CONTAGI, LO SCENARIO E' CAMBIATO. ORA VANNO ADEGUATE LE MISURE
di Giorgio Sestili da Il Fatto Quotidiano di oggi
Lo spettro di un nuovo lockdown si aggira per l’Italia e da giorni imperversa un’aspra polemica tra scienziati pro e contro. Eppure, guardando ai dati, in Italia da un mese si registra una stabilizzazione dei contagi, con circa 85 mila nuovi casi settimanali a fronte di 1 milione e 800 mila tamponi tra molecolari e antigenici. Stabili anche gli ingressi in terapia intensiva, circa 1.000 a settimana. Buone notizie anche dagli ospedalizzati Covid, con quasi 6.000 posti letto liberati nell’ultimo mese, e dal numero dei morti, 2.304 nell’ultima settimana, ancora tantissimi, ma comunque il 37% in meno rispetto a un mese fa.
Ma allora perché tanto allarmismo? Il motivo sono le nuove varianti del Sars-CoV-2, a partire da quella inglese, la B.1.1.7. “Un’onda invisibile” è stata definita in Germania dalla Süddeutsche Zeitung che commentava una ricerca del Robert Koch Institute (RKI). “La calma prima della tempesta” è invece il commento su Science di Camilla Holten, ricercatrice del Statens Serum Institute (SSI) in Danimarca.
Da Germania e Danimarca provengono due importanti studi sulla variante B.1.1.7 , sulla cui maggiore contagiosità ormai non ci sono più dubbi. I ricercatori del RKI hanno ipotizzato tre diversi scenari nei quali la variante inglese è più contagiosa rispettivamente del 30%, 40% o 50% o più rispetto alle precedenti. Nello scenario intermedio, con l’attuale lockdown che in Germania si protrae da gennaio, si ipotizza un nuovo aumento dei contagi a partire dalla seconda settimana di marzo e un’incidenza di 300 casi ogni 100 mila abitanti a fine aprile. Un dato che ha spinto Angela Merkel a prolungare il lockdown fino al 7 marzo e a porre la soglia critica di incidenza a soli 35 casi ogni 100 mila abitanti (attualmente l’incidenza in Germania è intorno a 80 ogni 100 mila persone, in Italia siamo a 133 e abbiamo 14 Regioni gialle).
Un altro campanello di allarme era arrivato pochi giorni prima dal SSI in Danimarca che descriveva due epidemie: la prima, in forte decrescita, causata delle vecchie varianti; la seconda, che invece sta crescendo esponenzialmente con un Rt di 1,07 dovuta alla variante B.1.1.7 del virus, che in sole due settimane è passata da una prevalenza del 13,5% a una del 20%.
In Italia purtroppo le cose non sembrano andare meglio. L’indagine rapida promossa dal ministero della Salute e dall’ISS mostra una prevalenza della variante inglese a livello nazionale pari al 17,8%, con punte del 65% a Pescara e del 59% a livello regionale. La B.1.1.7 sarà nel giro di qualche settimana dominante in tutto il Paese e a preoccupare è proprio la sua velocità di diffusione, che potrebbe diventare devastante soprattutto nelle zone gialle e arancioni. È necessario quindi far fronte a un nuovo scenario, diverso rispetto al passato, dove abbiamo di fronte un virus più contagioso e capace di rendere insufficienti le contromisure fin qui intraprese.
Che fare, dunque? Discussioni da ultras sull’ipotesi di un nuovo lockdown servono più a polarizzare l’opinione pubblica piuttosto che a concentrarsi sul da farsi. Abbiamo 21 parametri che finora, tra alti e bassi e rispetto agli altri Paesi europei, hanno gestito egregiamente questa seconda ondata: lavoriamo per adattarli, in un’ottica più restrittiva, al nuovo scenario. Abbassiamo le soglie con cui una zona passa da gialla ad arancione, e poi a rossa. Puntiamo sulla raccolta di dati accurati e provenienti da attività locale di screening, per agire tempestivamente con zone rosse mirate e circoscritte. Se necessario, chiudiamo attività e situazioni a maggiore rischio, come i bar, i ristoranti e, ahinoi, anche le scuole.