Cosa dire, potenzialmente poteva essere un capolavoro, un'opera degna di essere analizzata e studiata come opera letteraria di primissimo livello. Purtroppo però rimaniamo nel campo del "teorico". Nella pratica, vuoi la forma, vuoi il target, molti elementi sono stati affrontati in modo assolutamente superficiale o sbrigativo. Parlo delle possibili implicazioni religiose (appena accennate),i cambiamenti sociali, la distinzione tra giustizia e morale (didascalica) e un sacco di questioni che, approfondite adeguatamente, avrebbero reso questo anime un'opera d'arte.
La verità è che il diario non è altro che un espediente per inscenare una storia, a tratti grottesca, che può ricordare il "prova a prendermi" di Scorsese o l'eterna lotta tra Lupin e Zenigata. L'incessante e altalenante storia del detective che deve prendere il cattivo, il tutto giocato sulla strategia, come se fosse una partita a scacchi. Mossa,contromossa,mossa,contromossa fino al parossismo sul finale. Un'occasione sprecata, anche perché direi che una decina di puntate su trentasette potevano benissimo essere tagliate, ne avrebbe giovato il ritmo. A tratti incredibilmente incalzante, a tratti troppo rilassato, soprattutto a metà anime, una scelta che mi ha quasi portato ad abbandonare la serie.
La realizzazione dei personaggi merita un'attenta analisi, da una parte abbiamo delle comparse realizzate veramente bene (come la giornalista/amante o l'ex agente del fbi che si accinge al patibolo), dall'altra abbiamo dei protagonisti assolutamente ridicoli, e parlo dei detective. Ora, ci può stare che un ragazzino possa essere un genio, ci può stare che abbia una visione d'insieme eccezionale e che sia stato reclutato dai servizi segreti, ma il resto? Parlo di L, tipico stereotipo dello stralunato, fissato per il cibo e con un'esperienza che tradisce la sua età. Sembra quasi che abbia lavorato per 40 anni nel campo, sa fare tutto, conosce tutto e ha fatto tutto. Morto lui la qualità cala ulteriormente, altri due bambini, uno che passa il 90% del tempo a giocare con i GIOCATTOLI, l'altro che mangia cioccolata anche quando si fa la doccia. Si poteva fare molto di più, magari evitando delle figure che non stanno nè in cielo, nè in terra. Troppo stupidi per essere credibili, si chiede veramente troppo allo spettatore, e parte del compromesso scenico viene meno.
Parliamo delle indagini, troppa enfasi sulla logica e sulla deduzione, ogni teoria diventa legge, ogni strada porta ad un indizio, i detective onniscienti e onnipotenti. Sembra quasi che sappiano di recitare una parte e stiano assistendo assieme allo spettatore all'anime, non sbagliano nulla e sono avanti a tutti, sempre. Questa cosa stona abbastanza sul finale, che nella sua complessità, mostra un colpo di scena fin troppo telefonato.
Finale sicuramente da lode (tralasciando le cose già menzionate), la disfatta del protagonista in ogni sua forma, mostrato finalmente sotto un'ottica diversa, quella del serial killer, del pazzo omicida. Portando così lo spettatore a staccarsi da lui, a non provare più la complicità che si provava fino ad allora. Un tuffo di realtà prima del nulla. Epilogo giocato efficacemente sui silenzi e sul contrasto tra il tramonto e le ombre color pece.