vabbè, avrà un metacritic stellare...più alto anche di DS1 e DSII.
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Il collegamento con le funzionalità multiplayer, da qui, è abbastanza diretto ed è bello poter annunciare che le cose sono almeno in parte migliorate, visto che per facilitare il ritrovamento degli amici è possibile non solo chiudere i dungeon e permettere solo a loro di entrarvi, ma anche settare una password che ne faciliti l’evocazione. Qui nascono però i primi, gravi problemi. Se vi aspettate un multigiocatore tipico cascate malissimo, visto che Miyazaki è fissato con la solitudine e il senso di terrore, e quindi non ci sono lobby né facilitazioni per chiamare a sé cacciatori amici al di fuori del sistema di password (peraltro piuttosto ballerino). La capacità di vedere le morti degli altri giocatori e di leggerne i messaggi è rimasta, ma insieme ad essa restano le limitazioni legate al livello, che rendono praticamente impossibile evocare giocatori molto più in là di voi in quanto a esperienza, anche durante la campagna.
Dal punto di vista artistico invece siamo su un pianeta abitato solo dai From Software.
Yharnam è un contenitore al cui interno è celato tutto ciò che può essere definito “orrore”. Spazia dall’immaginario lovecraftiano alla solennità del gotico con una disinvoltura innaturale tanto quanto le sue forme. È un incubo a cui è stata data forma, le cui labirintiche strade formano ben presto una gabbia che attanaglia il cuore del giocatore. Qui non si prova paura, no, la forza del cacciatore è troppo grande e la morte non ha reali conseguenze. Eppure Bloodborne riesce ad essere comunque un titolo opprimente, un concentrato di angoscia da cui non è possibile sfuggire del tutto. Come accadeva per le opere di Giger, vedere le contorte mappe create da Miyazaki e i suoi vi farà provare ammirazione e stupore, ma le immagini si fisseranno nella parte più recondita della vostra mente, solo per riaffiorare nei momenti più bui e negli incubi peggiori. Ci vuole pazzia per creare luoghi simili, e Bloodborne è l’ennesima prova che tra follia e genio il passo è breve.
Un ulteriore appunto prima della conclusione però: occhio a buttarvi sul finale. Chiudere l’avventura significa ripartire immediatamente, senza attese né scelta, e credeteci se vi diciamo che la vostra seconda avventura a Yharnam non sarà permissiva quanto la prima…
Spaziogames
Come da tradizione non c'è un racconto forte a seguire le gesta del protagonista dannato: più che una trama, in Bloodborne, ci sono delle suggestioni, un'esposizione criptica, ermetica fino all'estremo. Miyazaki non sembra intenzionato ad inventare una storia, ma vuole invece costruire una mitologia: a tratti sfuggente, sicuramente mai esplicita, e forse proprio per questo così seducente. Bloodborne “racconta” insomma di una città paralizzata dal contagio e degli strani rituali della Chiesa della Cura, istituzione che si prodiga nella purificazione del sangue, versato nei suoi calici sacri e poi benedetto sugli altari. Ma in fondo c'è anche il dubbio terribile che tutto il rituale della caccia sia solo immaginato, e che Yharnam sia un luogo della mente: una trappola comatosa in cui veniamo precipitati dalla trasfusione infetta con cui inizia l'avventura.
Giunti alla fine del viaggio è dura credere che ci sia una sola verità; e come al termine dei Souls è facile lasciarsi tentare da dubbi e ipotesi. Nonostante manchi il trasporto di una trama solida e presente, in ogni caso, la parabola di Bloodborne resta indelebile, capace -come la malattia di cui racconta- di infettare il giocatore. Testimoni di un martirio che può condurre solo all'inferno del sangue, si resta ammaliati dalle perversioni che ci si parano innanzi: è come attardarsi ad esplorare il disfrenamento di una bestialità antica, che procede per mutazioni successive a spaccare le spoglie mortali dell'uomo, a deviarne il corpo, contorcerlo, spremerlo, e gettarlo poi in quell'enorme fossa comune che è Yharnam, cimitero della ragione.
...sulle prime sembra che la virata di Bloodborne sfoci in un prodotto meno complesso e stratificato dei suoi predecessori, riducendo un po' quella pluralità di approcci che da sempre è legata ai giochi di ruolo. E invece c'è solo bisogno di scoprire tutte le conseguenze di un sistema nuovo e intelligente. Decidendo di puntare sulla statistica Tinta del Sangue, ad esempio, sarà possibile imbracciare armi da fuoco letteralmente poderose, mentre concentrandoci su Arcano avremo a disposizione alcune “magie” di supporto e armi dall'effetto paragonabile a quello di certi vecchi incantesimi offensivi.
Dato che non esistono più fiaschette ricaricabili, anche il numero di fiale di sangue recuperate dai nemici sarà importante: Arcano influisce pure su questo aspetto, limitando di molto le necessarie (e un po' tediose) sequenze di “farming” a cui bisogna - di tanto in tanto - dedicarsi. Bloodborne, insomma, è un gioco che pure gli appassionati della saga Souls devono esplorare, capace di proporre un'enorme varietà di stili di gioco: persino il sistema di potenziamento delle armi, che sfrutta alcune rune che ne alterano le caratteristiche, aggiunge una profondità inattesa, trasformandolo in un prodotto stratificato e meravigliosamente originale. Chi si aspettava insomma un clone integrale dei Souls deve ricredersi. Miyazaki ha compiuto un piccolo miracolo: abbattendo alcuni dei pilastri su cui si reggeva il gameplay delle sue precedenti produzioni, e rinsaldandone invece altri, ha creato un gioco dal sapore nuovo ma consueto, riuscendo nell'impresa di trovare una forte originalità nella conservazione.
Fonte SC
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Il collegamento con le funzionalità multiplayer, da qui, è abbastanza diretto ed è bello poter annunciare che le cose sono almeno in parte migliorate, visto che per facilitare il ritrovamento degli amici è possibile non solo chiudere i dungeon e permettere solo a loro di entrarvi, ma anche settare una password che ne faciliti l’evocazione. Qui nascono però i primi, gravi problemi. Se vi aspettate un multigiocatore tipico cascate malissimo, visto che Miyazaki è fissato con la solitudine e il senso di terrore, e quindi non ci sono lobby né facilitazioni per chiamare a sé cacciatori amici al di fuori del sistema di password (peraltro piuttosto ballerino). La capacità di vedere le morti degli altri giocatori e di leggerne i messaggi è rimasta, ma insieme ad essa restano le limitazioni legate al livello, che rendono praticamente impossibile evocare giocatori molto più in là di voi in quanto a esperienza, anche durante la campagna.
Dal punto di vista artistico invece siamo su un pianeta abitato solo dai From Software.
Yharnam è un contenitore al cui interno è celato tutto ciò che può essere definito “orrore”. Spazia dall’immaginario lovecraftiano alla solennità del gotico con una disinvoltura innaturale tanto quanto le sue forme. È un incubo a cui è stata data forma, le cui labirintiche strade formano ben presto una gabbia che attanaglia il cuore del giocatore. Qui non si prova paura, no, la forza del cacciatore è troppo grande e la morte non ha reali conseguenze. Eppure Bloodborne riesce ad essere comunque un titolo opprimente, un concentrato di angoscia da cui non è possibile sfuggire del tutto. Come accadeva per le opere di Giger, vedere le contorte mappe create da Miyazaki e i suoi vi farà provare ammirazione e stupore, ma le immagini si fisseranno nella parte più recondita della vostra mente, solo per riaffiorare nei momenti più bui e negli incubi peggiori. Ci vuole pazzia per creare luoghi simili, e Bloodborne è l’ennesima prova che tra follia e genio il passo è breve.
Un ulteriore appunto prima della conclusione però: occhio a buttarvi sul finale. Chiudere l’avventura significa ripartire immediatamente, senza attese né scelta, e credeteci se vi diciamo che la vostra seconda avventura a Yharnam non sarà permissiva quanto la prima…
Spaziogames
Come da tradizione non c'è un racconto forte a seguire le gesta del protagonista dannato: più che una trama, in Bloodborne, ci sono delle suggestioni, un'esposizione criptica, ermetica fino all'estremo. Miyazaki non sembra intenzionato ad inventare una storia, ma vuole invece costruire una mitologia: a tratti sfuggente, sicuramente mai esplicita, e forse proprio per questo così seducente. Bloodborne “racconta” insomma di una città paralizzata dal contagio e degli strani rituali della Chiesa della Cura, istituzione che si prodiga nella purificazione del sangue, versato nei suoi calici sacri e poi benedetto sugli altari. Ma in fondo c'è anche il dubbio terribile che tutto il rituale della caccia sia solo immaginato, e che Yharnam sia un luogo della mente: una trappola comatosa in cui veniamo precipitati dalla trasfusione infetta con cui inizia l'avventura.
Giunti alla fine del viaggio è dura credere che ci sia una sola verità; e come al termine dei Souls è facile lasciarsi tentare da dubbi e ipotesi. Nonostante manchi il trasporto di una trama solida e presente, in ogni caso, la parabola di Bloodborne resta indelebile, capace -come la malattia di cui racconta- di infettare il giocatore. Testimoni di un martirio che può condurre solo all'inferno del sangue, si resta ammaliati dalle perversioni che ci si parano innanzi: è come attardarsi ad esplorare il disfrenamento di una bestialità antica, che procede per mutazioni successive a spaccare le spoglie mortali dell'uomo, a deviarne il corpo, contorcerlo, spremerlo, e gettarlo poi in quell'enorme fossa comune che è Yharnam, cimitero della ragione.
...sulle prime sembra che la virata di Bloodborne sfoci in un prodotto meno complesso e stratificato dei suoi predecessori, riducendo un po' quella pluralità di approcci che da sempre è legata ai giochi di ruolo. E invece c'è solo bisogno di scoprire tutte le conseguenze di un sistema nuovo e intelligente. Decidendo di puntare sulla statistica Tinta del Sangue, ad esempio, sarà possibile imbracciare armi da fuoco letteralmente poderose, mentre concentrandoci su Arcano avremo a disposizione alcune “magie” di supporto e armi dall'effetto paragonabile a quello di certi vecchi incantesimi offensivi.
Dato che non esistono più fiaschette ricaricabili, anche il numero di fiale di sangue recuperate dai nemici sarà importante: Arcano influisce pure su questo aspetto, limitando di molto le necessarie (e un po' tediose) sequenze di “farming” a cui bisogna - di tanto in tanto - dedicarsi. Bloodborne, insomma, è un gioco che pure gli appassionati della saga Souls devono esplorare, capace di proporre un'enorme varietà di stili di gioco: persino il sistema di potenziamento delle armi, che sfrutta alcune rune che ne alterano le caratteristiche, aggiunge una profondità inattesa, trasformandolo in un prodotto stratificato e meravigliosamente originale. Chi si aspettava insomma un clone integrale dei Souls deve ricredersi. Miyazaki ha compiuto un piccolo miracolo: abbattendo alcuni dei pilastri su cui si reggeva il gameplay delle sue precedenti produzioni, e rinsaldandone invece altri, ha creato un gioco dal sapore nuovo ma consueto, riuscendo nell'impresa di trovare una forte originalità nella conservazione.
Fonte SC
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