È finita dopo appena un anno l’esperienza di Alessandra Campedelli in Iran. L’allenatrice trentina aveva accettato a inizio 2022 con entusia…
www.repubblica.it
La situazione socio-politica in Iran
Preferisco non entrare nel merito e parlare solo della mia personale esperienza e di ciò che ho vissuto. La situazione da settembre è comunque molto cambiata anche per me, soprattutto perché non ero più libera di comunicare con il mondo esterno e con la mia famiglia visto che il governo, per ovvi motivi, limitava addirittura l’uso di Internet. Per il resto la mia vita si svolgeva soprattutto all’interno del Centro Olimpico Azadi e lì non arrivava nemmeno l’eco di ciò che avveniva a poca distanza. Ho vissuto per un intero anno in una cameretta tre metri per tre, sopra alla palestra, all’interno del centro olimpico Azadi. In questa cameretta c’era un televisore, ma senza satellite, quindi per me non era possibile guardare nulla. C’erano delle grandi finestre, senza tapparelle che permettessero di oscurare adeguatamente la camera per poter riposare al meglio. E con le sbarre. C’era l’aria condizionata. Avevo un frigorifero. Nella mia camera c’era il sistema di controllo dell’acqua calda per l’intero campus, quindi, ogni qualvolta ci fossero dei problemi, il personale doveva venire in camera mia per risolverli. Il Wi-Fi del campus non funzionava. Il personale del campus era delizioso e ha sempre cercato di aiutarmi e di farmi sentire a casa, ma per me è stata davvero dura. Il campus femminile era un luogo molto frequentato e quasi sempre pieno: non c’erano momenti, dalle 7 del mattino in poi, in cui godere di reale tranquillità. Era sicuramente una situazione dignitosa per chi ci si deve fermare per brevi periodi, ma per tutto l’anno è stata davvero dura. E io non sono una donna che ambisce al lusso: sono una abituata a fare le ferie in campeggio e ad arrangiarmi ovunque.
Le differenze tra uomini e donne
La cosa frustrante per me era vedere invece che gli allenatori uomini erano trattati in modo molto diverso. Gli allenatori della Nazionale maschile (tra cui inizialmente come secondo allenatore c’era anche il nostro Tom Totolo), vivevano a pochi metri di distanza, all’Olympic Hotel, una struttura a 5 stelle. Due pesi e due misure. Ogni volta che uscivo era mio dovere indossare l’hijab e uscire con braccia e gambe sempre coperte, anche con le elevate temperature estive. Non è stato facile abituarmici. Ma erano questi gli accordi presi con la Federazione. La cosa più difficile da comprendere e accettare però è stata il perché io dovessi indossarlo anche quando ci trovavamo al di fuori dell’Iran per i vari tornei. Io credo di aver fatto davvero tanto per andare incontro alla loro cultura, per conoscerla, per trovare un punto di incontro. Penso però che forse la Federazione non abbia nemmeno provato a capire quanto per una donna occidentale come me fosse difficile dover ‘stare alle loro regole e abitudini’ e che non abbia fatto nulla per venirmi incontro. Solo tante parole, all’inizio. E promesse, perennemente poi disattese.
-
Vanno formate e motivate tutte le figure ‘professionali’ necessarie a far crescere un movimento (dai funzionari ai team manager, agli staff medici, ai preparatori, addetti alla comunicazione etc) che, ricordo, devono essere tutte donne. Io ho provato a ‘dare suggerimenti’, ma la paura di alcune figure di ‘perdere la poltrona’ o di essere messi in discussione ha fatto sì che ogni mio tentativo venisse vanificato. Ho provato più volte a specificare che il mio intento era di essere propositiva, di aiutare a crescere, non di ‘criticare il passato’, ma… E poi ci sono quei risultati che per la Federazione sono stati ‘poca cosa’ o che addirittura non sono nemmeno degni di nota, ma che per me sono stati importanti e che avrebbero potuto rappresentare un vero ‘inizio per crescere’: primo, l’aver avvicinato e motivato tante giovani o anche meno giovani allenatrici. Aver dedicato loro tempo e attenzioni affinché potessero sentirsi responsabili e coinvolte nel processo di crescita della pallavolo femminile iraniana. Perché se la pallavolo femminile iraniana vuole crescere deve partire la loro e dalla loro formazione non solo teorica, fornendo certificazioni che poi non corrispondono alle reali competenze sul campo.
Secondo, l’aver viaggiato, nonostante le difficoltà, per incontrare e ‘scovare’ atlete talentuose anche nelle province più povere. L’aver permesso a queste atlete, fisicamente futuribili perché predisposte per la pallavolo di alto livello, ma attualmente molto acerbe, di appassionarsi e di ‘sentirsi capaci', ma sì, anche di sognare un futuro migliore grazie alla pallavolo. Spesso, probabilmente anche a causa delle difficoltà metodologiche che incontrano allenatrici poco esperte nell’allenare questa tipologia di ragazze, queste venivano escluse a priori. Non coinvolte in alcun processo di qualificazione. Infine, l’aver dato la possibilità a queste ragazze di ‘uscire dall’Iran’ per i nostri collegiali in Serbia, in Bulgaria e in Turchia. E poi la gratitudine che mi hanno espresso ora, in tante, ad avventura finita".
TRENTO. "Per me era diventato inaccettabile collaborare con una Federazione che fa capo a un governo che non rispetta la vita e le elementari libertà della persona e che non rispetta le donne". Con queste parole la trentina Alessandra Campedelli, intervistata da il Dolomiti, abbandona il ruolo...
www.ildolomiti.it
Fine ottobre 2022:
L'allenatrice di Mori combattuta tra i timori per le proteste, il desiderio di non abbandonare le giocatrici e la pressione delle autorità
www.rainews.it
Parole ben diverse rispetto a quelle di un anno fa: