Secondo me stai guardando la cosa dal punto di vista sbagliato. Ti faccio una domanda:
Perché secondo te sono state accettate nei tribunali elementi come il test del DNA e i test di paternità et simila che non potranno mai raggiungere il 100% di accuratezza?
Occhio perché stai facendo con semplicità un discorso ESTREMAMENTE complesso, sottile e spinoso che è quello del valore delle prove scientifiche e del grado di certezza. E credimi che non è possibile risolverlo semplicemente con "ai fini processuali il 99% tutto sommato lo consideriamo uguale al 100".
Ma a parte questo, il punto è che la certezza probatoria non c'entra nulla con la certezza della recidività di un detenuto.
La questione sta nel fatto che il diritto penale può e deve punire soltanto i comportamenti effettivamente avvenuti: questo semplicemente per ragioni di libertà personale e di reale offensività. Per esempio, non si potrebbero mai punire le intenzioni, le volontà, le devianze etc. Il pedofilo non fa nulla di illegale, per quanto faccia schifo non deve interessare allo stato che a un sessantenne piacciano i ragazzini, non in quanto tale: lo Stato interviene quando le intenzioni vengono messe in atto (magari anche in misura embrionale, come nel caso del delitto tentato). Non viene punito il pedofilo in quanto pedofilo, viene punito l'abusatore di minorenni.
Poi che ci faccia schifo e vogliamo i pedofili in carcere ok, ma allo stato non importa perché si tratta di un giudizio di tipo etico. Quello che importa allo stato è che il pedofilo non vada avanti soddisfando le proprie devianze, non perché è un deviato ma perché è necessario salvaguardare lo sviluppo psicologico e sessuale del minorenne, che non si ritiene abbastanza maturo da prestare un consenso sessuale veramente consapevole.
Lo stesso discorso si può fare in relazione all'idea di prolungare una detenzione basandosi sulla probabilità della reiterazione del crimine: di certo risponde a esigenze di prevenzione e di sicurezza, ma non tiene minimamente conto del diritto alla libertà che, piaccia o no, spetta anche a un ex galeotto. Perché è facile affermare i diritti fondamentali così, in astratto, già diventa più scomodo dire che un ladro, un assassino eccetera hanno ancora certi diritti. Troppo comodo dire "eh no, hai sbagliato, non hai più diritti e mo sono cazzi tuoi", così il significato stesso di diritto scompare, diventa un qualcosa di arbitrario e quindi diventa un privilegio. Quello che si scorda troppo spesso è che i diritti fondamentali spettano anche a chi non li merita, e se vengono limitati o compressi deve essere sempre per ragioni di un certo tipo, con certe procedure e certe garanzie, perché se non si fa così tutto scade in un giudizio puramente etico.
Il test del DNA, pur non essendo mai accurato al 100%, viene usato e trattato tendenzialmente come prova praticamente certa. Un ipotetico test che mi dice che al 99% un reo tornerà a delinquere diciamo che ha scientificamente lo stesso valore. Ipotizziamo pure che in futuro esista un test del DNA che dice con certezza se uno sarà delinquente o no.
La differenza è che il test del DNA mi dice con tot probabilità che tizio è stato in un certo posto, quindi in sostanza mi parla di un FATTO, mi dà un elemento in merito a un evento accaduto.
Un test sulla capacità a delinquere, pure se discretamente accurato, non mi dice nulla su alcun fatto, perché ancora non è successo nulla: mi dice le probabilità che qualcosa possa succedere, e me lo dice in relazione alle caratteristiche psicologiche di un individuo. Questo non è accettabile in primis per il discorso relativo al diritto alla libertà, e soprattutto perché riguarda dati soggettivi che non ha senso valutare in quei termini. Vorrebbe dire un diritto penale soggettivo, basato sull'individuo invece che sulle sue azioni.
Magari un test del genere potrebbe aiutare a valutare (attenzione, non diventando un automatismo tipo "esame del sangue per il rilascio", semplicemente un elemento che aiuta a decidere) l'eventuale rilascio anticipato di un soggetto, perché no, ma mai potrebbe essere l'elemento discriminante per un allungamento (pressoché arbitrario) della pena. Nè, tantomeno, l'elemento per una condanna, ma questo mi pare che lo abbiamo chiaro tutti da principio.
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Secondo te quante delle decisioni prese in tribunale da magistrati o da psichiatri o medici legali si avvicina a un margine di errore così risicato?
Che tanto risicato non è in una casistica di decine e decine di migliaia di casi
Il punto è che si tratta di decisioni relative comunque a fatti effettivamente avvenuti e verificati. Mai succederebbe che un tizio venga dichiarato pericoloso in sé e quindi rinchiuso.
Ci si avvicina con il TSO, che però non è affatto un istituto penale né sanzionatorio, ma a tutela del soggetto stesso (ed è un istituto assolutamente imperfetto e criticato da molti proprio perché poi nelle effettive modalità può diventare una detenzione senza processo e senza reato).
Quando arriveremo a visualizzare con una fMRI il singolo pensiero cosa dirai poi?
Dirò che figata e niente di più, perché il pensiero non ha il minimo rilievo finché non c'è una messa in atto, magari anche in forma di tentativo