Redux del dialogo linkato:
Il bello di questo film è il suo chiaro, chiarissimo messaggio - messo sotto alla commedia favolistica.
Tutto gira intorno a Haru, che vediamo subito non riuscire a stare dietro al suo tempo, al tempo delle sue giornate. Si sveglia tardi, tutto di corsa, arriva tardi a scuola e viene umiliata. Le piace un ragazzo ma non si dichiara neppure. Insomma, capiamo che Haru si sente "sfigata", viva abulica e non riesce a "vivere il proprio tempo".
Così si lascia tentare dall'idea del "Paese dei Balocchi" che è "Il Paese dei Gatti" - un posto dove non si fa nulla, dove il tempo è fermo nel vacuo perder tempo dei felini. Natoru ne millanta l'indolente fascino: non si fa altro che mangiare e pisolare. Il sole non ci tramonta mai. Muta dice proprio che è un posto in cui va chi non riesce a vivere il proprio tempo. Per contro, Baron ripete sempre ah Haru: "devi vivere il tuo proprio tempo!".
Questo è il tema classico della favola di "Urashima Tarou": perdere il tempo della propria vita sedotti dalla comodità del sollazzo. In quel caso tutto partiva dall'aver salvato una tartaruga invece di un gatto. E qui, persino il titolo del film riprende un leitmotif delle favole classiche giapponesi, come "Tsuru no Ongaeshi" (La ricompensa della gru).
Tuttavia, benché l'impianto sia quello di una fiaba classica (tentazione->caduta->redenzione), Haru è un elemento realisticamente contemporaneo: una ragazzina tutt'altro che assertiva. Essere trascinati dagli eventi, non tanto perché si dice "sì", ma perché non si dice fermamente "no", è un topos d'oggidì forse universale, ma ancor più marcato nella società giapponese.
Infatti nella sua semplicità Haru è buona e brava da principio. Quello che le manca, e che l'avventura di cui è "vittima degli eventi per titubanza" le donerà, è la sicurezza, la fermezza per prendere in mano le redini della sua vita, ovvero la capacità di vivere attivamente il proprio tempo.
C'è un momento molto chiaro nel film: quando il Re Gatto si propone direttamente a Haru, lei rifiuta con grande veemenza, mostrando una presa di parte netta e per lei inedita. Nota bene che questo è ciò che fa cambiare Muta, che si rivela e scende in campo: "è che a me piacciono, le ragazze le sono decise". Precedentemente, il buon cuore di Haru era stato sempre irriso e spregiato dal cinismo di Muta. E la stessa Haru titubava: "sarà stato un bene aver salvato un gatto?" Invece, di lì in poi Haru trova la conferma del sé, realizzando che proprio quegli atti erano quel "vivere il proprio tempo" di cui parlava Baron. Si pensi alla riconferma del valore delle sue scelte che Haru compie mentre corre sulle scale: in questo film, la maturazione di Haru non è una scoperta, se ci pensi è una riconferma. :-)
In realtà il film è molto esplicito, sono tutte cose dette a chiare lettere, spesso più volte. Ma siccome Haru è una ragazzina di oggi, realistica, invece che ideale e idealizzata come le fanciulline di Miyasan, è forse facile perdersele nel sostrato di commedia.
Alla fine delle sue avventure Haru capisce tutto (ancora: sulle scale della fuga), maturerà, troverà il coraggio di esprimersi (in caduta libera prima, dichiarandosi a Baron poi - a petto in fuori e viso aperto!) - alla fine è maturata, ha imparato ad alzarsi presto, a preparare la colazione, e contro la frivolezza adolescenziale della sua insignificante cotta è attirata dai passeggini che alludono alla maturazione femminile: la maternità.
In ogni caso, questo film ha all'incirca lo stesso messaggio de "La sparizione di Chihiro e Sen", solo rivolto alle adolescenti e non alle bambine - e espresso con diversissimo stile, ridanciano invece che inquietante.