Ergastolo

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Bert

Demetrio Porco
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26 Nov 2006
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Ho una questione a cui ogni tanto penso, e che da sempre mi incuriosisce.

Ve la pongo brutalmente con una domanda: siete favorevoli all'ergastolo?

Fatemi un attimo precisare due cose, perché non voglio essere preso per un ingenuo figlio dei fiori.

Innanzitutto non parlo dell'esistenza dell'ergastolo in sé, o più precisamente non metto in discussione la possibilità che certi individui vengano separati coattivamente dalla società per tutta la vita. Possibilità che è resa necessaria, ovviamente, dal fatto che taluni soggetti rappresentino per la società un pericolo tale da non poter essere lasciati liberi. E qui potremmo discutere per ore sulle modalità, su chi decide chi e quanto è pericoloso, eccetera. Discorsi complessi e interessanti, ma non è di questo che voglio parlare, quindi diamo semplicemente per scontato che se Tizio è pericoloso non deve uscire dal carcere. Oppure, per dirla ancora più banalmente, siamo tutti d'accordo sul fatto che gli psicopatici pericolosi debbano stare rinchiusi.

Mi interessa più che altro la questione dell'ergastolo sotto due punti di vista:

-l'ergastolo come pena prevista A PRIORI;

-la previsione dell'ergastolo come pena "più grave" correlata alla gravità del reato.

Per approfondire cosa intendo serve una premessa molto generale e molto a ***** di cane sulla giustizia penale.

Il diritto penale nasce storicamente come sorta di vendetta: hai fatto la tal cosa, quindi è giusto che tu paghi. Questa concezione, che ho semplificato come un vero ritardato, è quella di una giustizia cosiddetta "retributiva".

Con gli anni (millenni) la giustizia si è sviluppata anche in un'altra direzione, ossia quella "preventiva": hai fatto la tal cosa, quindi vieni rinchiuso per evitare che tu la rifaccia ("prevenzione speciale") e perché tutti si astengano dall'imitarti conoscendo le conseguenze ("prevenzione speciale").

Recentissimamente (direi negli ultimi decenni) si è fatta poi strada anche una concezione "riabilitativa": hai fatto la tal cosa, quindi devi fare un certo percorso in modo tale da renderti un soggetto non più antisociale, ma un membro potenzialmente produttivo della società.

Tutto questo, ovviamente, si è sempre intrecciato con le esigenze di sicurezza pubblica per cui i soggetti pericolosi vanno in qualche maniera fermati.

Sia poi anche chiaro che queste tre concezioni della pena non sono necessariamente alternative: nelle società moderne infatti le vediamo tutte e tre, anche se ai giuristi non fa mai tanto piacere ammettere che la giustizia penale è ancora in buona parte retributiva.

Fatta questa vaga premessa, va da sé che l'ergastolo è incompatibile con qualsiasi tipo di rieducazione, e fin qui ci siamo tutti.

Se pensiamo allo psicopatico che violenta e uccide i bambini è chiaro che il primo pensiero di noi tutti è "e sticazzi di lui, lasciatelo crepare in galera o meglio ancora ammazzatelo direttamente". E anche qui siamo più o meno tutti della stessa idea.

Quindi ripeto: nessuno mette in dubbio che ci siano soggetti irrecuperabili e totalmente inadatti alla vita nella società, né è in dubbio il fatto che alcuni individui meritino alla grande ogni tipo di pena loro inflitta.

È altrettanto vero, anche se non fa comodo pensarlo, che ci sono individui che hanno commesso crimini gravi, hanno riflettuto e compreso fino in fondo ciò che hanno fatto, hanno seguito un percorso che li ha in effetti riabilitati, sarebbero perfettamente in grado di vivere tra la gente e di contribuire al progresso della società. E anche questo è un fatto, al netto di quello che questi tizi meritano o di quello che pensiamo debba essere lo scopo della pena.

Le mie domande quindi sono le seguenti:

- qual è secondo voi lo scopo della pena? Che ruolo ha lo Stato quando amministra la giustizia? Deve "farla pagare" ai criminali o deve limitarsi a fare in modo che i comportamenti antisociali siano ridotti il più possibile, e idealmente eliminati (e, quindi, non punire più chi in effetti non è più pericoloso ma anzi potrebbe contribuire alla società)? Pensate che, in un certo senso, allo Stato competa anche una valutazione etico-morale del crimine, o che debba fare soltanto valutazioni fredde, volte alla prevenzione e all'autotutela? Per formularla più sinteticamente: ritenete giusto che lo Stato, quando somministra la pena, lo faccia anche secondo un ragionamento sostanzialmente "vendicativo"?

- mettendo un attimo da parte i discorsi sui soggetti instabili e pericolosi (il Breivik di turno insomma), riuscite a conciliare la pena dell'ergastolo con una giustizia che non sia totalmente avulsa dalla riabilitazione del reo?

- credete che la giustizia debba avere anche uno scopo riabilitativo?

- in definitiva, siete favorevoli alla pena dell'ergastolo (nei termini in cui ho posto la questione, sia chiaro)?

P.S. Sia chiaro che non mi interessa inculcare niente a nessuno, non esiste una risposta giusta, non esiste una risposta da "persone buone" o da "persone cattive", la questione è estremamente controversa e a me interessa semplicemente vedere cosa ne pensate a riguardo.

Quindi evitiamo la retorica di ***** postando storie strappalacrime o video di criminali usciti di testa che sfottono i genitori delle vittime in tribunale.

E, ripeto di nuovo, pur sapendo che a un certo punto arriverà lo scemo, che i matti pericolosi che devono stare rinchiusi sono un discorso che ora non c'entra

 
A me piace il diritto penale e piace anche l'idea che sia finalizzato al recupero di chi viola le regole della società e non per uno Stato che semplicemente irroga una sanzione-vendetta sostituemdosi alla vittima (o alla famiglia di essa). Teoricamente per i soggetti pericolosi esistono le misure di sicurezza che hanno proprio la funzione di "occuparsi" di soggetti pericolosi socialmente (e hanno una fisionomia propria). L'ergastolo come si inserisce in un recupero del condannato? Con la possibilità che ci sia una riduzione (dovuta a tutta una serie di fattori). Escludendo a priori l'idea di provare a recuperare chi sbaglia, lo Stato alza le mani e prende atto del suo fallimento. Per carità, impostare tutto il sistema sulla concezione retributiva è possibile (ed é successo in passato) ma mi piace pensare che si possa fare di più. Detto ciò, bisogna fare i conti con la sitiazuone attuale e chiederci: che senso ha irrogare una pena dopo 5/6 anni dal fatto? La rieducazione deve avvenire-iniziare in tempi brevi altrimenti tutto perde di significato. Al di là degli effetti sulla prevenzione generale di un sistema-giustizia così lento, la pena dovrebbe intervenire dopo un tempo ragionevole. Se ci si limitasse all'idea retributiva, alla fine anno più, anno meno la vendetta arriva (dopotutto non è un piatto che va servito freddo?) ma se lo Stato deve incentivarti a ragionare su quanto hai fatto, non si può attendere un lustro o più!

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Lo scopo della pena è quello di rieducare chi ha commesso il reato, nei limiti in cui questo si dimostra possibile e/o ragionevole. Quando questo limite viene superato (e questo sta all'interpretazione di chi la giustizia la amministra) le possibilità di riabilitazione sono scarse se non nulle. A quel punto deve intervenire l'ergastolo che ha lo scopo di allontanare definitivamente dalla società gli individui più pericolosi.

Per quanto riguarda i reati meno gravi i detenuti dovrebbero essere per me sempre seguiti da un team di esperti durante la loro pena. Il compito di questi esperti è quello di valutare la possibilità di reinserire il detenuto nella società, se questi ha una condanna di qualche anno, ma giorno dopo giorno si dimostra non ancora pronto (e gli individui di questo tipo mai lo saranno probabilmente), allora la condanna dovrebbe essere prolungata fino alla possibilità di trasformarsi in una detenzione a vita. Tante, troppe volte, a finire in carcere è gente che in carcere c'è già stata.

Infine concederei a tutti gli ergastolani la possibilità di richiedere in ogni momento l'iniezione letale.

 
Sia Bert che Rincewind e Buddha94 hanno detto molto.

Aggiungerei che, e premettendo che di giurisprudenza so poco o nulla, che il problema di fondo che traspare dal testo di Bert è che mentre è necessario avere una pena massima (escludendo la morte ovviamente) per certuni soggetti (vedasi Breivik, pedofili et similia), dall'altro c'è il rischio che tale pena comporti comunque la perdita del reo visto che, anche qualora si riabilitasse (tramite appositi programmi previsti dal legislatore), starebbe comunque in carcere, giusto?

In tal senso, direi che esistono strumenti atti a intervenire in questo: il primo esempio che viene in mente è proprio in Norvegia dove l'ergastolo in realtà prevede una pena massima di 21 anni (se non sbaglio) che possono via via venir rinnovati.

Passando al secondo argomento: sì, sono favorevole all'ergastolo perché serve una pena "pesante" (concezione retributiva) e allo stesso deve anche sussistere una via di mezzo tra le due per i reati peggiori (ossia, l'assassino che si fa 30 anni di carcere e poi viene riammesso nella società commutandogli la pena).

 
Aggiungerei che, e premettendo che di giurisprudenza so poco o nulla, che il problema di fondo che traspare dal testo di Bert è che mentre è necessario avere una pena massima (escludendo la morte ovviamente) per certuni soggetti (vedasi Breivik, pedofili et similia), dall'altro c'è il rischio che tale pena comporti comunque la perdita del reo visto che, anche qualora si riabilitasse (tramite appositi programmi previsti dal legislatore), starebbe comunque in carcere, giusto?
Esatto. Il problema c'è quando un individuo è effettivamente riabilitato ma comunque rimane in carcere, perché la pena è stata comminata in relazione alla gravità del reato.

Per fare un esempio, l'altro giorno in un documentario avevo visto tre casi (americani): un tizio 37enne condannato all'ergastolo quando aveva 15 anni per un duplice omicidio durante una rapina, uno condannato a morte per aver sparato mortalmente a un poliziotto che lo inseguiva e un altro condannato a 38 anni per aver ferito un tizio al piede (non volendo, peraltro) durante una rapina.

Tralasciando ovvie considerazioni su come ***** faccia un sistema sedicente civile a dare l'ergastolo a un ragazzino di 15 anni, almeno due di questi soggetti erano evidentemente riabilitati: il primo perché, banalmente, aveva passato la gioventù e buona parte della vita a leggere libri in prigione in perenne isolamento, l'altro (il terzo) perché già la dinamica del reato commesso non lasciava pensare a una tale antisocialità del soggetto da giustificare una condanna così pesante.

Gli intervistati stessi mostravano anche una grande consapevolezza della loro condizione, e denunciavano il fatto che la detenzione in isolamento non era affatto in grado di renderli persone, o anche solo detenuti, migliori, semplicemente tutti descrivevano allo stesso modo la rabbia che giorno dopo giorno montava (negli USA esiste la segregation, cioè la detenzione in una cella singola 23 ore al giorno e un'ora in una gabbia all'aperto, sempre da soli. Questa modalità detentiva è utilizzata talvolta abbastanza alla leggera e può benissimo andare avanti per decenni. A quanto ho capito non deve nemmeno essere un giudice a imporla, è una decisione dell'amministrazione del carcere).

Parlando di situazioni del genere, ha senso la previsione a priori dell'ergastolo? Ha senso sceglierlo come pena basandosi unicamente sulla gravità del reato? E ha senso (come accade negli USA) che il giudice possa condannare all'ergastolo escludendo anche tutti i possibili strumenti di bilanciamento (libertà sulla parola, etc.)?

 
Rispondendo in modo breve alla domanda: no, non sono favorevole all'ergastolo (a parte ovviamente i casi di estrema gravità).

Sono dell'idea che il concetto stesso di ergastolo sia anacronistico e per certi versi anche incoerente rispetto ad altre disposizioni del nostro ordinamento (mi limito a quello, è l'unico di cui credo di conoscere qualcosa). Ad esempio l'art. 27 della Costituzione prevede chiaramente che le pene non possano prevedere trattamenti contrari al senso di umanità e debbano comunque avere lo scopo ultimo della rieducazione del reo. Io la trovo una disposizione perfetta perché racchiude in neanche una riga di testo lo scopo della giustizia penale: comminare una pena coerente con il danno arrecato ma che mai vada a pregiudicare diritti umani e riesca a formare e "recuperare" il reo. Ora, quale sarebbe la capacità rieducativa di un incarceramento perpetuo? Perché mai un uomo dovrebbe, all'idea di passare il resto dei suoi giorni rinchiuso in una cella, accettare e rispettare l'ordinamento e la comunità? Non metto in dubbio che per una percentuali di detenuti ciò possa accadere davvero ma si tratta di eccezioni che sottolineano come la pena in sé sia inadeguata. Il reo mi sembra unicamente usato come deterrente per evitare che altre persone facciano lo stesso, per fare in modo che sappiano a ciò che vadano incontro in caso di delitti vari. Lo stesso problema secondo me si può porre per l'altro principio della disposizione, ovvero il rispetto dei diritti umani; tutto ciò assume ancora più valore visto che il reo viene strumentalizzato per raggiungere fini completamente alieni a quelli che dovrebbero invece essere raggiunti tramite la pena. Tutto questo mi pare cozzare con l'art. 27 nonostante i pareri contrari della Corte Costituzionale.

In parte ha risolto il problema la legge Gozzini perché ha effettivamente dato attuazione all'art. 27, però io mi chiedo il senso di comminare una pena che per definizione è perpetua per poi andare a prevedere la possibilità di libertà condizionata o anticipata.

Sarebbe, secondo me, meglio comminare sempre e comunque pene "temporali" proporzionali all'illecito ma dando la possibilità al giudice di prorogare il termine secondo vari criteri. Si eviterebbe in questo modo di tenere in carcere persone "recuperate" e pronte ad essere reinserite nella società; si darebbe maggiore peso alla funzione rieducativa e si spronerebbe in un certo senso il reo; ci sarebbe, probabilmente, anche maggior controllo sull'intero percorso del reo. È compito di una società civile che si rispetti garantire davvero a tutti il rispetto dei diritti umani.

Le pene in questo modo perderebbero in gran parte la finalità "intimidatoria" ma sono sicuro che ci sono altri modi per educare o discentivare la popolazione a commettere certi illeciti.

Spero si sia capito qualcosa :asd:

Esatto. Il problema c'è quando un individuo è effettivamente riabilitato ma comunque rimane in carcere, perché la pena è stata comminata in relazione alla gravità del reato.Per fare un esempio, l'altro giorno in un documentario avevo visto tre casi (americani): un tizio 37enne condannato all'ergastolo quando aveva 15 anni per un duplice omicidio durante una rapina, uno condannato a morte per aver sparato mortalmente a un poliziotto che lo inseguiva e un altro condannato a 38 anni per aver ferito un tizio al piede (non volendo, peraltro) durante una rapina.
Non so come funzioni la legge in America, ma nel primo e nel terzo caso mi sembra si tratti di errori fatti proprio alla base: come ***** si fa a comminare pene così esagerate?

 
Secondo me invece è più che giusto che chi abbia sbagliato paghi anche costo di essere allontanato per sempre dalla società.

Fosse per me per alcuni reati metterei anche la pena di morte

 
Vorrei poter avere la forza di pensare che un criminale (anche di bassa lega) possa redimersi e diventare una persona migliore, cosi che ad un certo punto possa essere riportato in societa, ma sono diffidente e negativo per arrivare a farlo. Credo che nessuna punizione sia bilanciata in maniera direttamente proporzionale rispetto ad omicidi, stupri o atti di pedofilia (nemmeno la pena di morte) a causa della loro efferatezza e "animalità". Il carcere è "una punizione" proprio come dici tu! è un mezzo, una legge del taglione senza scadere nello stesso efferato e violento di cui sopra - che non ha alcuna valenza nella maggioranza dei casi - al recupero completo di certi casi GRAVISSIMI. Mi piace la tua idea di un programma di recupero che miri ad una cosa tipo "per ora vai in carcere, quanto a lungo ci starai dipende da te" ,per reati minori. Ma l'essere umano è un animale disgustoso e certi individui hanno problemi psicologici tali che andrebbero controllati...troppo dispendioso, quindi meglio in cella e buttare via la chiave. Detto questo, si all'ergastolo, no alla pena di morte. Punire un omicidio con un altro omicidio mi sa un pò di medioevo

 
Ultima modifica da un moderatore:
In parte ha risolto il problema la legge Gozzini perché ha effettivamente dato attuazione all'art. 27, però io mi chiedo il senso di comminare una pena che per definizione è perpetua per poi andare a prevedere la possibilità di libertà condizionata o anticipata.
Ritengo che la motivazione sia semplicemente propagandistica. Dire "abolizione dell'ergastolo" è troppo controverso, ma l'esistenza dell'istituto senza bilanciamenti iniziava a cozzare in maniera troppo evidente con i principi fondamentali dell'ordinamento. Quindi si è quasi abolito nella sostanza (almeno per come lo intendiamo qui), lasciando intatto il bisogno di vendetta della società (che sia chiaro, chi più chi meno lo sentiamo tutti, ma razionalmente io lo trovo un sentimento abbastanza voyeuristico, un qualcosa che serve per farci sentire meglio).

E credo sia per il medesimo motivo che la giustizia penale negli Stati Uniti è una roba ridicola e per molti versi ipocrita, nel senso che quando un giudice ha il potere di dare l'ergastolo a un quindicenne e, soprattutto, di stabilire a priori che non avrà diritto a chiedere la libertà sulla parola o qualsiasi altro tipo di bilanciamento beh, è assurdo ed è una presa per il **** per un basilare principio di primato della legge

Secondo me invece è più che giusto che chi abbia sbagliato paghi anche costo di essere allontanato per sempre dalla società.
Fosse per me per alcuni reati metterei anche la pena di morte
Se hai voglia sarei curioso di sentire qual è per te lo scopo della giustizia penale

Mi piace la tua idea di un programma di recupero che miri ad una cosa tipo "per ora vai in carcere, quanto a lungo ci starai dipende da te" ,per reati minori.
Occhio però che non ho mai pensato all'idea di una pena "aperta" che dura unicamente a seconda delle caratteristiche soggettive del reo (cioè quando è rieducato esce punto e basta).

Penso che, pur in un'ottica puramente riabilitativa, i criteri con cui stabilire la riabilitazione debbano comunque avere dei limiti di tipo oggettivo, e questo per un principio di proporzionalità. Sarebbe assurdo lasciare 40 anni in galera un ladro di macchine perché, per qualche motivo, viene ritenuto non riabilitato, e rinchiudere un assassino per 4 anni perché si è ravveduto.

Il mio problema non riguarda la pena in sé (e la rieducazione si raggiunge agendo sul tipo e sulla qualità della detenzione, non certo sugli anni. Perché se in galera si crea un sottobosco criminale e i detenuti vengono lasciati a loro stessi è ovvio che un cambiamento non potrà mai esserci e quando uno esce sarà spesso recidivo), ma solamente l'ergastolo.

O meglio la previsione dell'ergastolo come pena "massima" che si dà quando il reato è particolarmente grave. Mi sta benissimo una pena temporanea, anche se magari lunghissima (purché non siano gli ergastoli sostanziali di molte sentenze americane, tipo "due condanne a 120 anni da scontare consecutivamente"), quello che mi lascia perplesso è la previsione per cui se fai determinate cose si presume innanzitutto che tu sia irrecuperabile, pericoloso tutta la vita e che si debba pagare. Mi lascia perplesso perché è una previsione incoerente con i principi che tanto decantiamo, perché è una previsione che in realtà non è utile ai fini di prevenzione generale (anche se la logica immediata potrebbe suggerire il contrario), perché è una previsione che secondo me esiste puramente per ragioni di opinione pubblica.

A sostegno di questa mia impressione c'è anche la situazione italiana, che di fatto esclude la possibilità di dare a priori una pena a vita senza alcuna possibilità di un termine, anche se formalmente mantiene in vita l'istituto. Contraddizione che io giustifico soltanto con il bisogno di mantenere una sorta di idea dello Stato forte, che usa il pugno di ferro etc.

Per esempio ricordo la vicenda di Breivik, in particolare ho in mente gli articoli scandalizzati perché in Norvegia (o dove ***** stava :rickds:) la pena massima è di 30 anni (o 20, o una roba del genere).

E tutti a non capire più un *****, o mio *** questo ha ucciso cento persone senza nessuna remora e tra 30 anni è fuori? Assurdo, scandalo, e lo chiamano progresso e blablabla.

Anche se poi di fatto la situazione italiana è facilmente paragonabile, ma al contrario: dopo 26 anni di reclusione l'ergastolano può chiedere la condizionale (la semilibertà dopo 20, poi ci sono i permessi premio, la buona condotta eccetera) ferme restando le valutazioni concrete sulla pericolosità del reo. In Norvegia invece funzionava al contrario: la pena ha un massimo edittale che si può estendere per ragioni inerenti la pericolosità del soggetto.

In sostanza non cambia un *****, Breivik sta rinchiuso a vita lì come lo sarebbe qui, Totò Riina pure, ma siccome in Italia si chiama "ergastolo" in Norvegia "30 anni" apriti cielo, e i giornalai ovviamente approfittano della ghiotta occasione per scrivere gli articoli scandalizzati mentre si fanno le pippe in cerchio con un sorriso sornione

 
Forse arriverà un giorno, non troppo lontano, dove potremo monitorare grazie a specifici esami la tendenza a delinquere di un individuo e questa discussione potrebbe sparire.

 
Forse arriverà un giorno, non troppo lontano, dove potremo monitorare grazie a specifici esami la tendenza a delinquere di un individuo e questa discussione potrebbe sparire.
La tendenza a delinquere è ininfluente in un essere dotato di scelta.

O per meglio dire, deve essere ininfluente in sede di giudizio.

Non mporta se sei geneticamente predisposto per fare del male, non sarebbe corretto punirti/rinchiuderti in via preventiva sulla base di ciò :ahsisi:

 
La tendenza a delinquere è ininfluente in un essere dotato di scelta.O per meglio dire, deve essere ininfluente in sede di giudizio.

Non mporta se sei geneticamente predisposto per fare del male, non sarebbe corretto punirti/rinchiuderti in via preventiva sulla base di ciò :ahsisi:
È importante nella decisione di un rilascio
 
Forse arriverà un giorno, non troppo lontano, dove potremo monitorare grazie a specifici esami la tendenza a delinquere di un individuo e questa discussione potrebbe sparire.
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qualcuno non ha visto psycho pass :asd:

 
Forse arriverÃ* un giorno, non troppo lontano, dove potremo monitorare grazie a specifici esami la tendenza a delinquere di un individuo e questa discussione potrebbe sparire.

La tendenza a delinquere è ininfluente in un essere dotato di scelta.O per meglio dire, deve essere ininfluente in sede di giudizio.

Non mporta se sei geneticamente predisposto per fare del male, non sarebbe corretto punirti/rinchiuderti in via preventiva sulla base di ciò :ahsisi:
Fortunatamente tali teorie pseudo-scientifiche non ci appartengono più :asd:

Per quanto concerne l'ergastolo, se visto solamente in ambito sociale, tutti quanti ne sono propugnatori più per fame di vendetta e di giustizialismo che per l'utilità della pratica in sé. Per quanto mi riguarda sarebbe più sensato porre un limite massimo di anni da rinnovare in caso di un riscontro che attesti l'assoluta mancanza di comprensione e pentimento del reato da parte del condannato (previo supporto continuo da parte di psicologi e attività graduali di reinserimento nel mondo del lavoro).

 
Fortunatamente tali teorie pseudo-scientifiche non ci appartengono più :asd:Per quanto concerne l'ergastolo, se visto solamente in ambito sociale, tutti quanti ne sono propugnatori più per fame di vendetta e di giustizialismo che per l'utilità della pratica in sé. Per quanto mi riguarda sarebbe più sensato porre un limite massimo di anni da rinnovare in caso di un riscontro che attesti l'assoluta mancanza di comprensione e pentimento del reato da parte del condannato (previo supporto continuo da parte di psicologi e attività graduali di reinserimento nel mondo del lavoro).
È tutt'altro che pseudoscienza :ahsisi:

https://www.nature.com/news/brain-scans-predict-which-criminals-are-more-likely-to-reoffend-1.12672

 
Ultima modifica da un moderatore:
È importante nella decisione di un rilascio
Fin tanto che sei dotato di una scelta... no, continua ad essere ininfluente.

Ha una valenza statistica e probabilistica, ma come ogni statistica non costituisce una prova in sede di giudizio.

Se c'è un 80% di possibilità che io sia recidivo, significa comunque che c'è un 20% di probabilità che io sia realmente riabilitato. E chi sei tu per decidere in via preventiva?

Il discorso è più o meno lo stesso alla base di Minority Report :ahsisi:

 
Ultima modifica da un moderatore:
Fin tanto che sei dotato di una scelta... no, continua ad essere ininfluente.
Se un esame dicesse che un tizio ha una probabilità di delinquere molto elevata allora tu lo lasceresti andare?
Per il tuo ragionamento nessuno allora è privo di scelta, anche chi è affetto da gravi patologie psichiatriche

 
Se un esame dicesse che un tizio ha una probabilità di delinquere molto elevata allora tu lo lasceresti andare?
Per il tuo ragionamento nessuno allora è privo di scelta, anche chi è affetto da gravi patologie psichiatriche
L'infermità mentale è anche detta "assenza di capacità di intendere e volere", proprio per denotare l'assenza di una reale scelta.

 
L'infermità mentale è anche detta "assenza di capacità di intendere e volere", proprio per denotare l'assenza di una reale scelta.
Quindi quando ci sarà una metodica che raggiungerà un'alta, ma non assoluta, capacità di predire la tendenza al delinquere e ai comportamenti antisociali dovremo ignorarla?
 
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