E' chiaro fin dalle prime battute che The Last of Us è un'altra cosa rispetto a qualunque altro lavoro dei Naugthy Dog, si respira un clima diverso già dal magnifico, quanto per certi versi agghiacciante, prologo. L'avventura inizia un po' lenta; il ritmo cresce impercettibilmente, all'inizio, ma inarrestabilmente. Quando ci si ritrova, a poche ore di gioco, fuori dalla zona di quarantena forse il giocatore non ne è ancora conscio ma The Last of Us sta arrivando, e arriva in tutta la sua bellezza e crudeltà. Si tratta di un colpo da maestro dei Naughty Dog, che riescono a superare il classico immaginario di mondo "post-apocalittico" ed i cliché del genere in una storia di rara bellezza, una storia ricca di significati nascosti. Si pensa sia la storia di Joel ed Ellie, del loro viaggio, dei loro incontri con quelli che malgrado tutto potranno considerare amici e di quelli che saranno costretti a temere come nemici. Questa è solo una chiave di lettura. L'altra, quella ancor più immediata quando ci si riferisce a questo genere, è quella dell'evoluzione della ragazzina Ellie e dell'uomo Joel, dettata dalla necessità di sopravvivere a qualcosa di più grande di loro. C'è anche una terza chiave di lettura: è la storia del mondo e dell'umanità, un mondo e un'umanità simili ma al contempo profondamente diversi da come li conosciamo noi. Siamo tratti in inganno da quel mondo, sembra il nostro, solo meno curato, con una natura strana e abitato da perfide creature ma è tutt’altro Anche l’umanità intera è diversa, mutata (per colpa dell'infezione) in un modo che non era lecito attendersi. Ci sono i mostri, o meglio quelli che appaiono come tali, mutati dal fungo e che vivono e uccidono senza motivo, rintanati nei posti più bui, aggressivi oltre ogni dire senza ragione. Nel mondo di The Last of Us sono i deboli, coloro che non riescono a sopravvivere, ad attaccarsi a qualcosa per andare avanti. C’è chi proprio non ce la fa e chi invece sopravvive alla morte delle persone che ama, della madre, del padre, persino della figlia. Poi ci sono i mostri, quelli veri. Gli uomini, che siano soldati, luci, cacciatori o semplici sopravvissuti. Uccidono senza motivo, nascondendosi dietro l’unica menzogna che riescono a spacciare per credibile e a cui finiscono per essere loro stessi i primi a credere: uccido per sopravvivere. In questo l’umanità è mutata, quelli che un tempo erano considerati strani, come Bill, sono forse gli unici su cui fare affidamento. C’è chi, come Tommy, prova ad andare avanti, tornando indietro se vogliamo: riesce ancora a innamorarsi e vuole una casa, una famiglia e una vita nonostante tutto. C’è chi come Henry ha un motivo solo per vivere e perso quello non riesce nemmeno ad alzare un dito per qualcosa di diverso che premere il grilletto di una pistola, per l’ultima volta. C’è poi chi sfoga tutto ciò che ha dentro e che in passato era costretto a reprimere, le perversioni di David ne sono un esempio lampante. Un individuo che tutti considererebbero squilibrato, in quest’umanità è riuscito a raggiungere una posizione di potere. Si sentono spesso i suoi uomini che si lamentano di lui ma, a conti fatti, eseguono i suoi ordini senza fiatare. Ci sono tante altre sfaccettature e c’è Ellie, piccola ma cresciuta troppo in fretta. Pronta a morire dopo quello che ha passato e Joel, troppo vecchio, ma pronto a tutto pur di onorare una promessa. Una promessa che solo l’amore può spezzare. Il titolo del gioco in questo è profetico, l’ultimo di noi. L’ultimo di noi è Joel, è lui l’umanità che non esiste più. È un uomo, fatto di debolezze ed errori. Segnato da un passato da cui non può liberarsi, cinico e deciso. Le sue azioni lo rendono il più lontano possibile da quello che è oggi l’essere umano medio fino alla fine, quando l’affetto per la ragazzina in cui rivede sua figlia è più forte del bene della collettività. L’umanità viene fuori forse nei suoi due aspetti peggiori: l’egoismo e la menzogna ma anche nell’amore. Gli uomini di quell’ospedale erano pronti ad uccidere a sangue freddo una ragazzina. Joel no. Proprio il finale merita di essere citato: non c’è un giudizio su nulla, non si giudicano le luci, i cacciatori di David (sebbene l’empatia verso i protagonisti spinga a ritenerli i veri cattivi), tantomeno su Joel. Il finale lascia solo interrogativi: cosa faremmo noi? Riusciremmo a trovare un modo per sopravvivere? Avremmo la forza per aggrapparci a qualcosa? E una volta trovato un motivo, saremmo pronto a difenderlo fino alla fine? A fare cose terribili affinché si realizzi? O molleremmo?