5) Siren: Blood Curse (esclusiva PS3)
Un horror assolutamente atipico, tant'è che più che un survival lo definirei uno stealth. Il gameplay, infatti, dà il meglio di sé nelle parti in cui, obbligatoriamente o per necessità, bisogna evitare ogni incontro con gli shibito. Al contrario, nella fasi in cui si è armati, si ha una sensazione di invincibilità e la componente survival è nulla o quasi. La meccanica del sightjack è geniale, peccato che faccia crollare a picco il frame rate, già non particolarmente stabile. Graficamente è penalizzato dalla uscita ad inizio della scorsa gen, quindi mole poligonale e texture non impressionano e c'è un aliasing diffuso, ma l'atmosfera è resa divinamente e nei capitoli stealth, complice il gamplay, è sconsigliato ai deboli di cuore. La storia è interessante, ma non mi convincono le scelte narrative: molti aspetti, anche fondamentali, devono essere ricavati dai collezionabili sparsi nei livelli ed in mancanza è difficile ricostruire il filo (parecchio ingarbugliato) delle vicende. All'inizio credevo di essere il solo a non averci capito molto, ma sul web ho letto che è una sensazione diffusa e che in tanti si sono aiutati con una utile ricostruzione degli eventi su gamefaqs.
P.S. Yukie waifu of the year
4) RiME (giocato su PS4)
Journey incontra Zelda. Ma in realtà non raggiunge le vette né dell'uno né dell'altro.

Comincio dalla trama, apparentemente semplice ma che avanzando svela, a poco a poco, quella verità che nel finale sarà sbattuta brutalmente in faccia al giocatore. L'intento degli sviluppatori era quello di fornire piccoli indizi qua e là per poi arrivare alla rivelazione e colpire al cuore il giocatore e devo dire che nel mio caso ci sono riusciti, il finale mi ha lasciato interdetto ed emozionato. Il gameplay si basa su enigmi e platforming semplici, non c'è il rischio di bloccarsi, ma è funzionale ad un'esperienza che vuole essere breve (si finisce in 5-6 ore ed anche cercando tutti i collezionabili è difficile superare le 10-12 ore) ed asservita alla narrativa. Artisticamente è stato fatto un ottimo lavoro, ma sul profilo tecnico se registrano cali del frame rate senza apparente motivo. La OST è molto evocativa e si miscela bene con i rumori ambientali ed i movimenti della camera, enfatizzando i momenti delle scoperte e sparendo quasi di fornte ad alcuni paesaggi mozzafiato.
Alla fine, come dicevo prima, emotivamente non coinvolge come Journey ed il gameplay neanche si avvicina a Zelda, ma resta un lavoro apprezzabile da parte di un piccolo team e merita di essere giocato.
3) Sakura Wars V: So long, my love (giocato in versione PS2)
Finalmente, dopo un po' di anni che mi guardava ogni volta che aprivo il cassetto dei videogiochi, gli ho dato la chance meritata e devo dire che la saga mi ha conquistato. Di fatto è una VN, le battaglie sono poche e quasi tutte concentarte negli ultimi due capitoli, ma non per questo il BS è stato trascurato, anzi. Si vede che al lavoro c'era il team che successivamente sfornerà VC (e che adesso è tornato al lavoro su SW per il capitolo in uscita il prossimo anno), nel BS di Sakura Wars si trovano tante idee poi approfondite in VC ed in generale è un BS che convince. La parte VN funziona bene, con buoni disegni ed elementi poligonali e la struttura dei capitoli riesce nell'intento di rendere la sensazione che si stia "giocando un anime". La trama non brilla particolarmente, diciamo che siamo nella media degli anime di genere mecha, ma non avevo garndi aspettative, sia per l'ambientazione (hanno stereotipato molto gli USA, i loro abitanti e la loro cultura) che perché avevo letto varie recensioni da chi ha provato anche i capitoli precedenti. Bene la OST ed il doppiaggio giapponese; peccato non poter dire altrettanto per la localizzazione, ma NISA ci ha abituato al peggio ed il povero SW V non fa eccezione. Fortunatamente adesso SEGA localizza tutto internamente ed il rischio di vedere SW VI nelle mani di questi macellai è scongiurato. Hype per il prossimo capitolo.
2) Yakuza Kiwami (giocato su PS4)
L'esempio perfetto di come deve essere fatto un remake: 30 minuti di filmati inediti, doppiaggio rifatto da zero, combat system stravolto introducendo gli stili di combattimento visti per la prima volta in Yakuza 4, nuove quest secondarie, nuovi mini-giochi, nuove hostess. Tutto questo venduto a 30 € e pure in una steelbox, roba da pazzi.

Il solo aspetto negativo riguarda il comparto tecnico, dove paga la natura cross-gen con PS3 e di fatto si presenta come un remaster a 1080p e 60 fps. Per il resto parliamo di un gran bel gioco, con un CS divertente ed anche abbastanza profondo se giocato alle difficoltà più alte, una storia di yakuza sopra le righe ed appassionante, pur senza evitare i cliche tipici del genere (ma credo sia una scelta voluta) ed una longevità assurda: con le sole attività secondarie ci si può perdere per ore ed ore (ad un certo punto credo di aver fatto 5-6 ore consecutive di Pocket Circuit

). In realtà mi è piaciuto tanto quanto il numero 1 in questa top 5, ma alla fine l'ho "penalizzato" in quanto remake. Non vedo l'ora di giocare Kiwami 2 nel 2019.
1) Valkyria Chronicles 4 (giocato su PS4)
Accantonata la sfortunata parentesi di VC2 la saga è tornata agli alti standard che le competono. A distanza di dieci anni dal capostipite il gameplay è ancora fresco e divertente, con mappe enormi e la nuova classe dei granatieri aggiunge interessanti possibilità. Tra capitoli principali, secondari e schermaglie ha più mappe di VC1 ed una longevità di una 50ina di ore, che salgono di 10-15 ore per il 100%. E la cosa migliore è che ti butta addoso situazioni nuove per tutto il gioco, ci sono tutorial anche nel penultimo capitolo.

La storia, come nel primo, è piacevole; non brilla per scrittura ma almeno prova a non essere infantile (ehi VC2, parlo ancora di te) e piuttosto che fare un more of the same su razzismo e petrolio ha il pregio di coinvolgere argomenti nuovi, neanche sfiorati nei precedenti titoli. I personaggi, al netto di qualche scena sterotipata tipica di molte produzioni giapponesi, sono gradevoli, mentre peccano i nemici che avrebbero meritato più spazio (Belgar) o di differenziarsi maggiormente (Waltz ricorda molto Jaeger, sia per aspetto che per carattere). Il chara design di Raita è, come sempre, ottimo per i personaggi principali e mediamente buono per i secondari, cosa non da poco considerando la mole. Il comprato visivo si regge soprattutto sul motore CANVAS, che rende divinamente, ma tra aliasing e compenetrazioni poligonali c'è la forte sensazione che sotto il profilo tecnico si poteva fare meglio. Bene anche la OST. L'ultima nota è per la localizzazione italiana: bene che ci sia, ma alcune scelte le ho trovate strane, con costruzioni dei periodi legnose, quasi come se il traduttore non fosse madrelingua italiano.
In sintesi un grande ritorno per una delle mie serie preferite, hype per VC5 (o VC0) nella prossima gen.