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Titolo originale: I Am Legend

Autore: Richard Matheson

Anno pubblicazione: 1954

Cenni biografici dell'autore : Richard Matheson è uno scrittore statunitense. Nato nel 1926 passa la sua fanciullezza a Brooklyn, dove scrive, già da bambino, delle poesie pubblicate su giornali locali. Studia alla Brooklyn Technical High School, dove si diploma nel 1943. Subito dopo il diploma si arruola nell'esercito, dal quale, però, viene subito congedato a causa di una ferita riportata. Ciò gli permette di studiare giornalismo all'Università del Missouri. Durante i suoi studi pubblica numerosi racconti, tra cui “Nato d'uomo e di donna” del 1950. Nel 1951 si trasferisce in California, dove si sposa. In California entra a far parte dei "Fictioneers", un gruppo di giovani scrittori di gialli. Scrive così alcuni racconti gialli come “Tre ore di pura follia” (1943) e “Cavalca l'incubo” (1962). Essere uno scrittore è sempre stato il suo obiettivo primario, così, nel 1954, prendendo spunto dal film “Dracula”, scrive “Io sono Leggenda”. Nel 1956 scrive “Tre millimetri al giorno”, il cui successo è tale che la casa cinematografica Universal ne acquista i diritti e ne trae un film. Nel 1957 la Hammer Films di Londra acquista i diritti di “Io sono Leggenda”, ma l'adattamento proposto da Matheson stesso non convince e il progetto rimane incompiuto. Lo scrittore statunitense non si scoraggia e lavora con numerose case cinematografiche, diventando un celebre sceneggiatore. La fama di Matheson come sceneggiatore è ormai tale che nel 1962 viene chiamato da Alfred Hitchcock per lavorare al suo film “Gli uccelli”. Quest'ultimo, però, contrariato da alcune idee di Matheson, decide di non lasciargli l'incarico. Nel 1964 Matheson adatta Io sono leggenda per il film “L'ultimo uomo della Terra”. I suoi impegni, col passare degli anni, riguardano più il lavoro da sceneggiatore piuttosto che quello da scrittore. Nel 1980 adatta per lo schermo “Cronache marziane”, l'antologia di Ray Bradbury. Possiamo ricordare, tuttavia, dei suoi successi letterari, quali “Io sono Helen Driscoll” (1958), “La casa d'inferno” (1971) e “Appuntamento nel tempo” (1975).

Trama: Fine anni 70, un’epidemia mondiale sconvolge il mondo mietendo milioni, miliardi di vittime. Come se non bastasse gli infetti diventano veri e propri vampiri e i morti ritornano dalle tombe trasformati anch’essi.

Solo un uomo riesce a sopravvivere, misteriosamente immune al contagio, Robert Neville, che dovrà arrabattarsi per vivere in un mondo ostile, dove la violenza e il soprannaturale ormai la fanno da padroni.

Robert trasforma così la sua casa in un fortino dove rinchiudersi nelle ore notturne e passa le giornate tra caccia ai vampiri dormienti e riparazioni al suo bunker.

Ogni giorno come il precedente, sempre al limite della sopravvivenza e alla ricerca di risposte che non si possono trovare, ma solo supporre.

Avanti così fino all’incontro con un altro essere umano, una giovane donna, che ci porterà rapidamente al finale inaspettato di questo breve romanzo.

Il libro è scritto molto bene e con rapidi flashback ci racconta tutto quello che dobbiamo sapere. Molto interessanti le spiegazioni scientifiche che Robert cerca per dare una risposta al mito del vampiro: perché rifugge l’aglio e le croci? Perché il paletto nel cuore? Risposte sensate in un mondo insensato.

Ottima l’introspettiva umana che l’autore fa di Robert, unico uomo rimasto sulla terra, il cui migliore amico rimane l’alcol per la maggior parte del libro. Il protagonista alterna così momenti di pura disperazione a momenti in cui ritrova un motivo per continuare a vivere in un mondo per lui estraneo e senza scopo.

Peccato che il libro non riesca mai a decollare, tre quarti buoni (e meno male che il libro è corto) sono un descrizione delle pressioni psicologiche di Robert e delle estreme conseguenze sulla sua mente, oltre alla descrizione della “vita quotidiana” che è costretto a vivere, praticamente non esite trama, trattandosi di una descrizione delle giornate del protagonista. Un guizzo di interesse compare nelle ultime pagine, ma il colpo di scena finale non “colpisce” più di tanto e l’ho trovato abbastanza banale e scontato.

Ambientazione: Per quel che riguarda l'ambientazione è un buon contorno ma non è il piatto forte della produzione.Gli ambienti in cui si svolge sono ridotti al minimo e quasi sempre è la casa di Neville.Essa viene descritta con buona cura,riesce a dare quel senso di desolazione e abbandono che l'autore vuole trasmettere ed è cornice di quasi tutti gli avvenimenti del libro.Gli spazi aperti appaiono poche volte e non sono particolarmente curati mentre i posti chiusi,oltre la casa di Neville,(supermercato,biblioteca) sono abbastanza curati e vale lo stesso discorso fatto per la casa del protagonista.Nel complesso l'ambientazione è ben curata ma non eccessivamente,i luoghi descritti sono pochi ma riescono comunque a trasmettere quello che l'autore voleva.

Personaggi principali:

Robert Neville: Neville è un uomo distrutto che cerca di andare avanti solamente graziie ad una particolare routine che si è imposto per sopravvivere a quella che potrebbe essere definita "la fine del mondo". Attraverso questo suo modo di accettare l'impossibile non ha fatto altro che smettere di vivere. Apparentemente potrebbe sembrare appagato agli occhi del lettore. Ma non è altro che una finzione. Una sorta di scudo con cui evita di guardare la realtà, il tutto accompagnato da abbondanti annaffiate di ottimo whiskey. Però non bisogna giudicarlo troppo duramente, in fondo è un uomo che ha perso tutto, in particolare moglie e figlia. Però malgrado tutto qualcosa riesce a smuoverlo dal suo torpore e lo esorta a cercare di migliorare il suo status. Questo spiega come in realtà non fosse seriamente soddisfatto dalla sua vita, anche se apparentemente lo nega. Uno dei punti di forza di Neville in un certo senso è il suo modo di vivere pieno di contraddizioni. Malgrado il suo tentare di accettare la cosa nel suo intimo si ribella non appena qualcosa gli da modo di migliorare la sua situazione.

Ruth: Il personaggio di Ruth entra all’improvviso nella vita di Neville, andando piano piano a sconvolgere tutte quelle certezze che lo stesso protagonista aveva raggiunto. Con il passare del tempo Ruth riesce ad aprirsi con Neville, a parlare della sua vita passata, dei figli e del marito uccisi dai vampiri. Neville, tuttavia, dubita spesso delle parole della donna, che, alla fine, accetta che il suo sangue sia analizzato dall’uomo per fugare ogni dubbio. Lei sta mentendo però, ne è consapevole, è stata costretta a farlo. Per questo scappa, lasciando le sue spiegazioni in un biglietto che Neville troverà il giorno seguente. Tutto quello che lei aveva raccontato era falso. Non era più sana: faceva parte di una società di umani contagiati dal batterio, ma capaci di contrastarlo con delle pillole, che evitavano loro, per questo, di trasformarsi in vampiri. In questa lettera, però, Ruth lascia spazio anche ad emozioni che sembrano sincere e umane: nel momento in cui, la sera precedente, i due si erano abbracciati, lei lo stava amando. Anche per questo sentimento, Ruth tenta di mettere in guardia Robert, offrendogli la possibilità di scappare e di salvarsi.

Personaggi secondari: Lo stile del libro, ambientato dopo la catastrofica epidemia che ha devastato la Terra, non lascia spazio ad altri esseri umani all'infuori di Neville. Gli unici esseri che interagiscono con il protagonista sono i famigerati vampiri, le vittime del temibile germe. Possiamo osservare più tipologie di questi vampiri: vi sono i soggetti riconducibili al Nosferatu dell'immaginario collettivo, i cosiddetti non morti, ovvero i morti che hanno tratto nuova linfa vitale dall'entità con cui coesistono; poi troviamo gli infetti vivi, che però non appaiono molto differenti dai loro compagni deceduti, poichè il bacillo sembra aver loro precluso la capacità di ragionare. Si tratta in tutti i casi di esseri istintivi, che agiscono individualmente ed in base agli impulsi primitivi. Verso la fine del libro la situazione evolve, con i vampiri vivi che hanno imparato a coesistere con il batterio, sono intelligenti e tentano di ricostruire la società. Tuttavia, come Ruth stessa fa notare, si tratta di una società primitiva, violenta, che conserva i tratti caratteristici dei primi vampiri: a parer mio in ciò si coglie qualche parallelismo con l'evoluzione dell'essere umano, il quale, da animale istintivo è divenuto l'uomo odierno, ma non senza prima passare per diversi stati intermedi al fine di affinare le proprie capacità e poter ottenere il controllo sugli istinti che lo rendono non dissimile da una bestia selvatica. Il vampiro è, insomma, nulla più che un essere umano allo stato primordiale: non un male da combattere, ma una figura primigenia che sta seguendo una nuova scala evolutiva, come del resto capisce lo stesso Neville verso la fine dell'opera.

Stile narrativo: Nella postfazione all’edizione Fanucci (2011) di Io sono leggenda, lo scrittore Valerio Vangelisti dice che l’angoscia è “la vera chiave dell’opera di Matheson”. Sono d’accordo e sottolineo che la prosa scarna e immediata di Matheson è esemplare nel rendere manifesta questa peculiarità sintattica quasi ermetica della sua scrittura.

Vangelisti dice anche che “Matheson procede per elisioni, non per aggiunte; consapevole del fatto che sono le mancanze a procurare la paura vera. E che non esiste paura se non c’è protagonista autentico, non di cartapesta, che la scopra in se stesso attraverso progressive incongruenze del reale”. Cioè: è il non-detto che costruisce la trama, come le pause nella musica.

Reputo Richard Matheson uno scrittore moderno, attuale, tant’è che la sua storia tiene i tempi. E li tiene al punto tale che la si legge anche oggi, anzi ne fanno un film riadattato, sebbene sia una storia scritta più di cinquant’anni fa e formulata ancora prima. La sua scrittura moderna sta nel percepire (e nel far percepire) una metafora riuscita della collettività umana, e dei suoi processi e delle sue contraddizioni che, posta di fronte all’ignoto e ai risvolti che ne conseguono, si adatta a soluzioni possibili di fronte a nuove condizioni di sopravvivenza.

La sua soluzione finale, infatti, si rivela una spassionata logica di sopravvivenza, ma non ai danni dei più deboli bensì a favore di una mutazione sociale che non può essere arrestata. Quanto sia discutibile la decisione di morte della nuova collettività è ciò che personalmente disapprovo e che disapprova l’autore stesso. Un nuovo ordine costituito si rivela efferato quanto quello precedente: cambiano i fondamenti della sopravvivenza, ma non cambia l’atteggiamento di fronte al diverso.La leggenda del martire – suo malgrado - continua. Sempre in attesa di una collettività umana che essa stessa si faccia leggenda, recidendo per sempre il vizio del martirio. Utopia?

Commento finale: Un'opera molto più profonda di una semplice storia di vampiri.

Ci troviamo innanzi alla nascita di una civiltà, di nuovi valori generati dalla violenza e dall'odio del diverso.

Ma siamo realmente sicuri che i vecchi abitanti della terra e la razza dei vampiri siano così diversi ?

Da una parte la distruzione fisica di ogni intralcio, di ogni singola concezione che possa eliminare e demolire gli antichi valori morali. Dall'altra, la speranza, la necessità di dover uccidere gli antichi uomini per poter dar vita ad una nuova generazione semi-umana, magari più evoluta.

L'alienazione del diverso, un déjà vu vecchio quanto il mondo... eppure non accettato dal protagonista.

L'opera è molto più di una semplice storia ben narrata, è il simulacro di un avvenimento che ha mutato completamente il panorama della vita sulla terra.

Lo scontro di più civiltà, la distruzione di esse e la rinascita.

Se cercate un'opera ben scritta, senza slanci di genio letterario, che possa offrirvi molto più di una semplice avventura vampiresca... questo è il vostro libro

 


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Aggiornato post nr.1 con tutte le recensioni finora pubblicate.

Milly.

 
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scusami errore mio

corretto, grazie per la segnalazione :cat:

 
La Spada di Shannara - Terry Brooks

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Terry Brooks, fin da subito, ha mostrato una grande capacità nello scrivere e dando alle sue storie la più classica delle magie.

La Spada di Shannara ci introduce nelle Quattro Terre. Tutto inizia quando il giovane Jair Ohmsford viene incrociato da un gigantesco individuo, di nome Allanon. Costui cerca il suo fratellastro Shea e, senza tanti complimenti, racconta loro che il Signore degli Inganni Brona progetta una nuova guerra tra le razze, e che solo la spada può fermarlo. Inizierà dunque per questi fratelli un lungo e tortuoso cammino, dove i nemici senza pietà attendono un solo passo falso per eliminarli. Ma non saranno soli in questa avventura, perchè si formerà una compagnia di coraggiosi, provenienti da tutte le razze, a simboleggiare una lotta senza eguali. Inoltre Shea avrà l'ausilio delle potenti e misteriose Pietre Magiche, unico segno lasciato di un'era magica senza uguali e senza tempo.

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Il primo libro scritto da Brooks presenta tutti gli elementi che resero celebre il suo predecessore Tolkien: non azzardo a dire che la prima metà ripercorre gesta quasi completamente prese dalla trama del Signore degli Anelli, e questo potrebbe non piacere a molti puristi e amanti del vecchio fantasy. Ma è dalla seconda metà in poi che c'è un accenno di cambiamento, una voglia dell'autore di intraprendere una storia tutta sua senza cadere nel banale. E infine ce la fa anche se in modo poco convincente, ma regalandoci comunque una storia ottimamente scritta con uno stile maturo e personaggi caratterizzati affiancati a lande magnifiche e segni di una civiltà distrutta non molto dissimile dalla nostra, aggiungendo misticità all'intera opera. Se avete apprezzato la classicità di Tolkien, Brooks sarà in grado di regalarvi emozioni molto simili.

Voto: 3/5

Kassim, se riesci mettimi a posto le grandezze delle mie copertine, che non capisco come mai mi si rimpiccioliscono :morristend:

 
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Quattromila anni fa ci fu una terribile guerra tra umani e demoni. Alla fine fu un demone a tradire la sua razza e, tramite un potentissimo incantesimo che prevedeva il sacrificio di tre re umani, riuscì a rinchiudere gli spiriti dei demoni nell’oblio del Nulla.

Per quattromila anni i demoni hanno vagato senza meta in questo nulla cosmico in uno stato di apatia, senza provare fame ne emozioni, ma questa situazione sta per cambiare, infatti nella città di Usa i demoni stanno tornando per nutrirsi delle emozioni umane.

Per riportare completamente i demoni nel mondo degli umani e per disfare l’incantesimo che li imprigiona nel Nulla, però, altri tre re devono essere sacrificati in un macabro rituale.

E così Nogusta, Bison e Kebra, tre coraggiosi e vecchi guerrieri veterani di mille battaglie, si schierano in difesa del neonato imperatore dell’impero Drenai, braccato dai servi del signore dei Demoni poichè terzo re da sacrificare. Accompagnati da Ulmenetha, una sacerdotessa, Axiana, la regina e Dagorian, una guardia reale, il gruppo sfuggirà dalla città e dalle grinfie demoniache che tentano in ogni modo di uccidere il piccolo re. Dopo una folle fuga arriveranno alla città fantasma di Lem per un’epica conclusione del libro.

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In realtà la trama ha molte sfaccettature in più ed è più profonda delle poche righe che ho scritto, Gemmell ci catapulta come sempre in un mondo completo da ogni punto di vista, descrivendo ad esempio gli intrighi del signore dei demoni e dei servitori del re, la popolazione della città resa folle dai demoni, le paure e gli eroismi di Dagorian e la storia di ogni personaggio del libro. Questo va ovviamente ad appesantire la lettura, soprattutto nella prima metà del libro dove le vicende sono ancora oscure e non si capisce dove l’autore vuole andare a parare.

Ottimo invece il finale che tra una grande battaglia, atti di eroismo e un grande colpo di scena ci fa esaltare e ci lascia con un interrogativo su cui pensare: chi è il vero cattivo?

E’ proprio questa domanda finale il punto forte del libro e ne esalta la moralità, infatti furono gli umani a cominciare la guerra millenni fa per scacciare i demoni (e per demoni si intende ogni tipo di creatura magica, anche quelle benigne) e ora questi ultimi vogliono solo tornare nel mondo fisico.

Ulteriore valore al libro, come sempre ci ha abituato Gemmell, sta nei personaggi. Ognuno avrà punti di forza e debolezze, paura e coraggio, dubbi e sicurezze si alterneranno come in ogni persona reale e ogni personaggio sarà unico e caratterizzato in maniera diversa con un proprio passato, una propria storia e i propri limiti.

Peccato solo per la lentezza riscontrata nell’inizio del libro che non gli fa raggiungere il massimo dei voti, rimane comunque un ottimo romanzo fantasy che raggiunge uno spessore morale e psicologico come pochi altri libri dello stesso genere riescono a fare.

Voto: 4/5

 
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Il romanzo di Excalibur - Vol 2




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Avevamo lasciato la Britannia divisa e in guerra e così ce la ritroviamo in questo secondo libro, diretto successore del volume precedente, che continua la storia narrata da Derfel.

La prima metà abbondante del libro racconta della guerra tra Artù e Gorfiddyd, guerra causata proprio da Artù che durante il suo fidanzamento con Ceinwyn, fuggì e si sposò in segreto con Ginevra. Il re del Powys vuole quindi lavare quest’onta e solo il sangue di Artù potrà placare la sua ira. Unisce quindi sotto di se vari regni e assolda numerosi mercenari per combattere contro Artù e la Dumnonia.

I nostri eroi sono schiacciati dalle preponderanti forze nemiche, ma grazie alla furbizia, alla strategia di Artù e soprattutto all’intervento di Merlino, il più grande druido esistente al mondo, Gorfiddyd viene sconfitto e ucciso sul campo di battaglia.

Il sogno di Artù di avere una Britannia unita e in pace pare quindi in via di realizzazione, ma l’amore ci mette di nuovo lo zampino. Durante la festa di fidanzamento tra Lancillotto e Ceinwyn, quest’ultima scappa proprio con Derfel, il cui amore segreto per la principessa viene infine ricambiato, ma stavolta Artù, uscito ancora più forte dalla guerra, riesce a mantenere la pace e a riunire i britanni per combattere i sassoni invasori.

Nell’ultima parte del libro invece il nostro caro protagonista dovrà recarsi a nord con un pugno di uomini, Merlino, Nimue e all’amata, viaggiando sulla Strada Nera fino nel regno del re folle Diwyrnach, alla ricerca del Calderone di Clyddno Eiddyn, tredicesimo tesoro della Britannia che, secondo il druido, servirà per riportare gli antichi dei scacciati dai romani sulla terra e, insieme a loro, pace e prosperità per tutti i britanni.

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Questo secondo volume della saga è molto più “lento” del precedente, se infatti nel primo libro veniamo catapultati in un mondo in movimento grazie a un vario susseguirsi di eventi e personaggi, in questo seguito i regni saranno paralizzati dalla guerra e la narrazione sarà focalizzata interamente sui preparativi della battaglia e la battaglia stessa.

La parte migliore è sicuramente la ricerca del Calderone, una folle ricerca in un territorio ostile dove la speranza è un lontano lumicino nell’oscurità di Diwyrnach.

Nonostante la narrazione sia più lenta, l’autore riesce comunque a tenere un buon ritmo senza mai annoiare, anzi riesce a trasmettere la tensione della battaglia e la pressione del nemico durante la battaglia della valle di Lugg quasi che fossimo anche noi nel muro di scudi.

Ottima anche la crescita e l’approfodimento del personaggio di Derfel, che da ragazzo con il sogno di diventare guerriero diventa uno stimato comandante degno di fiducia con sogni ormai da adulto (l’amore di una donna).

Anche stavolta Cornwell riesce ad immergerci in un mondo in guerra, un mondo vero e reale dove comunque la linea di demarcazione tra realtà, magia e superstizione è molto sottile.

VOTO: 4/5

 
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Il romanzo di Excalibur - Vol 3




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Il sogno di Artù si sta realizzando. La Britannia è unita e può schierarsi in un fronte compatto contro i “sais”, i sassoni invasori, per scacciarli dalle Terre Perdute.

Parte così un’epica campagna che si concluderà con la battaglia di Londra alla fine della quale Artù, vottorioso, tratterà la pace con Aelle e Cerdic, i due capi sassoni.

E così grazie alla volontà di un solo uomo, la Dumnonia vivrà in lungo periodo di pace e giustizia, un periodo di splendore durante il quale i soldati poseranno spade e scudi in favore di aratri e semine.

Ma non è tutto oro quello che luccica, infatti Merlino subirà una grande beffa, quasi un segno degli Dei: la sua torre nel feudo di Avalon brucerà colpita da un fulmine e i famosi Tesori della Britannia che ha faticosamente raccolto finiranno distrutti o dispersi. O rubati. Infatti, il Calderone di Clyddno Eiddyng, viene trafugato dai nemici di Merlino e scompare nel nulla. Il druido quindi sceglie di aspettare pazientemente, poichè solo lui ha le conoscenze per usare il potere di quell’oggetto e chiunque altro ci provi non può far altro che scatenare orrore e follia sulla terra.

Gli anni passano e la pace continua, ma questa pace favorisce una piaga che divampa in Dumnonia: i cristiani. Sempre più gente viene convertita al cristianesimo, mentre i pagani si riducono di numero.

Approfittando della situazione e supportato dai cristiani infervorati dal ritorno di Cristo nell’anno 500, Lancillotto scatena una guerra civile per diventare Re della Dumnonia, grazie anche ad un macabro matrimonio. Questo è il segno, il potere del Calderone è stato liberato.

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Anche stavolta non è stato semplice ridurre la trama del libro in poche semplici righe. Per esempio ho tralasciato la toccante storia di Tristano e Isotta, veramente bella e ben strutturata, dove amore, lealtà e giustizia si scontrano in una difficile contesa.

Oppure le follie dei cristiani, i segreti di Ginevra, l’ascesa al trono di Mordred o la ricerca della madre di Derfel. Insomma, di carne al fuoco ce n’è parecchia anche in questo libro, molto più dinamico rispetto al predecessore.

Cornwell ancora una volta mantiene alto l’interesse, raggiungendo dei picchi di altissima immersione in più punti come la già citata storia di Tristano oppure la conclusione del libro che fa ripiombare l’oscurità sulla Britannia, inserendo anche qua e la ottimi colpi di scena.

Il libro si attesta sugli ottimi livelli dei precedenti, nonostante sia un libro di transizione tiene il lettore incollato alle pagine del racconto narrato da Derfel.

VOTO: 4/5

 
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Desidero ringraziare tutti gli utenti che con il loro contributo, tengono attivo questo topic molto interessante.

Un particolare ringraziamento va a Ethan e a Vokyal //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/fiore.png

 

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Il romanzo di Excalibur - Vol 4




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La rivolta dei cristiani devasta la Dumnonia, ma Derfel e Artù non sono morti come in molti pensano e con il loro ritorno riescono a troncare la rivolta e a cacciare Lancillotto, che si rifugerà dai sassoni con cui si è alleato.

Ma questa vittoria ha un prezzo altissimo per Artù, che scopre la sua amata Ginevra durante uno dei riti della dea Iside, dea venerata dalla principessa dai capelli rossi, proprio mentre quest’ultima si appresta ad andare a letto con uno degli sgherri di Lancillotto.

Artù esce devastato da questo tradimento e il suo carattere cambia, diventa burbero e irascibile, nonostante sotto sotto la sua personalità di campione del bene rimanga sempre presente.

Nel frattempo, Merlino riesce a recuperare nuovamente tutti i Tesori della Britannia, i famosi artefatti magici il cui potere può richiamare gli antichi dei tra i mortali, che furono rubati dai cristiani. Prepara così una grande celebrazione sulla collina sacra di Mai Dun e alla fine di questa scompare. Avrà funzionato? Gli dei sono scesi sulla Britannia per salvarla dai suoni nemici? Sembra di no, poiché i sassoni hanno radunato un grande esercito e stanno per invadere la Dumnonia, grazie anche al tradimento di Mordred che svela ai nemici il piano di difesa di Artù...

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Come sempre, questa è una trama generale e molto stringata, il libro, come tutti i precedenti, ha moltissime sfumature e sotto-trame intrecciate a vari livelli tra di loro. Cornwell è molto bravo a creare un mondo vero e profondo nonostante il punto di vista univoco, cioè quello di Derfel (vi ricordo che tutta la saga è scritta come una sorta di “memorie di Derfel” che, ormai vecchio, scrive la storia della sua vita).

L’autore è ugualmente bravo a mantenere tutto in movimento, non ci sono punti morti, non si perde mai in inutili descrizioni e invoglia sempre il lettore a continuare a leggere per sapere cosa succederà dopo o come si risolverà questa o quella situazione.

Il libro si attesta sugli ottimi standard dei precedenti, la conclusione della saga si avvicina, tutti i nodi stanno venendo al pettine e sembra che tutto si risolverà in un’ultima grande battaglia.

VOTO: 4/5

 
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raga.. scusate se sono stato assente... :wush:

in questi giorni cercherò di aggiornare la grafica :patpat:

 
Grazie ^^
Qui bisogna far partecipare più gente però, 18 recensioni su 30 sono mie :rickds:
io metterei in palio dei bannerini speciali...

può sembrare una cavolata... ma quando c'è un bannerino di mezzo, la gente cambia //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif

 





Visualizza allegato 90439

Uno studioso, un assistente, che volutamente lasciò le sue ricerche sulle origini e sulla nascita della città più importante cristianamente cioè Roma, per aprire un'enoteca in un paesino.

Nessuno sapeva dove si trovasse, era semplicemente scomparso, si ritrova una mattina ad accogliere un signore distinto che sa chi lui sia...che sa quello che faceva e sopratutto sa come indispettirlo.

Gli propone di partecipare a una ricerca, una ricerca incrociata, per realizzare il suo sogno e quello di un committente, bisogna trovare il lituo con il quale fu fondata Roma, e lui potrà trovare allo stesso tempo il vero nome della città stessa, il suo sogno da 16 anni.

Inizialmente non accetta, ma poi si trova costretto dalle circostanze e dalla potenza delle amicizie di quello stesso uomo distinto a dover affrontare questo progetto.

Che lo porteràè con il passare dei giorni invischiato in spionaggio, omicidi, a sentirsi un fuggitivo da persone che non conosce e non sa che ruolo svolgano, se non quello di trovare prima di lui il manufatto, collaborazioni con altri professori se pur entrano ed escono in poco tempo, per poi finire con la collaborazione di un ricercatore profanatore di tombe, che inizialmente dietro cospiquo compenso collabora.

Al suo fianco un'aiutante una bellissima ragazza, all'occorrenza scattante sveglia....me sopratutto gli farà ricordare quanto sia bello innamorarsi di qualcuno.

Alla fine....il lituo viene trovato, ma ben due copie dello stesso manufatto, una viene data agli inseguitori di sempre, e l'altro invece lo prende con la forza il signore distinto che inizialmente sembrava dalla loro parte, e traditi dal ricercatore profanatore di tombe, che per promesse sulla sua futura possibilità di ricerche completamente finanziate e molto altro....si mette dalla parte del signore distinto, che a quel punto fa il doppio se non il triplo gioco, perchè tradisce il committente primario, ma prende i soldi da lui, e da altri due gruppi di persone che cercano lo stesso manufatto, ma allo stesso tempo lui si sente realizzato perchè il vero nome di Roma, quello stesso nome che all'epoca le fu dato dal suo fondatore viene scoperto e lui si sente felice.

La storia e il racconto finisce come la collaborazione con quella ragazza per il quale prova amore....e ognuno va per la propria strada.

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Un bellissimo libro, che inizia un pò lentamente nelle prime pagine, ma che poi ti rapisce in toto, facendoti desiderare di continuare nella lettura.

Descrizioni molto minuzione ma solo per quanto riguarda la città e le ricerche che svolgeranno, con una descrizione dei personaggi che non trascura nulla, ma non annoia il lettore.

Così anche per le vicende....molto ben strutturato a mio avviso e mi sento di consigliarlo.

 
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Un soldato Inglese, che viene arruolato per combattere contro chi in quei tempi aveva il dominio e la consapevolezza di gestire un campo di concentramento.

Lo scrittore scrive in prima persona di ciò che ha affrontato, di quello che è stato svolto all'interno di quel campo, di chi ha conosciuto e di come nel tempo si imparasse a sopravvivere all'interno del campo.

Lui stesso ammette di aver avuto una visione privilegiata di quel campo in quanto suddiviso in base al grado o comunque al ceto sociale del quale si faceva parte.

Ma non contento decide di sperimentare la vita che si fa all'interno del campo più famoso quello che reclude gli ebrei e lo svolge solo per due giorni ma in tempi diversi, facendo scambio di ruolo con uno di quei deportati, assapora l'amarezza del duro lavoro, della visione dell'appello che conta sia le persone ancora vive che quelle morte....aiuta un'altro prigioniero a sopravvivere, scrivendo tramite via traverse alla sorella di questo ragazzo che spedirà delle sigarette per salvarlo, in modo che con esse lui possa pagare qualche favore, e questo lo porterà poi alla fine della tirannia.

Torna a casa, ritrova sua madre che lo ha aiutato, ma molto malata, e viene a sapere che anche il padre che si era arruolato per salvaguardare lui era stato catturato, dopo qualche tempo anch'esso viene portato in salvo e torna a casa....dopo anni ritrova la parola, ritrova il coraggio di parlare delle sue esperienze dopo anni passati nell'insonnia e sopratutto svegliandosi di notte urlando in un bagno di sudore.

E da quel momento non ha piu smesso di parlare dei suoi trascorsi e così seppe che quel ragazzo che aveva aiutato con le sigarette era sopravvissuto e aveva fatto una buona vita, se pur...poi morì solo qualche anno prima che lui lo trovasse.....

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Un libro molto insolito inquanto, la visione che l'autore in prima persona da dei campi di concentramento è molto diversa da quelle al quale siamo abituati con Primo Levi si potrebbe dire che visiona il. tutto da una parte del campo di concentramente agiato.

Molto bello scorrevole e molto consigliato a chi vuole vedere una nuova faccia di quei campi per il quale siamo a conoscenza dalla storia e dai racconti di Levi.

 
La Spada Perduta - Bernard Cornwell

Il romanzo di Excalibur - Vol 5

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Siamo alla resa dei conti, l’enorme esercito dei sassoni ha invaso la Dumnonia, Artù, Derfel e tutti i valorosi guerrieri britanni si preparano per la battaglia. Il piano iniziale di Artù, cioè attirare i nemici su un terreno a lui favorevole e accerchiarli, fallisce, ma per un caso fortuito (o forse era quello il vero piano di Artù?) i nemici vengono attirati da Derfel al Monte Baddon e li assediano per giorni il piccolo esercito dei difensori, che combatte per la sua sopravvivenza e quella delle famiglie al seguito. Il terreno comunque favorevole, l’astuzia di Ginevra e infine la carica dei famosi cavalieri di Artù sono i fattori che determinano una grande vittoria, fermando l’invasione sassone per una generazione intera.

Gli anni successivi sono nuovamente anni di pace, ma ancora una volta un oscuro nemico si fa avanti a minacciare la Dumnonia. Stavolta tocca a Mordred, il “re senza potere” che torna da oltre il mare con un esercito di sbandati per uccidere Artù e prendere finalmente il regno che gli spetta. Contemporaneamente Nimue, l’amica d’infanzia di Derfel e amante di Merlino sconfigge il vecchio druido rubandone il potere e costruisce un esercito di folli per recuperare Excalibur. Nimue si unisce così a Mordred per l’ultima disperata battaglia contro Artù, detentore della spada, il quale sarà infine costretto alla fuga, anche se vittorioso.

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Questo ultimo volume della serie ci racconta quasi esclusivamente la grande battaglia contro i sassoni e la battaglia finale contro Mordred, ma anche se gli scontri la fanno da padrone, non si riduce tutto a essi: gli intrighi del re e la follia di Nimue sono parte fondamentale della storia e tengono unita la trama con doppio intreccio narrativo.

Il volume è scritto sempre ottimamente con valide basi storiche citate a fine libro dall’autore, ovviamente con relative licenze poetiche per romanzare il tutto e coprire i buchi che ancora gli storici non riescono a spiegare.

Il libro quindi non delude, l’autore ci da quello che volevamo, cioè grandi battaglie, grandi eroi e quel pizzico di magia a metà tra il caso, la superstizione e la previsione di eventi scontati, elementi che ci hanno accompagnato lungo tutta la saga e qui accentuati a discapito di una trama meno intricata, che comunque non vedo come punto negativo vista la grande scorrevolezza della lettura e l’intensità degli eventi narrati.

VOTO: 4/5

 
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Il Romanzo di Excalibur - Bernard Cornwell - Commento finale

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Vorrei scrivere due righe sulla saga vista in senso più generale e non dei singoli libri.

Dico subito che mi è piaciuta, certo non è all’altezza dei “mostri sacri” del genere (qualcuno ha detto Martin?), ma rimane comunque molto interessante per vari motivi.

Prima di tutto la lettura è si scorrevole, ma mai banale, si attesta sempre su un buon livello sia narrativo che di scrittura e i temi sono quelli propri dei romanzi di genere fantasy/avventura: amicizia, amore, coraggio, tradimenti e complotti.

Poi un elogio va alla ricostruzione e all’accuratezza storica di Cornwell, i libri infatti sono si frutto della fantasia dell’autore, ma alla base di tutto ci sono documenti storici ed eventi realmente accaduti 1500 anni fa, nel periodo buio della Britannia, dove la civiltà portata dall’Impero Romano è ormai un ricordo lontano e la razza umana risprofonda nelle barbarie.

Altra nota storica va allo scontro spirituale tra cristianesimo e druidismo, che permea la parte centrale della saga e attorno alla quale ruotano vari eventi. Mi viene da pensare che nel 500 d.C. la gente si ammazzava per la religione e oggi, più di 1500 anni dopo siamo ancora a quel livello...

Infine abbiamo una ricostruzione completamente differente del ciclo arturiano, niente cavalieri scintillanti intorno alla tavola rotonda, niente magia e personaggi da favola, ma persone vere, sporche, rozze e che oltre ai pregi hanno anche dei difetti. La caratterizzazione dei personaggi è quindi molto reale, in linea con il resto della saga. Bellissimo il personaggio di merlino, cinico e irriverente in ogni situazione e con il chiodo fisso del riportare gli antichi dei in Britannia, sicuramente il personaggio migliore della serie.

Se devo trovare delle note negative, direi la troppa linearità dei punti di vista (tutti i libri sono “raccontati” da Derfel che ormai vecchio mette per iscritto la sua vita e avremo solo il suo punto di vista) e la troppa semplicità della narrazione, che è sia un punto negativo che positivo.

Consiglio la lettura a tutti quelli che vogliono vivere le avventure di Artù in un modo nuovo, a chi è interessato alle leggende celtiche e a chi cerca una lettura semplice e leggera, ma appassionante e avventurosa al punto giusto.

Voto finale: 4/5

 
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