In particolare, tra le tante cose, Suarez racconta che il primo a chiamarlo fu Nedved, dopo di che arrivò la telefonata di Paratici: "Mi disse - racconta Suarez riferendosi al ds della Juve - che mi avevano contattato perché pensavano che avessi il passaporto italiano come mia moglie. Gli risposi che non lo avevo, avevo solo iniziato a fare la relativa pratica chiedendo tutti i certificati necessari nei Paesi in cui ho vissuto". Dopo i primi approcci però arriva il problema del tempo non sufficiente per portare a termine l'iter burocratico: "Il mio avvocato aveva parlato con Paratici e aveva saputo che era difficile ottenere la cittadinanza. Allora ho deciso di proseguire comunque la pratica per ottenere il passaporto. Non ricordo la data esatta ma era durante le lezioni".
Fino al 14 settembre Suarez era prontissimo e deciso a venire a Torino per vincere la Champions: "Sì, però dopo ho detto a Spina (la professoressa) che non sarei più venuto alla Juve". In ogni caso l'esame fu sostenuto: "Il giorno stesso Paratici mi chiamò quando ero in aeroporto per dirmi che avevo fatto la scelta migliore per la mia famiglia. Due giorni dopo mi chiamò il presidente Agnelli per dirmi che era dispiaciuto che la trattativa non era andata a buon fine e mi ringraziava per quanto avevo fatto per facilitare la trattativa, anche forzando i rapporti con il Barcellona. Agnelli mi disse che con il calcio non si possono mai fare programmi certi. Con lui non avevo parlato prima di allora".