Segui il video qui sotto per vedere come installare il nostro sito come web app sulla tua schermata principale.
Nota: Questa funzionalità potrebbe non essere disponibile in alcuni browser.
Pubblicità
C'è tutto degli anni '80, capolavoro. Io la sto seriamente amando, sono partito con zero hype e mi sta stupendo in una maniera paurosa.Visto anche il quinto episodio: per ora mi sta piacendo davvero tantissimo. Un mix davvero convincente di tanti elementi che singolarmente ho sempre amato (per dire, c'è anche qualcosina dei Goonies secondo me //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif). Spero non buttino tutto nel cesso con le ultime tre.
http://www.lastampa.it/2016/07/18/spettacoli/stranger-things-la-serie-del-momentoun-collage-di-miti-e-memorie-degli-anni-Gx3SQTBlkcuJMLcFtNFTXN/pagina.html“Stranger Things”, la serie del momento. Un collage di miti e memorie degli Anni 80
Le biciclettate a notte fonda, con la luna piena in cielo e i cappucci delle felpe tirati sulla testa come nell’E.T. di Steven Spielberg. Le lunghe camminate sulle rotaie, fianco a fianco, parlottando a bassa voce, come in Stand By Me di Rob Reiner. E poi gli incontri segreti, le radioline, «Ci sei? Rispondi!», e un’amicizia più forte di qualsiasi cosa, come quella dei Goonies di Richard Donner.
Stranger Things, la nuova serie tv di Netflix, è un piccolo capolavoro per questo: perché riesce a unire la nostalgia al rinnovamento vero; perché prende un genere – quello dei teen movie – e lo trasforma in una storia più lunga, articolata, senza mai annoiare. Sono otto episodi – solo otto, purtroppo. E dall’inizio alla fine i protagonisti sono bambini: un loro amico scompare, si mettono sulle sue tracce (ci provano, cioè) e la loro - la nostra – avventura comincia. Incontrano Eleven, la piccola Elle, e conoscono per la prima volta un mondo popolato da mostri senza faccia e agenti segreti senza scrupoli. Il tempo dei giochi è finito.
Siamo in Indiana, in una piccola cittadina immersa nei boschi, a pochi chilometri da un centro di ricerca segreto – gli elementi dello sci-fi classifico ci sono tutti. A un certo punto qualcosa va storto. Una fuga. Poi la prima scomparsa sospetta: quella dell’amico dei nostri piccoli eroi. E la gente comincia ad avere paura. Sono gli Anni Ottanta. Siamo in piena Guerra fredda.
I fratelli Duffer, produttori, registi, sceneggiatori e showrunner di Stranger Things, si rifanno ai migliori film di Steven Spielberg e John Carpenter. Costruiscono una storia che ricorda i romanzi di Stephen King: con la stessa tensione e lo stesso rapporto straordinario tra paranormale e scienza; con agenti che sembrano gli «uomini bassi in soprabito giallo» di Cuori in Atlantide, la telecinesi e le dimensioni parallele – in Stranger Things, al centro di tutto, non c’è una Torre Nera, ma una sala enorme, anonima, senza pareti, piena d’acqua e in cui tutto è più freddo e buio.
Gli attori sono l’altra grande forza di questa serie. A cominciare dai più piccoli: Finn Wolfhard, Millie Bobby Brown, Gaten Matarazzo e Caleb McLaughlin. Continuando con i più grandi Natalie Dyer e Charlie Heaton. Finendo con i veterani Winona Ryder, David Harbour e Matthew Modine, che negli Anni Ottanta furono protagonisti di film indimenticati: Beetlejuice (Ryder), Birdy (Modine).
E poi c’è la musica: su tutte, rimane nella testa Should I Stay or Should I Go? dei Clash. E ci sono gli omaggi: si cita deliberatamente Risky Business, il film che ha lanciato Tom Cruise nel firmamento di Hollywood, e che ha dato il via al genere. Ingredienti: baci rubati, ormoni impazziti e un coraggio da leoni. E si cita Guerre Stellari, con il Millennium Falcon, Yoda e la Forza.
Si citano i giochi di ruolo – i grandi giochi di ruolo, come Dungeons and Dragons – e una tradizione fatta di fantasie e di avventure, di storie, paure senza nome, e di lieti fini sospirati: mai veramente lieti, mai veramente finali.