xbox Series x|s Scorn | SG: 8.5 | GAME PASS |

  • Autore discussione Autore discussione Olorin
  • Data d'inizio Data d'inizio
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Finito anche io ieri sera, opera brillante per quel che mi riguarda. Riesce a coniugare la sua estetica decadente, disturbante, tinta di squallore e l'andamento pesante, greve, del ritmo in un'esperienza polarizzante veramente unica. Un lavoro interessante e lodevole, adesso capisco perché c'hanno impiegato una sacco a produrlo. La carica espressiva nell'utilizzo del medium videoludico passa tutta, a prescindere da ciò che uno vuole vederci dietro, se vuole vederci dietro qualcosa. Di contro forse stride un minimo parte dell'utilizzo del gameplay, totalmente asservito al resto, per quel che serviva, anche se molti puzzle e risoluzioni le ho trovate incastrate bene e seguono un filone ermetico in una fusione coerente col resto.

Promosso alla grande per quel che mi riguarda, prodotti così (volutamente) dissonanti fanno solo bene all'industria videoludica.
Ci sta anche abbia spaccato l'opinione, è proprio la spigolosità di tali opere a renderle interessanti. Certo la totale pochezza contenutistica degli scritti critici americani ai miei occhi valgono più o meno quanto quelli del fronte cinematografico di coloro che a metà visione di "Crimes of the Future" hanno preso e se ne sono andati dalla sala.
 
Appena finito. Parlare di voti in questo caso è difficile. Un'opera d'arte, quindi molto soggettivo. A me è piaciuto parecchio. Pure il gameplay ha la sua funzione. Longevità perfetta. Sono stato catturato dall'inizio alla fine.
 
Nel corso dell'ultimo periodo ho avuto la possibilità di giocare approfonditamente produzioni uniche e meravigliose, che avrebbero meritato fiumi di parole e analisi, come Sifu, Elden Ring e Tunic, ma purtroppo il periodo che vivo non mi permette di scrivere in modo tranquillo come vorrei fare. Sono giorni che penso se fosse il caso di farlo per Scorn, ero particolarmente titubante ma eccoci qui: incredibile che abbia deciso di farlo per un titolo di cui (fino a tre settimane fa circa) me ne fregava giusto una punta di cazzo e nulla più.

Scorn è un titolo atipico e speciale e l'esperienza che propone è sicuramente rara nel mondo dei videogiochi. Non condivide nulla con i jumpscare simulator degli ultimi anni - e non è una critica aprioristica, anzi, in mezzo ci sono state esperienze discrete e molto buone, non ultima quella proposta da Madison - che tanto hanno avuto successo anche nel mondo degli streamers legati a Twitch: non c'è un singolo momento in cui Scorn prova a spaventarti usando quelle strategie. Infilare questo titolo a forza in mezzo a paragoni vari è svilente, inutile dire che ha qualcosa di quello o di quel gioco. La produzione di Ebb Software va quasi sempre per i cazzacci suoi e non ha paura di fare scelte impopolari su più fronti, fin dall'inizio.

SPOILER ARMA
Raccogli un arma, dal design indubbiamente peculiare, a forma di pistola. "Sparerà sicuramente", pensi e invece no, per nulla.

Ciò che ti si para davanti è un'esperienza audiovisiva a 360°, che recupera elementi da svariate opere artistiche, non necessariamente legate al mondo dei videogiochi.
Considerate le premesse è difficile analizzare un prodotto del genere parlando di gameplay o, per l'appunto, delle somiglianze con altri titoli. Così come complesso è parlare di un numerino fine a sé stesso da piazzare alla fine di un testo critico (o presunto tale) scritto (spesso purtroppo senza alcuna cognizione di causa).

Scorn ha delle fasi FPS? Sì.
E' importante fare attenzione alle risorse? Sì, in parte.
Scorn ha degli enigmi ambientali? Sì, diversi.
In Scorn si cammina e basta? Sì, spesso.
E' un'esperienza simile a giochi come Visage, Madison, SOMA etc. etc.? Nì.
Farsi queste domande e stare minuziosamente lì a parlare di questi elementi è davvero importante in questo specifico caso? No.

Il discorso è più complesso, il gioco tocca corde diverse e l'esperienza varia tantissimo da giocatore a giocatore. E' impossibile che una produzione tanto dissonante possa piacere a tutti ma su questo punto voglio tornarci alla fine.

Piccola parentesi sui puzzle ambientali che hanno fatto impazzire tutto sto infinito insieme di grandi videogiocatori. Beh, sul serio, no. Gli enigmi sono ben amalgamati e mai davvero complessi: il primo, sulla bocca di tanti, è forse quello per cui serve dedicare qualche minuto in più ma parlare di difficoltà fuori scala, assurda, ingredibbileh è francamente ridicolo. La situazione non fa altro che sottolineare quanto il pubblico sia disabituato a giochi che vanno verso altre direzioni, proponendo puzzle la cui difficoltà è addirittura... NORMALE.

Scorn costruisce una narrazione totalmente ed esclusivamente visiva. La scelta di non mettere in scena alcun dialogo o di non inserire eventuali descrizioni o collezionabili, contenenti del testo, è voluta ed è coerente con il mondo di gioco: un mondo alieno, una civiltà perduta, la potenziale incapacità di comunicare dei personaggi, la potenziale mancanza di un linguaggio condiviso normalmente inteso (scritto/orale). Perché mai avrebbero dovuto inserire elementi del genere?
Ed è coerente con quello che Scorn vuole essere: un'esperienza audiovisiva, non facilmente categorizzabile. I videogiocatori, si sa, sono ossessionati dal voler inserire a tutti i costi un gioco in un macro o micro genere e mi dispiace, ma in questo caso non funziona per nulla: Scorn è un prodotto deliberatamente anticommerciale. Lo mostra e lo dimostra ogni volta che può, dall'inizio alla fine.

Non è un caso che dunque si possa parlare di plot come inteso classicamente in questo modo.

SPOILER TRAMA

Un essere alieno si sveglia, senza sapere né cosa né chi sia, cade in quella che sembra di fatto una vera e propria fabbrica della vita in cui veniva fatta sperimentazione. Prova con tutte le sue forze ad andare avanti, a uscire fuori e dopo diverse peripezie viene assorbito da quello che è a tutti gli effetti un parassita. Adesso l'obbiettivo dell'alieno muta, diventa sicuramente uscire fuori e andare avanti ma anche riuscire a eliminare il parassita che piano piano lo sta uccidendo. Si passa da una zona all'altra finché non ci si trova davanti a una struttura diversa, dai toni più chiari, che sembra più una corte reale che una fabbrica. Qui il protagonista riesce a liberarsi del parassita, partecipa a uno strano rituale e prova finalmente a raggiungere la prossima zona ma purtroppo il parassita non era morto, uccide il protagonista e lo ingloba in sé mutando in qualcosa di mostruoso, con due teste, rimanendo immobile.

Che dite? Un po' deludente no? Un po' troppo poco.

Esatto. Perché il titolo è molto di più di questo, è molto più della descrizione degli eventi o del modo normale di intendere una trama. Ognuno di noi in opere (perlopiù visive) di questo tipo può decidere non vederci nulla, però può anche decidere di scavare a fondo, di fare attenzione ai dettagli, documentarsi, immaginare, farsi delle domande al fine di comprendere se ci sia qualcosa di più, perché non sempre è tutto buttato a caso. Pensate che enorme delitto intellettuale si commetterebbe se si prendesse un autore come Lynch e lo si liquidasse parlando di trama come mero riassunto di eventi. Sono volutamente provocatorio: Ljubomir Peklar, ed in generele Ebb Software, non può giustamente condividere neanche una frase contenente un nome così pesante come quello di David Lynch.
Cercate di capire però quello che dico: ridurre Scorn a un gioco con un gameplay X, con delle sessioni Y e con una trama in cui succede ABC è delittuoso.

Se dicessi ad esempio che Scorn parla di esistenzialismo, di vita, morte e famiglia, di decisioni morali, di mors tua vita mea, di nascita, di incomunicabilità e solitudine, perfino della riproduzione... le cose vi sembrerebbero più interessanti?

C'è un sottotesto complesso, cupo ma al tempo stesso ricco e meraviglioso. Scorn ha tantissimo da raccontare se sei disposto ad ASCOLTARE. Ma ascoltare davvero.
Riproviamo a prendere in esame la trama di prima con qualche input generico qui e lì:

SPOILER TRAMA 2

Un alieno si risveglia in un luogo tetro, si protrae in avanti e sembra sia attratto da un luogo distante. Cerca disperatamente di raggiungerlo: a questo punto è possibile notare dei cambi veloci di inquadratura che ci trasportano in due zone di gioco differenti. Stiamo guardando il nostro alieno? O ne stiamo vedendo tanti altri. Forse ne stiamo vedendo due?
Siamo i primi a compiere questo viaggio verso la "salvezza"?
La quantità di corpi privi di vita - e la loro localizzazione - visibili nelle prime due zone di gioco lasciano presagire qualcosa in questo senso.

Nella prima area la conclusione vede di fatto la rottura di una torre, in una stanza in cui le forme falliche si sprecano: i rimandi sessuali presenti nel gioco NON sono mai casuali (così come casuale non è che l'atto della penetrazione venga presentato a più riprese in diverse forme). Ne avrete di espliciti nei murales della corte nella sequenza finale.
Un liquido biancastro inonda la stanza, il nostro personaggio viene colpito e si passa alla zona successiva.

Occhio qui, e se vi dicessi che l'alieno con cui ci risvegliamo non è necessariamente quello con cui abbiamo iniziato il gioco (a tratti tra l'altro la nuova zona di risveglio ricorda il prologo con l'alternanza di visioni). Non solo non coincidono le zone dello svenimento e del risveglio (la struttura iniziale infatti sarà davanti a noi adesso di diversi km) ma in più il nostro NUOVO personaggio sta nascendo adesso: l'idea del cordone ombellicale da strappare ci invita a pensare alla nascita.
In questo mondo decadente la nascita (così come l'atto riproduttivo in sé e molti altri elementi) non è un atto meraviglioso, anzi, è disgustoso e violento ed esattamente come ogni altra cosa qui, sembra "sbagliata", diversa, plagiata, orribile.
Perfino gli esseri più piccoli lo sono. Ogni riferimento alla sezione finale è puramente voluta.

Arriviamo ad un punto fondamentale: nell'idea che mi sono fatto io, il primo personaggio che abbiamo utilizzato diviene il parassita.
Principalmente per tre motivi:
1) In quella fabbrica, tolti gli esseri-guscio non c'era nessun altro essere vivente tranne, per l'appunto, il nostro personaggio iniziale.
2) E' l'unico "nemico" di quella tipologia che incontreremo durante l'intero gioco.
3) I più attenti avranno notato che durante l'operazione per espellere proprio il parassita è possibile notare una faccia (deturpata) esattamente identica a quella del personaggio iniziale (così come a quella del secondo, ovviamente).

Noi siamo i nostri nemici.
Noi diventiamo i nostri nemici.

Vengono accarezzati in pochi attimi elementi tematici affascinanti che ci accompagneranno fino alla fine del gioco. Se dovessi veramente scrivere tutto quello che il gioco mi ha dato modo di elaborare e interpretare finirei per volermi prendere quattro wall text interi pertanto tengo a sottolineare altri due elementi.

  • Nella sequenza finale l'operazione/rituale che subiamo non è pensata solo per alzare lo Shock Value. Per fuggire-trascendere bisogna eliminare ciò che siamo e pensiamo: viene tagliata la calotta cranica e rimosso interamente il cervello. Potenziale luogo di pensieri e idee stagnanti, qualcosa che ti lega al tuo passato, un passato da dimenticare.
  • Alla fine veniamo uccisi da noi stessi, dal nostro passato perché il parassita non è stato ucciso del tutto, perché come in tutte le più classiche delle storie e delle tragedie è difficile andare avanti. Si preferisce rimanere immobili: non a caso veniamo inglobati, diventiamo un immondo essere con due teste, destinato e rimanere immobile (per sempre?).
  • Eventuali discorsi sulla società e sull'annullamento dell'individuo in favore della massa possono essere fatti. Si consideri ad esempio che i "nemici" non ti uccidono per nutrirsi, non vogliono mangiarti ma FERMARTI al fine di rendere impossibile la tua "fuga".

Non si tratta di vedere cose che non esistono.
Si tratta di provare a vivere un'esperienza di questo tipo così com'è stata concepita dai suoi creatori.
E questo non è nulla, l'ho buttata fuori proprio nel modo più semplice possibile centrando alcuni degli elementi che fin dall'inizio mi hanno colpito. Adesso ci sono intere analisi, sociologiche e filosofiche che girano sull'internette molto affascinanti, se vi va di fare un giro anche con piccole chicche sparse qui e lì circa le istituzioni o la grave problematica della sovrappopolazione.
Esistono analisi di questo tipo perché in primis gli autori, quando erano un gruppetto di appena cinque persone, nelle chiacchierate con la community e con i backers di Kickstarter spiegavano quanto tutti loro fossero legati a Martin Heidegger (e l'idea di essere nel mondo così come di progetto sono evidentemente presenti in Scorn, anche senza avere chissà quale conoscenza del filosofo in questione) e all'esistenzialismo in generale. Così come a due artisti in particolare: Hans Ruedi Giger e Zdzislaw Beksinski.

Interessante come venga ripreso Giger a 360°, perché se la prima area è più legata al Giger pop, noto per i lavori di Alien ed esaltato dagli ammerrigani, successivamente si va verso una ripresa di elementi, sì di Giger, ma di quello un po' più controverso, quello che molti ammerrigani ignorano o che nasconderebbero volentieri sotto il tappeto, in cui diventano protagonisti l'atto sessuale esplicito, la violenza carnale a tutto tondo etc. etc. Insomma, ecco.

Per Beksinski invece ci sono degli omaggi chiari più negli sfondi, nelle pose e nei movimenti dell'alieno così come nella paletta cromatica scelta. Scroscianti applausi per l'Art Direction, perché omaggia e riprende ma ha anche la sua personalità e si mantiene sempre su un livello stratosferico. Approfitto per lodare un altro elemento, cioè il Sound Design. Semplicemente incredibile sotto tutti i punti di vista.

Alcuni input di questo discorso al tempo mi hanno sempre interessato in modo particolare. L' aver avuto inoltre la possibilità di scambiare due parole con due di loro tantissimi anni fa mi avevano fatto presagire che ci sarebbe stata comunque una certa ricercatezza estetica. Avevo quindi il gioco nel mio radar seppure con alcune riserve legate al pacing e alla possibilità che il gioco potesse risultare una tediosa camminata alla Adr1ft. Qualche settimana fa invece mi sono fatto un po' divorare dall'hype dopo aver ascoltato alcuni commenti a caldo di un amico redattore (non italiano).

Come detto inizialmente, il gioco non va verso un orrore esclusivamente esplicito e modaiolo, con elementi che sanno di visto e rivisto mille volte, si va verso la direzione dell'esplicito sì, ma in una netta commistione con l'implicito. Perché l'orrore visivo è nitido ma se si provano ad interpretare e valutare le azioni commesse il quadro finale è addirittura peggiore.

SPOILER PROLOGO

Il gioco ti spinge verso un determinato immaginario, folle, crudo, pesante fin da subito. Qui, quel tradurre l'immagine in parole significa sostanzialmente questo: prendi quel guscio contenente un essere vivente, una creatura potenzialmente simile a te, forse frutto di una sperimentazione senza successo e usalo a tuo vantaggio. Il tuo personaggio, né tu in quanto giocatore, può chiedersi se può salvarlo ma deve semplicemente andare avanti: trasporti quel guscio mentre il gioco ti sbatte in faccia un essere deforme e privo della possibilità di parola, che emette suoni poco rassicuranti. A quel punto, con un minimo di consapevolezza ti rendi conto che puoi prendere due decisioni: o lo liberi con un "cucchiaio" o con una sega circolare.
Torniamo al discorso di narrazione visiva, di simbologia e significato: il cucchiaio è strumento innocente rispetto alla sega circolare quindi il destino del nostro "amico" sarà probabilmente più cruento nel caso si usi la sega mentre più buono nel caso del cucchiaio. Sarà così? No, o forse sì. Il cucchiaio gli strappa totalmente la carne, mentre quel silenzio assordante viene interrotto da forti urla di dolore, lui muore, tu hai il braccio per proseguire. La sega distrugge il guscio, la creatura, che nei movimenti ricorda un animale appena nato (che fatica a reggersi in piedi) ti segue, forse si fida. Tu lo usi per aprire la porta: il suo destino è di rimanere fermo per sempre come una chiave, uno strumento, puro annullamento di un essere vivente.

Quale dei due destini è peggiore?

C'è una voluta ambiguità nel presentare le due scelte, così come c'è una chiara volontà nel metterti a disagio.


SPOILER EPILOGO

Nelle battute conclusive del gioco per riuscire ad andare avanti devi di fatto far schiacciare ad un macchinario due osceni feti alieni - con un fantastico visino in primo piano - che precedentemente uccidi, e utilizzi quello stesso sangue per la cerimonia finale che è legata non solo all'hivemind ma anche all'attivazione di due corpi nudi sdraiati nella sala antecedente a quella principale. Insomma, se si gioca riflettendo un attimo sulle azioni commesse il body horror è ben presente e amalgamato. Ancora una volta è chiara la volontà di mettere a disagio il giocatore.

Chi ha parlato di rimandi a Lovecraft per me ci prende in un solo caso, forse un paio, mentre più interessante sarebbe la parentesi che è possibile aprire su Cronenberg.

Adesso. Dopo tutta sta supercazzola le cose potrebbero andare così:

1) "Wow, interessante. Non avevo fatto caso effettivamente a questo elemento o a quell'altro" ma anche un "Secondo me qui ti sbagli, io invece ho interpretato in quest'altro modo" e...
2) "Non vedo queste grandi dietrologie e questo incredibile (presunto) studio. Però è stata una gran bella esperienza audiovisiva."
3) "Ho finito il gioco e mi ha annoiato in tutto e per tutto. Non mi ha lasciato nulla. Oppure un bel "l'ho droppato dopo qualche ora."
4) "Se non si spara neanche lo inizio".


Vi svelo un segreto: vanno bene tutte le opzioni. Va bene se il gioco vi è piaciuto moltissimo, poco o se non vi è piaciuto affatto.
Va bene pure se un gioco faccia per voi o non faccia per voi e va bene se è un gioco è stato concepito per piacere a pochi e non a tutti (sì, avete qui l'esempio concreto che non vale sempre il discorsetto "devo vendere, vendere, vendere a TUTTI, tutti, tutti").
Adesso vorrei aprire una breve parenti sullo stato dell'industria, ma anche sulla critica e sui videogiocatori ricollegandomi a quanto detto all'inizio del discorso: "il discorso è più complesso, il gioco tocca corde diverse e l'esperienza varia tantissimo da giocatore a giocatore. E' impossibile che una produzione tanto dissonante possa piacere a tutti".

Ormai siamo ossessionati dal "devo giocare tutto, tutto può essere nelle mie corde" unito ad un meraviglioso "tutto è costruito con il fine di piacere a tutti e tutti devono avere la possibilità di giocarci". Non è un caso se in questi anni ci siano state polemiche continue sulla difficoltà dei giochi From ad esempio ("datemi l'easy mode perché io la voglio e DEVO giocarmi Sekiro") o verso quelle produzioni il cui focus è diverso da quello che ci si aspetta: "Hellblade è brutto perché IO mi aspettavo un action ma se lo valuto come action è largamente insufficiente" o ancora "Scorn è brutto, ed è solo un esercizio di stile perché IO volevo un FPS e non lo è".

Siamo sicuri che questi discorsi siano funzionali? E questo va ben al di là della qualità delle opere, perché, per essere chiari: io ad esempio ho criticato molto Hellblade sotto svariati punti di vista e posso dirvi anche che non trovo Scorn perfetto (per dire, ci sono purtroppo piccole problematiche qui e lì, la parte finale è stata rushata senza pietà in modo evidente e ci sono un paio di sezioni in mezzo che mi hanno lasciato perplesso). Il problema dunque sono io come fruitore o è il gioco, che non è come lo voglio io?

L'appiattimento dell'offerta videoludica è purtroppo evidente sia da un punto di vista creativo che al livello di meccaniche: siamo andati verso un bigger is so much better sempre più marcato (e preoccupante).

Va ribaltato l'assunto per cui tutto è sempre concepito con l'obbiettivo di piacere a tutti e Scorn semplicemente non può piacere a tutti, ma non cerca di essere scomodo con qualche sotterfugio qui e lì: lo è stato sempre, ad ogni occasione si è mostrato - e si è raccontato per bocca degli stessi sviluppatori - per quello che era. Un titolo anticommerciale, in cui esplorazione e puzzle sarebbero state protagonisti assoluti, senza che la parola FPS/shooter venisse mai utilizzata. Esattamente come ci sono opere cinematografiche o grafiche non adatte a tutti, ci sono anche videogiochi che non vogliono necessariamente piacere ad una grande platea e che soprattutto non POSSONO proprio farlo. E prodotti di questo tipo, fuori dai classici canoni, difficili da categorizzare e non convenzionali fanno bene ad un'industria che, ripeto, si è appiattita in modo preoccupante.

Poi è chiaro che possiamo aprire il solito dibattito e la solita ciclica storiella del "ma i videogichi sono arte?", "ma è il mezzo giusto con cui provare a fare certe sperimentazioni?", ma... ma trovo che tutto questo sia davvero fine a sé stesso.

Ognuno di noi gioca un po' come cazzaccio vuole e vive il videogioco a modo suo. Io ad esempio sono diventato allergico agli OW Ubisoft Oriented, moltissimi non li provo neanche perché appena vedo apparire più di dieci iconcine di secondarie e incarichi sulla mappa comincio a ridere come il Joker di Joaquin Phoenix. Non sono (per ora) il target giusto di gran parte di quei prodotti e semplicemente va bene così.

La critica non è esente da colpe in tutto questo discorso considerando cosa spesso viene premiato e cosa viene invece bastonato ed analizzato con il culo. Il livello, che non era già chissà quanto alto di per sé, si è abbassato notevolmente nell'ultimo periodo. Le recensioni statunitensi sono vergognose e ai limite del leggibile. Ed anche in questo caso molti autori dovrebbero vergognarsi per ciò che hanno proposto al livello contenutistico. Perché se è vero che il videogiocatore può avere sensazioni diametralmente opposte nel giocare un titolo del genere, è anche vero che l'approccio critico dovrebbe prevedere molto altro. E con molto altro non intendo fare lavoro di interpretazione della trama. Complimenti invece ai vari autori italiani, da Domenico Musicò su SpazioGames fino ai concorrenti: il contenuto è apprezzabile, del numerino importa zero. Un po' come fu per Prey ci abbiamo capito molto di più noi che altri. Menzione d'onore per Marco Mottura (ex-sito concorrente), con cui spesso mi sono trovato in disaccordo, ma che ha tirato fuori una bellissima audioreview del gioco.

Si tratta davvero di un'esperienza unica e brutale, speciale e sfuggente. Una produzione di questo tipo ai miei occhi vince già nel momento in cui dopo averla conclusa ti scorrono per giorni, davanti agli occhi, le immagini di alcune sequenze, ti documenti e fai un lungo lavoro di interpretazione e ti chiedi il significato di alcune cose. L'ultima volta forse mi era parzialmente capitato con Soma.
Tutto risulta ancora più incredibile se si considera che è l'opera prima di un team davvero giovane.


Complimenti a Microsoft per aver creduto fortemente in questo progetto, sperando che questi ragazzi possano avere un buon riscontro. Spero inoltre che il gioco possa arrivare quanto prima anche su PS5 perché sono convinto che produzioni del genere non possano rimanere confinate su una singola console ma che piuttosto meritino di toccare un pubblico più ampio: magari anche lì lo apprezzeranno 5 videogiocatori su 10 (ad essere ottimisti) e andrebbe comunque bene così.

Torno a scrivere qualcosa di leggermente più approfondito dopo tanto tempo, ha richiesto uno sforzo immane ma sono felice di averlo fatto per sto giochetto qua.
 
Ultima modifica da un moderatore:
Come da regolamento, vi ricordo che è vietato menzionare i siti italiani concorrenti di Spaziogames, anche storpiandone i nomi.
 
Nel corso dell'ultimo periodo ho avuto la possibilità di giocare approfonditamente produzioni uniche e meravigliose, che avrebbero meritato fiumi di parole e analisi, come Sifu, Elden Ring e Tunic, ma purtroppo il periodo che vivo non mi permette di scrivere in modo tranquillo come vorrei fare. Sono giorni che penso se fosse il caso di farlo per Scorn, ero particolarmente titubante ma eccoci qui: incredibile che abbia deciso di farlo per un titolo di cui (fino a tre settimane fa circa) me ne fregava giusto una punta di cazzo e nulla più.

Scorn è un titolo atipico e speciale e l'esperienze che propone è sicuramente rara nel mondo dei videogiochi. Non condivide nulla con i jumpscare simulator degli ultimi anni - e non è una critica aprioristica, anzi, in mezzo ci sono state esperienze discrete e molto buone, non ultima quella proposta da Madison - che tanto hanno avuto successo anche nel mondo degli streamers legati a Twitch: non c'è un singolo momento in cui Scorn prova a spaventarti usando quelle strategie. Infilare questo titolo a forza in mezzo a paragoni vari è svilente, inutile dire che ha qualcosa di quello o di quel gioco. La produzione di Ebb Software va quasi sempre per i cazzacci suoi e non ha paura di fare scelte impopolari su più fronti, fin dall'inizio.

SPOILER ARMA
Raccogli un arma, dal design indubbiamente peculiare, a forma di pistola. "Sparerà sicuramente", pensi e invece no, per nulla.

Ciò che ti si para davanti è un'esperienza audiovisiva a 360°, che recupera elementi da svariate opere artistiche, non necessariamente legate al mondo dei videogiochi.
Considerate le premesse è difficile analizzare un prodotto del genere parlando di gameplay o, per l'appunto, delle somiglianze con altri titoli. Così come complesso è parlare di un numerino fine a sé stesso da piazzare alla fine di un testo critico (o presunto tale) scritto (spesso purtroppo senza alcuna cognizione di causa).

Scorn ha delle fasi FPS? Sì.
E' importante fare attenzione alle risorse? Sì, in parte.
Scorn ha degli enigmi ambientali? Sì, diversi.
In Scorn si cammina e basta? Sì, spesso.
E' un'esperienza simile a giochi come Visage, Madison, SOMA etc. etc.? Nì.
Farsi queste domande e stare minuziosamente lì a parlare di questi elementi è davvero importante in questo specifico caso? No.

Il discorso è più complesso, il gioco tocca corde diverse e l'esperienza varia tantissimo da giocatore a giocatore. E' impossibile che una produzione tanto dissonante possa piacere a tutti ma su questo punto voglio tornarci alla fine.

Piccola parentesi sui puzzle ambientali che hanno fatto impazzire tutti sto infinito insieme di grandi videogiocatori". Beh, sul serio, no. Gli enigmi sono ben amalgamati e mai davvero complessi: il primo, sulla bocca di tanti, è forse quello per cui serve dedicare qualche minuto in più ma parlare di difficoltà fuori scala, assurda, ingredibbileh è francamente ridicolo. La situazione non fa altro che sottolineare quanto il pubblico sia disabituato a giochi che vanno verso altre direzioni, proponendo puzzle la cui difficoltà è addirittura... NORMALE.

Scorn costruisce una narrazione totalmente ed esclusivamente visiva. La scelta di non mettere in scena alcun dialogo o di non inserire eventuali descrizioni o collezionabili, contenenti del testo, è voluta ed è coerente con il mondo di gioco: un mondo alieno, una civiltà perduta, la potenziale incapacità di comunicare dei personaggi, la potenziale mancanza di un linguaggio condiviso normalmente inteso (scritto/orale). Perché mai avrebbero dovuto inserire elementi del genere?
Ed è coerente con quello che Scorn vuole essere: un'esperienza audiovisiva, non facilmente categorizzabile. I videogiocatori, si sa, sono ossessionati dal voler inserire a tutti i costi un gioco in un macro o micro genere e mi dispiace, ma in questo caso non funziona per nulla: Scorn è un prodotto deliberatamente anticommerciale. Lo mostra e lo dimostra ogni volta che può, dall'inizio alla fine.

Non è un caso che dunque si possa parlare di plot come inteso classicamente in questo modo.

SPOILER TRAMA

Un essere alieno si sveglia, senza sapere né cosa né chi sia, cade in quella che sembra di fatto una vera e propria fabbrica della vita in cui veniva fatta sperimentazione. Prova con tutte le sue forze ad andare avanti, a uscire fuori e dopo diverse peripezie viene assorbito da quello che è a tutti gli effetti un parassita. Adesso l'obbiettivo dell'alieno muta, diventa sicuramente uscire fuori e andare avanti ma anche riuscire a eliminare il parassita che piano piano lo sta uccidendo. Si passa da una zona all'altra finché non ci si trova davanti a una struttura diversa, dai toni più chiari, che sembra più una corte reale che una fabbrica. Qui il protagonista riesce a liberarsi del parassita, partecipa a uno strano rituale e prova finalmente a raggiungere la prossima zona ma purtroppo il parassita non era morto, uccide il protagonista e lo ingloba in sé mutando in qualcosa di mostruoso, con due teste, rimanendo immobile.

Che dite? Un po' deludente no? Un po' troppo poco.

Esatto. Perché il titolo è molto di più di questo, è molto più della descrizione degli eventi o del modo normale di intendere una trama. Ognuno di noi in opere (perlopiù visive) di questo tipo può decidere non vederci nulla, però può anche decidere di scavare a fondo, di fare attenzione ai dettagli, documentarsi, immaginare, farsi delle domande al fine di comprendere se ci sia qualcosa di più, perché non sempre è tutto buttato a caso. Pensate che enorme delitto intellettuale si commetterebbe se si prendesse un autore come Lynch e lo si liquidasse parlando di trama come mero riassunto di eventi. Sono volutamente provocatorio: Ljubomir Peklar, ed in generele Ebb Software, non può giustamente condividere neanche una frase contenente un nome così pesante come quello di David Lynch.
Cercate di capire però quello che dico: ridurre Scorn a un gioco con un gameplay X, con delle sessioni Y e con una trama in cui succede ABC è delittuoso.

Se dicessi ad esempio che Scorn parla di esistenzialismo, di vita, morte e famiglia, di decisioni morali, di mors tua vita mea, di nascita, di incomunicabilità e solitudine, perfino della riproduzione... le cose vi sembrerebbero più interessanti?

C'è un sottotesto complesso, cupo ma al tempo stesso ricco e meraviglioso. Scorn ha tantissimo da raccontare se sei disposto ad ASCOLTARE. Ma ascoltare davvero.
Riproviamo a prendere in esame la trama di prima con qualche input generico qui e lì:

SPOILER TRAMA 2

Un alieno si risveglia in un luogo tetro, si protrae in avanti e sembra sia attratto da un luogo distante. Cerca disperatamente di raggiungerlo: a questo punto è possibile notare dei cambi veloci di inquadratura che ci trasportano in due zone di gioco differenti. Stiamo guardando il nostro alieno? O ne stiamo vedendo tanti altri. Forse ne stiamo vedendo due?
Siamo i primi a compiere questo viaggio verso la "salvezza"?
La quantità di corpi privi di vita - e la loro localizzazione - visibili nelle prime due zone di gioco lasciano presagire qualcosa in questo senso.

Nella prima area la conclusione vede di fatto la rottura di una torre, in una stanza in cui le forme falliche si sprecano: i rimandi sessuali presenti nel gioco NON sono mai casuali (così come casuale non è che l'atto della penetrazione venga presentato a più riprese in diverse forme). Ne avrete di espliciti nei murales della corte nella sequenza finale.
Un liquido biancastro inonda la stanza, il nostro personaggio viene colpito e si passa alla zona successiva.

Occhio qui, e se vi dicessi che l'alieno con cui ci risvegliamo non è necessariamente quello con cui abbiamo iniziato il gioco (a tratti tra l'altro la nuova zona di risveglio ricorda il prologo con l'alternanza di visioni). Non solo non coincidono le zone dello svenimento e del risveglio (la struttura iniziale infatti sarà davanti a noi adesso di diversi km) ma in più il nostro NUOVO personaggio sta nascendo adesso: l'idea del cordone ombellicale da strappare ci invita a pensare alla nascita.
In questo mondo decadente la nascita (così come l'atto riproduttivo in sé e molti altri elementi) non è un atto meraviglioso, anzi, è disgustoso e violento ed esattamente come ogni altra cosa qui, sembra "sbagliata", diversa, plagiata, orribile.
Perfino gli esseri più piccoli lo sono. Ogni riferimento alla sezione finale è puramente voluta.

Arriviamo ad un punto fondamentale: nell'idea che mi sono fatto io, il primo personaggio che abbiamo utilizzato diviene il parassita.
Principalmente per tre motivi:
1) In quella fabbrica, tolti gli esseri-guscio non c'era nessun altro essere vivente tranne, per l'appunto, il nostro personaggio iniziale.
2) E' l'unico "nemico" di quella tipologia che incontreremo durante l'intero gioco.
3) I più attenti avranno notato che durante l'operazione per espellere proprio il parassita è possibile notare una faccia (deturpata) esattamente identica a quella del personaggio iniziale (così come a quella del secondo, ovviamente).

Noi siamo i nostri nemici.
Noi diventiamo i nostri nemici.

Vengono accarezzati in pochi attimi elementi tematici affascinanti che ci accompagneranno fino alla fine del gioco. Se dovessi veramente scrivere tutto quello che il gioco mi ha dato modo di elaborare e interpretare finirei per volermi prendere quattro wall text interi pertanto tengo a sottolineare altri due elementi.

  • Nella sequenza finale l'operazione/rituale che subiamo non è pensata solo per alzare lo Shock Value. Per fuggire-trascendere bisogna eliminare ciò che siamo e pensiamo: viene tagliata la calotta cranica e rimosso interamente il cervello. Potenziale luogo di pensieri e idee stagnanti, qualcosa che ti lega al tuo passato, un passato da dimenticare.
  • Alla fine veniamo uccisi da noi stessi, dal nostro passato perché il parassita non è stato ucciso del tutto, perché come in tutte le più classiche delle storie e delle tragedie è difficile andare avanti. Si preferisce rimanere immobili: non a caso veniamo inglobati, diventiamo un immondo essere con due teste, destinato e rimanere immobile (per sempre?).
  • Eventuali discorsi sulla società e sull'annullamento dell'individuo in favore della massa possono essere fatti. Si consideri ad esempio che i "nemici" non ti uccidono per nutrirsi, non vogliono mangiarti ma FERMARTI al fine di rendere impossibile la tua "fuga".

Non si tratta di vedere cose che non esistono.
Si tratta di provare a vivere un'esperienza di questo tipo così com'è stata concepita dai suoi creatori.
E questo non è nulla, l'ho buttata fuori proprio nel modo più semplice possibile centrando alcuni degli elementi che fin dall'inizio mi hanno colpito. Adesso ci sono intere analisi, sociologiche e filosofiche che girano sull'internette molto affascinanti, se vi va di fare un giro anche con piccole chicche sparse qui e lì circa le istituzioni o la grave problematica della sovrappopolazione.
Esistono analisi di questo tipo perché in primis gli autori, quando erano un gruppetto di appena cinque persone, nelle chiacchierate con la community e con i backers di Kickstarter spiegavano quanto tutti loro fossero legati a Martin Heidegger (e l'idea di essere nel mondo così come di progetto sono evidentemente presenti in Scorn, anche senza avere chissà quale conoscenza del filosofo in questione) e all'esistenzialismo in generale. Così come a due artisti in particolare: Hans Ruedi Giger e Zdzislaw Beksinski.

Interessante come venga ripreso Giger a 360°, perché se la prima area è più legata al Giger pop, noto per i lavori di Alien ed esaltato dagli ammerrigani, successivamente si va verso una ripresa di elementi, sì di Giger, ma di quello un po' più controverso, quello che molti ammerrigani ignorano o che nasconderebbero volentieri sotto il tappeto, in cui diventano protagonisti l'atto sessuale esplicito, la violenza carnale a tutto tondo etc. etc. Insomma, ecco.

Per Beksinski invece ci sono degli omaggi chiari più negli sfondi, nelle pose e nei movimenti dell'alieno così come nella paletta cromatica scelta. Scroscianti applausi per l'Art Direction, perché omaggia e riprende ma ha anche la sua personalità e si mantiene sempre su un livello stratosferico. Approfitto per lodare un altro elemento, cioè il Sound Design. Semplicemente incredibile sotto tutti i punti di vista.

Alcuni input di questo discorso al tempo mi hanno sempre interessato in modo particolare. L' aver avuto inoltre la possibilità di scambiare due parole con due di loro tantissimi anni fa mi avevano fatto presagire che ci sarebbe stata comunque una certa ricercatezza estetica. Avevo quindi il gioco nel mio radar seppure con alcune riserve legate al pacing e alla possibilità che il gioco potesse risultare una tediosa camminata alla Adr1ft. Qualche settimana fa invece mi sono fatto un po' divorare dall'hype dopo aver ascoltato alcuni commenti a caldo di un amico redattore (non italiano).

Come detto inizialmente, il gioco non va verso un orrore esclusivamente esplicito e modaiolo, con elementi che sanno di visto e rivisto mille volte, si va verso la direzione dell'esplicito sì, ma in una netta commistione con l'implicito. Perché l'orrore visivo è nitido ma se si provano ad interpretare e valutare le azioni commesse il quadro finale è addirittura peggiore.

SPOILER PROLOGO

Il gioco ti spinge verso un determinato immaginario, folle, crudo, pesante fin da subito. Qui, quel tradurre l'immagine in parole significa sostanzialmente questo: prendi quel guscio contenente un essere vivente, una creatura potenzialmente simile a te, forse frutto di una sperimentazione senza successo e usalo a tuo vantaggio. Il tuo personaggio, né tu in quanto giocatore, può chiedersi se può salvarlo ma deve semplicemente andare avanti: trasporti quel guscio mentre il gioco ti sbatte in faccia un essere deforme e privo della possibilità di parola, che emette suoni poco rassicuranti. A quel punto, con un minimo di consapevolezza ti rendi conto che puoi prendere due decisioni: o lo liberi con un "cucchiaio" o con una sega circolare.
Torniamo al discorso di narrazione visiva, di simbologia e significato: il cucchiaio è strumento innocente rispetto alla sega circolare quindi il destino del nostro "amico" sarà probabilmente più cruento nel caso si usi la sega mentre più buono nel caso del cucchiaio. Sarà così? No, o forse sì. Il cucchiaio gli strappa totalmente la carne, mentre quel silenzio assordante viene interrotto da forti urla di dolore, lui muore, tu hai il braccio per proseguire. La sega distrugge il guscio, la creatura, che nei movimenti ricorda un animale appena nato (che fatica a reggersi in piedi) ti segue, forse si fida. Tu lo usi per aprire la porta: il suo destino è di rimanere fermo per sempre come una chiave, uno strumento, puro annullamento di un essere vivente.

Quale dei due destini è peggiore?

C'è una voluta ambiguità nel presentare le due scelte, così come c'è una chiara volontà nel metterti a disagio.


SPOILER EPILOGO

Nelle battute conclusive del gioco per riuscire ad andare avanti devi di fatto far schiacciare ad un macchinario due osceni feti alieni - con un fantastico visino in primo piano - che precedentemente uccidi, e utilizzi quello stesso sangue per la cerimonia finale che è legata non solo all'hivemind ma anche all'attivazione di due corpi nudi sdraiati nella sala antecedente a quella principale. Insomma, se si gioca riflettendo un attimo sulle azioni commesse il body horror è ben presente e amalgamato. Ancora una volta è chiara la volontà di mettere a disagio il giocatore.

Chi ha parlato di rimandi a Lovecraft per me ci prende in un solo caso, forse un paio, mentre più interessante sarebbe la parentesi che è possibile aprire su Cronenberg.

Adesso. Dopo tutta sta supercazzola le cose potrebbero andare così:

1) "Wow, interessante. Non avevo fatto caso effettivamente a questo elemento o a quell'altro" ma anche un "Secondo me qui ti sbagli, io invece ho interpretato in quest'altro modo" e...
2) "Non vedo queste grandi dietrologie e questo incredibile (presunto) studio. Però è stata una gran bella esperienza audiovisiva."
3) "Ho finito il gioco e mi ha annoiato in tutto e per tutto. Non mi ha lasciato nulla. Oppure un bel "l'ho droppato dopo qualche ora."
4) "Se non si spara neanche lo inizio".


Vi svelo un segreto: vanno bene tutte le opzioni. Va bene se il gioco vi è piaciuto moltissimo, poco o se non vi è piaciuto affatto.
Va bene pure se un gioco faccia per voi o non faccia per voi e va bene se è un gioco è stato concepito per piacere a pochi e non a tutti (sì, avete qui l'esempio concreto che non vale sempre il discorsetto "devo vendere, vendere, vendere a TUTTI, tutti, tutti").
Adesso vorrei aprire una breve parenti sullo stato dell'industria, ma anche sulla critica e sui videogiocatori ricollegandomi a quanto detto all'inizio del discorso: "il discorso è più complesso, il gioco tocca corde diverse e l'esperienza varia tantissimo da giocatore a giocatore. E' impossibile che una produzione tanto dissonante possa piacere a tutti".

Ormai siamo ossessionati dal "devo giocare tutto, tutto può essere nelle mie corde" unito ad un meraviglioso "tutto è costruito con il fine di piacere a tutti e tutti devono avere la possibilità di giocarci". Non è un caso se in questi anni ci siano state polemiche continue sulla difficoltà dei giochi From ad esempio ("datemi l'easy mode perché io la voglio e DEVO giocarmi Sekiro") o verso quelle produzioni il cui focus è diverso da quello che ci si aspetta: "Hellblade è brutto perché IO mi aspettavo un action ma se lo valuto come action è largamente insufficiente" o ancora "Scorn è brutto, ed è solo un esercizio di stile perché IO volevo un FPS e non lo è".

Siamo sicuri che questi discorsi siano funzionali? E questo va ben al di là della qualità delle opere, perché, per essere chiari: io ad esempio ho criticato molto Hellblade sotto svariati punti di vista e posso dirvi anche che non trovo Scorn perfetto (per dire, ci sono purtroppo piccole problematiche qui e lì, la parte finale è stata rushata senza pietà in modo evidente e ci sono un paio di sezioni in mezzo che mi hanno lasciato perplesso). Il problema dunque sono io come fruitore o è il gioco, che non è come lo voglio io?

L'appiattimento dell'offerta videoludica è purtroppo evidente sia da un punto di vista creativo che al livello di meccaniche: siamo andati verso un bigger is so much better sempre più marcato (e preoccupante).

Va ribaltato l'assunto per cui tutto è sempre concepito con l'obbiettivo di piacere a tutti e Scorn semplicemente non può piacere a tutti, ma non cerca di essere scomodo con qualche sotterfugio qui e lì: lo è stato sempre, ad ogni occasione si è mostrato - e si è raccontato per bocca degli stessi sviluppatori - per quello che era. Un titolo anticommerciale, in cui esplorazione e puzzle sarebbero state protagonisti assoluti, senza che la parola FPS/shooter venisse mai utilizzata. Esattamente come ci sono opere cinematografiche o grafiche non adatte a tutti, ci sono anche videogiochi che non vogliono necessariamente piacere ad una grande platea e che soprattutto non POSSONO proprio farlo. E prodotti di questo tipo, fuori dai classici canoni, difficili da categorizzare e non convenzionali fanno bene ad un'industria che, ripeto, si è appiattita in modo preoccupante.

Poi è chiaro che possiamo aprire il solito dibattito e la solita ciclica storiella del "ma i videogichi sono arte?", "ma è il mezzo giusto con cui provare a fare certe sperimentazioni?", ma... ma trovo che tutto questo sia davvero fine a sé stesso.

Ognuno di noi gioca un po' come cazzaccio vuole e vive il videogioco a modo suo. Io ad esempio sono diventato allergico agli OW Ubisoft Oriented, moltissimi non li provo neanche perché appena vedo apparire più di dieci iconcine di secondarie e incarichi sulla mappa comincio a ridere come il Joker di Joaquin Phoenix. Non sono (per ora) il target giusto di gran parte di quei prodotti e semplicemente va bene così.

La critica non è esente da colpe in tutto questo discorso considerando cosa spesso viene premiato e cosa viene invece bastonato ed analizzato con il culo. Il livello, che non era già chissà quanto alto di per sé, si è abbassato notevolmente nell'ultimo periodo. Le recensioni statunitensi sono vergognose e ai limite del leggibile. Ed anche in questo caso molti autori dovrebbero vergognarsi per ciò che hanno proposto al livello contenutistico. Perché se è vero che il videogiocatore può avere sensazioni diametralmente opposte nel giocare un titolo del genere, è anche vero che l'approccio critico dovrebbe prevedere molto altro. E con molto altro non intendo fare lavoro di interpretazione della trama. Complimenti invece ai vari autori italiani, da Domenico Musicò su SpazioGames fino ai concorrenti: il contenuto è apprezzabile, del numerino importa zero. Un po' come fu per Prey ci abbiamo capito molto di più noi che altri. Menzione d'onore per Marco M. (ex-sito concorrente), con cui spesso mi sono trovato in disaccordo, ma che ha tirato fuori una bellissima audioreview del gioco.

Si tratta davvero di un'esperienza unica e brutale, speciale e sfuggente. Una produzione di questo tipo ai miei occhi vince già nel momento in cui dopo averla conclusa ti scorrono per giorni, davanti agli occhi, le immagini di alcune sequenze, ti documenti e fai un lungo lavoro di interpretazione e ti chiedi il significato di alcune cose. L'ultima volta forse mi era parzialmente capitato con Soma.
Tutto risulta ancora più incredibile se si considera che è l'opera prima di un team davvero giovane.


Complimenti a Microsoft per aver creduto fortemente in questo progetto, sperando che questi ragazzi possano avere un buon riscontro. Spero inoltre che il gioco possa arrivare quanto prima anche su PS5 perché sono convinto che produzioni del genere non possano rimanere confinate su una singola console ma che piuttosto meritino di toccare un pubblico più ampio: magari anche lì lo apprezzeranno 5 videogiocatori su 10 (ad essere ottimisti) e andrebbe comunque bene così.

Torno a scrivere qualcosa di leggermente più approfondito dopo tanto tempo, ha richiesto uno sforzo immane ma sono felice di averlo fatto per sto giochetto qua.

ciao
faccio parte di "quelli che lo hanno giocato per 90 minuti e poi disinstallato"
l'ho trovato sicuramente interessante ma il ritmo troppo troppo troppo lento
avrei però voluto scrivere nel forum un parere di chi "ci si è voluto mettere" perchè la trama (se così vogliamo chiamarla) mi ha incuriosito... bhe, direi che mi hai anticipato: grazie per il post esaustivo e molto interessante
a questo punto posso concludere che è molto interessante ma purtroppo non mi è piaciuto il modo in cui viene raccontato
 
particolarmente divisivo, mi piace :asd:
sicuramente gli darò una possibilità, anzi se ci scappa un buco prima della strega 3 quasi quasi :nev:
 
Nel corso dell'ultimo periodo ho avuto la possibilità di giocare approfonditamente produzioni uniche e meravigliose, che avrebbero meritato fiumi di parole e analisi, come Sifu, Elden Ring e Tunic, ma purtroppo il periodo che vivo non mi permette di scrivere in modo tranquillo come vorrei fare. Sono giorni che penso se fosse il caso di farlo per Scorn, ero particolarmente titubante ma eccoci qui: incredibile che abbia deciso di farlo per un titolo di cui (fino a tre settimane fa circa) me ne fregava giusto una punta di cazzo e nulla più.

Scorn è un titolo atipico e speciale e l'esperienza che propone è sicuramente rara nel mondo dei videogiochi. Non condivide nulla con i jumpscare simulator degli ultimi anni - e non è una critica aprioristica, anzi, in mezzo ci sono state esperienze discrete e molto buone, non ultima quella proposta da Madison - che tanto hanno avuto successo anche nel mondo degli streamers legati a Twitch: non c'è un singolo momento in cui Scorn prova a spaventarti usando quelle strategie. Infilare questo titolo a forza in mezzo a paragoni vari è svilente, inutile dire che ha qualcosa di quello o di quel gioco. La produzione di Ebb Software va quasi sempre per i cazzacci suoi e non ha paura di fare scelte impopolari su più fronti, fin dall'inizio.

SPOILER ARMA
Raccogli un arma, dal design indubbiamente peculiare, a forma di pistola. "Sparerà sicuramente", pensi e invece no, per nulla.

Ciò che ti si para davanti è un'esperienza audiovisiva a 360°, che recupera elementi da svariate opere artistiche, non necessariamente legate al mondo dei videogiochi.
Considerate le premesse è difficile analizzare un prodotto del genere parlando di gameplay o, per l'appunto, delle somiglianze con altri titoli. Così come complesso è parlare di un numerino fine a sé stesso da piazzare alla fine di un testo critico (o presunto tale) scritto (spesso purtroppo senza alcuna cognizione di causa).

Scorn ha delle fasi FPS? Sì.
E' importante fare attenzione alle risorse? Sì, in parte.
Scorn ha degli enigmi ambientali? Sì, diversi.
In Scorn si cammina e basta? Sì, spesso.
E' un'esperienza simile a giochi come Visage, Madison, SOMA etc. etc.? Nì.
Farsi queste domande e stare minuziosamente lì a parlare di questi elementi è davvero importante in questo specifico caso? No.

Il discorso è più complesso, il gioco tocca corde diverse e l'esperienza varia tantissimo da giocatore a giocatore. E' impossibile che una produzione tanto dissonante possa piacere a tutti ma su questo punto voglio tornarci alla fine.

Piccola parentesi sui puzzle ambientali che hanno fatto impazzire tutto sto infinito insieme di grandi videogiocatori. Beh, sul serio, no. Gli enigmi sono ben amalgamati e mai davvero complessi: il primo, sulla bocca di tanti, è forse quello per cui serve dedicare qualche minuto in più ma parlare di difficoltà fuori scala, assurda, ingredibbileh è francamente ridicolo. La situazione non fa altro che sottolineare quanto il pubblico sia disabituato a giochi che vanno verso altre direzioni, proponendo puzzle la cui difficoltà è addirittura... NORMALE.

Scorn costruisce una narrazione totalmente ed esclusivamente visiva. La scelta di non mettere in scena alcun dialogo o di non inserire eventuali descrizioni o collezionabili, contenenti del testo, è voluta ed è coerente con il mondo di gioco: un mondo alieno, una civiltà perduta, la potenziale incapacità di comunicare dei personaggi, la potenziale mancanza di un linguaggio condiviso normalmente inteso (scritto/orale). Perché mai avrebbero dovuto inserire elementi del genere?
Ed è coerente con quello che Scorn vuole essere: un'esperienza audiovisiva, non facilmente categorizzabile. I videogiocatori, si sa, sono ossessionati dal voler inserire a tutti i costi un gioco in un macro o micro genere e mi dispiace, ma in questo caso non funziona per nulla: Scorn è un prodotto deliberatamente anticommerciale. Lo mostra e lo dimostra ogni volta che può, dall'inizio alla fine.

Non è un caso che dunque si possa parlare di plot come inteso classicamente in questo modo.

SPOILER TRAMA

Un essere alieno si sveglia, senza sapere né cosa né chi sia, cade in quella che sembra di fatto una vera e propria fabbrica della vita in cui veniva fatta sperimentazione. Prova con tutte le sue forze ad andare avanti, a uscire fuori e dopo diverse peripezie viene assorbito da quello che è a tutti gli effetti un parassita. Adesso l'obbiettivo dell'alieno muta, diventa sicuramente uscire fuori e andare avanti ma anche riuscire a eliminare il parassita che piano piano lo sta uccidendo. Si passa da una zona all'altra finché non ci si trova davanti a una struttura diversa, dai toni più chiari, che sembra più una corte reale che una fabbrica. Qui il protagonista riesce a liberarsi del parassita, partecipa a uno strano rituale e prova finalmente a raggiungere la prossima zona ma purtroppo il parassita non era morto, uccide il protagonista e lo ingloba in sé mutando in qualcosa di mostruoso, con due teste, rimanendo immobile.

Che dite? Un po' deludente no? Un po' troppo poco.

Esatto. Perché il titolo è molto di più di questo, è molto più della descrizione degli eventi o del modo normale di intendere una trama. Ognuno di noi in opere (perlopiù visive) di questo tipo può decidere non vederci nulla, però può anche decidere di scavare a fondo, di fare attenzione ai dettagli, documentarsi, immaginare, farsi delle domande al fine di comprendere se ci sia qualcosa di più, perché non sempre è tutto buttato a caso. Pensate che enorme delitto intellettuale si commetterebbe se si prendesse un autore come Lynch e lo si liquidasse parlando di trama come mero riassunto di eventi. Sono volutamente provocatorio: Ljubomir Peklar, ed in generele Ebb Software, non può giustamente condividere neanche una frase contenente un nome così pesante come quello di David Lynch.
Cercate di capire però quello che dico: ridurre Scorn a un gioco con un gameplay X, con delle sessioni Y e con una trama in cui succede ABC è delittuoso.

Se dicessi ad esempio che Scorn parla di esistenzialismo, di vita, morte e famiglia, di decisioni morali, di mors tua vita mea, di nascita, di incomunicabilità e solitudine, perfino della riproduzione... le cose vi sembrerebbero più interessanti?

C'è un sottotesto complesso, cupo ma al tempo stesso ricco e meraviglioso. Scorn ha tantissimo da raccontare se sei disposto ad ASCOLTARE. Ma ascoltare davvero.
Riproviamo a prendere in esame la trama di prima con qualche input generico qui e lì:

SPOILER TRAMA 2

Un alieno si risveglia in un luogo tetro, si protrae in avanti e sembra sia attratto da un luogo distante. Cerca disperatamente di raggiungerlo: a questo punto è possibile notare dei cambi veloci di inquadratura che ci trasportano in due zone di gioco differenti. Stiamo guardando il nostro alieno? O ne stiamo vedendo tanti altri. Forse ne stiamo vedendo due?
Siamo i primi a compiere questo viaggio verso la "salvezza"?
La quantità di corpi privi di vita - e la loro localizzazione - visibili nelle prime due zone di gioco lasciano presagire qualcosa in questo senso.

Nella prima area la conclusione vede di fatto la rottura di una torre, in una stanza in cui le forme falliche si sprecano: i rimandi sessuali presenti nel gioco NON sono mai casuali (così come casuale non è che l'atto della penetrazione venga presentato a più riprese in diverse forme). Ne avrete di espliciti nei murales della corte nella sequenza finale.
Un liquido biancastro inonda la stanza, il nostro personaggio viene colpito e si passa alla zona successiva.

Occhio qui, e se vi dicessi che l'alieno con cui ci risvegliamo non è necessariamente quello con cui abbiamo iniziato il gioco (a tratti tra l'altro la nuova zona di risveglio ricorda il prologo con l'alternanza di visioni). Non solo non coincidono le zone dello svenimento e del risveglio (la struttura iniziale infatti sarà davanti a noi adesso di diversi km) ma in più il nostro NUOVO personaggio sta nascendo adesso: l'idea del cordone ombellicale da strappare ci invita a pensare alla nascita.
In questo mondo decadente la nascita (così come l'atto riproduttivo in sé e molti altri elementi) non è un atto meraviglioso, anzi, è disgustoso e violento ed esattamente come ogni altra cosa qui, sembra "sbagliata", diversa, plagiata, orribile.
Perfino gli esseri più piccoli lo sono. Ogni riferimento alla sezione finale è puramente voluta.

Arriviamo ad un punto fondamentale: nell'idea che mi sono fatto io, il primo personaggio che abbiamo utilizzato diviene il parassita.
Principalmente per tre motivi:
1) In quella fabbrica, tolti gli esseri-guscio non c'era nessun altro essere vivente tranne, per l'appunto, il nostro personaggio iniziale.
2) E' l'unico "nemico" di quella tipologia che incontreremo durante l'intero gioco.
3) I più attenti avranno notato che durante l'operazione per espellere proprio il parassita è possibile notare una faccia (deturpata) esattamente identica a quella del personaggio iniziale (così come a quella del secondo, ovviamente).

Noi siamo i nostri nemici.
Noi diventiamo i nostri nemici.

Vengono accarezzati in pochi attimi elementi tematici affascinanti che ci accompagneranno fino alla fine del gioco. Se dovessi veramente scrivere tutto quello che il gioco mi ha dato modo di elaborare e interpretare finirei per volermi prendere quattro wall text interi pertanto tengo a sottolineare altri due elementi.

  • Nella sequenza finale l'operazione/rituale che subiamo non è pensata solo per alzare lo Shock Value. Per fuggire-trascendere bisogna eliminare ciò che siamo e pensiamo: viene tagliata la calotta cranica e rimosso interamente il cervello. Potenziale luogo di pensieri e idee stagnanti, qualcosa che ti lega al tuo passato, un passato da dimenticare.
  • Alla fine veniamo uccisi da noi stessi, dal nostro passato perché il parassita non è stato ucciso del tutto, perché come in tutte le più classiche delle storie e delle tragedie è difficile andare avanti. Si preferisce rimanere immobili: non a caso veniamo inglobati, diventiamo un immondo essere con due teste, destinato e rimanere immobile (per sempre?).
  • Eventuali discorsi sulla società e sull'annullamento dell'individuo in favore della massa possono essere fatti. Si consideri ad esempio che i "nemici" non ti uccidono per nutrirsi, non vogliono mangiarti ma FERMARTI al fine di rendere impossibile la tua "fuga".

Non si tratta di vedere cose che non esistono.
Si tratta di provare a vivere un'esperienza di questo tipo così com'è stata concepita dai suoi creatori.
E questo non è nulla, l'ho buttata fuori proprio nel modo più semplice possibile centrando alcuni degli elementi che fin dall'inizio mi hanno colpito. Adesso ci sono intere analisi, sociologiche e filosofiche che girano sull'internette molto affascinanti, se vi va di fare un giro anche con piccole chicche sparse qui e lì circa le istituzioni o la grave problematica della sovrappopolazione.
Esistono analisi di questo tipo perché in primis gli autori, quando erano un gruppetto di appena cinque persone, nelle chiacchierate con la community e con i backers di Kickstarter spiegavano quanto tutti loro fossero legati a Martin Heidegger (e l'idea di essere nel mondo così come di progetto sono evidentemente presenti in Scorn, anche senza avere chissà quale conoscenza del filosofo in questione) e all'esistenzialismo in generale. Così come a due artisti in particolare: Hans Ruedi Giger e Zdzislaw Beksinski.

Interessante come venga ripreso Giger a 360°, perché se la prima area è più legata al Giger pop, noto per i lavori di Alien ed esaltato dagli ammerrigani, successivamente si va verso una ripresa di elementi, sì di Giger, ma di quello un po' più controverso, quello che molti ammerrigani ignorano o che nasconderebbero volentieri sotto il tappeto, in cui diventano protagonisti l'atto sessuale esplicito, la violenza carnale a tutto tondo etc. etc. Insomma, ecco.

Per Beksinski invece ci sono degli omaggi chiari più negli sfondi, nelle pose e nei movimenti dell'alieno così come nella paletta cromatica scelta. Scroscianti applausi per l'Art Direction, perché omaggia e riprende ma ha anche la sua personalità e si mantiene sempre su un livello stratosferico. Approfitto per lodare un altro elemento, cioè il Sound Design. Semplicemente incredibile sotto tutti i punti di vista.

Alcuni input di questo discorso al tempo mi hanno sempre interessato in modo particolare. L' aver avuto inoltre la possibilità di scambiare due parole con due di loro tantissimi anni fa mi avevano fatto presagire che ci sarebbe stata comunque una certa ricercatezza estetica. Avevo quindi il gioco nel mio radar seppure con alcune riserve legate al pacing e alla possibilità che il gioco potesse risultare una tediosa camminata alla Adr1ft. Qualche settimana fa invece mi sono fatto un po' divorare dall'hype dopo aver ascoltato alcuni commenti a caldo di un amico redattore (non italiano).

Come detto inizialmente, il gioco non va verso un orrore esclusivamente esplicito e modaiolo, con elementi che sanno di visto e rivisto mille volte, si va verso la direzione dell'esplicito sì, ma in una netta commistione con l'implicito. Perché l'orrore visivo è nitido ma se si provano ad interpretare e valutare le azioni commesse il quadro finale è addirittura peggiore.

SPOILER PROLOGO

Il gioco ti spinge verso un determinato immaginario, folle, crudo, pesante fin da subito. Qui, quel tradurre l'immagine in parole significa sostanzialmente questo: prendi quel guscio contenente un essere vivente, una creatura potenzialmente simile a te, forse frutto di una sperimentazione senza successo e usalo a tuo vantaggio. Il tuo personaggio, né tu in quanto giocatore, può chiedersi se può salvarlo ma deve semplicemente andare avanti: trasporti quel guscio mentre il gioco ti sbatte in faccia un essere deforme e privo della possibilità di parola, che emette suoni poco rassicuranti. A quel punto, con un minimo di consapevolezza ti rendi conto che puoi prendere due decisioni: o lo liberi con un "cucchiaio" o con una sega circolare.
Torniamo al discorso di narrazione visiva, di simbologia e significato: il cucchiaio è strumento innocente rispetto alla sega circolare quindi il destino del nostro "amico" sarà probabilmente più cruento nel caso si usi la sega mentre più buono nel caso del cucchiaio. Sarà così? No, o forse sì. Il cucchiaio gli strappa totalmente la carne, mentre quel silenzio assordante viene interrotto da forti urla di dolore, lui muore, tu hai il braccio per proseguire. La sega distrugge il guscio, la creatura, che nei movimenti ricorda un animale appena nato (che fatica a reggersi in piedi) ti segue, forse si fida. Tu lo usi per aprire la porta: il suo destino è di rimanere fermo per sempre come una chiave, uno strumento, puro annullamento di un essere vivente.

Quale dei due destini è peggiore?

C'è una voluta ambiguità nel presentare le due scelte, così come c'è una chiara volontà nel metterti a disagio.


SPOILER EPILOGO

Nelle battute conclusive del gioco per riuscire ad andare avanti devi di fatto far schiacciare ad un macchinario due osceni feti alieni - con un fantastico visino in primo piano - che precedentemente uccidi, e utilizzi quello stesso sangue per la cerimonia finale che è legata non solo all'hivemind ma anche all'attivazione di due corpi nudi sdraiati nella sala antecedente a quella principale. Insomma, se si gioca riflettendo un attimo sulle azioni commesse il body horror è ben presente e amalgamato. Ancora una volta è chiara la volontà di mettere a disagio il giocatore.

Chi ha parlato di rimandi a Lovecraft per me ci prende in un solo caso, forse un paio, mentre più interessante sarebbe la parentesi che è possibile aprire su Cronenberg.

Adesso. Dopo tutta sta supercazzola le cose potrebbero andare così:

1) "Wow, interessante. Non avevo fatto caso effettivamente a questo elemento o a quell'altro" ma anche un "Secondo me qui ti sbagli, io invece ho interpretato in quest'altro modo" e...
2) "Non vedo queste grandi dietrologie e questo incredibile (presunto) studio. Però è stata una gran bella esperienza audiovisiva."
3) "Ho finito il gioco e mi ha annoiato in tutto e per tutto. Non mi ha lasciato nulla. Oppure un bel "l'ho droppato dopo qualche ora."
4) "Se non si spara neanche lo inizio".


Vi svelo un segreto: vanno bene tutte le opzioni. Va bene se il gioco vi è piaciuto moltissimo, poco o se non vi è piaciuto affatto.
Va bene pure se un gioco faccia per voi o non faccia per voi e va bene se è un gioco è stato concepito per piacere a pochi e non a tutti (sì, avete qui l'esempio concreto che non vale sempre il discorsetto "devo vendere, vendere, vendere a TUTTI, tutti, tutti").
Adesso vorrei aprire una breve parenti sullo stato dell'industria, ma anche sulla critica e sui videogiocatori ricollegandomi a quanto detto all'inizio del discorso: "il discorso è più complesso, il gioco tocca corde diverse e l'esperienza varia tantissimo da giocatore a giocatore. E' impossibile che una produzione tanto dissonante possa piacere a tutti".

Ormai siamo ossessionati dal "devo giocare tutto, tutto può essere nelle mie corde" unito ad un meraviglioso "tutto è costruito con il fine di piacere a tutti e tutti devono avere la possibilità di giocarci". Non è un caso se in questi anni ci siano state polemiche continue sulla difficoltà dei giochi From ad esempio ("datemi l'easy mode perché io la voglio e DEVO giocarmi Sekiro") o verso quelle produzioni il cui focus è diverso da quello che ci si aspetta: "Hellblade è brutto perché IO mi aspettavo un action ma se lo valuto come action è largamente insufficiente" o ancora "Scorn è brutto, ed è solo un esercizio di stile perché IO volevo un FPS e non lo è".

Siamo sicuri che questi discorsi siano funzionali? E questo va ben al di là della qualità delle opere, perché, per essere chiari: io ad esempio ho criticato molto Hellblade sotto svariati punti di vista e posso dirvi anche che non trovo Scorn perfetto (per dire, ci sono purtroppo piccole problematiche qui e lì, la parte finale è stata rushata senza pietà in modo evidente e ci sono un paio di sezioni in mezzo che mi hanno lasciato perplesso). Il problema dunque sono io come fruitore o è il gioco, che non è come lo voglio io?

L'appiattimento dell'offerta videoludica è purtroppo evidente sia da un punto di vista creativo che al livello di meccaniche: siamo andati verso un bigger is so much better sempre più marcato (e preoccupante).

Va ribaltato l'assunto per cui tutto è sempre concepito con l'obbiettivo di piacere a tutti e Scorn semplicemente non può piacere a tutti, ma non cerca di essere scomodo con qualche sotterfugio qui e lì: lo è stato sempre, ad ogni occasione si è mostrato - e si è raccontato per bocca degli stessi sviluppatori - per quello che era. Un titolo anticommerciale, in cui esplorazione e puzzle sarebbero state protagonisti assoluti, senza che la parola FPS/shooter venisse mai utilizzata. Esattamente come ci sono opere cinematografiche o grafiche non adatte a tutti, ci sono anche videogiochi che non vogliono necessariamente piacere ad una grande platea e che soprattutto non POSSONO proprio farlo. E prodotti di questo tipo, fuori dai classici canoni, difficili da categorizzare e non convenzionali fanno bene ad un'industria che, ripeto, si è appiattita in modo preoccupante.

Poi è chiaro che possiamo aprire il solito dibattito e la solita ciclica storiella del "ma i videogichi sono arte?", "ma è il mezzo giusto con cui provare a fare certe sperimentazioni?", ma... ma trovo che tutto questo sia davvero fine a sé stesso.

Ognuno di noi gioca un po' come cazzaccio vuole e vive il videogioco a modo suo. Io ad esempio sono diventato allergico agli OW Ubisoft Oriented, moltissimi non li provo neanche perché appena vedo apparire più di dieci iconcine di secondarie e incarichi sulla mappa comincio a ridere come il Joker di Joaquin Phoenix. Non sono (per ora) il target giusto di gran parte di quei prodotti e semplicemente va bene così.

La critica non è esente da colpe in tutto questo discorso considerando cosa spesso viene premiato e cosa viene invece bastonato ed analizzato con il culo. Il livello, che non era già chissà quanto alto di per sé, si è abbassato notevolmente nell'ultimo periodo. Le recensioni statunitensi sono vergognose e ai limite del leggibile. Ed anche in questo caso molti autori dovrebbero vergognarsi per ciò che hanno proposto al livello contenutistico. Perché se è vero che il videogiocatore può avere sensazioni diametralmente opposte nel giocare un titolo del genere, è anche vero che l'approccio critico dovrebbe prevedere molto altro. E con molto altro non intendo fare lavoro di interpretazione della trama. Complimenti invece ai vari autori italiani, da Domenico Musicò su SpazioGames fino ai concorrenti: il contenuto è apprezzabile, del numerino importa zero. Un po' come fu per Prey ci abbiamo capito molto di più noi che altri. Menzione d'onore per Marco M. (ex-sito concorrente), con cui spesso mi sono trovato in disaccordo, ma che ha tirato fuori una bellissima audioreview del gioco.

Si tratta davvero di un'esperienza unica e brutale, speciale e sfuggente. Una produzione di questo tipo ai miei occhi vince già nel momento in cui dopo averla conclusa ti scorrono per giorni, davanti agli occhi, le immagini di alcune sequenze, ti documenti e fai un lungo lavoro di interpretazione e ti chiedi il significato di alcune cose. L'ultima volta forse mi era parzialmente capitato con Soma.
Tutto risulta ancora più incredibile se si considera che è l'opera prima di un team davvero giovane.


Complimenti a Microsoft per aver creduto fortemente in questo progetto, sperando che questi ragazzi possano avere un buon riscontro. Spero inoltre che il gioco possa arrivare quanto prima anche su PS5 perché sono convinto che produzioni del genere non possano rimanere confinate su una singola console ma che piuttosto meritino di toccare un pubblico più ampio: magari anche lì lo apprezzeranno 5 videogiocatori su 10 (ad essere ottimisti) e andrebbe comunque bene così.

Torno a scrivere qualcosa di leggermente più approfondito dopo tanto tempo, ha richiesto uno sforzo immane ma sono felice di averlo fatto per sto giochetto qua.
sarebbe bello intavolare una discussione su cosa ognuno di noi ci ha visto e come ha interpretato il gioco ed il suo finale
bellissima la tua analisi
 
A casa avevo uno di quei così quadrati con i numeri che si spostano, e il primo problema proposto dal gioco è la stessa cosa.
Visivamente impressionante, lo continuerò a giocare.
 
Finito oggi. Che dire, è sicuramente un'esperienza interessante e intrigante di alto valore artistico mentre il gameplay (soprattutto il gunplay) risulta decisamente sottotono, nel complesso. Tuttavia è qualcosa di originale nel suo insieme e nel complesso è un titolo promosso, seppur non da 8.5 (magari un 7.5-8). Tra l'altro si è parlato molto delle influenze visive di H. R. Giger ma, arrivato alla conclusione dell'esperienza di gioco, direi che c'è molto più Alex Grey nel concept artistico piuttosto che Giger. La cosa, da fan della band americana Tool, ha forse fatto sì che lo apprezzassi maggiormente.
 
Bellissima analisi di mapaan e devo dire che mi hai ispirato a tal punto che lo proverò sicuramente.
Magari lo dropperò, ma di certo sono convinto - e forse in fondo già lo ero - che meriti di essere sperimentato.

Mi soffermo un attimo sul discorso critica americana vs italiana e ti dico che - sebbene anche qui si soffra di "servilismo" verso i blockbuster sterili e tutti uguali - ho sempre notato anche io che qui da noi si apprezzano molto meglio certe opere divisive e fuori dai canoni.

Ed io penso che questo sia dovuto al fatto che in Italia siamo semplicemente più abituati all'arte, e nonostante anno dopo anno l'Italia diventi sempre più ignorante e provinciale, questa nostra capacità di saper interpretare ed apprezzare meglio di altri certe opere, è quasi genetica, è in noi dalla nascita.

Grande mapaan comunque, spero di leggerti più spesso!
 
Ma solo a me crasha il gioco ogni due per tre portandomi in home? Qualcuno ha riscontrato il medesimo problema?
 
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