Apro questo thread per discutere sul tema dell'immigrazione, spesso si sfiora questo tema in altri thread di argomento politico ma non si approfondisce mai la questione a fondo. Qui cercheremo di discutere su gestione dell'immigrazione, proposte, critiche, cercando di mantenere un'ottica complessiva e costruttiva.
Comincio io mettendo su schermo le mie conoscenze e opinioni sul tema, dividerò il mio testo in quattro domini: Immigrazione irregolare e sbarchi, Economia, Criminalità e Integrazione.
Immigrazione irregolare e sbarchi
Prima di discutere di immigrazione dobbiamo distinguere flussi regolari da quelli irregolari. Partendo dai numeri, oggi gli immigrati regolari costituiscono l'8,2% della popolazione, richiedenti asilo+rifugiati invece costituiscono solo lo 0,15% circa della popolazione. È da sottolineare poi che non va confusa la rotta balcanica, composta perlopiù da bambini o comunque rifugiati, con quella libica, composta perlopiù da migranti economici clandestini, e che in questo senso l'Italia accoglie davvero pochi profughi rispetto agli altri paesi europei e i paesi mediorientali (per fare un esempio la piccola Giordania accoglie quasi 1,5 mln di profughi, numeri simili e anche più grandi nei paesi vicini http://data.worldbank.org/indicator/SM.POP.REFG ) accogliendo infatti 100mila richiedenti asilo http://www.interno.gov.it/it/sala-stampa/dati-e-statistiche/presenze-dei-migranti-nelle-strutture-accoglienza-italia di cui la maggioranza sono migranti economici che aspettano negli hotspot e nei CIE per essere identificati e rimpatriati http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2015/09/01/news/migranti_profughi_cose_da_sapere_domande_risposte_faq-121963703/ .Analizziamo la situazione e le possibili soluzioni.
Il canale migratorio libico non può essere fermato finché non ci sarà un intervento militare che stabilizzi e fermi il traffico di esseri umani. Per poter intraprendere una qualsiasi soluzione serve innanzitutto tutto un interlocutore affidabile in Libia ed è quello che sta cercando l'Italia con il nuovo governo libico di unità nazionale formatosi grazie anche al ruolo importante dell'Italia. http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/svolta-in-libia-firmato-l-accordo-per-un-governo-di-unita-nazionale_2149675-201502a.shtml Infatti le coste libiche attualmente sono controllate da gruppi criminali oltre che terroristi,mentre i 'governi' (Tripoli e quello riconosciuto di Tobruk) che si spartiscono il paese hanno poco controllo su di esso, un intervento sembra ora più vicino ma prima il governo di Tripoli si era opposto fortemente a ciò(e oggi i più duri di questa fazione ancora sono contrari), intervenire ci avrebbe quindi posto contro buona parte del paese col rischio anche di perdere e molti soldi spesi . Per l'Italia è indispensabile infatti che la Libia non rimanga un failed state. Avere un governo funzionante a Tripoli è infatti l'unico modo per poter controllare i flussi migratori e per garantire gli investimenti e le esportazioni di gas e petrolio dell'ENI. Le azioni di questo governo (a fronte di una contropartita, è evidente) potrebbero avere pesantissime e molto positive ripercussioni sulla politica interna italiana: si pensi per esempio a quanto la questione immigrazione sta spostando a destra gli italiani e istigando sentimenti anti-europei e xenofobi che erano molto ma molto più marginali fino a 5-6 anni fa. Si è visto (Albania e per un breve periodo anche Libia di Gheddafi) che l'unico modo di ridurre sensibilmente i barconi è collaborare con governo, intelligence e FFOO locali e pattugliando le loro acque territoriali. Al contrario per Parigi e Londra la Libia è un teatro secondario dove a fronte di pochi rischi c'è molto da guadagnare. Se anche la Libia si somalizasse infatti per gli anglofrancesi non sarebbe un problema drammatico, non avendo grossi interessi economici nè confini marittimi. Possono quindi intraprendere politiche muscolari per soddisfare la loro opinione pubblica (mediamente più interventista della nostra), per combattere l'ISIS(che, dopo Parigi, la Francia vede come un problema molto maggiore di quanto lo sia per noi) e per acchiappare qualche barile di petrolio a scapito dell'ENI, dovessero le cose andar bene https://news.vice.com/it/article/libia-italia-guerra-stato-islamico
Piccola nota sul programma della Lega Nord in merito: http://www.ilpost.it/davidedeluca/2015/04/27/salvini-immigrazione/ 'Nel paragrafo successivo il programma sostiene la necessità di siglare accordi bilaterali proprio a questo scopo' ,esattamente ciò che sta facendo attualmente l'Italia.non esistono alternative alla gestione dei rifugiati finché non vengano fatti accordi in Libia, premessa per ciò è la stabilizzazione del paese, via che si sta progressivamente attuando. Per fare un esempio sul fatto che non siamo gli unici, anche l'Australia applicava un'operazione simile a Mare Nostrum fino a pochi anni fa (con numeri anche relativamente più alti in relazione alla popolazione autoctona), l'operazione No Way è iniziata dopo solo grazie alla firma di accordi con i paesi da cui partivano i migranti (accordi simili a quelli che avevamo con Gheddafi e a quelli che sta cercando di portare attualmente avanti l'Italia con la Libia). Per approfondire: http://www.ilpost.it/2015/04/22/immigrazione-australia/
I recenti passi avanti stanno aprendo la strada ad operazioni più capillari contro i trafficanti http://www.analisidifesa.it/2016/02/lammiraglio-credendino-fa-il-punto-su-eunavfor-med/ http://www.askanews.it/politica/mattarella-governo-libia-sia-operativo-anche-per-crisi-migranti_711761397.htm http://www.ilmessaggero.it/index.php?p=articolo&id=1694313&sez=primopiano&start=0&orderby=rating
http://www.repubblica.it/esteri/2016/04/16/news/migranti_proposta_italia-137740415/?refresh_ce
La recente formazione del governo di Serraj in Libia ha dato finalmente la possibilità di interloquire con un rappresentante valido in Libia, le precedenti proposte ora sono quindi nella fase organizzativa ed infatti il governo Gentiloni ha dato molto rilievo alla questione come parte del suo mandato, con brevi ricerche potete approfondire meglio cosa stanno organizzando il nuovo governo e l'Europa in merito proprio ora.
Economia
Ora concentriamoci sull'immigrazione regolare. Questa è la più chiara e accessibile raccolta di studi sul tema, in particolare lavoro e salari, che ho trovato:
Non sono studi di parte ma in linea con le rilevazioni a livello internazionale; è sempre la lump of labor fallacy, termine su cui potete trovare molti articoli di approfondimento online senza che vi debba indirizzare in modo preciso https://www.google.it/search?q=lump+of+abor+fallacy&oq=lump+of+abor+fallacy&aqs=chrome..69i57.5250j0j1&sourceid=chrome&ie=UTF-8#q=lump+of+labor+fallacy+immigration
Sull'aspetto demografico ricordo che l'obiettivo a cui tende l'mmigrazione (e sottolineo 'tende') non è una crescita illimitata della popolazione ma la compensazione della piramide demografica a fronte degli effetti dovuti all' invecchiamento della popolazione, infatti come indicano le proiezioni demografiche in questo studio https://www.google.it/url?sa=t&source=web&rct=j&url=http://www.migrationpolicycentre.eu/docs/SummerSchool2013/readings/De%2520Santis_Reading.pdf&ved=0ahUKEwjP3raqxrvRAhWD1RQKHVgUDRQQFggmMAI&usg=AFQjCNHF8mesGnNQ37qpD1wn3w04wlypEw mantenendo gli attuali livelli di immigrazione la popolazione si stabilira' sui 40mln di persone tra qualche decennio, l'immigrazione inoltre non compensera' la piramide demografica ma contribuira' comunque a ridurre gli effetti negativi del suo mutamento. C'è chi risponde proponendo pesanti politiche pro-natalità ma non esiste paese in cui abbiano funzionato da sole, la Francia per esempio è il paese che spende la più alta percentuale di PIL al mondo per questi incentivi che uniti all'immigrazione di massa(gli immigrati infatti fanno piu figli alle prime generazioni, poi si adeguano velocemente ai tassi di natalità autoctoni secondo i dati) non hanno permesso di raggiungere un tasso di ricambio della popolazione sufficente (sono arrivati ad un tasso di natalità pari a 2,0 mentre il tasso di ricambio minimo è 2,1 e ciò nonostante un sistema 'dopato' anche dall'immigrazione). Le politiche pro-natalità oltre ad essere costose (le spese per la gestione dei migranti in confronto sono effimere) hanno come obiettivo lo stop dell'invecchiamento della popolazione,evitare quindi una società dove pochi giovani mantengono molti vecchi(che oltre a pensioni necessitano per esempio di molti piu servizi sanitari) incrementando il debito pubblico quindi è assurdo cercare di evitare ciò facendo ulteriore debito con costose politiche famigliari per creare almeno il primo sistema pro-natalità funzionante (per cui dovremmo spendere moltissimo). Gli immigrati(parlo dei regolari ovviamente) risolvono il problema perché non necessitano di queste spese e sono pronti gi al lavoro,un sistema di ricambio funzionale deve quindi necessariamente unire immigrazione a politiche pro-natalita. [ARTICOLI A RIGUARDO]
http://www.economicshelp.org/blog/8950/society/impact-ageing-population-economy
https://geographyas.info/population/france-pro-natalism/
Riguardo il welfare state può esistere la legittima preoccupazione secondo cui gli immigrati prendano più di quanto offrano ma questa è una delle altre questioni che meriterebbe un'analisi più ampia e scientifica oltre esempi episodici. Un'analisi della letteratura in merito in Europa dà risultati misti sia in positivo che in negativo ma che gli immigrati siano un grande costo è completamente da escludere. Questo è il più recente studio sulla questione ( offre anche una panoramica sulla letteratura in merito), lo studio mostra che in Italia il contributo degli immigrati è positivo. https://www.google.it/url?sa=t&source=web&rct=j&url=http://www.foreurope.eu/fileadmin/documents/pdf/Workingpapers/WWWforEurope_WPS_no021_MS16.pdf&ved=0ahUKEwi0zZyXk_zQAhWJIFAKHQN1DJkQFggfMAA&usg=AFQjCNGmfKP1iqlTdRg1qbk4G4I2vvCNGQ
Criminalità
Secondo il documento redatto dal Viminale, circa il 35% dei reati è commesso da immigrati ma sono perlopiù gli irregolari a commettere crimini mentre il tasso di criminalità tra i regolari in media è pari a quello italiano; circa l'80%% dei crimini commesso da immigrati è infatti commesso da irregolari (che costituiscono solo il 6% della popolazione immigrata [Fonte] http://www.ismu.org/wp-content/uploads/2015/03/Report-1-G.-Papavero-16.02.pdf ) in poche parole la probabilità di commettere un crimine per un immigrato irregolare è più di 10 volte quella di un regolare che invece ha tassi di criminalità uguali o inferiori a quelli italiani. [Fonte] http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/06/22/immigrati-solo-gli-irregolari-commettono-piu-reati.html .
Per gli immigrati regolari il tasso di criminalità è tra 1,23% e 1,4% contro lo 0,75% italiano ma gli immigrati sono molto più giovani e ciò influisce, approfondiamo perciò i dati : per la fascia di età 18 – 44 anni, è del 1,50% per gli italiani e del 1,89% per gli immigrati regolari; per quella 45 – 64 anni, è dello 0,65% per gli italiani e dello 0,44% per gli immigrati regolari: per gli over 65 è dello 0,12% sia per gli italiani che per gli immigrati regolari. Sulle differenze che si riscontrano mettendo a confronto la fascia d'età 18-44 pesa, tuttavia, il fatto che non pochi reati sono connessi a violazione delle leggi sull’immigrazione che incidono per il 16,9% delle denunce. Se non si considerano questi reati, il tasso di criminalità diventa sostanzialmente uguale o leggermente inferiore a quello degli italiani.[Fonte] http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/274795/La-criminalita-degli-immigrati-indagine-contro-corrente Perché tutto ciò? La condizione d' irregolarità aumenta di molto il rischio di coinvolgimento in attività criminali,poiché preclude l' accesso a opportunità di guadagno lecite , aumentando la propensione a delinquere. A riprova di ciò si può analizzare la regolarizzazione e il cosiddetto click day 2007,nel primo caso si osserva che dopo una sanatoria il tasso di criminalità diminuisce, in particolare nelle province dove una maggiore quota di immigrati irregolari ha ottenuto il permesso di soggiorno. Così anche in occasione del click day 2007: il rifiuto del permesso di soggiorno (e quindi dello status legale)solo per aver presentato la domanda con pochi minuti di ritardo raddoppia o triplica la probabilità di commettere crimini. In conclusione i maggiori rischi per la sicurezza derivano non tanto dall' immigrazione in sé, quanto dalla presenza degli irregolari e nel corso degli ultimi decenni tale componente è stata alimentata, quasi paradossalmente, dalle politiche migratorie restrittive, che hanno imposto un duro contingentamento del numero di permessi di soggiorno a fronte di un continuo aumento delle pressioni migratorie verso l'Italia [Fonte] http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/06/22/immigrati-solo-gli-irregolari-commettono-piu-reati.html .
In Germania ultimamente si è posta l'attenzione sui rifugiati ma anche lì le tendenze sono simili. Rifugiati e immigrati irregolari commettono il 3,6% delle violenze sessuali e rappresentano il 2% della popolazione http://www.independent.co.uk/news/world/europe/refugees-responsible-for-tiny-proportion-of-sex-crimes-in-germany-despite-far-right-claims-following-a6884166.html, c'è quindi di nuovo una sovrarappresentazione degli immigrati irregolari mentre d'altra parte i rifugiati regolari non sono sovrarappresentati http://www.thelocal.de/20151113/police-refugees-commit-less-crimes-than-germans https://www.thelocal.de/20160610/why-refugee-crime-numbers-have-plummeted
Criminalità nel corso degli anni
Per la verità, per dire se i crimini sono aumentati non è necessario raccogliere dati o fare ricerche bibliografiche. Basta un po' di buon senso. In ogni popolazione umana vi sono sempre un certo numero di persone che, magari solo per una breve fase della loro vita, commettono reati. Dunque, se centomila, cinquecentomila o un milione di persone immigrano in un paese possiamo stare certi che in questo paese aumenterà il numero dei reati (anche se gli immigrati ne commettono meno degli autoctoni), così come aumenterà il numero delle nascite, delle morti e dei matrimoni o la domanda di abitazioni, di auto, di scarpe o di pomodori. Abbiamo invece bisogno di raccogliere e di analizzare informazioni di carattere statistico per dire se i tassi di criminalità sono aumentati o meno. Ma ci bastano i dati sull'andamento della criminalità comune. Guardandoli ci accorgiamo che contrariamente a quanto si pensa, il tasso di furti, di rapine e di omicidi è più basso che nel 1991. Dal 1991 al 1998 il tasso degli omicidi è continuamente e sensibilmente diminuito. Quello dei furti e delle rapine ha subito una rilevante flessione dal 1991 al 1995 ed è risalito nei tre anni successivi, ma resta inferiore a quello del 1991. Anche in Italia vi è stato un fortissimo aumento di questi reati. Ma questo si è verificato a partire dal 1969-70. Il numero dei reati ha avuto da allora delle oscillazioni di natura ciclica. Sia per i furti che per gli omicidi, il primo ciclo è durato fino al 1986 ed è stato contraddistinto da una fase di fortissima espansione seguito da una di contrazione più contenuta. Il secondo ciclo si è aperto nel 1987 ed è ancora in corso. Ma le curve delle sue oscillazioni sono molto meno ripide di quelle del ciclo precedente. Detto in altri termini, è nella fase di espansione del primo ciclo, terminata nel 1976 per i furti e nel 1982 per gli omicidi, che la criminalità ha avuto un aumento che non è esagerato definire storico. I tassi di criminalità sono costantemente diminuiti fino al 2008 , i furti hanno poi ripreso ad aumentare con la crisi economica (mentre omicidi e furti d' auto sono continuati a diminuire ) per poi riprendere a scendere nel 2016 .
http://www.cestim.it/argomenti/11devianza/carcere/due-palazzi/studi_explorer_%201%20-%204/pagine%20web/rapporto_fra_immigrazione_e_crim.htm http://www.repubblica.it/cronaca/2016/08/12/news/dati_criminalita_-145830751/
Integrazione
Qui oltre a dati vorrei esprimere delle mie opinioni, per semplificare e stringere il discorso mi concentro sull'integrazione dei musulmani, sia per l'attenzione che recentemente l'opinione pubblica ha incentrato su di loro sia per effettivi aspetti caratteristici delle loro culture che li rendono più lontani di noi di quanto siano altre etnie.
Che cos'è l'integrazione? Come l'integrazione potrebbe essere unidirezionale e perchè non dovrebbe esserci il rischio che la nostra società europea si macchi irrimediabilmente? Parliamo dei mussulmani, la quintessenza del diverso se rapportati alla società europea e quindi utile caso limite per analizzare l'integrazione: si stanno veramente imponendo su di noi? in che posizione sono rispetto a noi e come possono rapportarsi ai valori della nostra società?Costituiscono un pericolo? Per affrontare però chiediamoci prima: chi siamo noi? Il nostro modello è quello della società liberale e laica che a differenza di società illiberali, come quella saudita, rispetta l'individuo quindi una società aperta dove un individuo risulta integrato se rispetta questa scaletta:
1) Nulla impedisce di cercare nella religione “il senso” della vita e della morte, anche perché la scienza non è in grado di definirlo. Le religioni offrono il senso, e lo definiscono entro i confini della fede. Se così non fosse, se si potesse rispondere alla domanda di senso fuori dalle fede, anche la scienza potrebbe offrire il senso.
2) Non si può dimostrare (attenzione “dimostrare” non “rivelare”) che la risposta all'offerta di “senso” di una religione sia meglio di quella offerta da un'altra. Ammettendo questo, si rispetta l'Altro.
3) E qui arriva la parte complessa. Non siamo, come potrebbe sembrare, nel campo in cui tutto si equivale. Se la religione offre senso, ma non si ha modo di affermare che una religione è meglio di un'altra, ecco che si deve accettare la separazione del campo spirituale da quello temporale. Laddove ognuno può comportarsi come meglio crede.
4) In questo modo tutto ciò che non nuoce ad un altro è lecito. Siccome il qualcun altro è un individuo, non sono ammesse le limitazioni alle sue libertà, come avviene con gli umani di genere femminile in alcune religioni, l'opposto quindi della società saudita dove l'individuo non è integrato se accetta i valori liberali ma se rinuncia a tutto convertendosi alla religione di stato.
Chi sono invece loro?
Si dice che i mussulmani non sono compatibili con i valori liberali cadendo nell'errore di far equivalere tutto il mondo mussulmano al wahabismo saudita quando invece non è così, anzi è il contrario, il mondo mussulmano è molto variegato e litigioso e assolutamente non omogeneo. Gli immigrati mussulmani sono perlopiù marocchini, tunisini e algerini paesi dove la libertà religiosa c'è ed esiste inoltre in Marocco recentemente è stato vietato a cariche religiose di fare politica poi se in Italia ci sono solo 4 moschee ufficialmente riconosciute in Marocco ci sono molte di chiese, cattedrali e scuole cristiane a fronte di una popolazione cristiana minore percentualmente ai mussulmani qui presenti, in Tunisia il velo è vietato a scuola, in Algeria il 34% dei parlamentari è donna; è vero che sono paesi molto religiosi rispetto a noi oggi dove c'è ancora il reato di blasfemia (abolito da noi pochi decenni fa) ma quanto detto rende quantomeno compatibili loro con i valori liberali. Vorrei soffermarmi ancora sui mussulmani immigrati citando qualche dato: in Francia, paese che vive l'immigrazione da qualche decennio in più di noi ed è oggi il paese europeo con la più alta percentuale di immigrati mussulmani, il 20% dei delle persone con origine musulmana è già diventato ateo quando in contrasto il 28% delle persone senza origine musulmana è ateo, di quelli rimasti musulmani solo il 5% frequenta la moschea regolarmente, questi hanno poi opinioni su questioni socio-culturali come omosessualità simili ai Francesi, dati simili in Germania, in Inghilterra l'80% dei giovani mussulmani supporta matrimoni gay e diritti civili. Per questi motivi più che di islamizzazione è corretto parlare di 'ateizzazione'.
[fontI] |http://www.huffingtonpost.com/doug-saunders/10-myths-about-muslims-in_b_1864589.html
https://www.researchgate.net/publication/262908663_British_Muslim_youth_and_religious_fundamentalism_A_quantitative_investigation
Aggiungiamo cosa sta succedendo in Arabia Saudita http://www.salon.com/2014/06/12/atheism_explodes_in_saudi_arabia_where_just_talking_about_atheism_is_illegal_partner/ e si capisce che parlare di Eurarabia e distruzione della nostra cultura è insensato, l'invasione culturale è quasi opposta.
Comincio io mettendo su schermo le mie conoscenze e opinioni sul tema, dividerò il mio testo in quattro domini: Immigrazione irregolare e sbarchi, Economia, Criminalità e Integrazione.
Immigrazione irregolare e sbarchi
Prima di discutere di immigrazione dobbiamo distinguere flussi regolari da quelli irregolari. Partendo dai numeri, oggi gli immigrati regolari costituiscono l'8,2% della popolazione, richiedenti asilo+rifugiati invece costituiscono solo lo 0,15% circa della popolazione. È da sottolineare poi che non va confusa la rotta balcanica, composta perlopiù da bambini o comunque rifugiati, con quella libica, composta perlopiù da migranti economici clandestini, e che in questo senso l'Italia accoglie davvero pochi profughi rispetto agli altri paesi europei e i paesi mediorientali (per fare un esempio la piccola Giordania accoglie quasi 1,5 mln di profughi, numeri simili e anche più grandi nei paesi vicini http://data.worldbank.org/indicator/SM.POP.REFG ) accogliendo infatti 100mila richiedenti asilo http://www.interno.gov.it/it/sala-stampa/dati-e-statistiche/presenze-dei-migranti-nelle-strutture-accoglienza-italia di cui la maggioranza sono migranti economici che aspettano negli hotspot e nei CIE per essere identificati e rimpatriati http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2015/09/01/news/migranti_profughi_cose_da_sapere_domande_risposte_faq-121963703/ .Analizziamo la situazione e le possibili soluzioni.
Il canale migratorio libico non può essere fermato finché non ci sarà un intervento militare che stabilizzi e fermi il traffico di esseri umani. Per poter intraprendere una qualsiasi soluzione serve innanzitutto tutto un interlocutore affidabile in Libia ed è quello che sta cercando l'Italia con il nuovo governo libico di unità nazionale formatosi grazie anche al ruolo importante dell'Italia. http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/svolta-in-libia-firmato-l-accordo-per-un-governo-di-unita-nazionale_2149675-201502a.shtml Infatti le coste libiche attualmente sono controllate da gruppi criminali oltre che terroristi,mentre i 'governi' (Tripoli e quello riconosciuto di Tobruk) che si spartiscono il paese hanno poco controllo su di esso, un intervento sembra ora più vicino ma prima il governo di Tripoli si era opposto fortemente a ciò(e oggi i più duri di questa fazione ancora sono contrari), intervenire ci avrebbe quindi posto contro buona parte del paese col rischio anche di perdere e molti soldi spesi . Per l'Italia è indispensabile infatti che la Libia non rimanga un failed state. Avere un governo funzionante a Tripoli è infatti l'unico modo per poter controllare i flussi migratori e per garantire gli investimenti e le esportazioni di gas e petrolio dell'ENI. Le azioni di questo governo (a fronte di una contropartita, è evidente) potrebbero avere pesantissime e molto positive ripercussioni sulla politica interna italiana: si pensi per esempio a quanto la questione immigrazione sta spostando a destra gli italiani e istigando sentimenti anti-europei e xenofobi che erano molto ma molto più marginali fino a 5-6 anni fa. Si è visto (Albania e per un breve periodo anche Libia di Gheddafi) che l'unico modo di ridurre sensibilmente i barconi è collaborare con governo, intelligence e FFOO locali e pattugliando le loro acque territoriali. Al contrario per Parigi e Londra la Libia è un teatro secondario dove a fronte di pochi rischi c'è molto da guadagnare. Se anche la Libia si somalizasse infatti per gli anglofrancesi non sarebbe un problema drammatico, non avendo grossi interessi economici nè confini marittimi. Possono quindi intraprendere politiche muscolari per soddisfare la loro opinione pubblica (mediamente più interventista della nostra), per combattere l'ISIS(che, dopo Parigi, la Francia vede come un problema molto maggiore di quanto lo sia per noi) e per acchiappare qualche barile di petrolio a scapito dell'ENI, dovessero le cose andar bene https://news.vice.com/it/article/libia-italia-guerra-stato-islamico
Piccola nota sul programma della Lega Nord in merito: http://www.ilpost.it/davidedeluca/2015/04/27/salvini-immigrazione/ 'Nel paragrafo successivo il programma sostiene la necessità di siglare accordi bilaterali proprio a questo scopo' ,esattamente ciò che sta facendo attualmente l'Italia.non esistono alternative alla gestione dei rifugiati finché non vengano fatti accordi in Libia, premessa per ciò è la stabilizzazione del paese, via che si sta progressivamente attuando. Per fare un esempio sul fatto che non siamo gli unici, anche l'Australia applicava un'operazione simile a Mare Nostrum fino a pochi anni fa (con numeri anche relativamente più alti in relazione alla popolazione autoctona), l'operazione No Way è iniziata dopo solo grazie alla firma di accordi con i paesi da cui partivano i migranti (accordi simili a quelli che avevamo con Gheddafi e a quelli che sta cercando di portare attualmente avanti l'Italia con la Libia). Per approfondire: http://www.ilpost.it/2015/04/22/immigrazione-australia/
I recenti passi avanti stanno aprendo la strada ad operazioni più capillari contro i trafficanti http://www.analisidifesa.it/2016/02/lammiraglio-credendino-fa-il-punto-su-eunavfor-med/ http://www.askanews.it/politica/mattarella-governo-libia-sia-operativo-anche-per-crisi-migranti_711761397.htm http://www.ilmessaggero.it/index.php?p=articolo&id=1694313&sez=primopiano&start=0&orderby=rating
http://www.repubblica.it/esteri/2016/04/16/news/migranti_proposta_italia-137740415/?refresh_ce
La recente formazione del governo di Serraj in Libia ha dato finalmente la possibilità di interloquire con un rappresentante valido in Libia, le precedenti proposte ora sono quindi nella fase organizzativa ed infatti il governo Gentiloni ha dato molto rilievo alla questione come parte del suo mandato, con brevi ricerche potete approfondire meglio cosa stanno organizzando il nuovo governo e l'Europa in merito proprio ora.
Economia
Ora concentriamoci sull'immigrazione regolare. Questa è la più chiara e accessibile raccolta di studi sul tema, in particolare lavoro e salari, che ho trovato:
http://retroonline.it/16/02/2016/attualita/costo-o-risorsa-limpatto-economico-dellimmigrazione-italia/69411/Un interrogativo ancora senza risposta preoccupa con intensità sempre maggiore l’opinione pubblica nell’ultimo periodo: l’immigrazione migliora o peggiora le già precarie condizioni economiche italiane? Sebbene non esista una posizione universalmente accettata, è facilmente riscontrabile una certa dose di scetticismo circa un impatto positivo degli immigrati, che si tratti di un dibattito televisivo o di una discussione tra amici al bar. Tale riluttanza nel considerare gli immigrati come risorsa potrebbe essere in realtà ingiustificata, e risulta quindi utile provare a mettere ordine nei dati disponibili per fare chiarezza su quale sia stato l’impatto reale dell’immigrazione sulla nostra economia fino ad oggi.
Gli immigrati rubano il lavoro ed abbassano il livello degli stipendi italiani? Non proprio
Gli studi sui salari e sul mercato del lavoro in Italia tendono a non trovare, in linea generale, un effetto negativo significativo dell’immigrazione su occupazione e stipendi dei lavoratori nativi. Più nel dettaglio, si può osservare che queste due variabili non vengono sostanzialmente influenzate dalla presenza di lavoratori stranieri, o in alcuni casi l’effetto è addirittura positivo. Una conferma empirica a ciò si trova in un recente studio (Etzo, Massidda and Piras, 2015) che si concentra sull’occupazione dei nativi e sulla creazione di nuove aziende. Viene negata qualsiasi forma di “displacement effect” (sostituzione immigrati-nativi nella forza lavoro) per i lavoratori low-skilled, mentre l’effetto per gli high-skilled è stimato essere perfino positivo. Inoltre, per quanto riguarda le dinamiche industriali, l’effetto dell’immigrazione sul numero delle nuove aziende è positivo e significativo a livello nazionale. Più nello specifico, l’impatto maggiore si ha nelle province meridionali.
Risultati simili sono presenti in precedenti ricerche empiriche sulla realtà italiana. Romiti (2011), usando i dati INPS (1995-2004), identifica un caso di sostituzione non ottimale tra immigrati e nativi a parità di livello di abilità, ma un alto grado di complementarità tra lavoratori high e low-skilled. Uno dei risultati più interessanti è che la categoria più colpita dai flussi migratori del periodo considerato sono gli stessi immigrati low-skilled, il cui salario medio è diminuito dell’1% negli anni presi in analisi. Bettin et al. (2014), grazie ai dati derivanti dalla nona indagine di Capitalia (2001-2003), confermano la complementarità dei lavoratori immigrati rispetto sia ai colletti blu che ai colletti bianchi nativi. In ogni caso, gli autori segnalano come questo risultato sia soggetto all’intensità dei flussi, e che quindi una crescente presenza di immigrati nella forza lavoro comporti un adattamento dell’industria nazionale verso la produzione in settori che richiedono l’utilizzo di tecniche produttive meno raffinate. Altra conferma empirica deriva dall’analisi di Gavosto et al. (1999) sull’impatto dei lavoratori stranieri sul mercato del lavoro italiano. In particolare, grazie ai dati INPS, viene investigato nuovamente l’effetto di displacement, confermando la complementarità descritta in precedenza e di conseguenza l’effetto positivo sugli stipendi dei nativi. Tale risultato è particolarmente significativo nelle piccole imprese e nel Nord. Gli autori ipotizzano come tale effetto positivo sia dovuto a vincoli produttivi spesso presenti a livello corporate: le aziende non possono espandere la loro produzione in quanto non sono presenti lavoratori autoctoni disposti a svolgere determinate mansioni, normalmente di tipo low-skill. Di conseguenza, la complementarità sopra descritta deriva dal fatto che la nuova forza lavoro derivante dall’immigrazione è in grado di riempire questo “buco” produttivo. A conferma di questa ipotesi, gli autori trovano una percentuale limite di lavoratori stranieri al di là della quale i flussi migratori cominciano ad avere un effetto negativo sugli stipendi.
È importante sottolineare come i risultati sopracitati derivino da ricerche sull’impatto dell’immigrazione precedenti alla situazione che stiamo vivendo negli ultimi mesi, quindi non possiamo essere certi degli effetti attuali e futuri dei nuovi flussi sulla nostra economia. Comunque, i dati nazionali degli ultimi 5 anni (Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione, 2015) sembrano confermare i principali trend descritti in precedenza. Infatti, lo 0,3% di crescita del livello di occupazione nel 2014 è dovuto esclusivamente all’occupazione straniera, ed è completamente indirizzato ai settori low-skill; il 70% dei lavoratori stranieri sono classificati come forza lavoro industriale (un esempio importante è il settore agricolo, che ha visto un 0,2% di lavoratori nativi in meno, ma un 13,8% di lavoratori stranieri in più). Inoltre, essi tendono ad avere ruoli quasi esclusivamente di dipendenti, e solo nello 0,9% dei casi si trovano in posizioni dirigenziali. Di conseguenza, si può dire che il profilo medio del lavoratore italiano rispetto a quello del lavoratore straniero è decisamente differente.
Gli immigrati hanno un costo superiore rispetto ai loro contributi? Non verissimo
Il report annuale più recente sull’economia dell’immigrazione (Fondazione Leone Moressa, 2015) ci permette di analizzare l’impatto dei lavoratori stranieri sulla finanza pubblica italiana. Su 5 milioni di residenti stranieri, 3,46 sono contribuenti, per un totale IRPEF di 6,8 miliardi di euro. Se a ciò si aggiungono il resto delle entrate relative ai non-nativi (i cosiddetti foreign born) si arriva a 16,5 miliardi. Considerando che invece i costi sono 12,6 miliardi, il bilancio finale è nettamente positivo.
Tale situazione ha una spiegazione demografica: la presenza degli over 75 nella popolazione italiana è del 10%, mentre tra gli immigrati è solo del 1%. Questa disparità ha ovvie conseguenze in termini di trasferimenti di welfare, specialmente in nazioni come la nostra in cui la spesa pubblica è largamente indirizzata verso il sistema pensionistico e la previdenza sociale. Gli immigrati sono spesso in età lavorativa e quindi contribuenti, mentre una proporzione decisamente minore gode dei benefici legati alla tarda età. Conclusioni analoghe sull’impatto positivo dell’immigrazione sulla sostenibilità della nostra spesa pubblica si possono trovare in ricerche precedenti, tra cui Devillanova (2008) e Coda Moscarola (2003).
Infine, la nostra popolazione in età da lavoro è in declino. Presto o tardi, la nostra crescita economica verrà inevitabilmente ostacolata, mettendo a repentaglio la sostenibilità del sistema pensionistico italiano. Considerato quanto detto sopra, un mix di politiche mirate ad innalzare il tasso di occupazione nei periodi di saldo demografico negativo può difficilmente influenzare positivamente produttività e crescita. Anche in questo senso, una possibile soluzione potrebbe consistere nel compensare questa tendenza negativa con una maggiore presenza di immigrati nella nostra forza lavoro.
Con tutta la cautela necessaria nell’estendere tali risultati alla situazione attuale, l’esistenza di una folta letteratura a sostegno di un impatto positivo dell’immigrazione sull’economia italiana è innegabile. Di conseguenza, trascurare completamente questi lavori empirici sarebbe un grosso errore. È tempo che l’Europa, ma soprattutto l’Italia, comincino a considerare tale fenomeno come una grande opportunità per affinare le sinergie e le complementarità che derivano dalla diversità, invece che speculare sulle fobie che essa può generare.
Non sono studi di parte ma in linea con le rilevazioni a livello internazionale; è sempre la lump of labor fallacy, termine su cui potete trovare molti articoli di approfondimento online senza che vi debba indirizzare in modo preciso https://www.google.it/search?q=lump+of+abor+fallacy&oq=lump+of+abor+fallacy&aqs=chrome..69i57.5250j0j1&sourceid=chrome&ie=UTF-8#q=lump+of+labor+fallacy+immigration
Sull'aspetto demografico ricordo che l'obiettivo a cui tende l'mmigrazione (e sottolineo 'tende') non è una crescita illimitata della popolazione ma la compensazione della piramide demografica a fronte degli effetti dovuti all' invecchiamento della popolazione, infatti come indicano le proiezioni demografiche in questo studio https://www.google.it/url?sa=t&source=web&rct=j&url=http://www.migrationpolicycentre.eu/docs/SummerSchool2013/readings/De%2520Santis_Reading.pdf&ved=0ahUKEwjP3raqxrvRAhWD1RQKHVgUDRQQFggmMAI&usg=AFQjCNHF8mesGnNQ37qpD1wn3w04wlypEw mantenendo gli attuali livelli di immigrazione la popolazione si stabilira' sui 40mln di persone tra qualche decennio, l'immigrazione inoltre non compensera' la piramide demografica ma contribuira' comunque a ridurre gli effetti negativi del suo mutamento. C'è chi risponde proponendo pesanti politiche pro-natalità ma non esiste paese in cui abbiano funzionato da sole, la Francia per esempio è il paese che spende la più alta percentuale di PIL al mondo per questi incentivi che uniti all'immigrazione di massa(gli immigrati infatti fanno piu figli alle prime generazioni, poi si adeguano velocemente ai tassi di natalità autoctoni secondo i dati) non hanno permesso di raggiungere un tasso di ricambio della popolazione sufficente (sono arrivati ad un tasso di natalità pari a 2,0 mentre il tasso di ricambio minimo è 2,1 e ciò nonostante un sistema 'dopato' anche dall'immigrazione). Le politiche pro-natalità oltre ad essere costose (le spese per la gestione dei migranti in confronto sono effimere) hanno come obiettivo lo stop dell'invecchiamento della popolazione,evitare quindi una società dove pochi giovani mantengono molti vecchi(che oltre a pensioni necessitano per esempio di molti piu servizi sanitari) incrementando il debito pubblico quindi è assurdo cercare di evitare ciò facendo ulteriore debito con costose politiche famigliari per creare almeno il primo sistema pro-natalità funzionante (per cui dovremmo spendere moltissimo). Gli immigrati(parlo dei regolari ovviamente) risolvono il problema perché non necessitano di queste spese e sono pronti gi al lavoro,un sistema di ricambio funzionale deve quindi necessariamente unire immigrazione a politiche pro-natalita. [ARTICOLI A RIGUARDO]
http://www.economicshelp.org/blog/8950/society/impact-ageing-population-economy
https://geographyas.info/population/france-pro-natalism/
Parliamo di cifre intorno ai 100 miliardi di euro, non è stato ottenuto nessun risultato se non quello di indebitare ancor più la Francia. Vogliamo imitarli? Per i risultati ottenuti è stato anche dannoso poiché nell'ottica di ottenere una società più giovane che abbia meno vecchi da mantenere e quindi ridurre il debito pubblico lo ha invece solo aumentato. Il problema è legato al modello di famiglia che si impone nella società industrializzata, paesi come Iran e Giappone ora hanno crescita negativa come gli europei e secondo le previsioni demografiche ciò accadrà anche per gran parte dell'Asia e Nordafrica verso il 2050 e per il resto dell'Africa verso il 2100 https://www.google.it/url?sa=t&source=web&rct=j&url=https://esa.un.org/unpd/wpp/publications/files/key_findings_wpp_2015.pdf&ved=0ahUKEwiusfiT94jRAhWXe1AKHVnrBeUQFggaMAA&usg=AFQjCNFM8I3509q_zV7DTSGocRMY-Z76ww&sig2=HM_OpTiFtRsm2ghDKBCsDgLooking at data currently available regarding France’s population, the code de la famille would hint at success. Frances fertility rate has risen from 1.67 in 1992 to 1.98 today and, whilst this is still below replacement level, it indicates that the code de la famille is raising the fertility rate as desired. However, the cost of this pro-natalist policy is diminishing its success. Given France’s current budget deficit of 7.5% its GDP and the current situation regarding the euro, the country could struggle to fund the pro-natalist policies in the near future, which could limit its success and ultimately result in the policy failing, worsening the issue of paying for the elderly’s social care. There is evidence to suggest that some of the improvement in Frances fertility rate is due to immigration and not due to the pro-natalist policy. When immigrants arrive in France, they are generally young and of child bearing age which could be causing the improved fertility rate instead of the pro-natalist policies. However, France’s net migration rate is only 1.46 migrants per 1,000 of the population which wouldn’t be high enough to effect the total fertility rate to the extent it has been. Overall, the success of the policy is debatable. The policy is costing the government billions of euros on top of what it is costing the government to support the ageing population. The UN is predicting that the population will not increase to the desired amount and analysts predict that France will not be able to raise the fertility rate above the replacement level. The French government, on the other hand, argues that they will reach their goal of 75 million by 2050 using data collected by the itself. It’s difficult to tell whether the French government’s data is truthful however as, if the pro-natalist policy is not working, it could be damaging to the government’s integrity revealing this. Judging by the available data though and the predictions put forward by the UN, it would seem that the policy is going to receive little success. The population will only increase by 0.6 million between 2030 and 2050 and the fertility rate is not expected to exceed the replacement level. This, combined with the high cost makes the population seem relatively unsuccessful in the long run.
Riguardo il welfare state può esistere la legittima preoccupazione secondo cui gli immigrati prendano più di quanto offrano ma questa è una delle altre questioni che meriterebbe un'analisi più ampia e scientifica oltre esempi episodici. Un'analisi della letteratura in merito in Europa dà risultati misti sia in positivo che in negativo ma che gli immigrati siano un grande costo è completamente da escludere. Questo è il più recente studio sulla questione ( offre anche una panoramica sulla letteratura in merito), lo studio mostra che in Italia il contributo degli immigrati è positivo. https://www.google.it/url?sa=t&source=web&rct=j&url=http://www.foreurope.eu/fileadmin/documents/pdf/Workingpapers/WWWforEurope_WPS_no021_MS16.pdf&ved=0ahUKEwi0zZyXk_zQAhWJIFAKHQN1DJkQFggfMAA&usg=AFQjCNGmfKP1iqlTdRg1qbk4G4I2vvCNGQ
Criminalità
Secondo il documento redatto dal Viminale, circa il 35% dei reati è commesso da immigrati ma sono perlopiù gli irregolari a commettere crimini mentre il tasso di criminalità tra i regolari in media è pari a quello italiano; circa l'80%% dei crimini commesso da immigrati è infatti commesso da irregolari (che costituiscono solo il 6% della popolazione immigrata [Fonte] http://www.ismu.org/wp-content/uploads/2015/03/Report-1-G.-Papavero-16.02.pdf ) in poche parole la probabilità di commettere un crimine per un immigrato irregolare è più di 10 volte quella di un regolare che invece ha tassi di criminalità uguali o inferiori a quelli italiani. [Fonte] http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/06/22/immigrati-solo-gli-irregolari-commettono-piu-reati.html .
Per gli immigrati regolari il tasso di criminalità è tra 1,23% e 1,4% contro lo 0,75% italiano ma gli immigrati sono molto più giovani e ciò influisce, approfondiamo perciò i dati : per la fascia di età 18 – 44 anni, è del 1,50% per gli italiani e del 1,89% per gli immigrati regolari; per quella 45 – 64 anni, è dello 0,65% per gli italiani e dello 0,44% per gli immigrati regolari: per gli over 65 è dello 0,12% sia per gli italiani che per gli immigrati regolari. Sulle differenze che si riscontrano mettendo a confronto la fascia d'età 18-44 pesa, tuttavia, il fatto che non pochi reati sono connessi a violazione delle leggi sull’immigrazione che incidono per il 16,9% delle denunce. Se non si considerano questi reati, il tasso di criminalità diventa sostanzialmente uguale o leggermente inferiore a quello degli italiani.[Fonte] http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/274795/La-criminalita-degli-immigrati-indagine-contro-corrente Perché tutto ciò? La condizione d' irregolarità aumenta di molto il rischio di coinvolgimento in attività criminali,poiché preclude l' accesso a opportunità di guadagno lecite , aumentando la propensione a delinquere. A riprova di ciò si può analizzare la regolarizzazione e il cosiddetto click day 2007,nel primo caso si osserva che dopo una sanatoria il tasso di criminalità diminuisce, in particolare nelle province dove una maggiore quota di immigrati irregolari ha ottenuto il permesso di soggiorno. Così anche in occasione del click day 2007: il rifiuto del permesso di soggiorno (e quindi dello status legale)solo per aver presentato la domanda con pochi minuti di ritardo raddoppia o triplica la probabilità di commettere crimini. In conclusione i maggiori rischi per la sicurezza derivano non tanto dall' immigrazione in sé, quanto dalla presenza degli irregolari e nel corso degli ultimi decenni tale componente è stata alimentata, quasi paradossalmente, dalle politiche migratorie restrittive, che hanno imposto un duro contingentamento del numero di permessi di soggiorno a fronte di un continuo aumento delle pressioni migratorie verso l'Italia [Fonte] http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/06/22/immigrati-solo-gli-irregolari-commettono-piu-reati.html .
In Germania ultimamente si è posta l'attenzione sui rifugiati ma anche lì le tendenze sono simili. Rifugiati e immigrati irregolari commettono il 3,6% delle violenze sessuali e rappresentano il 2% della popolazione http://www.independent.co.uk/news/world/europe/refugees-responsible-for-tiny-proportion-of-sex-crimes-in-germany-despite-far-right-claims-following-a6884166.html, c'è quindi di nuovo una sovrarappresentazione degli immigrati irregolari mentre d'altra parte i rifugiati regolari non sono sovrarappresentati http://www.thelocal.de/20151113/police-refugees-commit-less-crimes-than-germans https://www.thelocal.de/20160610/why-refugee-crime-numbers-have-plummeted
Criminalità nel corso degli anni
Per la verità, per dire se i crimini sono aumentati non è necessario raccogliere dati o fare ricerche bibliografiche. Basta un po' di buon senso. In ogni popolazione umana vi sono sempre un certo numero di persone che, magari solo per una breve fase della loro vita, commettono reati. Dunque, se centomila, cinquecentomila o un milione di persone immigrano in un paese possiamo stare certi che in questo paese aumenterà il numero dei reati (anche se gli immigrati ne commettono meno degli autoctoni), così come aumenterà il numero delle nascite, delle morti e dei matrimoni o la domanda di abitazioni, di auto, di scarpe o di pomodori. Abbiamo invece bisogno di raccogliere e di analizzare informazioni di carattere statistico per dire se i tassi di criminalità sono aumentati o meno. Ma ci bastano i dati sull'andamento della criminalità comune. Guardandoli ci accorgiamo che contrariamente a quanto si pensa, il tasso di furti, di rapine e di omicidi è più basso che nel 1991. Dal 1991 al 1998 il tasso degli omicidi è continuamente e sensibilmente diminuito. Quello dei furti e delle rapine ha subito una rilevante flessione dal 1991 al 1995 ed è risalito nei tre anni successivi, ma resta inferiore a quello del 1991. Anche in Italia vi è stato un fortissimo aumento di questi reati. Ma questo si è verificato a partire dal 1969-70. Il numero dei reati ha avuto da allora delle oscillazioni di natura ciclica. Sia per i furti che per gli omicidi, il primo ciclo è durato fino al 1986 ed è stato contraddistinto da una fase di fortissima espansione seguito da una di contrazione più contenuta. Il secondo ciclo si è aperto nel 1987 ed è ancora in corso. Ma le curve delle sue oscillazioni sono molto meno ripide di quelle del ciclo precedente. Detto in altri termini, è nella fase di espansione del primo ciclo, terminata nel 1976 per i furti e nel 1982 per gli omicidi, che la criminalità ha avuto un aumento che non è esagerato definire storico. I tassi di criminalità sono costantemente diminuiti fino al 2008 , i furti hanno poi ripreso ad aumentare con la crisi economica (mentre omicidi e furti d' auto sono continuati a diminuire ) per poi riprendere a scendere nel 2016 .
http://www.cestim.it/argomenti/11devianza/carcere/due-palazzi/studi_explorer_%201%20-%204/pagine%20web/rapporto_fra_immigrazione_e_crim.htm http://www.repubblica.it/cronaca/2016/08/12/news/dati_criminalita_-145830751/
Integrazione
Qui oltre a dati vorrei esprimere delle mie opinioni, per semplificare e stringere il discorso mi concentro sull'integrazione dei musulmani, sia per l'attenzione che recentemente l'opinione pubblica ha incentrato su di loro sia per effettivi aspetti caratteristici delle loro culture che li rendono più lontani di noi di quanto siano altre etnie.
Che cos'è l'integrazione? Come l'integrazione potrebbe essere unidirezionale e perchè non dovrebbe esserci il rischio che la nostra società europea si macchi irrimediabilmente? Parliamo dei mussulmani, la quintessenza del diverso se rapportati alla società europea e quindi utile caso limite per analizzare l'integrazione: si stanno veramente imponendo su di noi? in che posizione sono rispetto a noi e come possono rapportarsi ai valori della nostra società?Costituiscono un pericolo? Per affrontare però chiediamoci prima: chi siamo noi? Il nostro modello è quello della società liberale e laica che a differenza di società illiberali, come quella saudita, rispetta l'individuo quindi una società aperta dove un individuo risulta integrato se rispetta questa scaletta:
1) Nulla impedisce di cercare nella religione “il senso” della vita e della morte, anche perché la scienza non è in grado di definirlo. Le religioni offrono il senso, e lo definiscono entro i confini della fede. Se così non fosse, se si potesse rispondere alla domanda di senso fuori dalle fede, anche la scienza potrebbe offrire il senso.
2) Non si può dimostrare (attenzione “dimostrare” non “rivelare”) che la risposta all'offerta di “senso” di una religione sia meglio di quella offerta da un'altra. Ammettendo questo, si rispetta l'Altro.
3) E qui arriva la parte complessa. Non siamo, come potrebbe sembrare, nel campo in cui tutto si equivale. Se la religione offre senso, ma non si ha modo di affermare che una religione è meglio di un'altra, ecco che si deve accettare la separazione del campo spirituale da quello temporale. Laddove ognuno può comportarsi come meglio crede.
4) In questo modo tutto ciò che non nuoce ad un altro è lecito. Siccome il qualcun altro è un individuo, non sono ammesse le limitazioni alle sue libertà, come avviene con gli umani di genere femminile in alcune religioni, l'opposto quindi della società saudita dove l'individuo non è integrato se accetta i valori liberali ma se rinuncia a tutto convertendosi alla religione di stato.
Chi sono invece loro?
Si dice che i mussulmani non sono compatibili con i valori liberali cadendo nell'errore di far equivalere tutto il mondo mussulmano al wahabismo saudita quando invece non è così, anzi è il contrario, il mondo mussulmano è molto variegato e litigioso e assolutamente non omogeneo. Gli immigrati mussulmani sono perlopiù marocchini, tunisini e algerini paesi dove la libertà religiosa c'è ed esiste inoltre in Marocco recentemente è stato vietato a cariche religiose di fare politica poi se in Italia ci sono solo 4 moschee ufficialmente riconosciute in Marocco ci sono molte di chiese, cattedrali e scuole cristiane a fronte di una popolazione cristiana minore percentualmente ai mussulmani qui presenti, in Tunisia il velo è vietato a scuola, in Algeria il 34% dei parlamentari è donna; è vero che sono paesi molto religiosi rispetto a noi oggi dove c'è ancora il reato di blasfemia (abolito da noi pochi decenni fa) ma quanto detto rende quantomeno compatibili loro con i valori liberali. Vorrei soffermarmi ancora sui mussulmani immigrati citando qualche dato: in Francia, paese che vive l'immigrazione da qualche decennio in più di noi ed è oggi il paese europeo con la più alta percentuale di immigrati mussulmani, il 20% dei delle persone con origine musulmana è già diventato ateo quando in contrasto il 28% delle persone senza origine musulmana è ateo, di quelli rimasti musulmani solo il 5% frequenta la moschea regolarmente, questi hanno poi opinioni su questioni socio-culturali come omosessualità simili ai Francesi, dati simili in Germania, in Inghilterra l'80% dei giovani mussulmani supporta matrimoni gay e diritti civili. Per questi motivi più che di islamizzazione è corretto parlare di 'ateizzazione'.
[fontI] |http://www.huffingtonpost.com/doug-saunders/10-myths-about-muslims-in_b_1864589.html
https://www.researchgate.net/publication/262908663_British_Muslim_youth_and_religious_fundamentalism_A_quantitative_investigation
Aggiungiamo cosa sta succedendo in Arabia Saudita http://www.salon.com/2014/06/12/atheism_explodes_in_saudi_arabia_where_just_talking_about_atheism_is_illegal_partner/ e si capisce che parlare di Eurarabia e distruzione della nostra cultura è insensato, l'invasione culturale è quasi opposta.
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