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Pantsu Hunter: Back to the 90's - Recensioni degli Utenti

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Pantsu Hunter: Back to the 90's
Ovvero, come si può realizzare un gioco "erotico" in modo intelligente

Lo so. Alcuni maliziosi forse si saranno fatti ingolosire dal sottotitolo stuzzicante. Mi spiace. Il gioco non è assolutamente un “hentai”, nonostante qualche ammiccamento qua e là e qualche battuta un po’ piccante. Se, invece, vi siete ricordati di questa “visual novel” per il suo particolare stile visivo, sicuramente siete vittima dell’effetto nostalgia di un tempo che fu in cui si consumavano “cartoni animati giapponesi” davanti alla tv. E, in effetti, una discreta fetta di appassionati è rimasta affascinata proprio da questo: Pantsu Hunter offre ai giocatori un’estetica ispirata agli anime anni ’90. Una palette di colori poco satura, con tante tonalità pastello, un filtro pellicola che rende le immagini spente e uno stile di disegno tipico della produzione nipponica a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Un po’ Evangelion, un po’ Oh My Goddess, un po’ GTO. Le ispirazioni sono tante e sicuramente l’immaginario e la veste grafica del titolo sono tra gli aspetti che rendono Pantsu Hunter immediatamente riconoscibile tra tanti suoi competitor.

Sbaglierebbe, tuttavia, chi pensa che le mere illustrazioni di ragazze discinte e affusolate possano costituire l’unica attrattiva del gioco. In maniera abbastanza sorprendente, anzi, Pantsu Hunter regala ai giocatori una sfida intelligente e una serie di enigmi che mettono alla prova l’intuizione e il pensiero laterale dei giocatori. Ma andiamo con ordine. Il giocatore interpreta un tuttofare che – come la più ortodossa tradizione hentai prevede – offrirà i suoi servigi ad avvenenti ragazze, tutte – come da tradizione – piuttosto stupide. Lo schema di ogni livello è il medesimo. Dopo l’accoglienza a casa della co-protagonista di turno, si iniziano a setacciare le varie stanze alla ricerca delle mutandine indossate dalla ragazza – da cui il titolo del gioco. Recuperate abbastanza mutande, si passa al livello successivo. Per ottenere l’ambito trofeo serve materia grigia per superare gli enigmi, destreggiarsi abilmente tra i dialoghi e aguzzare la vista alla ricerca di tutti gli elementi dello scenario con cui si può interagire. Solo per fare qualche esempio, nel primo livello un paio di mutandine è nascosto nella cassettiera della camera dove stiamo aggiustando la televisione di Haruka e non possiamo certo metterci a frugare così con la proprietaria presente! Servirà uno stratagemma per far spostare la ragazza in bagno così da avere campo libero per la ricerca. Oppure, in un altro schema, si dovranno setacciare tutte le stanze alla ricerca di alcune perline che andranno a comporre un capo di lingerie particolarmente raffinato e se ne avremo mancata solo una, peccato! Tutto da rifare.

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La ripetizione dei livelli è un altro elemento che rende Pantsu Hunter affascinante. Infatti, ogni scenario è un vero e proprio tripudio trial & error e sarà indispensabile affrontare i livelli più e più volte non solo per ottenere il numero minimo di mutandine per passare al livello successivo, ma anche perché i game-over sono frequenti e assolutamente imprevedibili. Sempre per fare qualche esempio, nel primo livello sarà possibile cercare “il sacro graal” all’interno di una vasca da bagno a cui ci si può approcciare in diversi modi: ci saltiamo dentro? Ispezioniamo il fondale con una mano? Ci spogliamo e ci facciamo trovare nudi a mollo dalla nostra amica? Al giocatore la scelta, ma ogni risposta porta un risultato diverso che di conseguenza cambierà l’esito del livello e renderà disponibili alcuni enigmi piuttosto che altri. Saltare nella vasca ci farà battere la testa con conseguente game-over. Farsi trovare nudi dalla ragazza, invece, potrebbe portare a un risultato differente. La cosa davvero gustosa è che ogni livello ha una ventina di finali differenti a seconda delle nostre scelte. È chiaro, quindi, che il tasso di rigiocabilità è molto alto ed è praticamente impossibile sbloccare tutto al primo tentativo.

Proprio la rigiocabilità è la croce e la delizia di Pantsu Hunter. Se da un lato rigiocare il livello permette di trovare sempre nuovi segreti, dall’altra la lentezza dei caricamenti, delle transizioni e l’impossibilità di saltare parti di livello per arrivare magari solo al bivio che ci interessa minano decisamente la fruibilità del titolo. Non è divertente rifare tutto uno scenario dall’inizio solo per arrivare alla scelta finale in cui vogliamo scegliere una risposta invece che l’altra. Tante volte davanti a un game-over assurdo e inaspettato che sopraggiunge sul più bello quando siamo certi di aver imbroccato tutte le risposte giuste la frustrazione sorge spontanea e con lei il ragequit. Sicuramente un sistema di checkpoint avrebbe reso tutto più semplice. Altro elemento debole è sicuramente la durata. Gli scenari – per quanto complessi e intricati – sono solo tre più un maxi epilogo finale che però è più lineare e simile a una visual novel pura. In un paio di sere (tre, quattro ore di gioco) si vede tutto quello che il titolo ha da offrire.


+ I molti finali differenti possono spingere i giocatori a completare ogni scenario più volte…
+ Enigmi inaspettatamente divertenti per una visual novel “softcore”


- ... anche se la necessità di dover ripetere ogni scena da capo senza checkpoint potrebbe scoraggiare
- Molto corto


Pantsu Hunter, in definitiva, è un gioco capace di offrire agli appassionati una buona sfida e una discreta dose di enigmi intelligenti, caratteristica totalmente inaspettata per un gioco del genere. Se siete disposti a fare i conti con una certa farraginosità di base e tanti, tantissimi game-over ai limiti della frustrazione, il titolo può regalare qualche ora di divertimento spensierato e senza pretese, anche solo per versare una lacrima nostalgica davanti a questo grande omaggio agli anni ’90.


VOTO: 6,5
 
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