Dunque, in prima battuta è necessario muovere da una premessa importante: vaccinarsi in Italia, ad oggi, non è obbligatorio. Poiché il nostro è uno Stato liberale di diritto, dove tutto ciò che non è vietato è lecito, ne discende naturalmente che non vaccinarsi è lecito, e quindi sottrarsi alla vaccinazione è contenuto di un diritto soggettivo assoluto. Poi se vuoi possiamo ragionare sulla opportunità e sulla legittimità di un obbligo vaccinale erga omnes, ma questo è un altro discorso.
Posta questa premessa, è evidente che dall'esercizio di un diritto - il diritto di non vaccinarsi, appunto- non possano discendere conseguenze negative per il titolare del diritto, men che meno la privazione di diritti fondamentali. Ricattare il cittadino con l'emarginazione sociale o addirittura con la privazione dei mezzi di sussistenza, imponendo un costo psichico oltre che economico all'esercizio del diritto all'habeas corpus, non solo non è costituzionalmente legittimo (per quanto questo sia rilevante...) ma è soprattutto disumano e lesivo dei principi fondamentali dello stato di diritto. Piuttosto, questo paternalismo denota un pericoloso scivolamento verso i giustamente deprecati lidi dello stato etico, ove dalla violazione del presunto "dovere morale" imposto dallo Stato discendono conseguenze in tutto e per tutto paragonabili, se non persino più gravose, rispetto a quelle che lo Stato fa normalmente dipendere dalla violazione di una norma di diritto positivo.
Fatte queste premesse, possiamo passare al piano strettamente costituzionale.
Il principio di uguaglianza-ragionevolezza, è vero, non pone un divieto di discriminazione tout-court. Piuttosto, esso stabilisce che situazioni simili debbano essere trattate in modo simile e situazioni diverse in modo diverso. Tuttavia, posto che appunto non vaccinarsi è una scelta perfettamente legittima, la discriminazione (termine che adopero in senso tecnico e scevro da elementi valutativi) fondata sull'eventualità che il cittadino abbia liberamente e lecitamente deciso di sottrarsi alla vaccinazione è assolutamente intollerabile sotto il profilo del principio di uguaglianza poiché non risponde proprio a quel parametro di ragionevolezza della discriminazione come delineato dalla Consulta con la sentenza n. 172 del 1996.
Per quanto concerne il pur menzionato art. 16 della Costituzione, secondo cui "ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza", bisogna pure sottolineare che esso si conclude con il seguente enunciato: "nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche". Ebbene, le limitazioni imposte dal green pass non hanno che una natura meramente politica, poiché essere puramente e semplicemente penalizzano una scelta politica, tra l'altro lecita, del cittadino.
Inoltre ritengo assolutamente non pertinente il richiamo all'art. 32 della Costituzione, adoperato spesso per giustificare compressioni dei diritti e delle libertà di taluno in nome del diritto alla salute di talaltro. In primis, bisognerebbe infatti concordare sul concetto di "salute", così come arricchito di contenuto sia dalla giurisprudenza che dalla stessa Organizzazione mondiale della Sanità, e cioè nel senso di salute psico-fisica complessivamente considerata. Sul contenuto del diritto alla salute si può elaborare anche una riflessione in negativo, e cioè che esso sicuramente non contempla né il diritto a non ammalarsi né tantomeno il fantomatico diritto a non morire pur evocato da qualcuno. Inoltre, pur volendo ammettere che il diritto alla salute si declini anche nel senso del (francamente, ridicolo) diritto a non ammalarsi, bisogna considerare che non necessariamente quest'ultimo debba considerarsi prevalente rispetto a qualsiasi altro diritto di rango costituzionale. Infatti il bilanciamento di diritti costituzionalmente garantiti è operazione complessa, che non può certo essere banalizzata nei termini di "basta che ci sta la salute". Del resto, sul punto è intervenuta anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 58 del 2018.
Ma sul piano costituzionale io sinceramente non mi dilungherei oltre, posto che come diceva Pietro Calamandrei "la Costituzione è un pezzo di carta", la quale ha senso di esistere solo in presenza di un sistema di check and balance che evidentemente è venuto a mancare.
Alla luce di ciò, la riflessione da fare è veramente semplice ed elementare: l'idea che lo status del cittadino, composto da un certo ventaglio di diritti soggettivi, sia subordinato all'esibizione di un lasciapassare, elargito a scadenza in forma di premio a seguito della sottoposizione ad un trattamento sanitario non obbligatorio, è semplicemente incompatibile con i principi fondamentali dello stato di diritto e nasconde un retropensiero francamente pericoloso, e cioè che i diritti non ci appartengono, ma ci vengono ottriati dall'alto. Subordinare l'esercizio dei diritti inalienabili alla integrazione di una condizione nega la loro stessa natura inalienabile.
Spero di essere stato esaustivo