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AlertReligioni (Leggere il primo post prima di intervenire)
Io ho paura della morte, preferisco pensare a un aldilà... ma se dovesse esistere un aldilà è altrettanto ovvio che ci sia un'autorità, un Assoluto... o comunque qualcosa che necessariamente gestisca l'ordine delle cose e che punti al bene (perchè il bene... fa star bene; il male, invece, divorando sè stesso morirebbe sul nascere).
Per cui, per convenienza, faccio il buono e rigo dritto... ma nella paura, non nell'amore.
Ecco che abbiamo uno che vuole sposarsi per soldi senza amare la donna. E credimi, ce ne sono tantissimi che fanno questo ragionamento, in particolare malati e anziani (stile: "mi confesso perchè non si sa mai").
Questo mi da ragione (almeno in parte): uno dei motivi principali per cui si crede è la paura. A parte questo, non capisco quale sia il nesso con quello che dicevo nel post che citi.
Questo mi da ragione (almeno in parte): uno dei motivi principali per cui si crede è la paura. A parte questo, non capisco quale sia il nesso con quello che dicevo nel post che citi.
È per questo che distinguevo il vero cristiano (colui che ha la fede teologale [che comporta automaticamente l'amore]) e lo pseudo-credente.
Certo che hai ragione in parte. Ritornando alla nostra similitudine, è come se io dicessi "c'è gente che si sposa solo per soldi".
Sì, ho ragione; gente così effettivamente c'è, come c'è gente che invece è sinceramente cristiana.
Esattamente come hai ragione tu quando dici che qualcuno "crede" per paura
Per cui diventa sbagliato dire:
"Tutti coloro che si sposano lo fanno per i soldi" e "Tutti i cristiani credono per paura".
Io poi aggiungerei: c'è chi crede per un guadagno politico.
Non entro molto in tema riguardo alla questione politica, però da quando in Svizzera si ha messo in discussione il crocifisso nelle scuole (e fortunatamente la cosa è morta sul nascere) la Lega dei Ticinesi (pure in risposta al referendum contro i minareti) ha cominciato a fare campagnie anti-aborto, a elogiare la Chiesa e a spacciarsi per un partito fondato sulla morale cristiana.
Poi, appena si cambia tematica, partono discorsi tutt'altro che cristiani (affermazioni razziste, xenofobe, eccetera, nei confronti di asilanti e frontalieri italiani).
Anche qui, a mio parere, c'è chi crede per convenienza... e stavolta non per ispirarsi all'idea del Paradiso, ma propriamente per questioni strettamente terrene.
È per questo che distinguevo il vero cristiano (colui che ha la fede teologale [che comporta automaticamente l'amore]) e lo pseudo-credente.
Certo che hai ragione in parte. Ritornando alla nostra similitudine, è come se io dicessi "c'è gente che si sposa solo per soldi".
Sì, ho ragione; gente così effettivamente c'è, come c'è gente che invece è sinceramente cristiana.
Esattamente come hai ragione tu quando dici che qualcuno "crede" per paura
Per cui diventa sbagliato dire:
"Tutti coloro che si sposano lo fanno per i soldi" e "Tutti i cristiani credono per paura".
Io poi aggiungerei: c'è chi crede per un guadagno politico.
Non entro molto in tema riguardo alla questione politica, però da quando in Svizzera si ha messo in discussione il crocifisso nelle scuole (e fortunatamente la cosa è morta sul nascere) la Lega dei Ticinesi (pure in risposta al referendum contro i minareti) ha cominciato a fare campagnie anti-aborto, a elogiare la Chiesa e a spacciarsi per un partito fondato sulla morale cristiana.
Poi, appena si cambia tematica, partono discorsi tutt'altro che cristiani (affermazioni razziste, xenofobe, eccetera, nei confronti di asilanti e frontalieri italiani).
Anche qui, a mio parere, c'è chi crede per convenienza... e stavolta non per ispirarsi all'idea del Paradiso, ma propriamente per questioni strettamente terrene.
In realtà è esattamente quello dicevo nei post precedenti e che l'altro utente contestava aspramente: se c'è chi crede per convenienza, c'è anche chi crede in modo disinteressato. L'utente, invece, sosteneva, sempre se ho capito bene il suo discorso, che si crede (almeno nel cristianesimo) unicamente per interesse.
Il problema, a mio avviso, è che è un'interesse unilaterale, poiché non è affatto detto che vi sia una controparte interessata a mantenere delle promesse. Addirittura, non è affatto detto che vi sia una controparte. Per questo dicevo che se ci si sposa per soldi, si hanno delle certezze sulle ricchezze del partner (certezze relative, si intende, non assolute) mentre se si inizia a credere in una religione per convenienza, non ci sono certezze di alcun genere, ma anzi, è come stipulare un contratto da soli (ho fatto l'esempio in un post precedente http://forum.spaziogames.it/board/showthread.php?t=299392&p=13083243&viewfull=1#post13083243 ), cosa, questa, molto poco ragionevole.
In realtà è esattamente quello dicevo nei post precedenti e che l'altro utente contestava aspramente: se c'è chi crede per convenienza, c'è anche chi crede in modo disinteressato. L'utente, invece, sosteneva, sempre se ho capito bene il suo discorso, che si crede (almeno nel cristianesimo) unicamente per interesse.Il problema, a mio avviso, è che è un'interesse unilaterale, poiché non è affatto detto che vi sia una controparte interessata a mantenere delle promesse. Addirittura, non è affatto detto che vi sia una controparte. Per questo dicevo che se ci si sposa per soldi, si hanno delle certezze sulle ricchezze del partner (certezze relative, si intende, non assolute) mentre se si inizia a credere in una religione per convenienza, non ci sono certezze di alcun genere, ma anzi, è come stipulare un contratto da soli (ho fatto l'esempio in un post precedente http://forum.spaziogames.it/board/showthread.php?t=299392&p=13083243&viewfull=1#post13083243 ), cosa, questa, molto poco ragionevole.
Perchè se guardassimo l'aspetto della convenienza politica (ho appena visto su Tgcom che la Lega Nord vuole mettere il crocifisso alla Camera, alla fine fanno la stessa cosa della Lega dei Ticinesi) ci sono probabilità (non certezze in senso stretto, naturalmente) di avere qualche voto in più. Da parte di chi? Di altra gente che crede per convenienza.
Insomma, nasce un circolo vizioso anche un po' ripugnante, oltre che triste.
Niente di nuovo sotto il sole (come disse Qoelet), però. Di questo circolo ci accenna già il Cristo:
21Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22In quel giorno molti mi diranno: «Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?». 23Ma allora io dichiarerò loro: «Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!».
Fino a un certo punto, però.
Perchè se guardassimo l'aspetto della convenienza politica (ho appena visto su Tgcom che la Lega Nord vuole mettere il crocifisso alla Camera, alla fine fanno la stessa cosa della Lega dei Ticinesi) ci sono probabilità (non certezze in senso stretto, naturalmente) di avere qualche voto in più. Da parte di chi? Di altra gente che crede per convenienza.
Insomma, nasce un circolo vizioso anche un po' ripugnante, oltre che triste.
Niente di nuovo sotto il sole (come disse Qoelet), però. Di questo circolo ci accenna già il Cristo:
21Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22In quel giorno molti mi diranno: «Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?». 23Ma allora io dichiarerò loro: «Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!».
Ma è ovvio che non si parla di convenienza politica, bensì della convenienza che deriva dalle promesse della religione e della possibilità che queste vengano mantenute. Ed è questo a rendere la discussione interessante, poiché, alla non ragionevolezza della stipula di un contratto senza una controparte, si unisce l'irragionevolezza della stipula senza aver vagliato le opportunità disponibili. Se è irragionevole credere in una divinità qualsiasi per le promesse che si attribuiscono alla divinità in questione, è ancora più irragionevole credere nelle promesse di una divinità senza aver valutato tutte le promesse fatte dalle varie divinità passate e presenti. Per esempio, perché diventare cristiani se, per esempio, non si conoscono le promesse dell'induismo o del manituismo o delle divinità greco-romane?
Ma è ovvio che non si parla di convenienza politica, bensì della convenienza che deriva dalle promesse della religione e della possibilità che queste vengano mantenute. Ed è questo a rendere la discussione interessante, poiché, alla non ragionevolezza della stipula di un contratto senza una controparte, si unisce l'irragionevolezza della stipula senza aver vagliato le opportunità disponibili. Se è irragionevole credere in una divinità qualsiasi per le promesse che si attribuiscono alla divinità in questione, è ancora più irragionevole credere nelle promesse di una divinità senza aver valutato tutte le promesse fatte dalle varie divinità passate e presenti. Per esempio, perché diventare cristiani se, per esempio, non si conoscono le promesse dell'induismo o del manituismo o delle divinità greco-romane?
La fede non è un commercio e il fatto di cercare la promessa più conveniente nelle religioni per scegliere quale seguire è una banalizzazione, una buffonata.
Come lo sarebbe parlare di "contratto", perchè *** può tutto e ha già tutto. Noi non possiamo dargli nulla. Il fatto che rispondiamo al suo amore e il fatto che se questo amore verrà coltivato bene passeremo l'eternità con Lui, sarà solo un nostro vantaggio e un nostro bene; a ***, in tasca, non viene nulla. Era già completo e perfetto PRIMA di creare la materia.
Sarebbe come dire che un bambino se contraccambia l'amore di suo padre, gioverà anche lui.
Il giovare non è il fine ultimo, ma una conseguenza dell'amore filiale.
Le promesse fatte da Cristo nella Nuova Alleanza sono la conclusione della nostra umanità. Cioè non sono promesse in senso umano (io mi sforzo di fare XX).
Bensì un cammino che si può fare con Lui, in quanto vi è la disponibilità. Ma queste promesse sono fatte per chi sta già assaporando i frutti della fede teologale, non per chi non sa neppure di cosa stiamo parlando.
La fede non è un commercio e il fatto di cercare la promessa più conveniente nelle religioni per scegliere quale seguire è una banalizzazione, una buffonata.
Come lo sarebbe parlare di "contratto", perchè *** può tutto e ha già tutto. Noi non possiamo dargli nulla. Il fatto che rispondiamo al suo amore e il fatto che se questo amore verrà coltivato bene passeremo l'eternità con Lui, sarà solo un nostro vantaggio e un nostro bene; a ***, in tasca, non viene nulla. Era già completo e perfetto PRIMA di creare la materia.
Sarebbe come dire che un bambino se contraccambia l'amore di suo padre, gioverà anche lui.
Il giovare non è il fine ultimo, ma una conseguenza dell'amore filiale.
Le promesse fatte da Cristo nella Nuova Alleanza sono la conclusione della nostra umanità. Cioè non sono promesse in senso umano (io mi sforzo di fare XX).
Bensì un cammino che si può fare con Lui, in quanto vi è la disponibilità. Ma queste promesse sono fatte per chi sta già assaporando i frutti della fede teologale, non per chi non sa neppure di cosa stiamo parlando.
Questi sono alcuni dei motivi per cui sostenevo che credere in una divinità qualsiasi per convenienza non è ragionevole (esattamente come non è ragionevole stipulare un contratto da soli) e che anzi è una prospettiva umiliante.
L'utente con cui discutevo invece sosteneva che "un credente che non crede poichè disinteressato è un idiota o un ipocrita. Non so dove l'hai presa l'idea che la fede sia fatta di disinteresse perchè NON è così, mai lo è stato e mai lo sarà. La religione è CONVENIENZA."
Aggiungeva, per altro che "Questo è il cristianesimo. La gente crede in Gesu' perchè Gesu' ha promesso qualcosa alla gente: se gesu' non promettesse nessuno crederebbe. E' così e basta, chi ti ha detto il contrario non sa quello in cui crede o probabilmente intendeva un altra cosa. Non è un fatto che dico io, è questo il cristianesimo."
Questi sono alcuni dei motivi per cui sostenevo che credere in una divinità qualsiasi per convenienza non è ragionevole (esattamente come non è ragionevole stipulare un contratto da soli) e che anzi è una prospettiva umiliante.
Quello che credo io, è che da una parte c'è la naturalità dell'Uomo che contempla la religiosità. L'Uomo è religioso per natura, non a caso ogni civiltà antica e attuale ha sempre avuto una o più religioni all'interno dei propri confini, nessuna esclusa.
Dall'altra abbiamo il modo di pensare... diciamo... commerciale, o affarista, dell'Uomo. Stile: "Se io do A, tu mi dai B. Tu non mi dai B? Io non ti do A."
Quando queste due cose si uniscono, nasce quello che sappiamo tutti: le religioni pagane.
Cioè, le religioni basate su più dèi (o uno solo, vedi il Vitello d'Oro), dove ognuno risponde a seconda dell'offerta che si fa, come se tutte le divinità fossero dipedenti dagli uomini (e per noi sarebbe conveniente che sia così, perchè in questo modo non avremmo paura di un rifiuto dell'offerta).
Per cui è naturale che le religioni create dall'Uomo si appoggino sul commercio. In questo modo si sazia sia il proprio istinto affaristico, sia la propria religiosità.
L'utente con cui discutevo invece sosteneva che "un credente che non crede poichè disinteressato è un idiota o un ipocrita. Non so dove l'hai presa l'idea che la fede sia fatta di disinteresse perchè NON è così, mai lo è stato e mai lo sarà. La religione è CONVENIENZA."
Quest'affermazione è ambigua, a mio parere. Se interpretata in un modo, ha valore. Interpretato in un altro modo, invece, lo perde.
Allora: un credente che non crede poichè disinteressato è un idiota o un ipocrita
Idiota è esagerato, però qualcosa dell'ipocrita ci potrebbe essere; per meglio dire: bigotto (cioè colui che vive la religione solo esteriormente). Perchè in amore l'interesse dev'essere sempre vivo e ardente.
Visto in questo modo, allora la conclusione è giusta: Non so dove l'hai presa l'idea che la fede sia fatta di disinteresse perchè NON è così
La seguente affermazione:
La religione è CONVENIENZA
Se intendiamo quella cristiana, è convenienza, sì.
Ma nel senso che conviene amare la fonte dell'Amore Sommo: ***.
Conviene, perchè si vive meglio (e eternamente), l'Uomo apprezza e desidera quello che lo rende felice. Amare ***, suo Creatore e Padre, conviene quanto conviene un figlio amare il suo papà, perchè se così non fosse ci sarebbe sofferenza per entrambi (o persino odio... e vivere col peso dell'odio porterà solo frustrazione e tristezza, oltre che cecità nell'arte di assaporare la Vita).
Per cui, sotto questa luce, possiamo dire che c'è convenienza. Ma quella sincera, quella che si oppone all'autodistruzione.
All'Uomo conviene non giocare con il fuoco, altrimenti si scotta. All'Uomo conviene amare ***, altrimenti si scotta... e parla uno che di scottature se ne intende.//content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif
Aggiungeva, per altro che "Questo è il cristianesimo. La gente crede in Gesu' perchè Gesu' ha promesso qualcosa alla gente: se gesu' non promettesse nessuno crederebbe. E' così e basta, chi ti ha detto il contrario non sa quello in cui crede o probabilmente intendeva un altra cosa. Non è un fatto che dico io, è questo il cristianesimo."http://forum.spaziogames.it/board/showthread.php?t=299392&p=12430500&viewfull=1#post12430500
Io credo in Cristo perchè ha già dimostrato il suo amore nei fatti, entrando nella mia vita.
Un bambino ama sua madre per l'affetto che essa trasmette in risposta alla sua sensibile maternità.
È vero che senza le promesse di Cristo, non avrebbe neppure senso vivere. Perchè Cristo - essendo *** - è tutto. Se ci dicesse: Guardate che in verità dopo la morte terrena, voi smetterete di esistere
la cosa sarebbe altamente frustrante, perchè significherebbe che l'amore che coltiviamo per *** non sarà eterno, bensì temporale... come qualsiasi altro affetto umano che creiamo relazionandoci con il prossimo.
Quello che credo io, è che da una parte c'è la naturalità dell'Uomo che contempla la religiosità. L'Uomo è religioso per natura, non a caso ogni civiltà antica e attuale ha sempre avuto una o più religioni all'interno dei propri confini, nessuna esclusa.
Dall'altra abbiamo il modo di pensare... diciamo... commerciale, o affarista, dell'Uomo. Stile: "Se io do A, tu mi dai B. Tu non mi dai B? Io non ti do A."
Quando queste due cose si uniscono, nasce quello che sappiamo tutti: le religioni pagane.
Cioè, le religioni basate su più dèi (o uno solo, vedi il Vitello d'Oro), dove ognuno risponde a seconda dell'offerta che si fa, come se tutte le divinità fossero dipedenti dagli uomini (e per noi sarebbe conveniente che sia così, perchè in questo modo non avremmo paura di un rifiuto dell'offerta).
Per cui è naturale che le religioni create dall'Uomo si appoggino sul commercio. In questo modo si sazia sia il proprio istinto affaristico, sia la propria religiosità.
Non penso che l'uomo sia naturalmente religioso ma che voglia risposte facili e che non riesca a farsi una ragione del caso. Questo è il compito delle religioni: fornire spiegazioni del perché le cose accadano. Così diventa molto facile pensare che, se c'è qualcosa di superiore che governa tutto, allora è possibile entrare nelle sue grazie in qualche modo al fine di far andare le cose come vogliamo. Questa analisi, seppure in modo banale, descrive più o meno tutte le religioni. Da quelle primordiali al cattolicesimo.
Quest'affermazione è ambigua, a mio parere. Se interpretata in un modo, ha valore. Interpretato in un altro modo, invece, lo perde.
Allora: un credente che non crede poichè disinteressato è un idiota o un ipocrita
Idiota è esagerato, però qualcosa dell'ipocrita ci potrebbe essere; per meglio dire: bigotto (cioè colui che vive la religione solo esteriormente). Perchè in amore l'interesse dev'essere sempre vivo e ardente.
Visto in questo modo, allora la conclusione è giusta: Non so dove l'hai presa l'idea che la fede sia fatta di disinteresse perchè NON è così
La seguente affermazione:
La religione è CONVENIENZA
Se intendiamo quella cristiana, è convenienza, sì.
Ma nel senso che conviene amare la fonte dell'Amore Sommo: ***.
Conviene, perchè si vive meglio (e eternamente), l'Uomo apprezza e desidera quello che lo rende felice. Amare ***, suo Creatore e Padre, conviene quanto conviene un figlio amare il suo papà, perchè se così non fosse ci sarebbe sofferenza per entrambi (o persino odio... e vivere col peso dell'odio porterà solo frustrazione e tristezza, oltre che cecità nell'arte di assaporare la Vita).
Per cui, sotto questa luce, possiamo dire che c'è convenienza. Ma quella sincera, quella che si oppone all'autodistruzione.
All'Uomo conviene non giocare con il fuoco, altrimenti si scotta. All'Uomo conviene amare ***, altrimenti si scotta... e parla uno che di scottature se ne intende.//content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif
A me non pare per niente ambigua: c'è scritto che se si crede in modo disinteressato si è idioti o ipocriti. Questo mi pare fuori di dubbio. Come mi pare fuori di dubbio che la frase "La religione è CONVENIENZA" significhi che si crede nel *** (cattolico, penso di intuire, ma il discorso dovrebbe poter essere esteso a tutte le religioni) solo per le promesse che fa. Per carità: non voglio né posso fornire una interpretazione autentica, ma l'italiano è quello.
Io credo in Cristo perchè ha già dimostrato il suo amore nei fatti, entrando nella mia vita.
Un bambino ama sua madre per l'affetto che essa trasmette in risposta alla sua sensibile maternità.
È vero che senza le promesse di Cristo, non avrebbe neppure senso vivere. Perchè Cristo - essendo *** - è tutto. Se ci dicesse: Guardate che in verità dopo la morte terrena, voi smetterete di esistere
la cosa sarebbe altamente frustrante, perchè significherebbe che l'amore che coltiviamo per *** non sarà eterno, bensì temporale... come qualsiasi altro affetto umano che creiamo relazionandoci con il prossimo.
Anche in questo caso l'interpretazione mi pare molto forzata. Credo che che la relazione credenza-promessa presentata sia esattamente quella di un'obbligazione unilaterale come la descrivevo nei post precedenti.
Non penso che l'uomo sia naturalmente religioso ma che voglia risposte facili e che non riesca a farsi una ragione del caso. Questo è il compito delle religioni: fornire spiegazioni del perché le cose accadano. Così diventa molto facile pensare che, se c'è qualcosa di superiore che governa tutto, allora è possibile entrare nelle sue grazie in qualche modo al fine di far andare le cose come vogliamo. Questa analisi, seppure in modo banale, descrive più o meno tutte le religioni. Da quelle primordiali al cattolicesimo.
Si vede che non hai mai studiato il taoismo, ad esempio. Alla faccia delle risposte facili.//content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif
Ma pure la teologia cristiana è tuttaltro che "una risposta facile".
La forma più facile sarebbe dire: "Noi siamo qua per caso", e chi pensa in questo modo si spinge a soddisfare il proprio istinto religioso in altro modo, mettendo sul piedistallo il proprio Io.
Ci sono scienziati cristiani che non avrebbero il bisogno di essere cristiani per soddisfare le loro domande, se esse fossero solo limitate alla materia (che intellettualmente potrebbe anche bastare).
A me non pare per niente ambigua: c'è scritto che se si crede in modo disinteressato si è idioti o ipocriti. Questo mi pare fuori di dubbio. Come mi pare fuori di dubbio che la frase "La religione è CONVENIENZA" significhi che si crede nel *** (cattolico, penso di intuire, ma il discorso dovrebbe poter essere esteso a tutte le religioni) solo per le promesse che fa. Per carità: non voglio né posso fornire una interpretazione autentica, ma l'italiano è quello.
Quello che significhi la frase in questione, lo sa soltanto l'autore.
Io non sono l'autore, mi ispiro alla verità cristiana e l'ho riportata in base non alle mie conclusioni, ma a quelle della Teologia, dando un significato di conseguenza teologica alle frasi scritte dell'utente.
Poi cosa intendesse lui nel senso intrinseco delle sue affermazioni, io non le posso sapere.
So solo che esistono tanti gerghi in ogni lingua, non posso sapere nè io nè te se ce nè uno in particolare che possa cambiare il significato di questo post (c'è il senso che ho interpretato io e quello che hai interpretato tu).
Nel dubbio mi astengo a basare una discussione sulle parole di una terza persona che non partecipa neppure alla disputa.
Anche in questo caso l'interpretazione mi pare molto forzata. Credo che che la relazione credenza-promessa presentata sia esattamente quella di un'obbligazione unilaterale come la descrivevo nei post precedenti.
Detto in modo veramente spiccio, alla fine *** non ci chiede alcun vero impegno.
L'amore ce l'abbiamo per naturalità, amare *** è una scelta che non corrisponde propriamente a una questione contrattuale (tu per baciare una ragazza non hai bisogno di un contratto firmato, nè di avvocati... se l'ami, l'ami).
Alla fine la fede si basa sull'affidarsi pienamente a Lui.
Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
Mt 6,24-34
Amare ***, oltretutto, è più che amare un figlio. Io sento spesso madri che dicono: "Ho dato tutta la mia vita a mio figlio, e ora che è grande... guarda come mi tratta!"
Affermazioni del genere, seppure espresse per sofferenza, dimostrano che in verità neppure una madre è capace di amare il proprio figlio incondizionatamente e in modo gratuito; si aspetta sempre qualcosa in cambio, al punto da auto-accusarsi nel caso in cui il proprio pupillo cada nell'alcool o nella droga, oppure - ancora peggio - quando si suicida ("Forse dovevo amarlo di più!").
Se l'amore che rivolgiamo ai nostri cari, a persone che vediamo, è difettoso e non totale, perchè sorprenderci se vediamo che pure quello che rivolgiamo a *** non lo è?
Si vede che non hai mai studiato il taoismo, ad esempio. Alla faccia delle risposte facili.//content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif
Ma pure la teologia cristiana è tuttaltro che "una risposta facile".
La forma più facile sarebbe dire: "Noi siamo qua per caso", e chi pensa in questo modo si spinge a soddisfare il proprio istinto religioso in altro modo, mettendo sul piedistallo il proprio Io.
Ci sono scienziati cristiani che non avrebbero il bisogno di essere cristiani per soddisfare le loro domande, se esse fossero solo limitate alla materia (che intellettualmente potrebbe anche bastare).
Per quanto complesso sia un sistema teologico, è sempre una risposta più facile rispetto a "Esistiamo per sbaglio e dopo la morte non c'è niente: potete solo farvene una ragione". O ancora, alla domanda "Perché accadono cose brutte?" è molto facile rispondere "Questo è il volere di *** e come tale è imperscrutabile e incomprensibile per le nostre menti". Più difficile è dire "Accadono e non puoi farci niente". La religione, qualsiasi religione, fornisce una risposta facile a qualsiasi domanda cui non si riesca a dare una risposta. E per facile non voglio dire che sia di facile fruizione, ma, che, non sapendo cosa rispondere, "gioca il Jolly": "Perché esistiamo?" "***"; "Perché moriamo?" "***"; "Perché accadono cose brutte a persone buone?" "***". Questo sì, è facile. Difficile è dire "Non puoi farci niente". D'altra parte, accettare il fatto che non esistano divinità e prendere le religioni per quello che sono, ossia superstizioni, non significa mettere al centro il proprio "Io". Né questa sarebbe una cosa necessariamente negativa. Significherebbe, anzi, rendersi conto delle responsabilità che gravano sulle spalle degli esseri umani.
Quello che significhi la frase in questione, lo sa soltanto l'autore.
Io non sono l'autore, mi ispiro alla verità cristiana e l'ho riportata in base non alle mie conclusioni, ma a quelle della Teologia, dando un significato di conseguenza teologica alle frasi scritte dell'utente.
Poi cosa intendesse lui nel senso intrinseco delle sue affermazioni, io non le posso sapere.
So solo che esistono tanti gerghi in ogni lingua, non posso sapere nè io nè te se ce nè uno in particolare che possa cambiare il significato di questo post (c'è il senso che ho interpretato io e quello che hai interpretato tu).
Nel dubbio mi astengo a basare una discussione sulle parole di una terza persona che non partecipa neppure alla disputa.
Per carità, l'ho detto e lo ripeto: non voglio né posso fornire una interpretazione autentica.
Detto in modo veramente spiccio, alla fine *** non ci chiede alcun vero impegno.
L'amore ce l'abbiamo per naturalità, amare *** è una scelta che non corrisponde propriamente a una questione contrattuale (tu per baciare una ragazza non hai bisogno di un contratto firmato, nè di avvocati... se l'ami, l'ami).
Alla fine la fede si basa sull'affidarsi pienamente a Lui.
Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
Mt 6,24-34
Amare ***, oltretutto, è più che amare un figlio. Io sento spesso madri che dicono: "Ho dato tutta la mia vita a mio figlio, e ora che è grande... guarda come mi tratta!"
Affermazioni del genere, seppure espresse per sofferenza, dimostrano che in verità neppure una madre è capace di amare il proprio figlio incondizionatamente e in modo gratuito; si aspetta sempre qualcosa in cambio, al punto da auto-accusarsi nel caso in cui il proprio pupillo cada nell'alcool o nella droga, oppure - ancora peggio - quando si suicida ("Forse dovevo amarlo di più!").
Se l'amore che rivolgiamo ai nostri cari, a persone che vediamo, è difettoso e non totale, perchè sorprenderci se vediamo che pure quello che rivolgiamo a *** non lo è?
A mio avvisi ti contraddici. Da una parte dici che "*** non ci chiede alcun vero impegno" ma poi spieghi che "la fede si basa sull'affidarsi pienamente a Lui". E' proprio quello l'impegno: prendere per vere cose irrazionali e irragionevoli e comportarsi secondo le relative prescrizioni senza alcun vero motivo. Tutto ciò richiede un atto di fede: *** esiste perché sì. Tale atto è insormontabile, ed è proprio su questo che si basa la "stipula dell'obbligazione": *** esiste perché sì quindi con lui posso fare patti. Nella realtà, si crede che un *** esista e che nutra amore per i suoi figli, ma nessuna di queste due cose è necessariamente vera. Anzi, non esiste un'unica prova a favore tanto che credere in una divinità inventata o in qualche superstizione, attualmente, è la stessa cosa. Solo l'atto di fede e tutto l'impegno che esso richiede conferisce una qualche credibilità alla credenza stessa.
Per quanto complesso sia un sistema teologico, è sempre una risposta più facile rispetto a "Esistiamo per sbaglio e dopo la morte non c'è niente: potete solo farvene una ragione". O ancora, alla domanda "Perché accadono cose brutte?" è molto facile rispondere "Questo è il volere di *** e come tale è imperscrutabile e incomprensibile per le nostre menti". Più difficile è dire "Accadono e non puoi farci niente". La religione, qualsiasi religione, fornisce una risposta facile a qualsiasi domanda cui non si riesca a dare una risposta. E per facile non voglio dire che sia di facile fruizione, ma, che, non sapendo cosa rispondere, "gioca il Jolly": "Perché esistiamo?" "***"; "Perché moriamo?" "***"; "Perché accadono cose brutte a persone buone?" "***". Questo sì, è facile. Difficile è dire "Non puoi farci niente". D'altra parte, accettare il fatto che non esistano divinità e prendere le religioni per quello che sono, ossia superstizioni, non significa mettere al centro il proprio "Io". Né questa sarebbe una cosa necessariamente negativa. Significherebbe, anzi, rendersi conto delle responsabilità che gravano sulle spalle degli esseri umani.
È come se io dicessi: tra me e te (premettendo che fossimo fisicamente l'uno di fronte all'altro) non c'è nulla, il vuoto assoluto. Punto.
Questa - a mio parere - è una risposta facile e comoda.
Fortunatamente la mente dell'uomo punta alla ragione, per cui obietta una deduzione del genere dicendo: "E se invece ci fosse qualcosa che non vediamo? Dal resto anche il vento non lo vedo ma lo percepisco..."
Indaga, indaga... passano i secoli e si viene a scoprire che tra me e te non c'è il vuoto, al contrario.
Tra azoto, ossigeno, argon, elio, metano e chi più ne ha, più ne metta, possiamo dedurre che l'Uomo è pure esploratore e ricercatore. Tutto questo in un unico pacchetto: l'intelletto.
Alla fine, circa le cose di ***, abbiamo la stessa situazione ma con sostanze diverse. Invece di gas, quello che ci distanzia potrebbe essere qualcosa di spirituale spiegabile persino con la ragione (vedi Platone, Socrate e i vari filosofi cristiani).
Inoltre tu metti tutto su un piano errato, a mio modo di vedere, perchè sembrerebbe che le varie civiltà abbiano creato rispettivamente le loro divinità con lo scopo di fare un quiz.
È vero che una volta scienza e religione erano un tutt'uno, ma è altresì vero che tantissime civiltà antiche non avevano una religione allo scopo di risolvere enigmi esistenziali.
I vichinghi, ad esempio, non gliene fregava assolutamente nulla sul motivo per cui si soffre o sul perchè si vive (con pseudo-poesie si limitarono a creare la loro escatologia personale, nulla di più). Loro attribuivano ai loro dèi l'esistenza della società vichinga, ovviamente (e fin qui pare persino ovvio, pure per loro era evidente che non potevano essere l'origine di un caso), ma non prendevano minimamente in considerazione Odino per questioni di questo tipo; al contrario però sapevano che non tutto dura per sempre (infatti la mitologia norrena parla di un Apocalisse... cioè Ragnarok).
Fingiamo un attimo (cioè: tu fingi, io non ne ho bisogno) che *** esista.
È normale che Egli, essendo l'Assoluto, l'unico che veramente È, è pure l'autore di tutto ciò che esiste.
Alle tue domande come risponderesti? È ovvio che parleresti di questioni teologiche e daresti motivazioni che siano strettamente correlate a ***.
Al che qualcuno potrebbe venire qua e dirti: "usi sempre gli stessi argomenti, significa che *** in verità è un comodo jolly".
Ma se *** è l'Alfa e l'Omega, ovvero il Principio e la Fine del Tutto, di chi dovremmo parlare? Chi dovremmo tirare in ballo?
La ragione umana ha spinto la persona a meditare su ciò che lo concerne.
Ad esempio, tu ragioni così:
Perchè respiriamo? "C'è l'ossigeno che permette il funzionamento dei nostri organi vitali"
Perchè l'acqua è così importante per noi? "Perchè, tra le tante cose, permette la respirazione cellulare grazie all'ossigeno"
Cos'è che permette agli animali di vivere? "L'ossigeno"
E agli uomini? "L'ossigeno"
Conclusione: l'ossigeno non esiste, è solo un jolly perchè non sai rispondere.
Certo, oggi esistono apparecchi scientifici che permettono di rilevare l'ossigeno, ma prima del 1774 nessuno c'avrebbe creduto (nel 1771 c'è chi aveva ipotizzato l'esistenza, ma lo smentirono perchè non c'erano prove).
A mio avvisi ti contraddici. Da una parte dici che "*** non ci chiede alcun vero impegno" ma poi spieghi che "la fede si basa sull'affidarsi pienamente a Lui". E' proprio quello l'impegno: prendere per vere cose irrazionali e irragionevoli e comportarsi secondo le relative prescrizioni senza alcun vero motivo. Tutto ciò richiede un atto di fede: *** esiste perché sì. Tale atto è insormontabile, ed è proprio su questo che si basa la "stipula dell'obbligazione": *** esiste perché sì quindi con lui posso fare patti. Nella realtà, si crede che un *** esista e che nutra amore per i suoi figli, ma nessuna di queste due cose è necessariamente vera. Anzi, non esiste un'unica prova a favore tanto che credere in una divinità inventata o in qualche superstizione, attualmente, è la stessa cosa. Solo l'atto di fede e tutto l'impegno che esso richiede conferisce una qualche credibilità alla credenza stessa.
Perchè un bambino lo fa già di suo, istintivamente.
Un bambino di 4 anni è disposto a girare per gli scaffali di un supermercato da SOLO, se sa che da qualche parte c'è il suo genitore.
Ma appena gli viene il dubbio che il genitore sia andato via senza di lui: panico. Piange, si dispera, corre da tutte le parti per cercarlo.
Noi abbiamo un solo difetto: non siamo più bambini. È per questo che Cristo ci ha riportati con i piedi per terra dicendo:
"In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me"
Cristo non disse: fingetevi bambini, ma diventate come i bambini. Ovvero semplici, con spirito filiale.
La cosa più impegnativa che ci chiede, alla fin dei conti, per ereditare la cosa più preziosa in assoluto (l'eternità con ***) è lasciare tutto nelle mani del Padre.
In parole povere: di fare il "non-fare". Quindi non fare niente (non in senso assoluto, ovviamente), che impegno è non fare niente?
Per noi, che ormai abbiamo un cuore duro e siamo incapaci di essere semplici, effettivamente suona come qualcosa di faticoso, in verità quello che ci viene chiesto è la cosa più semplice del mondo.
Pensi che ci voglia chissà quale impegno per avere una condotta simile? No.
Chiaro, un bambino è infantile. Noi no (si spera... io ogni tanto lo sono ancora e tra un mese quando arriverà mio nipote lo sarò ancora di più//content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif).
Gesù non chiede di essere infantili, ma di diventare piccoli, con cuore umile.
Per cui di fatto non c'è alcun impegno che si possa definire tale. Definire "impegno" amare sarebbe un paradosso così grande da mettere in dubbio il sentimento stesso che si dice di provare.
Infatti io prego, ma non lo faccio come impegno (bensì come piacere che porta una bella conseguenza: il rinforzo della fede).
Ma non è che di mattina mi alzo e dico: "Okay, adesso leggo sei capitoli della Bibbia così anche oggi ho la fede necessaria per essere cristiano".
No, se leggo la Bibbia di mattina (che sarebbe troppo anche per me) e lo faccio per puro piacere, è un conto. Se lo faccio perchè altrimenti dentro di me sono totalmente vuoto, significa che la fede in verità non ce l'ho nemmeno.
Fortuna che posso sempre chiederla, ma non facendo salti mortali. Sempre con la preghiera.
Un bambino quando si arrabbia con il suo papà, fa il broncio. Ma appena sente di aver bisogno di lui e del suo affetto, è il primo che lo va a cercare.
L'atto di cercare il proprio papà non è un impegno, bensì un desiderio. Quello di volersi sentire amati.
È come se io dicessi: tra me e te (premettendo che fossimo fisicamente l'uno di fronte all'altro) non c'è nulla, il vuoto assoluto. Punto.
Questa - a mio parere - è una risposta facile e comoda.
Fortunatamente la mente dell'uomo punta alla ragione, per cui obietta una deduzione del genere dicendo: "E se invece ci fosse qualcosa che non vediamo? Dal resto anche il vento non lo vedo ma lo percepisco..."
Indaga, indaga... passano i secoli e si viene a scoprire che tra me e te non c'è il vuoto, al contrario.
Tra azoto, ossigeno, argon, elio, metano e chi più ne ha, più ne metta, possiamo dedurre che l'Uomo è pure esploratore e ricercatore. Tutto questo in un unico pacchetto: l'intelletto.
Alla fine, circa le cose di ***, abbiamo la stessa situazione ma con sostanze diverse. Invece di gas, quello che ci distanzia potrebbe essere qualcosa di spirituale spiegabile persino con la ragione (vedi Platone, Socrate e i vari filosofi cristiani).
Inoltre tu metti tutto su un piano errato, a mio modo di vedere, perchè sembrerebbe che le varie civiltà abbiano creato rispettivamente le loro divinità con lo scopo di fare un quiz.
È vero che una volta scienza e religione erano un tutt'uno, ma è altresì vero che tantissime civiltà antiche non avevano una religione allo scopo di risolvere enigmi esistenziali.
I vichinghi, ad esempio, non gliene fregava assolutamente nulla sul motivo per cui si soffre o sul perchè si vive (con pseudo-poesie si limitarono a creare la loro escatologia personale, nulla di più). Loro attribuivano ai loro dèi l'esistenza della società vichinga, ovviamente (e fin qui pare persino ovvio, pure per loro era evidente che non potevano essere l'origine di un caso), ma non prendevano minimamente in considerazione Odino per questioni di questo tipo; al contrario però sapevano che non tutto dura per sempre (infatti la mitologia norrena parla di un Apocalisse... cioè Ragnarok).
Fingiamo un attimo (cioè: tu fingi, io non ne ho bisogno) che *** esista.
È normale che Egli, essendo l'Assoluto, l'unico che veramente È, è pure l'autore di tutto ciò che esiste.
Alle tue domande come risponderesti? È ovvio che parleresti di questioni teologiche e daresti motivazioni che siano strettamente correlate a ***.
Al che qualcuno potrebbe venire qua e dirti: "usi sempre gli stessi argomenti, significa che *** in verità è un comodo jolly".
Ma se *** è l'Alfa e l'Omega, ovvero il Principio e la Fine del Tutto, di chi dovremmo parlare? Chi dovremmo tirare in ballo?
La ragione umana ha spinto la persona a meditare su ciò che lo concerne.
Ad esempio, tu ragioni così:
Perchè respiriamo? "C'è l'ossigeno che permette il funzionamento dei nostri organi vitali"
Perchè l'acqua è così importante per noi? "Perchè, tra le tante cose, permette la respirazione cellulare grazie all'ossigeno"
Cos'è che permette agli animali di vivere? "L'ossigeno"
E agli uomini? "L'ossigeno"
Conclusione: l'ossigeno non esiste, è solo un jolly perchè non sai rispondere.
Certo, oggi esistono apparecchi scientifici che permettono di rilevare l'ossigeno, ma prima del 1774 nessuno c'avrebbe creduto (nel 1771 c'è chi aveva ipotizzato l'esistenza, ma lo smentirono perchè non c'erano prove).
Personalmente, credo che sia tu a ragionare in modo errato. Non ho detto che le divinità sono state create per un quiz, ma per darsi delle risposte alle domande fondamentali che l'uomo si pone. Rispondere a domande come "Chi siamo?" o "Perché esistiamo" (più tutte le altre di cui ho detto e che non sto a ripetere) non è facile per nessuno in nessuna epoca storica. Il non saper rispondere unito alla voglia di risposte ha portato a creare le varie divinità. Le varie civiltà, poi, hanno sensibilità e storie differenti e questo, spiega le differenze fra le varie divinità.
Inoltre perdonami, ma il paragone intelletto religione è quanto meno forzato. Anzi, dirfei campato in aria. Caso mai, con l'intelletto l'uomo mette in dubbio le risposte facili che vengono fornite dalla religione. E' con la ragione che vanno contrastate tutte le superstizioni irrazionali e irragionevoli, ma, d'altra parte, comprendo che la voglia di risposte possa prendere il sopravvento. Tu stesso non riesci ad accettare il fatto che esistiamo per sbaglio, che siamo soli e che quindi abbiamo grandissime responsabilità così preferisci parlare di divinità, e addirittura parli del "mettere al centro l'Io" come una cosa da temere massimamente. Inoltre, attribuisci delle qualità alla tua divinità (assolutezza, unicità, alfa e omega). Tuttavia sai bene che queste sono supposizioni che trasformi in certezza tramite l'atto di fede.
Solo con questo puoi rendere certe cose che non lo sono.
Infine, il paragone con l'ossigeno è pessimo poiché, tornando a Popper, dimostra bene cosa sia scientifico e cosa no. Solo che tu sottointendi l'idea che "come hanno dimostrato l'esistenza dell'ossigeno prima o poi potrebbero dimostrare l'esistenza di ***". Idea pessima poiché confonde ciò che è scientifico e ciò che non lo è. D'altra parte, pur ammettendola, dovresti porti lo stesso quesito circa tutte le superstizioni possibili e immaginabili (E se prima o poi dimostrassero che i gatti neri portano sfortuna? E se prima o poi dimostrassero che esiste una teiera rosa invisibile e immateriale che volteggia sopra le nostre teste? E se dimostrassero la fondatezza della religione greco-romana?) ma, non lo fai poiché queste superstizioni non sono promosse al rango di certezza perché non è interventuo nei loro confronti un atto di fede.
E' questa la chiave di volta: con un atto di fede, qualsiasi cosa ci passi per la testa diventa possibile. Ma questo non significa che l'atto di fede sia ragionevole o razionale.
Vai da un bambino e digli: "Guarda che devi impegnarti forte per affidarti a tuo papà".
Perchè un bambino lo fa già di suo, istintivamente.
Un bambino di 4 anni è disposto a girare per gli scaffali di un supermercato da SOLO, se sa che da qualche parte c'è il suo genitore.
Ma appena gli viene il dubbio che il genitore sia andato via senza di lui: panico. Piange, si dispera, corre da tutte le parti per cercarlo.
Noi abbiamo un solo difetto: non siamo più bambini. È per questo che Cristo ci ha riportati con i piedi per terra dicendo:
"In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me"
Cristo non disse: fingetevi bambini, ma diventate come i bambini. Ovvero semplici, con spirito filiale.
La cosa più impegnativa che ci chiede, alla fin dei conti, per ereditare la cosa più preziosa in assoluto (l'eternità con ***) è lasciare tutto nelle mani del Padre.
In parole povere: di fare il "non-fare". Quindi non fare niente (non in senso assoluto, ovviamente), che impegno è non fare niente?
Per noi, che ormai abbiamo un cuore duro e siamo incapaci di essere semplici, effettivamente suona come qualcosa di faticoso, in verità quello che ci viene chiesto è la cosa più semplice del mondo.
Pensi che ci voglia chissà quale impegno per avere una condotta simile? No.
Chiaro, un bambino è infantile. Noi no (si spera... io ogni tanto lo sono ancora e tra un mese quando arriverà mio nipote lo sarò ancora di più//content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif).
Gesù non chiede di essere infantili, ma di diventare piccoli, con cuore umile.
Per cui di fatto non c'è alcun impegno che si possa definire tale. Definire "impegno" amare sarebbe un paradosso così grande da mettere in dubbio il sentimento stesso che si dice di provare.
Infatti io prego, ma non lo faccio come impegno (bensì come piacere che porta una bella conseguenza: il rinforzo della fede).
Ma non è che di mattina mi alzo e dico: "Okay, adesso leggo sei capitoli della Bibbia così anche oggi ho la fede necessaria per essere cristiano".
No, se leggo la Bibbia di mattina (che sarebbe troppo anche per me) e lo faccio per puro piacere, è un conto. Se lo faccio perchè altrimenti dentro di me sono totalmente vuoto, significa che la fede in verità non ce l'ho nemmeno.
Fortuna che posso sempre chiederla, ma non facendo salti mortali. Sempre con la preghiera.
Un bambino quando si arrabbia con il suo papà, fa il broncio. Ma appena sente di aver bisogno di lui e del suo affetto, è il primo che lo va a cercare.
L'atto di cercare il proprio papà non è un impegno, bensì un desiderio. Quello di volersi sentire amati.
Ti rendi conto da solo della differenza tra una divinità e un papà. In effetti, tuttavia, il paragone papà-*** è molto usato ma, per me, è incrinato nelle fondamenta perché si basa su 2 supposizioni: quella che *** esista e quella che *** sia come un papà. Supposizioni, queste, che derivano dall'atto di fede di cui sopra, ma sulla cui fondatezza non si ha alcuna certezza.
Se il bambino non deve impegnarsi a credere nel proprio genitore (anche questo in realtà è opinabile, ma facciamo finta che non lo sia) il credere in una divinitò richiede l'impegno dell'atto di fede. L'impegno, insomma, prima che amare, è credere nella propria divinità.
Nulla è certo, tranne l'esistenza dell'individuo nel momento in cui pensa, l'esistenza del mondo è già un salto assiomatico/dogmatico/di fede o come vuoi chiamarlo.
Se vogliamo basare la nostra vita sulle certezze, tanto vale che ci ammazziamo tutti.
Nulla è certo, tranne l'esistenza dell'individuo nel momento in cui pensa, l'esistenza del mondo è già un salto assiomatico/dogmatico/di fede o come vuoi chiamarlo. Se vogliamo basare la nostra vita sulle certezze, tanto vale che ci ammazziamo tutti.
Non lo giustifica, il dato di fatto è che credere che esista la realtà e credere che esista *** sono due salti irrazionali della stessa natura, l'unica differenza è che se rifiuti il primo non vivi, quindi nessuno lo mette mai realmente in dubbio.
Perché accettare solo ciò che è razionale quando sappiamo che se non ci si fida di nulla non si sa nulla?
Non penso che qualcuno qui voglia dimostrare che *** esiste con prove oggettive o scientifiche, la metafisica NON è una scienza ed un tentativo del genere porta solo a speculazioni dettate da chi parla e non dalla realtà in sé.
Già è presuntuoso pensare di sapere com'è fatto ***, pur essendo cristiano sono convinto che nessuno di noi possa realmente rendersene conto, perché se *** è ***, allora è fuori dalla nostra portata, anche quando riusciamo a cogliere qualcosa non è che una parte infinitesimale della Verità.
Personalmente, credo che sia tu a ragionare in modo errato. Non ho detto che le divinità sono state create per un quiz, ma per darsi delle risposte alle domande fondamentali che l'uomo si pone. Rispondere a domande come "Chi siamo?" o "Perché esistiamo" (più tutte le altre di cui ho detto e che non sto a ripetere) non è facile per nessuno in nessuna epoca storica. Il non saper rispondere unito alla voglia di risposte ha portato a creare le varie divinità. Le varie civiltà, poi, hanno sensibilità e storie differenti e questo, spiega le differenze fra le varie divinità. Inoltre perdonami, ma il paragone intelletto religione è quanto meno forzato. Anzi, dirfei campato in aria. Caso mai, con l'intelletto l'uomo mette in dubbio le risposte facili che vengono fornite dalla religione. E' con la ragione che vanno contrastate tutte le superstizioni irrazionali e irragionevoli, ma, d'altra parte, comprendo che la voglia di risposte possa prendere il sopravvento. Tu stesso non riesci ad accettare il fatto che esistiamo per sbaglio, che siamo soli e che quindi abbiamo grandissime responsabilità così preferisci parlare di divinità, e addirittura parli del "mettere al centro l'Io" come una cosa da temere massimamente. Inoltre, attribuisci delle qualità alla tua divinità (assolutezza, unicità, alfa e omega). Tuttavia sai bene che queste sono supposizioni che trasformi in certezza tramite l'atto di fede.
Solo con questo puoi rendere certe cose che non lo sono.
Infine, il paragone con l'ossigeno è pessimo poiché, tornando a Popper, dimostra bene cosa sia scientifico e cosa no. Solo che tu sottointendi l'idea che "come hanno dimostrato l'esistenza dell'ossigeno prima o poi potrebbero dimostrare l'esistenza di ***". Idea pessima poiché confonde ciò che è scientifico e ciò che non lo è. D'altra parte, pur ammettendola, dovresti porti lo stesso quesito circa tutte le superstizioni possibili e immaginabili (E se prima o poi dimostrassero che i gatti neri portano sfortuna? E se prima o poi dimostrassero che esiste una teiera rosa invisibile e immateriale che volteggia sopra le nostre teste? E se dimostrassero la fondatezza della religione greco-romana?) ma, non lo fai poiché queste superstizioni non sono promosse al rango di certezza perché non è interventuo nei loro confronti un atto di fede.
E' questa la chiave di volta: con un atto di fede, qualsiasi cosa ci passi per la testa diventa possibile. Ma questo non significa che l'atto di fede sia ragionevole o razionale.
Non ho detto che le divinità sono state create per un quiz, ma per darsi delle risposte alle domande fondamentali che l'uomo si pone
Ma un quiz è porre domande e ricevere risposte. //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif
Comunque, la storia d'Israele concerne un *** che è stato tradito centinaia di volte in pochi secoli dal suo stesso popolo.
Israele non ci fa certo un figurone a riportare cronache del genere dove fa la figura del fesso (Come? Siete il popolo prescelto di *** e non avete fatto altro che prenderlo in giro?).
Tu stesso non riesci ad accettare il fatto che esistiamo per sbaglio, che siamo soli e che quindi abbiamo grandissime responsabilità così preferisci parlare di divinità, e addirittura parli del "mettere al centro l'Io" come una cosa da temere massimamente. Inoltre, attribuisci delle qualità alla tua divinità (assolutezza, unicità, alfa e omega). Tuttavia sai bene che queste sono supposizioni che trasformi in certezza tramite l'atto di fede
Non è che non riesca ad accettare, semplicemente non accetto dal momento che so che *** esiste.
Il fatto che una persona atea metta al centro sè stesso è un passo obbligatorio ed è un fatto indiscutibile, qui siamo già nel campo della scienza.
Ma non è una prerogativa dell'ateo/agnostico, bensì pure del Cristiano quando questi s'allontana da ***.
Il primo a confermare quello che sto dicendo è stato Sigismund Freud, fondatore della psicoanalisi. Prova a leggere l'"Introduzione al narcisismo".
Tra i tanti argomenti toccati, tratta propriamente sul desiderio di onnipotenza dei propri pensieri.
Riguardo alle "qualità" di ***, veramente abbiamo una serie di filosofi greci che si accontentavano della pura ragione per arrivare a queste conclusioni. Parmenide in primis, con il suo concetto dell'Essere Assoluto (migliorato poi da Platone).
Un esempio:
L’uomo è un essere capace di riflessione. Con essa prende coscienza della propria contingenza.
Per contingenza s’intende che esiste, ma potrebbe anche non esistere. E questo è un dato ovvio (se l'uomo non esistesse, il mondo continuerebbe a ruotare su sè stessa e attorno il sole, insomma).
Ma se esistiamo, sapendo che potremmo anche non esistere, significa che non possediamo in noi stessi la sorgente dell’essere (la ragion d’essere), altrimenti ci saremmo dati l’esistenza da sempre e ce la conserveremmo per sempre.
Se dunque esistiamo, pur non avendo in noi stessi la ragion d’essere, significa che la sorgente del nostro esistere sta in un altro, che è diverso da noi, in un essere cioè non contingente, ma che possiede in se stesso la sorgente dell’essere, esiste da sempre e per sempre. E questo essere noi lo chiamiamo ***.
Se questo essere non esistesse, dovremmo giungere ad una conclusione assurda: esistono tante realtà che sono state messe ad esistere dal nulla. Hanno ricevuto e ricevono l’esistenza dal nulla.
L'esistenza di *** si basa anche sul fatto che esiste tutto ciò che ci circonda, anche le cose non composte dalla materia (il nostro pensiero).
Basta che ci sia qualche cosa: materiale o spirituale, oggetti o persone; basta un semplice atomo o un semplice pensiero, anche se non so precisare nulla a suo riguardo.
Se c’è un qualche cosa, (in latino quid) c’è ***.
Ebbene, questo quid o è necessario o è contingente.
È necessario l’essere che è e non potrebbe non esistere.
È contingente l’essere che è, ma che potrebbe non essere (l'abbiamo detto prima).
Per cui, se questo quid esistente è necessario, è senz’altro ***.
Ma se è contingente, rimanda a un altro, il Necessario. Il contingente infatti, proprio perché tale, proprio perché può non essere, non ha in sé la ragione del suo esistere. Non è lui il fondamento ultimo di se stesso. Perché se lui stesso fosse la ragione di sé, è chiaro che non potrebbe non essere: esisterebbe sempre in forza di se stesso.
Ma se esiste, senza essere lui stesso la ragione ultima di se stesso, occorre che questa ragione sia un altro: altro dal contingente è appunto il "non contingente", il Necessario.
Necessario puoi benissimo chiamarlo anche Assoluto. Esistendo sempre in forza a se stesso fa di Lui l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine (per noi, s'intende: perchè l'Assoluto/*** non ha nè principio nè fine per se stesso).
Ti rendi conto da solo della differenza tra una divinità e un papà. In effetti, tuttavia, il paragone papà-*** è molto usato ma, per me, è incrinato nelle fondamenta perché si basa su 2 supposizioni: quella che *** esista e quella che *** sia come un papà. Supposizioni, queste, che derivano dall'atto di fede di cui sopra, ma sulla cui fondatezza non si ha alcuna certezza.
Se il bambino non deve impegnarsi a credere nel proprio genitore (anche questo in realtà è opinabile, ma facciamo finta che non lo sia) il credere in una divinitò richiede l'impegno dell'atto di fede. L'impegno, insomma, prima che amare, è credere nella propria divinità.
È Cristo che ha voluto creare un rapporto puramente filiale tra noi e ***. Io non mi devo impegnare a credere nel mio genitore (***).
Penso che io non smetterò mai di credere in ***, può invece darsi che perderò la fede, chi lo sa.
Ma perchè? Perchè il credere è correlato con l'esperienza personale, la fede teologale è di origine divina... quindi non dipende da noi.
Ad esempio, se il passaggio di logica filosofica che ho postato sopra ti fosse d'aiuto per concludere che *** effettivamente esiste, tu cominceresti a credere in *** per ragione (è già un credere imperfetto, perchè manca l'esperienza pratica circa il coinvolgimento di *** nella tua vita, dal principio), però comunque non hai ancora la fede teologale.
Per cui è improbabile che in quelle condizioni tu divenga cristiano.
Non ho detto che le divinità sono state create per un quiz, ma per darsi delle risposte alle domande fondamentali che l'uomo si pone Ma un quiz è porre domande e ricevere risposte. //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif
Comunque, la storia d'Israele concerne un *** che è stato tradito centinaia di volte in pochi secoli dal suo stesso popolo.
Israele non ci fa certo un figurone a riportare cronache del genere dove fa la figura del fesso (Come? Siete il popolo prescelto di *** e non avete fatto altro che prenderlo in giro?).
Tu stesso non riesci ad accettare il fatto che esistiamo per sbaglio, che siamo soli e che quindi abbiamo grandissime responsabilità così preferisci parlare di divinità, e addirittura parli del "mettere al centro l'Io" come una cosa da temere massimamente. Inoltre, attribuisci delle qualità alla tua divinità (assolutezza, unicità, alfa e omega). Tuttavia sai bene che queste sono supposizioni che trasformi in certezza tramite l'atto di fede
Non è che non riesca ad accettare, semplicemente non accetto dal momento che so che *** esiste.
Il fatto che una persona atea metta al centro sè stesso è un passo obbligatorio ed è un fatto indiscutibile, qui siamo già nel campo della scienza.
Ma non è una prerogativa dell'ateo/agnostico, bensì pure del Cristiano quando questi s'allontana da ***.
Il primo a confermare quello che sto dicendo è stato Sigismund Freud, fondatore della psicoanalisi. Prova a leggere l'"Introduzione al narcisismo".
Tra i tanti argomenti toccati, tratta propriamente sul desiderio di onnipotenza dei propri pensieri.
Riguardo alle "qualità" di ***, veramente abbiamo una serie di filosofi greci che si accontentavano della pura ragione per arrivare a queste conclusioni. Parmenide in primis, con il suo concetto dell'Essere Assoluto (migliorato poi da Platone).
Un esempio:
L’uomo è un essere capace di riflessione. Con essa prende coscienza della propria contingenza.
Per contingenza s’intende che esiste, ma potrebbe anche non esistere. E questo è un dato ovvio (se l'uomo non esistesse, il mondo continuerebbe a ruotare su sè stessa e attorno il sole, insomma).
Ma se esistiamo, sapendo che potremmo anche non esistere, significa che non possediamo in noi stessi la sorgente dell’essere (la ragion d’essere), altrimenti ci saremmo dati l’esistenza da sempre e ce la conserveremmo per sempre.
Se dunque esistiamo, pur non avendo in noi stessi la ragion d’essere, significa che la sorgente del nostro esistere sta in un altro, che è diverso da noi, in un essere cioè non contingente, ma che possiede in se stesso la sorgente dell’essere, esiste da sempre e per sempre. E questo essere noi lo chiamiamo ***.
Se questo essere non esistesse, dovremmo giungere ad una conclusione assurda: esistono tante realtà che sono state messe ad esistere dal nulla. Hanno ricevuto e ricevono l’esistenza dal nulla.
L'esistenza di *** si basa anche sul fatto che esiste tutto ciò che ci circonda, anche le cose non composte dalla materia (il nostro pensiero).
Basta che ci sia qualche cosa: materiale o spirituale, oggetti o persone; basta un semplice atomo o un semplice pensiero, anche se non so precisare nulla a suo riguardo.
Se c’è un qualche cosa, (in latino quid) c’è ***.
Ebbene, questo quid o è necessario o è contingente.
È necessario l’essere che è e non potrebbe non esistere.
È contingente l’essere che è, ma che potrebbe non essere (l'abbiamo detto prima).
Per cui, se questo quid esistente è necessario, è senz’altro ***.
Ma se è contingente, rimanda a un altro, il Necessario. Il contingente infatti, proprio perché tale, proprio perché può non essere, non ha in sé la ragione del suo esistere. Non è lui il fondamento ultimo di se stesso. Perché se lui stesso fosse la ragione di sé, è chiaro che non potrebbe non essere: esisterebbe sempre in forza di se stesso.
Ma se esiste, senza essere lui stesso la ragione ultima di se stesso, occorre che questa ragione sia un altro: altro dal contingente è appunto il "non contingente", il Necessario.
Necessario puoi benissimo chiamarlo anche Assoluto. Esistendo sempre in forza a se stesso fa di Lui l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine (per noi, s'intende: perchè l'Assoluto/*** non ha nè principio nè fine per se stesso).
Se tu interrogarsi sul perché dell'esistenza lo chiami "quiz", allora sì: la religione serve a rispondere a un quiz.
In ogni caso, non è+ che tu sai che *** esiste. Tu credi che *** esista e trasformi la credenza in certezza tramite l'atto di fede. Esattamente come sono supposizioni quelle sull'Essere. Nessuno può sapere se esista una divinità, figuriamoci sapere come sia fatta.
Inoltre il mettere al centro l'Io non è un passo necessario né necessariamente negativo. Mettere al centro le persone piuttosto che una divinità fa anzi capire quali siano le nostre responsabilità.
È Cristo che ha voluto creare un rapporto puramente filiale tra noi e ***. Io non mi devo impegnare a credere nel mio genitore (***).
Penso che io non smetterò mai di credere in ***, può invece darsi che perderò la fede, chi lo sa.
Ma perchè? Perchè il credere è correlato con l'esperienza personale, la fede teologale è di origine divina... quindi non dipende da noi.
Ad esempio, se il passaggio di logica filosofica che ho postato sopra ti fosse d'aiuto per concludere che *** effettivamente esiste, tu cominceresti a credere in *** per ragione (è già un credere imperfetto, perchè manca l'esperienza pratica circa il coinvolgimento di *** nella tua vita, dal principio), però comunque non hai ancora la fede teologale.
Per cui è improbabile che in quelle condizioni tu divenga cristiano.
Te l'ho sempre detto: a me non interessa parlare del cattolicesimo nello specifico perché così ci sarebbe un salto logico: ammesso e non concesso che una divinità (o più divinità) esista, nessuno dice che questa sia la divinità cattolica.
Detto questo, giriamo sempre intorno ad un unico punto: tu credi che *** sia un tuo genitore ma ciò non implica né che un *** esista che questo sia un tuo genitore (latu sensu, oviamente).
Non lo giustifica, il dato di fatto è che credere che esista la realtà e credere che esista *** sono due salti irrazionali della stessa natura, l'unica differenza è che se rifiuti il primo non vivi, quindi nessuno lo mette mai realmente in dubbio.
Perché accettare solo ciò che è razionale quando sappiamo che se non ci si fida di nulla non si sa nulla?
Non penso che qualcuno qui voglia dimostrare che *** esiste con prove oggettive o scientifiche, la metafisica NON è una scienza ed un tentativo del genere porta solo a speculazioni dettate da chi parla e non dalla realtà in sé.
Già è presuntuoso pensare di sapere com'è fatto ***, pur essendo cristiano sono convinto che nessuno di noi possa realmente rendersene conto, perché se *** è ***, allora è fuori dalla nostra portata, anche quando riusciamo a cogliere qualcosa non è che una parte infinitesimale della Verità.
Nulla è certo, tranne l'esistenza dell'individuo nel momento in cui pensa, l'esistenza del mondo è già un salto assiomatico/dogmatico/di fede o come vuoi chiamarlo. Se vogliamo basare la nostra vita sulle certezze, tanto vale che ci ammazziamo tutti.
Non lo giustifica, il dato di fatto è che credere che esista la realtà e credere che esista *** sono due salti irrazionali della stessa natura, l'unica differenza è che se rifiuti il primo non vivi, quindi nessuno lo mette mai realmente in dubbio.
Quanto dici non è vero. Non è per fede che si crede nell'esistenza del mondo o di ciò che ci circonda. Tutt'altro. È una conoscenza empirica, che deriva cioè dall'esperienza. Possiamo fare esperienza di un fiume che scorre, di un albero che cresce, di un animale che mangia. Quindi la realtà esiste e noi lo sappiamo perché ne stiamo facendo esperienza. Di *** non si può dire la stessa cosa e anzi nessuno potrà mai farlo, a meno che non sia *** stesso a manifestarsi a tutti gli uomini, fugando ogni dubbio; ma questo escluderebbe l'atto di fede, cioè di credere in *** pur senza prove né certezze, e renderebbe la conoscenza di *** una mera constatazione, un atto empirico, cosa che la teologia esclude nei confronti di quello che chiamate l'assoluto.
L’uomo è un essere capace di riflessione. Con essa prende coscienza della propria contingenza.
Per contingenza s’intende che esiste, ma potrebbe anche non esistere. E questo è un dato ovvio (se l'uomo non esistesse, il mondo continuerebbe a ruotare su sè stessa e attorno il sole, insomma).
Ma se esistiamo, sapendo che potremmo anche non esistere, significa che non possediamo in noi stessi la sorgente dell’essere (la ragion d’essere), altrimenti ci saremmo dati l’esistenza da sempre e ce la conserveremmo per sempre.
Questo ragionamento è pieno di forzature. Innanzitutto non è vera quest'ultima frase. Per prima cosa perché non è detto che qualcuno sia depositario della nostra ragion d'essere: potrebbe non appartenere a nessuno. E in secondo luogo perché parte dall'erroneo presupposto che una ragion d'essere esista per forza: potrebbe non esistere affatto.
Se dunque esistiamo, pur non avendo in noi stessi la ragion d’essere, significa che la sorgente del nostro esistere sta in un altro, che è diverso da noi, in un essere cioè non contingente, ma che possiede in se stesso la sorgente dell’essere, esiste da sempre e per sempre. E questo essere noi lo chiamiamo ***.
E questo passaggio viene quindi smentito dalle mie precedenti considerazioni. Se non vi è una ragion d'essere o se non è detto che qualcuno la sappia, *** non è necessario nel funzionamento logico di tutta la faccenda.
Se questo essere non esistesse, dovremmo giungere ad una conclusione assurda: esistono tante realtà che sono state messe ad esistere dal nulla. Hanno ricevuto e ricevono l’esistenza dal nulla.
Forzato pure questo. Perché presuppone (sempre erroneamente) che se qualcosa viene creato, allora il creatore dev'essere per forza ***. Pensiamo al big bang. Chi ha creato il big bang? Non lo sappiamo (ancora). Ma questo non autorizza nessuno a scegliere *** come risposta.
L'esistenza di *** si basa anche sul fatto che esiste tutto ciò che ci circonda, anche le cose non composte dalla materia (il nostro pensiero).Basta che ci sia qualche cosa: materiale o spirituale, oggetti o persone; basta un semplice atomo o un semplice pensiero, anche se non so precisare nulla a suo riguardo.
Se c’è un qualche cosa, (in latino quid) c’è ***.
Ebbene, questo quid o è necessario o è contingente.
È necessario l’essere che è e non potrebbe non esistere.
È contingente l’essere che è, ma che potrebbe non essere (l'abbiamo detto prima).Per cui, se questo quid esistente è necessario, è senz’altro ***.
Non è mica detto che se c'è un contingente, debba esserci un necessario. La contingenza è una mera definizione, qualcosa che abbiamo scelto noi di indicare così come viene indicata.
Il contingente infatti, proprio perché tale, proprio perché può non essere, non ha in sé la ragione del suo esistere. Non è lui il fondamento ultimo di se stesso. Perché se lui stesso fosse la ragione di sé, è chiaro che non potrebbe non essere: esisterebbe sempre in forza di se stesso.
Questa frase perde completamente di significato in ragione delle precedenti conclusioni sul contingente e la ragion d'essere. Dici che è chiaro che se il contingente fosse lui stesso la ragione di sé, allora non potrebbe non essere. Questa è una decisione arbitraria e che rende tale tutto il ragionamento.
Ma se esiste, senza essere lui stesso la ragione ultima di se stesso, occorre che questa ragione sia un altro: altro dal contingente è appunto il "non contingente", il Necessario.
Assolutamente nulla, ed empirico è quasi l'opposto di razionale, io potrei conoscere empiricamente ***, ma tu non mi crederesti mai (almeno credo) perché non è lo stesso per te, l'esperienza è soggettiva e può essere ingannata.
Cartesio era davvero un genio, le sue intuizioni sono state fondamentali per il progresso del pensiero e della scienza, e del suo distacco (per me giusto) dalla metafisica.
Pur essendo un genio, ha fallito nei suoi obiettivi, voleva spiegare tutto tramite la ragione e non ci è riuscito, perché postulare e creare assiomi è una resa della ragione, di quella cieca ragione che non accettate di affiancare ad una fiducia, certamente cieca (altrimenti non sarebbe fiducia), senza la quale non riuscireste ad affermare assolutamente nulla, tranne la vostra esistenza, appunto.
Posso avere delle visioni, sono delle esperienze di qualcosa che non è, e posso credere fermamente che ciò che ho visto è vero.
E' la mia esperienza, dopotutto, chi sei tu per smentirla? Se la nostra vita fosse un sogno, come faremmo a capirlo senza svegliarci?
E se tutto ciò che vediamo fosse una creazione del nostro intelletto?
E se tutto ciò che vediamo fosse un'illusione?
Quanto è facile ingannare l'occhio umano, usando una semplice lente? possiamo far vedere la vita in bianco e nero, possiamo convincere un cieco che la vista non esista affatto, l'inganno è un pericolo da non trascurare.
Eppure io sono certo, e la mia certezza è assoluta, della tua esistenza, perché questo?
Perché mi fido, perché non accetto di essere solo, perché non accetto che la mia vita sia solo un'illusione, perché io voglio credere che le parole che sto scrivendo saranno lette da qualcuno.
Se il mio pensiero fosse esclusivamente razionale, mi sarei già suicidato da un pezzo, o avrei cercato di dormire per sempre, in modo da non dover sopportare il dubbio della vanità assoluta del mondo.
E attenzione, non sto parlando di ***, se qualcuno riuscisse a dimostrare che *** non c'è (non avverrà mai, è metafisica) sarei ancora convinto della realtà di questo mondo, perché ne ho bisogno, perché anche di fronte all'evidenza di una prova certa della non esistenza del mondo mi volterei dall'altra parte, la negherei con tutte le forze.