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Ashwalkers: A Survival Journey - Recensioni degli Utenti

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Ashwalkers: A Survival Journey
Cenere alla cenere

Oramai non stupisce più nessuno: il panorama delle produzioni indipendenti offre una varietà di generi e di idee che rappresentano linfa vitale per tutti coloro che apprezzano ciò che è fuori dagli schemi… e non solo per vocazione, ma anche per tirare una rassicurante bocca di aria fresca in un mercato dominato (ed a tratti saturato) da imponenti produzioni multimilionarie. Se il mondo degli indie è paragonabile ad un’oasi beata, tuttavia non bisogna mai scordare che questi posti rinfrescanti si trovano generalmente… in deserti aridi e spietati, all’interno dei quali si può inciampare in prodotti schiacciati sotto il peso della propria ambizione, strangolati da risorse economiche modeste o semplicemente soffocati da una direzione senza capo né coda.

Sfortunatamente, oggi non si potranno tessere le lodi di una produzione indipendente, bensì rammaricarsi dell’occasione sprecata in maniera goffa dallo studio Nameless XIII, guidato da Harvé Bonin, co-fondatore di Dontnod.

Ashwalkers: A Survival Journey si presenta come un walking simulator, con dosi di survival, ambientato in un futuro postapocalittico. La Terra è oramai un mondo distrutto da un non meglio precisato cataclisma, che ha costretto i pochissimi reduci della razza umana a difendersi dalla furia fuori controllo degli elementi. Accanto a reduci dispersi nel mondo e costretti ad ogni genere di selvaggi barbarie per poter sopravvivere, i più fortunati hanno trovato rifugio all’interno di insediamenti protetti da cupole, il cui equilibrio nella gestione delle risorse e dell’integrità strutturale è appeso ad un filo. Proprio il previsto collasso di un insediamento, spinge un team di spedizione composto da quattro specialisti ad affrontare un viaggio della speranza per raggiungere la fantomatica “Dome of the Domes”, una cupola graziata da una resistenza praticamente invulnerabile.

L’incipit narrativo, sebbene non brilli per originalità e rimandi ad un infinito elenco di opere post-apocalittiche, pone basi interessanti per affrontare un viaggio disperato, tra suggestioni morali minimaliste, un accompagnamento musicale essenziale ed una fotografia votata ad un opprimente bianco e nero (salvo il rosso del sangue). Anche la scarsissima caratterizzazione dei personaggi risulta funzionale al trasmettere un senso di assoluta precarietà in un mondo diventato inospitale e crudele. Tuttavia, il gioco ben presto mostra il fianco ad una serie altrettanto infinita di problematiche.

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L’esplorazione si risolve in una serie di passeggiate da punto A a punto B, stando attenti alla raccolta delle risorse lungo il cammino
. Tali risorse saranno indispensabili per gestire le necessità del proprio team: servirà la legna per scaldarsi al calare della notte e permettere il reintegro dell’energia fisica riposando, ma anche cibo da cucinare per rifocillarsi e medicine per guarire eventuali ferite. A conti fatti, si tratta di meccaniche survival estremamente semplici e più vicine ai simulatori di vita, piuttosto che a rigidi giochi di sopravvivenza. Proseguendo lungo il percorso lineare, occasionali “disavventure” testuali o intriganti scelte morali saranno presentate al player che potrà affrontarle scegliendo una delle opzioni proposte dagli specialisti del team: Kali proporrà vie diplomatiche, Sinh opterà per la forza, Nadir tenderà ad usare la furbizia e Petra sposerà l’atteggiamento moderato per eccellenza. Ogni scelta giusta potrà condurre verso una traversata sicura e fruttuosa, mentre scelte avventate potrebbero pregiudicare seriamente il vostro incedere, finendo per costarvi troppe risorse e forse anche la morte di qualcuno. La scomparsa prematura di un membro del team non solo comporterà meno possibilità di gestione delle risorse, ma anche meno opzioni da poter scegliere ai futuri bivi narrativi: se per esempio Kali dovesse morire di stenti, non solo potrete portare meno oggetti nell'inventario, ma dovrete fare altresì rinunciare alla via diplomatica per la soluzione dei vostri conflitti. Il game over arriverà anzitempo solo laddove tre membri del team periranno prima del termine del viaggio: l'epilogo potrà comunque essere raggiunto in due ore scarse e potrete ottenere uno dei molteplici finali disponibili, che saranno frutto delle vostre scelte nel corso della spedizione.

Una cosa deve essere chiara: il gioco è estremamente avaro in termini ludici, per espressa scelta degli sviluppatori. Il gameplay si riduce infatti in una semplice (e piuttosto permissiva) gestione del team nel corso di brevi percorsi lineari. Non esiste un combat system, così come non esistono interazioni ludiche al di là di quelle strettamente necessarie alla raccolta delle risorse e della scelte poste al player. Il gioco richiama più le suggestioni dei classici giochi da tavolo o delle primissime avventure testuali a schermata fissa, che non un walking simulator moderno con meccaniche survival approfondite. Questa chiara scelta degli sviluppatori ne fa un prodotto di estrema nicchia, anche di fronte alle rigide visioni stilistiche ed artistiche della produzione.

Sebbene il gioco, al netto dei suoi evidenti compromessi ludici, possa sembrare tutto sommato interessante tra accessibili meccaniche survival ed interessanti risvolti morali della vicenda, tuttavia la realizzazione tecnica della versione Switch appare assolutamente… cataclismatica.

Nonostante il gioco appaia tecnicamente molto modesto, tuttavia è inspiegabilmente devastato da decine di problemi tra cui frame drop enormi ed insensati, muri invisibili che appaiono e scompaiono senza apparente motivo, nonché compenetrazioni improvvise con i pochissimi elementi dello scenario. Sebbene Switch non sia una piattaforma incredibilmente performante, appare nondimeno inspiegabile una così povera performance da parte di un titolo strutturalmente, effettisticamente e poligonalmente arido come Ashwalkers. Ma il risvolto diventa addirittura drammatico nei bug che vanno ad influire pesantemente sul gameplay: non solo un perdurante input lag potrebbe compromettere la navigabilità dei menù e delle opzioni, costringendovi a premere ripetutamente i tasti per sperare che il gioco riconosca la vostra volontà… ma addirittura alcuni glitch potrebbero pregiudicarvi intere run. Ne è un esempio un incredibile bug (capitato allo scrivente) che impedisce la raccolta delle risorse nonostante l'inventario sia vuoto ed il team in ottima salute… costringendovi ad un inevitabile game over. E visto che il gioco salva automaticamente dopo ogni azione, l’unica vostra opzione in caso di un game breaking bug come questo, sarà iniziare una nuova partita da zero: inutile sottolineare quanto possa essere frustrante, nonostante la bassa longevità del titolo, soprattutto a fronte di una run quasi perfetta rovinata all’ultimo scenario (come capitato allo scrivente).


+ Minimalismo evocativo
+ Survival accessibile
+ Merita un 6 per impostazione complessiva...

- Premessa narrativa inflazionata
- Colmo di bug e glitch
- ... ma merita anche un 2 per la realizzazione tecnica (su Switch)



Ashwalkers: A Survival Journey è una occasione mancata in maniera incredibilmente goffa. Nonostante non sia palesemente un gioco per tutti i palati, avvicinandosi più alle avventure testuali di una volta mixate con accessibili meccaniche survival, il titolo Nameless XIII è senza mezzi termini un disastro tecnico... perlomeno su Nintendo Switch. I problemi son così tanti e così impattanti sulla fruizione della produzione, che bruciano letteralmente quanto di buono propone il titolo… riducendolo in cenere.


VOTO: 4,0
 
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