In realtà è una concezione abbastanza comune e abbastanza sbagliata la presunta intimità della prosa di POE rispetto a quella "materiale" di Lovecraft, tenendo ben presente che su ognuno lo stesso fenomeno lavora in maniera diversa. Da diversi anni leggo molta saggistica su Lovecraft, una mole sconsiderata ed immensa di pubblicazioni che sviscerano, spiegano (in alcuni casi) ogni singolo aspetto di Lovecraft, l'uomo e lo scrittore, prima di essere il babbo di Cthulhu e delle aberrazioni che generava.
Come dire che, arrivati ad un certo punto, dopo aver letto, più volte, tutto il materiale di uno dei più grandi scrittori americani mai vissuti, (anche se io lo considero un eccentrico inglese impiantato nel corpo di un americano medio)
i polipi, le stelle buie, il grande segno degli Antichi e Abdul Al-Alzharead, hanno iniziato ad interessarmi un pochino meno, sentivo che in fondo al pozzo ci stava qualcos'altro...quello che volevo era CAPIRE (perché di capire, essenzialmente si tratta) cosa si celava "dietro il sipario" di Lovecraft, scrittore di incubi extrastellari e sperdute comunità montane.
Cosa si agitava nella sua mente, cosa generavano i suoi pensieri e se i suoi racconti erano forbite ed ermetiche storie che in realtà conservavano due differenti gradi di lettura, uno superficiale, affascinante che conquista grazie alla sua originalità, alla sua prosa scritta alla sua inventiva, e uno più nascosto, più difficile da decifrare, semi-invisibile, eppure esistente, che colpisce mille volte più forte quando lo si riesce ad "estrarre" dal racconto in questione.
In Italia c'è un gruppo di appassionati, persone a dir poco competenti su Lovecraft che ogni hanno, quasi come una sorta di piccola setta bibliofila, lontana dalle grandi luci delle pubblicazioni, pubblicano libri esclusivamente in numero limitato, sul quale appiono saggi, trattati accademici, comparsate di migliaia di "nomi famosi", e, naturalmente (grazie al biografo ufficiale di Lovecraft, vivente) una parte enorme della sua corrispondenza privata.
E' bizzarro che in una lettera, indirizzata a nientemeno che R.E. Howard (amico e il creatore di Conan il Barbaro) egli scrisse "Non sono sicuro che i miei scritti saranno mai capiti e assimilati correttamente, resteranno sempre favole colme di incubi anziché panorami umani di desolazione e miseria" (o una cosa simile)
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Ci sono chiavi interpretative di Lovecraft che nemmeno il suo pubblico ha mai realizzato di leggere, lessi tempo fa un saggio, si tratta di un lungo studio critico sul racconto “The Dunwich Horror” (il titolo è “Menzogna e Persecuzione nell’Orrore di Dunwich di H. P. Lovecraft”)
Quindi, riassumendo : Lovecraft attraverso una vena fantastica racconta l'orrore della realtà esattamente quanto un Cèline, un Kafka o un Dostojevski.
Eppure questo non gli viene attribuito e mai glielo sarà.
Si pensa ai poliponi dei suoi racconti, ai mostroni e alle altre "puttanate", Necronomicon in primis, di cui infarciva i suoi racconti, strabordanti attrazioni turistiche che in realtà altro non erano che un espediente geniale per come dico io "eludere la sorveglianza", scardinando volutamente, nel lettore più conservatore e critico, ogni convinzione di prenderlo sul serio, derubandolo della chiave necessaria per entrare nei suoi racconti.
La pretesa di voler passare inosservato ad ogni costo, è d'ltronde una componente fondamentale cos'ì come la sua partita con la vita.
In realtà il mal du vivre di Lovecraft è assoluto.
:morris82: