Il cardine dell'opera è il
viaggio di maturazione di Mahito, ragazzino viziato che a scuola non ci vuole andare, rifugge la realtà e preferisce giocare nella campagna, con la fantasia, e per farlo si picchia con una pietra e mente. Inoltre, non vuole riconoscere la zia, nuova moglie del padre (che giocatore) come madre.
Il ragazzo dunque mette a rischio la propria vita per andare a recuperare la matrigna, ha capito che non è importante dare retta all'odio che cova per aver sostituito sua madre biologica, ma che è
la cosa giusta da fare.
Si imbatte in vari tipi di
uccelli:
- l'airone che è un bugiardo
- i pellicani che mangiano i potenziali bambini
- i parrocchi che uccidono gli umani e adorano un duce
Gli uccelli, nella mia interpretazione, sono le
scale di grigio che può assumere l'etica delle persone: non sono malvagi, in quell'inferno fanno ciò che è più comodo (o che devono?) per sopravvvivere. E come non si fa ad empatizzare con il pellicano morente? Vengono rappresentati come delle bestie, dunque istintivi (fanno ciò che devono per sopravvivere e prediligono il bene della specie e della famiglia rispetto agli estranei), ma il fatto che abbiano una coscienza (e dunque in grado di empatia e di pensiero) li rende responsabili delle proprie azioni. Avrebbero potuto trovare un modo migliore di vivere? E gli uomini non sono proprio animali con una coscienza?
Il parrocchetto
duce, pure, è interessante. Egli è un abile diplomatico: intesse buoni rapporti col prozio (che è simboleggiato come il
dio del mondo) - ad esempio riportando la nipote - col solo fine di succedergli. Vuole essere lui il dio del mondo intero perché assecondi il suo volere. In fondo è un bambino
capriccioso e lo dimostra quando tenta di mettere in piedi le 13 pietre, perdendo la pazienza e spaccando tutto, perché per il bimbo capriccioso il mondo può bellamente andare a farsi fottere se non segue il suo volere.
Il protagonista poi deve vedersela con i propri sentimenti per la zia/matrigna: arriva a chiamarla mamma, riconosce quello che lei ha fatto per lui, il bene che gli vuole e lo ricambia.
Arriviamo alla
pietra: perché respinge il Mahito? Perché secondo me è un indicatore della malvagità: più la persona commette malvagità, più la pietra si ribella alla sua presenza. La pietra, inoltre, ha un uso duale:
- può essere usata con intenti malvagi, quindi per fare male ad altri o a se stessi (come fa Mahito a inizio film)
- o con intenti benefici, per costruire.
L'uomo che si isola o è dio o è bestia. L'ho sentito dire da Galimberti non so quante volte (quando lo seguivo e mi piaceva) e secondo me rispecchia il prozio: preferisce isolarsi nella sua torre (come spesso sono stati rappresentati gli intellettuali), nei suoi mondi fantasiosi, piuttosto che affrontare il mondo reale.
Il protagonista fa un'altra scelta di vita rispetto al prozio, più pragmatica: preferisce tornare nel mondo reale, perché è lì che è la sua vita e rispetto a cui sente dei doveri. E lo accetta, anche se il mondo reale non è perfetto, anche se ci sono persone che commettono del male, come i ragazzini che lo hanno picchiato o come lui stesso che fugge e mente. Quindi si impegnerà a vivere meglio, a fare ciò che è giusto e a trovare degli amici di cui fidarsi.
Mahito ha deciso come cercherà di vivere la propria vita.
E voi?
Può essere interpretato anche come il fatto che anche le opere di finzione possono educarci: il ragazzo inzia il percorso di maturazione proprio dopo aver letto il libro che la mamma gli aveva regalato ("How do you live?").