qui l'abbiate visto un po' tutti. Un capolavoro come pochi, capace di mettere a nudo il conflitto tra amore e strutture sociali. Semplice e brutale. Inimmaginabile prima di averlo visto. Con delle invenzioni di sceneggiatura millimetriche rispetto ai propri temi, c'è davvero una cura inusuale a quello che significa scrivere il conflitto e la negazione.
"No, non è stato di forza"
Ebolusyon ng isang pamilyang Pilipino (Evolution of a Filipino family) – Lav Diaz, 2004. Ovviamente spezzato in più sessioni, che però fortunatamente nel mio caso non hanno guastato il flusso della narrazione. Ha i suoi ritmi ed è giusto così. Tecnicamente estremamente grezzo, specie nel montaggio audio, ma non al punto da compromettere la visione. I miei unici appunti vanno ad alcune scelte di montaggio – con alcune non-continuità temporali che a mio parere spezzano il ritmo di una narrazione che ha nell'immersività gran parte del suo fascino – e la deviazione narrativa che copre approssimativamente l'ottava e la nona ora, in cui le vite delle due famiglie vengono messe da parte per concentrarsi sulle vicende di un singolo personaggio che però personalmentewitho ho trovato poco interessanti con alcuni tratti addirittura noiosi. Fortunatamente l'ultima ora dà una bella chiusura a questa lunga storia, con in particolare un'ultima scena che mi ha sorpreso in positivo. Al di là di tutto, resta una visione molto piacevole.
Army of the Dead (Zack Snyder) - ha degli aspetti interessanti (che non vengono sviluppati) e nonostante sia spesso e volentieri pallosamente prolisso con tante chiacchiere inutili e poca azione, si lascia guardare.
Detto questo mi aspettavo qualcosina di più sinceramente.
È davvero mediocre.
Probabilmente il peggior film di Snyder dopo Sucker Punch
p.s l’effetto “sfocato” l’ho scambiato per problemi di connessione
Ieri sera mi sono rivisto, forse per la 20a volta, Punto di non Ritorno (1997) di Paul Anderson, ragazzi merita. Tralasciando gli attoroni che sono presenti è veramente disturbante, film che col tempo la critica comincia ad apprezzare.
Fright Night, Holland
Davvero tante idee, trasformazioni dei vampiri notevoli. Però manca la coerenza e compattezza che rende una storia d'impatto, fa strano notare certe cose "ovvie" che mancano e che la maggior parte dei gran film fanno senza problemi.