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E che, non legge nessuno?
Padri e figli – Ivan Turgenev, 1862. Turgenev struttura l'opera intorno alla dialettica fra generazioni, sfruttandone i conflitti e i progressi per mettere in luce i propri personaggi, e di qui allargare l'orizzonte, fino ad abbracciare l'intera realtà russa del tempo, e umana di oggi come allora. Lo stile è estremamente sobrio, le descrizioni impressionistiche, ma proprio per questo colpisce l'attenzione ai dettagli dell'autore: nel giro di poche parole riesce a restituire immagini vividissime, a catturare l'essenza di un personaggio semplicemente rilevandone un movimento accennato. Questa cura nei particolari non è quindi solo visiva, ma si riflette nel modo in cui Turgenev delinea i suoi protagonisti: nei loro confronti è palpabile un affetto che definirei paterno, una conoscenza delle singole psicologie che non ha bisogno di formulare giudizi. Riesce a riempire di significato una scena senza sprecare una sola parola; lasciando, se possibile, che sia il silenzio a parlare per i personaggi, le loro esitazioni al pari delle azioni. Il minimalismo della narrazione rende ancora più preziose le modulazioni che Turgenev le conferisce: basti pensare allo struggente dialogo tra il padre di Arkadij e suo fratello, nella prima metà del romanzo; o alla sorprendente tensione erotica toccata fra Bazarov e la Odincova; e a infinite altre situazioni di cui l'opera è cosparsa, e che ne rappresentano in fondo il cuore pulsante. L'intreccio in sé è infatti praticamente inconsistente, e la vicenda, insieme con i due giovani protagonisti, fa forse un paio di giri a vuoto prima di giungere a conclusione: ma non è questo che interessa a Turgenev. Padri e figli è un romanzo che vive di sfumature, non di tinte forti, e che non può essere apprezzato se non si ha la pazienza di coglierle. Un'opera di rara delicatezza.
Padri e figli – Ivan Turgenev, 1862. Turgenev struttura l'opera intorno alla dialettica fra generazioni, sfruttandone i conflitti e i progressi per mettere in luce i propri personaggi, e di qui allargare l'orizzonte, fino ad abbracciare l'intera realtà russa del tempo, e umana di oggi come allora. Lo stile è estremamente sobrio, le descrizioni impressionistiche, ma proprio per questo colpisce l'attenzione ai dettagli dell'autore: nel giro di poche parole riesce a restituire immagini vividissime, a catturare l'essenza di un personaggio semplicemente rilevandone un movimento accennato. Questa cura nei particolari non è quindi solo visiva, ma si riflette nel modo in cui Turgenev delinea i suoi protagonisti: nei loro confronti è palpabile un affetto che definirei paterno, una conoscenza delle singole psicologie che non ha bisogno di formulare giudizi. Riesce a riempire di significato una scena senza sprecare una sola parola; lasciando, se possibile, che sia il silenzio a parlare per i personaggi, le loro esitazioni al pari delle azioni. Il minimalismo della narrazione rende ancora più preziose le modulazioni che Turgenev le conferisce: basti pensare allo struggente dialogo tra il padre di Arkadij e suo fratello, nella prima metà del romanzo; o alla sorprendente tensione erotica toccata fra Bazarov e la Odincova; e a infinite altre situazioni di cui l'opera è cosparsa, e che ne rappresentano in fondo il cuore pulsante. L'intreccio in sé è infatti praticamente inconsistente, e la vicenda, insieme con i due giovani protagonisti, fa forse un paio di giri a vuoto prima di giungere a conclusione: ma non è questo che interessa a Turgenev. Padri e figli è un romanzo che vive di sfumature, non di tinte forti, e che non può essere apprezzato se non si ha la pazienza di coglierle. Un'opera di rara delicatezza.
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