Death Stranding
recensione a cura di Vc3nZ_92
ATTENZIONE! PICCOLI SPOILER!
Poco più di un mese fa vi ho parlato di Control, l'ultima fatica dei ragazzi finlandesi di Remedy, presentandovelo come la mia sorpresa video-ludica dell'anno... bene, oggi devo già ritrattare questa affermazione perché la mia sorpresa ludica dell'anno è Death Stranding, l'ultima opera del visionario Hideo Kojima. Globalmente ho preferito comunque Control, ma Death Stranding è senz'altro quello che più mi ha sorpreso, non solo per motivi legati alla sua qualità, che vedremo tra poco, ma proprio perché stando alle premesse, si presentava come un gioco che sarebbe stato altamente incompatibile con i miei gusti. E dopo le prime 5/6 ore di gioco avrei voluto veramente toglierlo dalla console e lanciarlo dalla finestra a causa di una parte iniziale lenta e pesante, quasi stancante. Ma poi cos'è successo? Beh, scopriamolo insieme.
Il gameplay di base di Death Stranding è molto semplice. Consegnare ordini da un punto A a un punto B. Le prime 5/6 ore di gioco appena accennate sono lente e pesanti perché, in poche parole, non possiamo fare altro che camminare. Ma se riuscite a resistere e non demordete, vivrete una delle esperienze più particolari non degli ultimi anni, di sempre. Man mano che andrete avanti, il gioco vi inonderà di attrezzatura nuova, di nuove variabili a cui stare attenti, di tante piccole nuove meccaniche di gameplay che daranno un senso di progressione assurdo, uno dei più gratificanti degli ultimi anni. Insomma, vi prende per mano e piano piano vi fa entrare nel suo mood, e per le successive ore diventerete assuefatti alle consegne. Tutto questo in un contesto open world, ricordiamolo. E proprio la struttura dell'open world è uno dei maggiori pregi del prodotto. Il mondo di gioco è veramente studiato a puntino, è un open world con un level design propedeutico al gameplay come accade in pochi altri titoli e non è solo il luogo di spostamento da una missione a un'altra o di raccolta di collezionabili. I viaggi avvengono tutti all'esterno, e la bellezza del gameplay sta proprio nel capire come consegnare un determinato tipo di ordine attraverso quel tipo di terreno, o superando questa o quell'altra difficoltà. Lo studio del percorso e la preparazione del nostro protagonista, Sam, è parte integrante del gameplay, e quando riusciamo a raggiungere la nostra destinazione in quel mondo così crudele (non dimentichiamoci le quasi onnipresenti cronopiogge e di conseguenza le CA, o ancora i Muli) con il carico integro avremo una sensazione di appagamento senza eguali.
Una noticina a parte la merita il multiplayer asincrono del prodotto: il Social Strand System è riuscito a creare una vera e propria community. Trovare quello che ti serviva in un determinato punto, grazie a un altro giocatore dall'altra parte del pianeta magari è sempre soddisfacente, ma ancora più soddisfacente è cercare di aiutare la community con il tuo lavoro. Ricordo che non è richiesto nemmeno un abbonamento a PlayStation Plus.
Prima di passare alla narrativa, completiamo il discorso relativo al gameplay con le cose che non mi sono piaciute. In primis, la cosa più brutta sono le boss fight, veramente poche, e quelle poche, anche pensate malissimo e per niente stimolanti. In secundis l'IA nemica che, insieme alla difficoltà inesistente anche a Difficile, non fa mai avvertire la sensazione di tensione nei nostri viaggi. Fallire un ordine è quasi impossibile, qualche contrattempo potrà giusto farci ottenere una valutazione più bassa alla consegna, ma nulla di penalizzante. Avrei preferito sentire pathos e tensione mentre attraversavo le zone delle CA, invece dopo un po' di ore, dopo aver capito un po' come si muovono e le abilità di Sam, diventa conveniente salire sulla moto e sfrecciare tra di esse. Ed ecco che arriva l'ultimo difetto, il più microscopico, anzi più che difetto vero e proprio lo definirei una scelta di design giusta, ma realizzata un po' male: sto parlando della guida delle moto e dei veicoli in generale. Per come è studiato l'open world posso capire il perché hanno implementato quel sistema di guida, ma tutto sommato si poteva fare di meglio. Infine, il gameplay di base, nonostante il senso di progressione detto prima, nonostante l'open world studiato a dovere, dopo un po' di ore potrebbe stancare, soprattutto nell'end-game, e soprattutto i completisti, quando dovremmo fare avanti e dietro 10 volte per ogni nodo da maxare, senza avere lo stimolo del chissà cosa succederà dopo.
Parte narrativa promossa. Sarò breve perché voglio evitare qualsiasi spoiler, sappiate solo che troverete una recitazione fenomenale e una regia impeccabile. La trama orizzontale alla fine chiude il cerchio e il background narrativo è fenomenale. Qualche punto fumoso o non spiegato c'è, o forse è colpa mia che comunque non sono un tipo che si mette a spulciare tutte le descrizioni, tutte le mail, le interviste, etc., ma alla fine tutti i nodi tornano al pettine. Una cosa che alla lunga mi ha dato un po' fastidio sono tutte le scenette che rompono la quarta parete e diventano man mano più grottesche, avrei preferito fossero di meno, o almeno contestualizzate nei momenti più leggeri. Ma tralasciando tutto ciò, la cosa più bella è il messaggio potente che vuole trasmettere, che lascio scoprire a voi. Vi dico solo che sento come se Death Stranding mi avesse quasi migliorato un po' come persona, in un certo senso.
Comparto grafico pauroso. La modellazione e recitazione degli attori virtuali è fuori parametro, ma in generale tutto il gioco è veramente massiccio. A ciò aggiungiamoci una direzione artistica sublime e un comparto tecnico perfetto, senza nessuna sbavatura, mai un bug o glitch. Comparto sonoro spettacolare anch'esso, con musiche sempre evocative, anche se, devo ammetterlo, in qualche situazione la colonna sonora mi è sembrata 'decontestualizzata' o comunque poco 'amalgamata' con l'azione a schermo.
Longevità enorme, la missione principale da sola vi porterà via una quarantina di ore, puntando al platino supererete le 100 ore. L'end-game però, come già accennato, potrebbe pesarvi un tantino, siete avvisati.
In definitiva, uno dei giochi più coraggiosi e innovativi della gen, almeno per quanto riguarda il mercato degli AAA. Kojima ha fatto un dito medio alle mode del mercato video-ludico moderno regalandoci la visione più pura della sua opera, senza compromessi. Non è un capolavoro, perché i difetti ludici sono evidenti, ma forse rappresenta, per il media, qualcosa di ancora più importante: il coraggio di osare e sperimentare ad alti livelli. Magari resterà un caso isolato, magari no, solo il tempo potrà dircelo.
VOTO: 8,5
PS.: Se avessi voluto valutare solamente la natura ludica nuda e cura del prodotto, la valutazione sarebbe stata più bassa di mezzo punto, ma per quanto appena detto nella recensione, ho voluto premiare l'opera con mezzo voto in più. Di solito questa precisazione la faccio nella recensione stessa, ma questa volta ho voluto ometterla e fare questo Post Scriptum proprio perché questa volta non è un mezzo voto in più puramente soggettivo, ma perché penso che bisogna premiare quanto appena detto - coraggio, innovazione, messaggio, etc. - in maniera più 'ufficiale' dato che anche queste cose rendono Death Stranding quello che effettivamente è, essendo elementi caratterizzanti e non accessori per come l'opera è stata pensata dal suo creatore.