PS5 DEATH STRANDING 2: ON THE BEACH | Disponibile | Avremmo dovuto connetterci?

  • Autore discussione Autore discussione Jack 95
  • Data d'inizio Data d'inizio
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A differenza di quanto ho letto o sentito in giro, trovo che la motivazione al viaggio in Death Stranding 2 sia molto più potente e psicologicamente complessa rispetto a quella del primo capitolo. Inoltre, ci sono degli aspetti che sono molto legati ai miei studi di psicologia, su cui c'è stata un'interessante attenzione.

Nel primo Death Stranding, la spinta narrativa si basa su un archetipo classico, quasi un cliché: "Non voglio farlo, ma c’è una persona cara da salvare, quindi lo faccio." È un meccanismo efficace perché immediato e facilmente coinvolgente, ma già visto ( basti pensare al primo Metal Gear Solid e al ricatto emotivo di Campbell con Meryl). Funziona, ma è familiare.

In Death Stranding 2, invece, la narrazione è molto più sottile, quasi silenziosa.
Fragile informa Sam della morte di Lou. Poco dopo, lui vede il suo fantasma abitare nuovamente il vecchio pod. Passa un mese. Sam si lascia andare: non si prende più cura di sé, i capelli gli diventano bianchi ( un segno visivo di stanchezza esistenziale, quasi una simbolica vicinanza alla morte). Veniamo anche a sapere che ha tentato il suicidio più volte, e nel frattempo, il fantasma nel pod resta immobile, quasi dormiente.

Poi, arriva una nuova proposta di viaggio. E qui succede qualcosa di molto interessante: questo viaggio non ha una motivazione esterna, ma interna. È qualcosa che, psicologicamente, lo riavvicina all’esperienza vissuta con Lou. È una forma di illusione che gli permette di sentire ancora vivo quel legame, nonostante abbia già razionalmente compreso che Lou è morta. Questa tensione tra ciò che sa e ciò che prova viene espressa solo visivamente: si tinge i capelli (un gesto di ritorno alla vita) e Lou, nel pod, appare più reattiva.

Il primo fenomeno, chiaro, é la negazione.

Sam rifiuta la realtà della morte di Lou e si rifugia nella routine che simula la connessione con lei. Il viaggio non è più missione, ma rievocazione.
La scelta di tingersi i capelli è simbolicamente un rifiuto dell’idea della morte (propria e altrui), un modo per tornare a sentirsi "vivo", in contrasto con la sua precedente resa esistenziale (i capelli bianchi, la trascuratezza, il suicidio ricorrente).

Ed é qui che segue il meccanismo di difesa più comune nella negazione emotivo del lutto: Memoria procedurale e rituale come coping

Il ripercorrere i sentieri del primo viaggio è un esempio di coping basato sulla ripetizione rituale. Le esperienze condivise con Lou hanno lasciato una traccia emotiva associata alla memoria procedurale (la memoria legata alle azioni, come il camminare, il consegnare, il collegare).
Rivivere questo percorso è una strategia terapeutica implicita, un modo per autoregolare l’emozione e per simulare la vicinanza. È come se il corpo ricordasse Lou più del pensiero cosciente


Tutto questo si muove su un piano simbolico molto forte. È il linguaggio visivo del processo di lutto, tra negazione e iniziale accettazione. Sam non sta cercando di salvare qualcuno, ma se stesso. Il viaggio non è più una missione eroica, è una forma di terapia. È un tentativo, attraverso la ripetizione rituale di un’esperienza passata, di rivivere il legame con Lou e sentirla ancora vicina. L’illusione diventa un rifugio emotivo, e il semplice gesto di tingersi i capelli riflette perfettamente il suo stato d’animo: ha bisogno di sentire di essere ancora vivo.

Ed è proprio perché questa volta non c’è un cliché, ma una profonda dinamica psicologica ( degna quasi di un Silent Hill ) che preferisco di gran lunga l’incipit di questo secondo capitolo (e anche per questo non mi é arrivo arrivare alle fasi avanzate per apprezzare il racconto)
 
Kojima lo ha veramente srotolato di prepotenza sulla varietà dell'armamentario :ooo:
 
A differenza di quanto ho letto o sentito in giro, trovo che la motivazione al viaggio in Death Stranding 2 sia molto più potente e psicologicamente complessa rispetto a quella del primo capitolo. Inoltre, ci sono degli aspetti che sono molto legati ai miei studi di psicologia, su cui c'è stata un'interessante attenzione.

Nel primo Death Stranding, la spinta narrativa si basa su un archetipo classico, quasi un cliché: "Non voglio farlo, ma c’è una persona cara da salvare, quindi lo faccio." È un meccanismo efficace perché immediato e facilmente coinvolgente, ma già visto ( basti pensare al primo Metal Gear Solid e al ricatto emotivo di Campbell con Meryl). Funziona, ma è familiare.

In Death Stranding 2, invece, la narrazione è molto più sottile, quasi silenziosa.
Fragile informa Sam della morte di Lou. Poco dopo, lui vede il suo fantasma abitare nuovamente il vecchio pod. Passa un mese. Sam si lascia andare: non si prende più cura di sé, i capelli gli diventano bianchi ( un segno visivo di stanchezza esistenziale, quasi una simbolica vicinanza alla morte). Veniamo anche a sapere che ha tentato il suicidio più volte, e nel frattempo, il fantasma nel pod resta immobile, quasi dormiente.

Poi, arriva una nuova proposta di viaggio. E qui succede qualcosa di molto interessante: questo viaggio non ha una motivazione esterna, ma interna. È qualcosa che, psicologicamente, lo riavvicina all’esperienza vissuta con Lou. È una forma di illusione che gli permette di sentire ancora vivo quel legame, nonostante abbia già razionalmente compreso che Lou è morta. Questa tensione tra ciò che sa e ciò che prova viene espressa solo visivamente: si tinge i capelli (un gesto di ritorno alla vita) e Lou, nel pod, appare più reattiva.

Il primo fenomeno, chiaro, é la negazione.

Sam rifiuta la realtà della morte di Lou e si rifugia nella routine che simula la connessione con lei. Il viaggio non è più missione, ma rievocazione.
La scelta di tingersi i capelli è simbolicamente un rifiuto dell’idea della morte (propria e altrui), un modo per tornare a sentirsi "vivo", in contrasto con la sua precedente resa esistenziale (i capelli bianchi, la trascuratezza, il suicidio ricorrente).

Ed é qui che segue il meccanismo di difesa più comune nella negazione emotivo del lutto: Memoria procedurale e rituale come coping

Il ripercorrere i sentieri del primo viaggio è un esempio di coping basato sulla ripetizione rituale. Le esperienze condivise con Lou hanno lasciato una traccia emotiva associata alla memoria procedurale (la memoria legata alle azioni, come il camminare, il consegnare, il collegare).
Rivivere questo percorso è una strategia terapeutica implicita, un modo per autoregolare l’emozione e per simulare la vicinanza. È come se il corpo ricordasse Lou più del pensiero cosciente


Tutto questo si muove su un piano simbolico molto forte. È il linguaggio visivo del processo di lutto, tra negazione e iniziale accettazione. Sam non sta cercando di salvare qualcuno, ma se stesso. Il viaggio non è più una missione eroica, è una forma di terapia. È un tentativo, attraverso la ripetizione rituale di un’esperienza passata, di rivivere il legame con Lou e sentirla ancora vicina. L’illusione diventa un rifugio emotivo, e il semplice gesto di tingersi i capelli riflette perfettamente il suo stato d’animo: ha bisogno di sentire di essere ancora vivo.

Ed è proprio perché questa volta non c’è un cliché, ma una profonda dinamica psicologica ( degna quasi di un Silent Hill ) che preferisco di gran lunga l’incipit di questo secondo capitolo (e anche per questo non mi é arrivo arrivare alle fasi avanzate per apprezzare il racconto)
concordo in pieno!

infatti a me pare che la stampa oggettiva e approfondita abnoa giudicato solo la loro idea di kojima figlia dei vecchi mgs non la sua evoluzione e crescita o voglia di sperimentare metodi piu asciutti ma nn per questo meno incisivi di narrare
 
A differenza di quanto ho letto o sentito in giro, trovo che la motivazione al viaggio in Death Stranding 2 sia molto più potente e psicologicamente complessa rispetto a quella del primo capitolo. Inoltre, ci sono degli aspetti che sono molto legati ai miei studi di psicologia, su cui c'è stata un'interessante attenzione.

Nel primo Death Stranding, la spinta narrativa si basa su un archetipo classico, quasi un cliché: "Non voglio farlo, ma c’è una persona cara da salvare, quindi lo faccio." È un meccanismo efficace perché immediato e facilmente coinvolgente, ma già visto ( basti pensare al primo Metal Gear Solid e al ricatto emotivo di Campbell con Meryl). Funziona, ma è familiare.

In Death Stranding 2, invece, la narrazione è molto più sottile, quasi silenziosa.
Fragile informa Sam della morte di Lou. Poco dopo, lui vede il suo fantasma abitare nuovamente il vecchio pod. Passa un mese. Sam si lascia andare: non si prende più cura di sé, i capelli gli diventano bianchi ( un segno visivo di stanchezza esistenziale, quasi una simbolica vicinanza alla morte). Veniamo anche a sapere che ha tentato il suicidio più volte, e nel frattempo, il fantasma nel pod resta immobile, quasi dormiente.

Poi, arriva una nuova proposta di viaggio. E qui succede qualcosa di molto interessante: questo viaggio non ha una motivazione esterna, ma interna. È qualcosa che, psicologicamente, lo riavvicina all’esperienza vissuta con Lou. È una forma di illusione che gli permette di sentire ancora vivo quel legame, nonostante abbia già razionalmente compreso che Lou è morta. Questa tensione tra ciò che sa e ciò che prova viene espressa solo visivamente: si tinge i capelli (un gesto di ritorno alla vita) e Lou, nel pod, appare più reattiva.

Il primo fenomeno, chiaro, é la negazione.

Sam rifiuta la realtà della morte di Lou e si rifugia nella routine che simula la connessione con lei. Il viaggio non è più missione, ma rievocazione.
La scelta di tingersi i capelli è simbolicamente un rifiuto dell’idea della morte (propria e altrui), un modo per tornare a sentirsi "vivo", in contrasto con la sua precedente resa esistenziale (i capelli bianchi, la trascuratezza, il suicidio ricorrente).

Ed é qui che segue il meccanismo di difesa più comune nella negazione emotivo del lutto: Memoria procedurale e rituale come coping

Il ripercorrere i sentieri del primo viaggio è un esempio di coping basato sulla ripetizione rituale. Le esperienze condivise con Lou hanno lasciato una traccia emotiva associata alla memoria procedurale (la memoria legata alle azioni, come il camminare, il consegnare, il collegare).
Rivivere questo percorso è una strategia terapeutica implicita, un modo per autoregolare l’emozione e per simulare la vicinanza. È come se il corpo ricordasse Lou più del pensiero cosciente


Tutto questo si muove su un piano simbolico molto forte. È il linguaggio visivo del processo di lutto, tra negazione e iniziale accettazione. Sam non sta cercando di salvare qualcuno, ma se stesso. Il viaggio non è più una missione eroica, è una forma di terapia. È un tentativo, attraverso la ripetizione rituale di un’esperienza passata, di rivivere il legame con Lou e sentirla ancora vicina. L’illusione diventa un rifugio emotivo, e il semplice gesto di tingersi i capelli riflette perfettamente il suo stato d’animo: ha bisogno di sentire di essere ancora vivo.

Ed è proprio perché questa volta non c’è un cliché, ma una profonda dinamica psicologica ( degna quasi di un Silent Hill ) che preferisco di gran lunga l’incipit di questo secondo capitolo (e anche per questo non mi é arrivo arrivare alle fasi avanzate per apprezzare il racconto)
Lo stesso Kojimbo nel primo nomina
Mario e Peach.
 
Cmq se giocate con l'audio italiano attivate i sottotili che non appaiono quando ci sono scritte in inglese (tipo come l'inizio del gioco) o quando qualcuno parla nella sua lingua.
 
Qualcun altro è ancora in attesa di games and movies?
Mi hanno risposto che hanno un ulteriore ritardo, tra questo e switch 2 a giugno hanno veramente offerto un servizio pessimo.
 
Ultima modifica:

Rischiare la vita tipo gli stunts di Tom Cruise lo ha già fatto mettendo Raiden al posto di Snake
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Il digital non esce mai, ogni volta i giochi vendono sempre meno in retail, quindi come al solito le notizie sul retail lasciano il tempo che trovano. Bisogna aspettare sia Sony a comunicare (e non lo fa mai).
Considerate che mezzo mondo ha preso la deluxe per via dell'early access, me compreso

Martedì già ci stava giocando chiunque, quindi credo i numeri siano ben più alti, anche se imho venderà meno del primo in generale
 
Comunque mi sono capitate davanti delle immagini comparative di MGS2/MGS1 e mi sono ricordato che anche all'epoca si parlava del secondo capitolo come di un remake mascherato del primo... e, ovviamente, anche all'epoca la stampa italiana non fu tenera. Una delle critiche più ricorrenti riguardava la sezione del Big Shell che veniva considerata di molto inferiore rispetto al prologo in termini di level design, ispirazione visiva e cura nei dettagli. (Per tacere delle critiche per aver nascosto il vero protagonista del gioco).

Inutile ricordare quanto sia invecchiato bene Metal Gear Solid 2 e quanto, invece, siano invecchiati male certi giudizi.
 
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