Il post sarà lunghetto perché ho dovuto contestualizzare un pochino :morristend:. Per capire dove la Germania arrivò bisogna capire da dove partì.
L’iperinflazione al giorno d’oggi è come una psicosi: "dottore, l’inflazione è al 5% e temiamo l’iperinflazione, cosa possiamo fare?" Questo, si dice, per ciò che successe negli anni '20 in Germania.
Da loro fu un obiettivo deliberatamente perseguito per rendere il pagamento dei danni di guerra, soprattutto dopo l'occupazione francese del Ruhr, impossibile. Mettere i conti in ordine significava dare ancora più soldi ai francesi. Chi glielo faceva fare?
Tramite l’iperinflazione in Germania riuscirono ad evitare la recessione del 1920/1921, aumentare l’export e pure la domanda interna, deprezzare ciò che dovevano ai creditori e paralizzare il sistema finanziario. I produttori iniziarono a calcolare i prezzi basati sul tasso di cambio e da qui si gettò il primo passo per un cambio di moneta, abbandonando il marco. Quando fu introdotto il rentenmark, infatti, l’inflazione scese rapidamente (circa 1 anno per la stabilizzazione).
Per i successivi 4 anni l’economia tedesca andò abbastanza bene, purché i capitali americani continuassero ad affluire. Quando i capitali americani si fermarono, nel 1929, notando che i sussidi di disoccupazione creavano troppo deficit, il governo tedesco abbandonò le politiche controcicliche adottate del 1920 ed iniziò ad applicare misure di austerità. La reichsbank alzò i talzi di interesse per attirare capitali che tuttavia non arrivarono, in quanto l’anno precedente la FED aveva alzato i tassi per conto proprio. Le riserve di moneta e d’oro tedesche crollarono.
L’SPD abbandonò la coalizione in carica dal 1928 e Bruning fu eletto cancelliere nel 1930. Non avendo supporto parlamentare, Bruning applicò 220 (mi pare) decreti di emergenza per inasprire le misure di austerità e pur essendo fuori dalla coalizione riuscì anche a minare il supporto di cui godevano i socialdemocratici, che non vedevano altra alternativa a tali misure e continuavano a supportarlo passivamente. In quell’anno comparve il partito nazional socialista, contrario all’austerità, che divenne il 2° partito per grandezza con il 18% dei voti.
(Nota a margine: in questo periodo i socialdemocratici erano marxisti solo di nome, di fatto Ricardiani. Condurre buona politica economica, per loro, significava essere più ortodossi dei liberali contro cui inveivano).
Quando Dittman (vicepresidente del reichstag) mostrò di non avere nessuna intenzione di alleviare i tagli al budget, i sindacati iniziarono a cercare qualcuno che proponesse misure di tipo Keynesiano. Comparve il piano WTB, che Bruning ignorò e che fece adirare gli esponenti dell’SPD, i quali iniziarono a cercare vendetta contro un tale affronto al loro prestigio. Anche alcuni sindacalisti in questo periodo si schierarono a favore dell’austerità, secondo la celebre teoria: non c'è alternativa.
Nel 1932, il “programma economico immediato” - che somigliava parecchio al rigettato piano WTB - presentò un’alternativa credibile all’austerità.
Aveva 3 slogan:
- La disoccupazione causa povertà, l’occupazione crea ricchezza
- Il capitale non crea lavoro, il lavoro crea il capitale
- I sussidi di disoccupazione appesantiscono l’economia, ma il lavoro la stimola
Inoltre, auspicava l’uscita dal gold standard.
Nel 1932 i voti dell’SPD crollarono e i nazional socialisti ottennero il 37%. Nel 1933 arrivarono al 44% (il massimo voto popolare ottenuto dal nazismo).
Nel 1932 la disoccupazione stava al 30%, mentre nel 1936 si era tornati alla piena occupazione. Quello che solitamente si omette è che a causa della repressione nazista i salari reali non salirono e lo stimolo fiscale fu tutto dovuto agli armamenti. La creazione di lavoro di cui parlavano era solo propaganda. Ciò che fece realmente fiorire (pur con molti limiti) l’economia fu la guida verso la guerra totale.
Keynes stesso, nel 1940, notava con rammarico:
“Sembra che sia politicamente impossibile per una democrazia capitalista organizzare le spese sulla scala necessaria a condurre il grande esperimento che proverebbe la mia teoria – eccetto che in condizioni di guerra.”
Ad ogni modo, quando i nazisti abbandonarono il gold standard e sospesero le misure di austerità e considerato lo stimolo fiscale bellico, la crescita economica tornò… almeno finché continuarono a costruire armi. Il restante “miracolo” non era che la ripresa da un’economia fortemente depressa da anni di tagli al budget.
Quindi abbiamo un’economia che passa dall’austerità ed un cambio fisso ad un ciclo “normale”. Non fu un boom economico, fu il normale funzionamento economico (dove per normale intendo cambio flessibile e spesa pubblica), enormemente gonfiato nel breve termine dalla spesa militare e dalla repressione (se non direttamente schiavismo) dei lavoratori. Sai come schizza in alto la produttività (che si misura in pil x ore lavorate) se aumenti a dismisura le ore di lavoro ma non i salari?
Ciò per cui si rattristò Keynes fu successivamente definito keynesismo bellico. In sostanza:
in un regime economico (liberale) - dove non si deve spendere per favorire la piena occupazione - lo Stato può funzionare come datore di lavoro di ultima istanza per mantenere attiva la politica di bilancio. Il vantaggio, rispetto allo stato sociale, è che obblighi anche altri Stati a non spendere per la piena occupazione, ma in armi. Di come influisce sulla domanda aggregata e sugli equilibri commerciali ne parlava già Kalecki negli anni '30.
Questo tipo di politica economica non fu applicato solo dalla Germania nazista, ma anche dagli USA e dal Giappone.
Se qualcuno fosse interessato ad approfondire posso consigliare questo libro: The Making and Breaking of the Nazi Economy – Adam Tooze