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Wheel of Fortune and Fantasy, Hamaguchi
Tre storie da questo ormai impiantato regista giapponese. Tutto ruota attorno a una situazione sociale stabile perturbata da una stranezza personale che si riflette ulteriormente in piccoli giochi magico-fatali. Per chi lo conosce ricorda un po' l'impianto di molti libri di Murakami, che però poco a poco hanno iniziato a spingere sempre più nella parte "magica". Non mi stupisce quindi sapere che il suo ultimo film sia ispirato ad un suo racconto (paura ripensando a Burning...) anche se Murakami se ne è giustamente lavato le mani dall'adattamento.
Sempre pensando a Murakami recentemente ho letto Norvegian Wood, uno dei suoi vecchi libri che fu un successo gigantesco all'epoca. Devo dire che mi ha disturbato, e per ragioni che forse mi possono permettere di capire meglio perché questo Hamaguchi e tutta la fama che si sta costruendo mi cominciano a rapellere. In Norvegian Wood c'è commento sociale della vita normale, dei personaggi che si devono scontrare con quelle banalità, un conflitto che si mette in piedi su nascenti possibili vite diverse e qualche momento para-magico. Il libro finisce con una nulla di fatto. Tutto si risolve perché alla fine la vita "normale" è data come immanente, la gestione conflittuale sembra più una parentesi intellettuale pseudo critica con cui il giappone, o chi per loro, può specchiarsi e sospirare di fronte alle complessità della vita. Tutti hanno ragione in fondo, la società ci tiraglia, e bla bla bla Non sentite un po' di rottura di coglioni nascente? E' strano che dei libri (poi Murakami è cambiato, o forse sono cambiato io leggendo i suoi primi) o dei film che sembrano puntare così tanto su caso, incontri, stranezze vitali, resitono così miseri e ingabbiati su un realismo ba umanista ottocentesco da quattro soldi che non sembra mai prendere posizione su niente. Neanche con dolcezza, nemmeno per un fotogramma. Leggevo qualche recensione estasiata su letterboxd e c'è chi citava Edward Yang, ne ho visto solo uno suo e in effetti capisco. Quello però non ha neanche la patina di mistero quindi l'ho direttamente cestinato. Ma siamo lì.
E' chiedere troppo pretendere da un'opera artistica che il regista metta le mani in pasta invece di sedersi a tavolino a decomporre il sociale come fosse una rana morta di cui fare la lista degli organi? La rana si capisce in movimento, in quello brutale e viscerale che ti spinge ad interessarti a lei, magari a capirne la brutalità che ne limita la vita o a scoprirne forme nuove con te dentro. Si parlava anche di Hong Sang-soo in riferimento ad Hamaguchi, anche qui sono molto perplesso. Con Hong siamo sempre stati all'interno delle sue riflessioni, sono film con una scrittura millimetrica ma in cui è flagrante che il regista agisce guancia a guancia dei dubbi relazionali dei suoi protagonisti. E' questo livello di prossimità che lo spinge a fare i film che fa e a farli in modo che siano davvero capaci di fare la differenza rispetto ai propri personaggi. Se la società e le sue dinamiche sono così trite inutile appiccarci sopra una pseudo magia o sguardo sognatore che le renda tollerabili, vediamo se c'è qualcosa di concreto che può svilupparsi anche nella mediocrità oppure, come nei suoi film più recenti a storia d'amore IRL sviluppata, vediamo se non ci sono già nel corpo sociali moltissime forze che non hanno niente di quella mediocrità relazionale che vorremmo mettere da parte.
Dei film umanisti non potranno neanche sognarsi di accedere a questo livello riflessivo. E la cosa più pericolosa è che sembrano dare un quadro conciliante e globale del conflitto relazionale. Io la protagonista del primo segmento di Hamaguchi me la sposerei sul posto, zac zac. Il regista lo farebbe? Pensa di avere dato abbastanza rispetto al suo personaggio e alle sue passioni? Di averne indagato i movimenti un po' più in là di quanto prescritto dal commento necessario alla sceneggiatura? Non credo. E' strana, è bella, era tutta da scoprire. E invece diventa un contraltare teorico su cui scrivere trafiletti ispirati per un pubblico che vuole tornare a casa sereno.
I film di Hamaguchi magari non sono lo schifo di Burning, ma non sono neanche Madame Bovary.
Tre storie da questo ormai impiantato regista giapponese. Tutto ruota attorno a una situazione sociale stabile perturbata da una stranezza personale che si riflette ulteriormente in piccoli giochi magico-fatali. Per chi lo conosce ricorda un po' l'impianto di molti libri di Murakami, che però poco a poco hanno iniziato a spingere sempre più nella parte "magica". Non mi stupisce quindi sapere che il suo ultimo film sia ispirato ad un suo racconto (paura ripensando a Burning...) anche se Murakami se ne è giustamente lavato le mani dall'adattamento.
Sempre pensando a Murakami recentemente ho letto Norvegian Wood, uno dei suoi vecchi libri che fu un successo gigantesco all'epoca. Devo dire che mi ha disturbato, e per ragioni che forse mi possono permettere di capire meglio perché questo Hamaguchi e tutta la fama che si sta costruendo mi cominciano a rapellere. In Norvegian Wood c'è commento sociale della vita normale, dei personaggi che si devono scontrare con quelle banalità, un conflitto che si mette in piedi su nascenti possibili vite diverse e qualche momento para-magico. Il libro finisce con una nulla di fatto. Tutto si risolve perché alla fine la vita "normale" è data come immanente, la gestione conflittuale sembra più una parentesi intellettuale pseudo critica con cui il giappone, o chi per loro, può specchiarsi e sospirare di fronte alle complessità della vita. Tutti hanno ragione in fondo, la società ci tiraglia, e bla bla bla Non sentite un po' di rottura di coglioni nascente? E' strano che dei libri (poi Murakami è cambiato, o forse sono cambiato io leggendo i suoi primi) o dei film che sembrano puntare così tanto su caso, incontri, stranezze vitali, resitono così miseri e ingabbiati su un realismo ba umanista ottocentesco da quattro soldi che non sembra mai prendere posizione su niente. Neanche con dolcezza, nemmeno per un fotogramma. Leggevo qualche recensione estasiata su letterboxd e c'è chi citava Edward Yang, ne ho visto solo uno suo e in effetti capisco. Quello però non ha neanche la patina di mistero quindi l'ho direttamente cestinato. Ma siamo lì.
E' chiedere troppo pretendere da un'opera artistica che il regista metta le mani in pasta invece di sedersi a tavolino a decomporre il sociale come fosse una rana morta di cui fare la lista degli organi? La rana si capisce in movimento, in quello brutale e viscerale che ti spinge ad interessarti a lei, magari a capirne la brutalità che ne limita la vita o a scoprirne forme nuove con te dentro. Si parlava anche di Hong Sang-soo in riferimento ad Hamaguchi, anche qui sono molto perplesso. Con Hong siamo sempre stati all'interno delle sue riflessioni, sono film con una scrittura millimetrica ma in cui è flagrante che il regista agisce guancia a guancia dei dubbi relazionali dei suoi protagonisti. E' questo livello di prossimità che lo spinge a fare i film che fa e a farli in modo che siano davvero capaci di fare la differenza rispetto ai propri personaggi. Se la società e le sue dinamiche sono così trite inutile appiccarci sopra una pseudo magia o sguardo sognatore che le renda tollerabili, vediamo se c'è qualcosa di concreto che può svilupparsi anche nella mediocrità oppure, come nei suoi film più recenti a storia d'amore IRL sviluppata, vediamo se non ci sono già nel corpo sociali moltissime forze che non hanno niente di quella mediocrità relazionale che vorremmo mettere da parte.
Dei film umanisti non potranno neanche sognarsi di accedere a questo livello riflessivo. E la cosa più pericolosa è che sembrano dare un quadro conciliante e globale del conflitto relazionale. Io la protagonista del primo segmento di Hamaguchi me la sposerei sul posto, zac zac. Il regista lo farebbe? Pensa di avere dato abbastanza rispetto al suo personaggio e alle sue passioni? Di averne indagato i movimenti un po' più in là di quanto prescritto dal commento necessario alla sceneggiatura? Non credo. E' strana, è bella, era tutta da scoprire. E invece diventa un contraltare teorico su cui scrivere trafiletti ispirati per un pubblico che vuole tornare a casa sereno.
I film di Hamaguchi magari non sono lo schifo di Burning, ma non sono neanche Madame Bovary.