Alert Guerra in Ucraina | Leggere primo post prima di intervenire

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Invito tutti voi a darvi una calmata, vi ricordo che è sempre un Topic Alert per il quale è importante seguire le regole che ora vi ricordo:


NO Flame/NO Member War
NO Spam/NO Continui tweet spammati
NO Trolling
NO Video in cui ci sono violenze su persone
NO Off Topic
NO Post fuori le righe
NO Contestazione pubblica alla moderazione (se volete un chiarimento su un intervento contattate me e gli altri mod in privato)
NO copiare e incollare contenuti di carattere "paywall" (ad esempio articoli che richiedono la sottoscrizione di un abbonamento per poter essere consultati)


In questo thread possono essere postati e discussi, oltre a tutti i fatti di cronaca relativi al conflitto in atto, quelli "collaterali" di carattere politico che hanno luogo al di fuori del nostro Paese. Per fare un esempio: discussione politica italiana sul caro energia come conseguenza delle sazioni alla Russia NO, matrice politica dell'attentato a Dugina SI.


Questo è l'ultimo avvertimento che vi scriviamo, da ora in poi interverremo direttamente alle trasgressioni delle regole.

Chi sarà ammonito si aspetti di poter essere bannato o addirittura oscurato dal topic, se continuerà a non rispettare le regole.
 
Ultima modifica:



 
Yermark capo dell'ufficio presidenziale sul telegram dice che la loro missione è tornare ai confini del 1991, quindi non basta che i russi si ritirano, è inutile che scrivono "important"
sembrano radicalizzati peggio dei fondamentalisti islamici, con la loro ideologia estremista.

Perche' non hanno intenzione di cedere pezzi del loro territorio occupato militarmente?
 
Perche' non hanno intenzione di cedere pezzi del loro territorio occupato militarmente?
Loro dicono che rivogliono anche la Crimea, lo stanno ribadendo da molto, ribadire il concetto fa capire che in caso qualcuno dica basta guerra, loro continueranno,
anche nel caso la Russia si ritirasse, o trovasse il famoso accordo con gli USA, in quel posto ci sarà sempre una guerra, magari a bassa intensità, che molti prossimamente metteranno sotto al tappeto, e faranno finta di nulla come prima di Febbraio 2022
 
Perche' non hanno intenzione di cedere pezzi del loro territorio occupato militarmente?
Esattamente: prima o poi capiranno che, in un modo o nell'altro, dovranno cedere pezzi del loro territorio così come già accennato dal Washington Post: ...i funzionari statunitensi affermano di ritenere che Zelensky probabilmente avallerebbe i negoziati e alla fine accetterebbe di fare delle concessioni, come peraltro si era detto pronto a fare all’inizio della guerra. Credono che Kiev stia tentando di limitare al massimo le conquiste militari dei russi prima dell’arrivo dell’inverno, quando potrebbe aprirsi una finestra per la diplomazia.
L'articolo del WP fa il paio con lo scoop del Wall Street Journal (di cui oggi parlano i vari tg) secondo il quale il consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ha più volte parlato in via riservata con i russi per discutere di una soluzione della guerra in Ucraina.
Bisogna tuttavia considerare anche che l'interpretazione data a queste attività è duplice: stabilire un reale dialogo per evitare una escalation, e quella che vede in questi colloqui solo una finta apertura allo scopo di evitare la controffensiva russa del prossimo inverno che, secondo il Colonnello (in pensione) Douglas MacGregor, si prospetta disastrosa per l'Ucraina che nel corso delle recenti offensive, nonostante la propoganda dei media, ha subito pesantissime perdite.
Nella sua analisi MacGregor parte dal suggerimento del Generale Petraeus (in pensione) che auspica un'azione militare nel conflitto ma non come forza NATO, bensì come una coalizione di volenterosi sul modello dell'Iraq:
Petraeus non spiega perché sia necessaria un'azione militare statunitense. Ma non è difficile da indovinare. L'intervento ha lo scopo di salvare le forze ucraine dalla sconfitta e presumibilmente costringere Mosca a negoziare alle condizioni di Washington, qualunque esse siano.
[...] Il suggerimento di Petraeus conferma due intuizioni critiche. In primo luogo, lo stato pericoloso delle forze armate ucraine. In assenza dei combattenti stranieri e dei soldati polacchi, all'Ucraina resta poco per resistere alle offensive invernali russe. La serie di contrattacchi ucraini negli ultimi 60-90 giorni è costata all'Ucraina decine di migliaia di vite, capitale umano in uniforme che Kiev non può sostituire. Secondo, è l'undicesima ora. La mazzata russa pronta a colpire il regime di Zelensky e prevista nel periodo di novembre o dicembre, o ogni volta che il terreno si congela, schiaccerà tutto ciò che resta delle forze ucraine.
[...] George F. Kennan, diplomatico e storico americano, ha insistito 30 anni fa sul fatto che "noi [americani] tendiamo a enfatizzare eccessivamente i fattori militari a scapito di quelli politici e, di conseguenza, a militarizzare eccessivamente le nostre risposte". Il risultato, sosteneva Kennan, è l'incapacità cronica di Washington di collegare lo sviluppo e l'uso della potenza militare americana ai fini raggiungibili della strategia nazionale.

 
@Tutti
Theta
moon knight Ieri ha linkato un recentissimo video del generale Ben Hodges.
IronMario

Se siete interessati a cercare di capire almeno un po' l'aspetto militare (e ad ascoltare in merito, oltre al resto, ciò che è classificabile come l'opinione di una persona che mi sembra decisamente competente) vi consiglio, ma proprio tanto (almeno per la mia percezione, ma questo è scontato), di seguire sia su facebook (dove, oltre a scrivere - al netto di qualche typo - davvero bene, posta quotidianamente scandendo la cronologia della guerra in giorni e rispondendo pure ai commenti assertivi, riflessivi, interrogativi [la cui sezione include oltretutto gente - maschi, femmine - che usa il cervello per impegnarsi a capire e che pone domande interessanti, o direi "normali", inserendo anche alcuni link altrettanto interessanti]) sia sul canale youtube di LiberiOltre il colonnello in congedo (ma che continua a darsi da fare) Orio Giorgio Stirpe per analisi, ragionamenti, aggiornamenti e opinioni sulla guerra in Ucraina. Conosce l'inglese, vive in Norvegia e nel video che ho postato in precedenza è stato citato come punto di riferimento essenziale sia da Dino Parrano sia soprattutto (peraltro accompagnando la citazione ad una critica verso gli ufficiali in pensione apparsi sulla tv italiana) dal giornalista di Odessa Ugo Poletti (il quale, ripeto, vive integrato nella comunità ucraina dal 2017 con l'attuale moglie ucraina), è già egli stesso un appassionato di storia militare e nel video spiega che, proprio perché ha deciso di restare, aveva il bisogno impellente di essere tenuto costantemente al corrente di cosa sta succedendo sul campo innanzitutto perché ciò condiziona direttamente la sua vita lì.

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Esempio di quattro recenti post a cadenza quotidiana su facebook (l'ultimo, cioè il primo in ordine di apparizione qui sotto, è di oggi):

Giorno 258

Dopo gli ultimi articoli in cui ho cercato di descrivere la situazione di degrado in cui versano al momento le Forze Armate russe, mi aspetto di sentirmi chiedere la domanda fatidica: “Ma se i russi sono messi così male, come mai gli ucraini non sono già a Mosca?”, con il sottinteso che ovviamente i miei articoli siano la solita propaganda “atlantista”.
Il fatto è che non si tratta affatto di un commento sciocco; se lo si analizza serenamente, in realtà mette a fuoco un problema di fondo che la maggior parte dell’opinione pubblica non afferra e che gli addetti ai lavori tendono a non spiegare in quanto per loro la spiegazione appare ovvia.
Mi riferisco alla dimensione temporale di un conflitto armato.
La guerra prende il suo tempo.
Leggendo svogliatamente la storia sui testi scolastici tende a sfuggire come conflitti che spesso riassumiamo mentalmente in poche frasi in realtà durano maledettamente a lungo. Se il 24 febbraio invece della Guerra di Ucraina fosse cominciata la II Guerra Mondiale, oggi dopo dieci mesi saremmo nel mezzo della Campagna di Francia e Mussolini non avrebbe ancora neppure dichiarato guerra: mancherebbero ben cinque lunghissimi anni alla fine del conflitto più tremendo della storia.
È sempre stato così: la gente dimentica che quando Annibale invase l’Italia, ci rimase oltre vent’anni. Quando Roma vinse a Zama la battaglia decisiva, fra i suoi soldati ce n’erano alcuni che erano nati già a guerra iniziata.
Dieci mesi di guerra paiono un’eternità a chi si trova a viverla, ma in realtà sono un’inezia in un conflitto simmetrico. Vogliamo ricordare la “Guerra dei Cento Anni”? C’è un motivo se si chiama così...
L’evoluzione tecnologica e la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa hanno fatto sì che la guerra, anche se ci partecipiamo solo indirettamente, arrivi molto vicina alla nostra percezione, e questo è un bene perché ci rende consapevoli; però ci rende anche impazienti, e questo conduce ad aspettative irragionevoli.
La guerra non ci piace, e vorremmo finisse in fretta. C’è chi ne auspica una fine giusta, e c’è anche chi vuole che finisca subito, indipendentemente dal “come”.
Senza entrare in un giudizio etico sul diverso modo di vederla, un po’ tutti i differenti gruppi che seguono in maniera più o meno partigiana l’andamento della guerra sono accomunati da un punto: l’illusione che possa concludersi in fretta, riportandoli quasi magicamente alla loro vita “di prima”.
Si tratta – appunto – di un’illusione.
Probabilmente l’illusione è alimentata dall’esperienza relativamente recente di conflitti che sono durati abbastanza poco, come le guerre arabo-israeliane, quella nelle Falklands o i conflitti nel Golfo... Ma si è trattato di casi in cui la differenza tecnologica fra i contendenti era tale da non lasciare scampo a una delle due parti, e pur essendo classificabili come “ad alta intensità”, non si è trattato di conflitti “simmetrici”, fra avversari alla pari.
Ci sono anche stati conflitti ad alta intensità che sono durati a lungo, come la Corea o la guerra fra Iran e Iraq, ma forse quelli in Europa sono stati vissuti come distanti e poco coinvolgenti... Ci sono stati il Vietnam e l’Afghanistan, durati rispettivamente dieci e vent’anni, ma in entrambi i casi si è trattato di conflitti asimmetrici a bassa intensità.
L’Ucraina è diversa: qui la guerra è ad intensità maledettamente alta, ed è assolutamente simmetrica, fra due avversari dotati di armi avanzate, di elevata capacità e con risorse di lungo termine, per cui non è dato il caso che una delle due parti crolli per puro esaurimento. Si tratta di un conflitto che coinvolge direttamente una “superpotenza”, quindi non può concludersi con un accordo “fra Grandi” alle spalle dei contendenti... Ma soprattutto non è uno scontro di confine con motivazioni limitate, bensì uno scontro totale, dove i Governi contrapposti si giocano il futuro delle rispettive Nazioni e quindi non sono disposti a recedere dai loro intenti fintanto che vedono la possibilità di un successo sul campo.
È su quest’ultimo punto che si gioca la trappola psicologica dove il pubblico che assiste alla tragedia ritiene di saperne più degli attori protagonisti ed emette sentenze sbrigative secondo cui una o l’altra parte “non può” vincere, oppure che un conflitto prolungato “inevitabilmente” porterà allo scontro nucleare.
Nella vulgata non solo dei partigiani nel parterre, ma anche in quella di molti commentatori seduti in tribuna subentrano veri e propri “dogmi” attorno ai quali costruiscono le loro teorie secondo cui il conflitto si potrebbe concludere in un modo solo (quello suggerito da loro), oppure trasformarsi in un Moloch destinato a divorare l’Universo intero...
La guerra fra Nazioni evolute è un fenomeno estremamente complesso che mette in moto energie immense e risorse incommensurabili: chiunque abbia un minimo di studi scientifici sa che laddove sono in campo masse ed energie particolarmente notevoli, generalmente si devono considerare spazi e soprattutto tempi altrettanto ingenti.
La guerra non è un fenomeno scientifico: è un fenomeno umano, probabilmente il più complesso e cataclismico di tutti, ed è quindi particolarmente difficile da analizzare. Ma è comunque un fenomeno transitorio, con regole intricate ma pur sempre leggibili. Quando ci troviamo immersi al suo interno ci appare come un caso unico, completamente diverso da tutti i precedenti, e ci illudiamo che le regole con cui affrontarlo possano differire da quelle di tutti gli altri casi precedenti... Ma in realtà cambiano solo le forme del conflitto, mentre i fondamentali rimangono sempre gli stessi.
Due potenziali militari contrapposti si scontrano fra loro, e se uno dei due non si frantuma al primo impatto cominciano ad erodersi a vicenda mentre ciascun sistema-Nazione cerca di alimentare il proprio potenziale in maniera da mantenerlo e se possibile anche di accrescerlo per sostenere lo scontro.
Si tratta di un processo lungo, specialmente quando i due sistemi-Nazione dimostrano capacità elevate di resilienza. Augurarsi una rapida conclusione del conflitto è del tutto umano, ma anche assolutamente irragionevole: non esiste un modo di interromperlo perché entrambe le parti in conflitto ritengono di poter ottenere un maggiore vantaggio dalla prosecuzione del conflitto stesso che non da una sua interruzione, e non ha nessuna importanza quel che possono pensarne coloro che siedono fra il pubblico.
Oggettivamente, entrambi i protagonisti hanno ragione.
La curva del Momentum indica chiaramente che così come sono poste le cose, l’Ucraina ha un vantaggio militare che è destinata a mantenere e che A LUNGO TERMINE la condurrà al ripristino della sua integrità territoriale, che è il suo scopo; è pertanto irragionevole aspettarsi che possa accettare di fermarsi rinunciando a qualcosa che ritiene irrinunciabile e che per di più è alla sua portata, indipendentemente dai dogmi dei sedicenti esperti che liquidano tale eventualità come “impossibile”.
Nel contempo però la Russia riconosce che l’attuale tracciato della curva del Momentum dipende dal sostegno attivo che l’Occidente assicura all’Ucraina: se tale sostegno venisse a mancare, la curva cambierebbe di segno e il raggiungimento degli obbiettivi egemonici del Regime russo tornerebbe ad essere una prospettiva realistica, laddove il loro abbandono a questo punto comporterebbe ancor più realisticamente la caduta del Regime stesso.
Invocare la pace è umano, ma a questo punto è anche irragionevole: per volere la pace occorre essere in due, e nessuno dei due contendenti ha interesse a una pace nelle presenti condizioni; al contrario, entrambi ritengono possibile raggiungerla attraverso il successo militare, e quindi continueranno ad andare avanti.
Nelle condizioni attuali, il potenziale militare dell’orso Vladimiro continuerà a logorarsi lentamente ma inesorabilmente, mentre quello ucraino continuerà a crescere fino a che sarà in grado di sopraffare l’avversario e ripristinare la propria integrità territoriale.
Un cambio di condizioni, con la sospensione del sostegno occidentale, invertirebbe il processo in atto, portando l’orso a prevalere.
L’unica alternativa possibile è questa.

Orio Giorgio Stirpe

Giorno 257

Abbiamo visto come si articola un esercito moderno a livello tattico, dalla Squadra di dieci uomini fino alla Brigata che va da circa tre a cinquemila. L’articolazione di queste unità normalmente prevede un Comando, una componente di supporto sia tattico che logistico di dimensioni crescenti man mano che si sale di livello ordinativo, e una “terna” di elementi da combattimento del livello inferiore (ad esempio compagnie in un battaglione o battaglioni in una Brigata).
A seconda del tipo di unità di cui si parla, queste avranno un sistema di equipaggiamento prevalente di un tipo o di un altro (carri armati, autoblindo, veicoli corazzati per fanteria cingolati o ruotati, oppure camion o mezzi leggeri), e in base a questo l’unità stessa assumerà la denominazione di “corazzata” (su carri armati), “meccanizzata” (veicoli corazzati pesanti), “motorizzata” (veicoli blindati leggeri) oppure “leggera” (camion o pick-ups). Nel caso di Unità moderne e organizzate apposta per combattimenti pianificati, spesso assistiamo ad una mescolanza di elementi e la denominazione si riferisce all’equipaggiamento presente in almeno due terzi dei componenti.
Fin qui la teoria, abbastanza astratta. Ma che tipo di personale troviamo all’interno di queste unità, chi le comanda e come si evolvono durante il conflitto?
In teoria i comandanti delle diverse unità hanno gradi specifici: sergenti per le squadre, tenenti per i plotoni, capitani per le compagnie, tenenti colonnelli per i battaglioni, colonnelli per i reggimenti e generali ad una stella per le Brigate. I nomi dei gradi possono variare da esercito ad esercito, e comunque ci possono sempre essere eccezioni, ma questa convenzionalmente è la norma.
Circa il personale, ormai in quasi tutti gli eserciti occidentali questo è normalmente professionista, e troveremo personale di leva o riservista solo nelle unità mobilitate all’emergenza. A causa dell’eredità sovietica e della crisi del 2014, l’esercito ucraino all’inizio della guerra era ancora fondamentalmente di leva e la mobilitazione l’ha reso ancor più tale, ma la situazione di emergenza degli ultimi otto anni ha anche creato un elevato numero di veterani tanto nel personale in servizio che fra i riservisti, e questo ha fatto molta differenza riducendo sensibilmente il divario iniziale con i “professionisti” russi. Anche il programma di addestramento prebellico della NATO, rivolto ad “addestrare gli addestratori” ha avuto un impatto sensibile.
L’esercito russo invece era “a metà del guado” fra l’esercito di leva e quello professionale. L’intento era professionalizzarlo del tutto, ma date le dimensioni dell’esercito russo e quello del suo budget questo si era rivelato troppo costoso, così la leva era ancora in atto, con due “chiamate” all’anno. In teoria circa due terzi del personale dell’esercito erano “a contratto” e un terzo di leva, con variazioni notevoli da reparto a reparto. Siccome anche per l’equipaggiamento valeva lo stesso problema (mescolanza di materiale moderno e residuati obsoleti) all’interno delle Brigate, alla fine queste avevano valori di prontezza al combattimento (riconducibili alla “tempestività” del nostro Triangolo Decisionale) variabili: ogni Brigata (o reggimento indivisionato) aveva tre battaglioni, ma a seconda della prontezza (di livello A, B o C) era in grado di trasformarli tutti, solo due o appena uno in BTG; il resto poteva essere approntato solo in seguito alla mobilitazione.
Questa situazione ha generato l’equivoco all’inizio del conflitto sulla presenza o meno di coscritti nelle forze attaccanti: semplicemente i generali hanno dovuto necessariamente inserire personale di leva nei BTG attivati a causa della mancanza di personale “a contratto” rispetto ai livelli preventivati: un po’ come i “piani quinquennali” di memoria sovietica, che non raggiungevano mai veramente gli ambiziosi obiettivi prefissati. A questo proposito è effettivamente probabile che Putin, dalla sua ottimistica “bolla” informativa, non fosse inizialmente al corrente delle carenze di personale sul campo.
L’inizio del conflitto, funestato dal catastrofico errore concettuale della pianificazione russa relativo alla presunta scarsa volontà di resistere da parte ucraina, ha portato a perdite gravissime tanto fra gli ufficiali Comandanti di unità a tutti i livelli tattici (dalla squadra alla Brigata), che in generale fra i militari “a contratto”, cioè quelli più esperti. Anche le perdite in equipaggiamento hanno ovviamente colpito soprattutto i materiali più moderni: quelli che a causa dell’elevata componente tecnologica occidentale e delle sanzioni sono più difficili (spesso impossibili) da rimpiazzare.
Di qui la disperata necessità di una mobilitazione, seppure ritardata.
La mobilitazione serve tre bacini differenti di personale militare. Il primo è costituito dalle unità da combattimento già in linea, che devono ripianare le perdite subite: sono i cosiddetti “rincalzi”, e sono tratti dai “richiamati” con esperienza pregressa maggiore e più pronti al combattimento. Il secondo bacino è quello del personale necessario ad attivare quelle unità che non è stato possibile approntare per il combattimento all’inizio: quei battaglioni che per scarsità di personale e obsolescenza del materiale non erano stati trasformati in BTG e che adesso diventa possibile mandare ugualmente al fronte: questi sono i soldati di leva privi di esperienza, che vengono addestrati velocemente (o non vengono addestrati del tutto), raccolgono l’equipaggiamento che trovano e vengono immessi in combattimento come “carne da cannone”. Il terzo bacino è quello di supporto, necessario ad attivare tutti quei servizi nelle retrovie che risultano abbandonati a causa della partenza per il fronte dei soldati “a contratto” ma che è indispensabile riattivare per consentire il funzionamento della macchina bellica: autisti, meccanici, cucinieri, guardie... Normalmente questi sono i più anziani o fisicamente meno validi.
Come si vede, tutti e tre questi bacini di personale mobilitato portano ad una sostanziale diluizione dell’esperienza nelle unità che vanno ad alimentare, e quindi ad una grave riduzione della qualità e dell’efficacia in combattimento, a vantaggio di un generale aumento quantitativo e quindi almeno in teoria di una certa efficienza logistica.
In sostanza la mobilitazione attuata in ritardo e cioè dopo che le perdite in combattimento hanno già compromesso l’efficacia delle unità professionali prebelliche, sta cambiando la natura stessa dell’esercito russo, che da semi-professionale e relativamente moderno si sta trasformando con l’inserimento massiccio di personale inesperto e di materiale obsoleto in un esercito di leva assai meno esperto di quello avversario e sempre meno coeso dal punto di vista dello “spirito di corpo” che dovrebbe cementare la coesione dei reparti.
Quest’ultimo aspetto è esasperato dalle perdite fra i Comandanti a tutti i livelli. Sempre di più l’intelligence ci rivela come ormai la maggior parte delle squadre operano prive di un sergente, in quanto i sergenti sopravvissuti sono andati a comandare i plotoni: questo perché i tenenti ora devono comandare le compagnie e i capitani sono caricati della responsabilità di comandare i BTG.
Come abbiamo visto, i BTG sono organizzazioni estremamente complesse che richiedono Comandanti esperti per essere gestiti con efficacia; se poi sono seriamente danneggiati, il loro comando diviene ancora più difficoltoso, e affidarlo ad ufficiali inesperti è pericoloso.
Assistiamo già ora alla tendenza – naturale ma anche suicida - di mandare in prima linea i BTG mobilitati con Comandanti inidonei, personale inesperto e materiale obsoleto, allo scopo di preservare quelli veterani ancora dotati di un minimo di componente esperta e qualitativamente idonea ad azioni dinamiche e risolutive. Questo conduce inevitabilmente a perdite crescenti e ad una costante erosione del morale e dello spirito di corpo, per cui i reparti minori si augurano la rovina di quelli che stanno loro intorno sperando di sopravvivere grazie al loro sacrificio.
Si tratta di un esercito le cui caratteristiche – lungi dall’essere quelle di un’organizzazione coesa e professionale – corrispondono sempre più a quelle di un vasto insieme di milizie eterogenee, male armate e male addestrate, dotate di motivazioni differenti fra loro e addirittura divise da una crescente rivalità reciproca generata dalla volontà di sopravvivenza.
Ci sono fra queste ancora diverse formazioni efficienti che sono state capaci di preservare in qualche modo le loro capacità (in generale si tratta per motivi differenti delle VDV e dei mercenari Wagner), ma nel complesso si può ormai dire che l’orso Vladimiro ha largamente ottenuto il risultato di depotenziare clamorosamente l’intero esercito russo.

Orio Giorgio Stirpe

Giorno 254

Chi segue con attenzione il conflitto in Ucraina, oggi è concentrato su Kherson.
La grande novità di cui si parla mentre ancora sto scrivendo, è che la bandiera russa è stata ammainata dal palazzo dell’amministrazione dell’Oblast (l’equivalente della nostra Regione) e che numerosi posti di blocco militari sono stati rimossi intorno e dentro all’abitato. Ci sono state anche numerose azioni di disturbo da parte della Resistenza e delle Forze Speciali ucraine soprattutto intorno all’approdo nordoccidentale del famoso ponte Antonovsky che collega la città alla sponda opposta del Dnipro, e in molti si sono infiammati immaginando una prossima partenza dei russi.
Non credo sia quello il caso.
Innanzitutto cerchiamo di collegare le cose: è vero che il nuovo Comandante operativo Surovikin ha annunciato “misure dolorose” in Ucraina, ma abbiamo già visto che fra queste il suo padrone Putin non è disposto ad accettare l’abbandono di centri urbani significativi dal punto di vista politico. Le unità russe nella Testa di Ponte a occidente del Dnipro, che come abbiamo detto molte volete sono fra le migliori dell’intero esercito visto che includono l’intera 7^ Divisione aviotrasportata delle VDV e la Brigata di Fanteria di Marina della Flotta del Mar Nero, tengono saldamente le loro posizioni, e in alcuni punti le hanno anche migliorate negli ultimi giorni anche se hanno significativamente ridotto il loro rateo di fuoco.
L’evacuazione del personale civile fedele a Mosca dalla sponda occidentale del fiume è stata completata, e ci sono indizi pesanti che sia in corso una vera e propria deportazione selettiva della popolazione ucraina verso i territori ancora controllati dai russi o addirittura nella Russia vera e propria, a cominciare dai minori (il che costituisce crimine di guerra).
E’ in corso una vasta serie di apprestamenti difensivi lungo la sponda orientale, dove chiaramente i russi intendono fissare la loro linea difensiva principale, che inevitabilmente a causa della sua posizione includerà l’area della Centrale Nucleare di Enerhodar (comunemente definita impropriamente “di Zaporzizhia” anche se dista parecchio dalla città che mai è caduta in mano russa); fra le misure in corso c’è anche l’allontanamento della popolazione civile, presumibilmente dovuto all’esigenza di prevenire l’invio di informazioni sulla posizione precisa delle postazioni difensive russe all’artiglieria ucraina.
Infine, buona parte del personale recentemente mobilitato (e quindi maggiormente “spendibile”) è stata inviata nella zona e in particolare nella testa di Ponte, dalla quale invece sono stati ritirati gli elementi di Comando e Controllo principali.
Tutto questo indica chiaramente come i russi abbiano semplicemente abbandonato la loro illusione che la Testa di Ponte possa mai rappresentare un trampolino di lancio verso un’improbabile conquista di Odesa, e si apprestino invece semplicemente a difenderla a tempo indeterminato per salvaguardarne il valore politico (ragione fondamentale apposta da Putin) e per proteggere la linea difensiva principale (motivazione tecnica di Surovikin).
In questo contesto i Posti Comando e l’amministrazione civile sono stati ritirati in zone meno esposte alla minaccia ucraina assieme all’artiglieria a tiro più lungo e alle unità maggiormente mobili, mentre la Testa di Ponte è stata rinforzata con fanteria leggera (di fresca mobilitazione) in teoria maggiormente idonea alla difesa statica a lungo termine di posizioni fortificate.
In questo contesto appare normale che il Palazzo dell’Oblast sia stato sgomberato dall’amministrazione regionale e che i posti di blocco che proteggevano amministratori, Comandi militari e cittadini collaborazionisti ormai non più presenti siano stati rimossi per rinforzare invece le difese esterne della città. Questo probabilmente lascerà maggiore spazio alla Resistenza e alle Forze Speciali infiltrate, ma d’altra parte la deportazione di parte della popolazione residente priverà entrambe dell’”acqua” in cui sono abituate a “nuotare” (come da massima di Mao).
Insomma: non vedo come prossimo l’abbandono di Kherson da parte russa.
Detto questo, vorrei però precisare che anche se sarà una delusione per chi sostiene l’Ucraina, in quanto allontana la prospettiva della liberazione della principale località occupata del Paese, e magari segnerà un punto politico a favore di Putin e delle sue ambizioni imperiali, in realtà le cose vanno viste diversamente.
Se Surovikin fosse autorizzato a ritirare la 7^ Divisione, la Brigata di Fanteria di Marina e le altre Unità di élite che difendono la Testa di Ponte, queste potrebbero essere raggruppate e reimpiegate con maggiore successo e migliore sostegno logistico altrove: in particolare laddove l’avanzata ucraina ha registrato i maggiori successi militari (ancorché poco visibili politicamente), e cioè nel nord del Luhansk, da dove già durante l’inverno sarebbe possibile puntare sul capoluogo amministrativo di tale Oblast avvolgendolo dal nord insieme a Severodonetsk, e dove non esistono ostacoli naturali all’avanzata di forze meccanizzate paragonabili al Dnipro.
Una simile manovra militare da parte russa condurrebbe alla liberazione di Kherson, ma renderebbe molto più difficile la prossima offensiva ucraina: sarebbe insomma l’ennesima manovra per i russi militarmente ragionevole ma politicamente costosa che Putin semplicemente non autorizzerà mai.
Quindi non mi aspetto che succeda, almeno non a breve termine, e questa militarmente è un’ottima notizia per gli ucraini: le forze di élite russe nella Testa di Ponte sono le più difficili da scalzare, ma sono decisamente sprecate a difendere una posizione militarmente insignificante; e Kherson è del tutto insignificante perché la sua liberazione – per quanto politicamente significativa – non porterebbe nessun vantaggio ulteriore in quanto il Dnipro è quasi impossibile da attraversare di fronte ad un nemico saldamente attestato a difesa.
Mentre nel Luhansk un rinforzo di Unità meccanizzate veterane russe sarebbe estremamente pericoloso.
Tutto questo mi porta ad una considerazione tecnica che probabilmente alla maggior parte dell’opinione pubblica tende a sfuggire mentre per i tecnici è un’ovvietà che non merita approfondimenti: cos’è che rende questa 7^ Divisione in particolare e le VDV (forze aviotrasportate) in generale così speciali?
Le VDV costituiscono una branca separata di élite all’interno dell’esercito russo, con uno status che potremmo paragonare a quello dei nostri Carabinieri prima che venissero elevati a Forza Armata autonoma: in sostanza ricevono più fondi che gestiscono autonomamente, ricevono il personale migliore ed equipaggiamenti specifici e più avanzati, e soprattutto godono di una notevole autonomia decisionale.
A differenza dei paracadutisti occidentali, non sono fanteria leggera di élite, ma una sorta di forza pesante con limitata capacità aeromobile. Effettuano quando necessario operazioni elitrasportate, ma in tutta la loro storia hanno eseguito un’unica operazione aviolanciata durante la II Guerra mondiale conclusasi in un disastro, e poi una serie di azioni aeromobili come le occupazioni preventive di Praga e di Kabul, ma in generale combattono come fanteria meccanizzata a bordo di veicoli corazzati fra i migliori in dotazione all’Armata e che sono – almeno in teoria – aviolanciabili.
In un periodo in cui il morale e la motivazione al combattimento dei soldati dell’esercito russo – soldati a contratto o richiamati dalla Riserva – appare seriamente scosso, questi soldati delle VDV costituiscono un gruppo di veterani particolarmente addestrati ed induriti che dovrebbe essere impiegato laddove hanno luogo le azioni decisive, e non quelle maggiormente visibili o politicamente motivate.
Sacrificarli in una difesa statica e militarmente insignificante di un’area urbana non ha militarmente alcun senso.
Ma del resto, neppure l’invasione dell’Ucraina da parte dell’orso Vladimiro ne aveva.

Orio Giorgio Stirpe

Giorno 252

Per tutti coloro che hanno prestato ascolto agli ultimi deliri di Medvedev: NO, la situazione non è cambiata, non c’è nessun innalzamento del rischio nucleare, e far discutere di tale rischio e generare paura è esattamente lo scopo di tale scomposta esternazione. Fine del discorso e passiamo ad altro...
Continuo a sentirmi chiedere cosa mi rende così sicuro dell’ineluttabilità di un successo militare ucraino entro la prossima estate. Vorrei dedicare questo articolo a spiegare nei limiti del possibile questa mia convinzione in termini semplici e comprensibili ai più.
Finora ho sempre parlato di “potenziale militare” spiegando il rapporto di forze che determina l’andamento delle operazioni militari sul terreno. Questo “potenziale” dipende dallo strumento militare della Nazione e dalla capacità del sistema-Nazione stesso di sostenere tale strumento.
Se lo strumento militare non è proporzionato al sistema-nazione che lo deve sostenere – per esempio è troppo grande per essere sostenuto – allora lo strumento non rende come dovrebbe. Un po’ come un’auto con una carrozzeria sproporzionata ad un motore che non è abbastanza potente, e che quindi manca di ripresa e di potenza.
È anche vero il contrario: esistono Nazioni con un sistema formidabile e con uno strumento militare irrisorio (come la Germania) che non può supportarne la politica estera (infatti la politica estera tedesca fuori dalla EU è quasi inesistente e delegata in toto alla stessa EU).
Lo strumento militare a sua volta è ovviamente una struttura estremamente complessa che però possiamo riassumere sostanzialmente in un insieme di valori quantitativi e qualitativi che ne determinano la capacità complessiva.
I valori quantitativi – diciamo pure la “quantità” – di uno strumento militare sono del tutto ovvii: il numero dei suoi soldati e dei suoi sistemi da combattimento. La “qualità” invece è meno ovvia, perché è data dall’insieme di un gran numero di caratteristiche differenti che si influenzano a vicenda, quali la modernità dei mezzi militari, il livello di addestramento dei soldati, la professionalità della Catena di Comando, la funzionalità del supporto logistico e soprattutto – come non mi stanco mai di ripetere – la motivazione del personale.
Il calcolo dello strumento militare di una nazione è complicatissimo, in quanto mentre la quantità di un esercito è perfettamente misurabile, la sua qualità non lo è affatto in quanto composta da caratteristiche imponderabili. Subentra qui l’analisi di intelligence militare basata sull’esperienza acquisita dai professionisti del campo, basata tanto su dati sperimentali che sull’istinto dell’operatore... E questo può portare ad errori clamorosi come quello sul reale potenziale dell’esercito afghano (sigh!).
La capacità di uno strumento militare consiste nel disabilitare gli elementi costituenti dello strumento militare avversario. E qui devo aprire una parentesi.
Nell’immaginario collettivo, dai tempi di Omero ad oggi, ogni guerriero in combattimento abbatte un numero imprecisato di avversari. In realtà questo NON avviene; se fosse così gli eserciti si sterminerebbero completamente a vicenda e tornerebbero a casa solo quattro gatti vincitori, cosa che avviene solo nei film e nei romanzi fantasy.
Nella realtà in guerra pochi soldati abbattono realmente un avversario, pochi carri armati distruggono un carro nemico, pochissimi aerei abbattono un aereo ostile. La stragrande maggioranza degli elementi di un esercito non arrivano mai ad eliminare una propria controparte.
Per questa ragione nel calcolo del rapporto di forze fra due opposti potenziali militari, il massimo grado di successo di ogni elemento costituente è considerato pari a 1.
In base a questo ragionamento, il calcolo della qualità di uno strumento militare si effettua in un campo che varia fra 0 a 1.
Il valore dello strumento militare di ciascuna parte in conflitto è quindi dato dal suo valore quantitativo moltiplicato per un fattore qualitativo difficilissimo da calcolare ma comunque compreso fra 0 e 1. Due strumenti militari contrapposti si danneggeranno a vicenda in ragione del rispettivo valore fino al momento in cui l’attaccante “culminerà” (e cesserà quindi necessariamente l’azione) oppure il difensore perderà la motivazione al combattimento necessaria a sostenere l’attacco avversario e si ritirerà. Azione durante, i Comandi contrapposti misurano l’andamento dello scontro calcolando la variazione dei valori reciproci (soprattutto a livello quantitativo, più semplice e immediato da seguire) con la procedura del BDA (Battle Damage Assessment).
Da notare che le variazioni non sono solo negative, perché nel frattempo il sistema-Nazione alimenta lo sforzo militare immettendo nuove risorse nello strumento militare (uomini e mezzi, ovviamente di qualità variabile), quindi la variazione del valore degli strumenti reciproci è continua sia in positivo che in negativo.
La curva che indica la variazione del rapporto fra i rispettivi strumenti militari di solito coincide di massima con quella del Momentum, e contribuisce a verificarla.
Detto questo, sperando di essere risultato comprensibile, torniamo all’Ucraina.
La Russia ha attaccato il 24 febbraio con un potenziale militare enormemente superiore, ma con uno strumento militare non adeguato a tale potenziale in quanto il sistema-Nazione non era in grado di sostenere uno strumento tale da risultare abbastanza preponderante rispetto a quello ucraino da poterlo sbaragliare.
La vera superiorità iniziale dello strumento russo non era tanto funzione della quantità, di poco superiore a quella iniziale ucraina, quanto della sua qualità.
Per effetto della mobilitazione immediata, la quantità dello strumento ucraino ha cominciato ad aumentare da subito compensando le perdite prima e incrementando il valore totale dopo, con l’entrata in linea delle nuove Brigate a metà estate; nel contempo, grazie all’attivazione del sistema-Nazione, all’esperienza acquisita sul campo e al sostegno occidentale, la qualità dello stesso strumento cresceva lentamente ma costantemente.
Contemporaneamente, non avendo mobilitato, la quantità dello strumento russo calava rapidamente, e a causa del mancato sostegno del sistema-Nazione (colpito dalle sanzioni occidentali) calava anche la qualità: il numero dei soldati professionisti rispetto ai coscritti calava irrimediabilmente, e i carri armati moderni venivano sostituiti da carri obsoleti.
La mobilitazione ritardata della Russia ha avuto come effetto un arresto del calo quantitativo (almeno per quanto attiene al personale), ma anche un incremento del calo qualitativo (le reclute sono poco addestrate, male equipaggiate e scarsamente motivate). Insomma, il valore dello strumento russo non ha tratto alcun giovamento reale dalla mobilitazione, e continua a degradare per effetto dell’azione di quello ucraino, i cui valori sia quantitativo che qualitativo continuano lentamente ad aumentare.
La curva della variazione del rapporto fra i due strumenti contrapposti ci conferma dunque che il Momentum si mantiene costantemente favorevole all’Ucraina.
Il vero problema della Russia rimane il suo sistema-Nazione: indipendentemente dallo sforzo che il Regime possa mettere in atto per rafforzare il suo strumento militare – che comunque appare compromesso dal punto di vista qualitativo – non avrà mai la capacità di sostenere uno strumento quantitativamente tale da prevalere su quello ucraino: se non aveva questa capacità PRIMA delle sanzioni, è impossibile che possa acquisirla adesso.
Al contrario, forte di un sistema-Nazione sorretto da un’elevata motivazione (ricordo che quasi l’80% della popolazione supporta lo sforzo bellico) e del sostegno occidentale, lo strumento militare ucraino mantiene una crescita costante seppure lenta sia in termini quantitativi che soprattutto in termini qualitativi e in questi ultimi ha ormai visibilmente sopravanzato il suo avversario.
La curva del Momentum si mantiene favorevole all’Ucraina in maniera più o meno costante già da aprile, e come abbiamo visto è difficilissima da alterare e ancor più difficile da flettere.
Nel tempo, la costante crescita di questa curva porterà inevitabilmente il potenziale militare ucraino ad un livello tale da prevalere su quello russo in maniera da consentire una controffensiva alla quale l’orso Vladimiro potrà solo provare ad opporsi.
La mia personale valutazione è che il tempo necessario per raggiungere il rapporto di forze necessario sia di qui alla prossima primavera-estate.

Orio Giorgio Stirpe


Debutto sul canale youtube di LiberiOltre, in cui fra le altre cose fornisce la sua spiegazione su cosa non ha funzionato per i russi dall'inizio dell'invasione di quest'anno e perché:



Qui sotto invece, nel segmento preciso che ho linkato, per esempio spiega la differenza fra lo schema di attacco russo e quello ucraino:



 
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Loro dicono che rivogliono anche la Crimea, lo stanno ribadendo da molto, ribadire il concetto fa capire che in caso qualcuno dica basta guerra, loro continueranno,
anche nel caso la Russia si ritirasse, o trovasse il famoso accordo con gli USA, in quel posto ci sarà sempre una guerra, magari a bassa intensità, che molti prossimamente metteranno sotto al tappeto, e faranno finta di nulla come prima di Febbraio 2022

Dal momento che sarebbe un loro territorio mi sembrerebbe anche naturale, cosi' come che vogliano continuare a scacciare un invasore.
Che poi a noi non convenga il potrarsi dal momento che i russi sono armati e hanno delle risorse che ci interessano, non significa che loro siano invasati.
Immagina se domani L'Austria reclamasse il Veneto e il Trentino e a noi venisse detto che siamo invasati perche' vogliamo tenerceli.
 
Immagina se domani L'Austria reclamasse il Veneto e il Trentino e a noi venisse detto che siamo invasati perche' vogliamo tenerceli.
Immaginiamo anche che presente staremmo vivendo se gli Alleati avessero cercato la pace con i Paesi dell'Asse fermando la situazione dell'Italia all'8 settembre 1943.

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Comunque oltretutto mi sembra che la stiamo riducendo - per quanto sia un aspetto altrettanto fondamentale - ad una questione meramente territoriale, di confini geografici. Una parte della popolazione ucraina è rimasta nei territori annessi illegalmente, ha subìto e sta subendo l'occupazione di un esercito che si rende e si è reso artefice di stragi sistematiche di civili a partire da quella di Bucha e le altre a seguire, comprese quelle causate dai bombardamenti e quelle relative - come a Bucha e dintorni - alla zachistka che probabilmente devono ancora essere scoperte. Questi eventi hanno rappresentato un'ulteriore svolta nella percezione dell'invasore moltiplicando il sentimento di repulsione nei suoi confronti, mi sembra abbastanza intuitivo e lo dice espressamente anche lo stesso Zelensky (l'ex attore comico... con una laurea in legge) durante l'intervista concessa a Lorenzo Cremonesi. Per quanto riguarda la Crimea, oltre alla surreale vicenda dei cosiddetti "omini verdi" c'è stata la persecuzione dei tatari. A ciò sommiamo pure il fatto che sono vittime di una strategia del terrore volta a lasciarli al buio, al freddo e senz'acqua con la stagione invernale alle porte. Per non parlare poi della questione economica, di risorse che gli appartengono e che servono per la ripresa di un Paese in fortissima sofferenza. Infine, come mi sembra di aver già detto almeno un'altra volta, ho l'impressione che qualsiasi tregua che non comporti la ritirata russa dai propri territori (se necessario, a seguito di una sconfitta militare) sia percepita dagli ucraini come un congelamento soltanto temporaneo della minaccia espansionistica russa e quindi del conflitto.

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Ah già, l'acqua di Zelensky l'oppresso, il buono, il caritatevole...

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Per un attimo deve essersi creduto un Re, dimenticandosi che è solo un vassallo e infatti è stato prontamente sfanculato!


Il discorso del presidente del Consiglio europeo doveva essere fortemente critico nei confronti della 'guerra illegale della Russia contro l'Ucraina' e affermare che l'Europa ne sta imparando 'lezioni importanti', secondo estratti del discorso forniti dai diplomatici europei.
L'Europa è stata eccessivamente dipendente dalla Russia per i combustibili fossili, portando a uno squilibrio commerciale, avrebbe detto Michel.
'In Europa, vogliamo equilibrio nelle nostre relazioni commerciali...per evitare dipendenze eccessive...questo vale anche per le nostre relazioni commerciali con la Cina'.
Michel avrebbe anche chiesto alla Cina di fare di più per porre fine allo spargimento di sangue in Ucraina.
 
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Vedo che Zelensky "il buono" è tornato. Stavolta gli è stata appiccicata addosso l'equivalenza tra danni da bombardamento alla rete idrica durante un'invasione per - oltre a causare la morte - creare il panico e lo sconforto nella popolazione ucraina (una parte della quale ha già perso la casa o vive all'interno di un immobile che ha riportato danni) di un Paese martoriato (anche economicamente), ma che resiste, dalla guerra di aggressione che gli è stata scatenata contro, strategia del terrore che mira a portarlo ad arrendersi all'occupazione e all'annessione, e la chiusura dell'acqua senza utilizzo della violenza militare da parte di Kiev come risposta politica ad un'annessione illegale (anch'essa un'invasione); 2) c'è anche una disturbante riduzione di termini con cui si parla di "Zelensky oppresso" e non di "popolo ucraino oppresso"; 3) oltretutto a quanto pare, relativamente all'atto primario di chiuderla, Zelensky deve dare conto dell'operato dei governi che l'hanno preceduto. Chi ha letto l'articolo del Manifesto sicuramente non si è fatto sfuggire questa parte: "ll presidente ucraino Zelensky sembrerebbe più disponibile di chi l’ha preceduto a stipulare un accordo di vendita dell’acqua con la Federazione russa, soprattutto per i proventi economici che ne deriverebbero, ma la riapertura del Canale del Nord verrebbe considerata da alcuni politici e dall’opinione pubblica ucraina come una resa e come riconoscimento di fatto dell’annessione, sollevando i governi occidentali dalla necessità di mantenere le sanzioni economiche contro Mosca.". Ma per portare acqua al proprio mulino (no pun intended) semplificare fa sempre comodo. C'è poi ovviamente un bel pacco di benaltrismo puntualmente consegnato insieme all'infaticabile desiderio di mettere in relazione il suo contenuto con la situazione attuale per aggiungere pesi da una parte nel tentativo di trovare un equilibrio tra i rispettivi piatti nella bilancia di aggressore e aggredito (e s'è per quello, sul versante delle cose che non rilevano nel discorso, avevano tagliato anche l'elettricità). Insomma, torniamo sempre lì, cioè si cerca di dimostrare che, sventolando un presunto e contorto giudizio morale che segue i medesimi termini e criteri solo quando si decide arbitrariamente che debba farlo, l'azione di Kiev di chiudere i rubinetti dell'acqua alla Crimea invasa (cioè al 70% - oppure un'altra fonte dice 85% - della fornitura) valga quanto i bombardamenti alle insfrastrutture ucraine che forniscono servizi di prima necessità da parte di Mosca adesso, nel contesto della guerra di aggressione. Quindi in altre parole traduco il pensiero sottostante lo sforzo di mascherarlo: "Putin ha fatto bene e degli ucraini in fin dei conti neanche mi importa, che muoiano pure tutti". Alla fine ha ragione il sindaco di Kiev, c'è gente che la pensa davvero così (ma lui si riferiva ai russi).

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Stefania Battistini, altra nostra inviata sul posto, tre giorni fa ha postato su facebook l'articolo della Mannocchi introducendolo con queste parole: "A PROPOSITO DI PACE. E DI RESA. Per favore, leggete cosa ha scritto Francesca Mannocchi dopo 8 mesi in Ucraina".

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I ricercatori dell'Università di Adelaide hanno portato alla luce una massiccia operazione organizzata di influenza pro-Ucraina in corso sin dalle prime fasi del conflitto.
Una campagna di propaganda anti-russa originata da un 'esercito di robot' di falsi account Twitter automatizzati ha invaso Internet all'inizio della guerra.
La ricerca mostra che degli oltre 5 milioni di tweet studiati, il 90,2% di tutti i tweet (sia bot che non) proveniva da account filo-ucraini, con meno del 7% degli account classificati come filo-russi. Nel complesso, lo studio ha rilevato che gli account 'bot' automatizzati sono la fonte tra il 60 e l'80% di tutti i tweet nel set di dati.
I rapporti sulla nuova ricerca sono apparsi su alcuni siti di media indipendenti e sulla tv russa, ma non molto altro, rivelando così l'insabbiamento di storie che non si adattano alla narrativa filo-occidentale desiderata.

 
la malvagia ucraina diffonde ancora di più il suo fascismo


la russia annuncia di lasciare le operazioni oltre il fiume dinipro

in poche parole bye bye kherson occupata

ora ci sta solo il qualcosa che non quadra che quaquaraquacosa, da quando quei bugiardi russi dichiarano cosi apertamente lasciare una città come kherson?
:unsisi:
 
I ricercatori dell'Università di Adelaide hanno portato alla luce una massiccia operazione organizzata di influenza pro-Ucraina in corso sin dalle prime fasi del conflitto.
Una campagna di propaganda anti-russa originata da un 'esercito di robot' di falsi account Twitter automatizzati ha invaso Internet all'inizio della guerra.
La ricerca mostra che degli oltre 5 milioni di tweet studiati, il 90,2% di tutti i tweet (sia bot che non) proveniva da account filo-ucraini, con meno del 7% degli account classificati come filo-russi. Nel complesso, lo studio ha rilevato che gli account 'bot' automatizzati sono la fonte tra il 60 e l'80% di tutti i tweet nel set di dati.
I rapporti sulla nuova ricerca sono apparsi su alcuni siti di media indipendenti e sulla tv russa, ma non molto altro, rivelando così l'insabbiamento di storie che non si adattano alla narrativa filo-occidentale desiderata.

Ah il grande metodo di prendere research papers (tra l'altro non peer reviewed, ma vabbe') ed estrarne solo le conclusioni che ci piacciono :asd:
Se avessi capito il paper (anche se dubito che tu l'abbia aperto, te lo linko https://arxiv.org/pdf/2208.07038.pdf), e' vero che dice che i bot ucraini erano piu' dei bot russi, ma ripete anche piu' e piu' volte che gli agenti piu' influenti nel dibattito twitter erano account reali pro-russi (guardacaso cio' non viene nemmeno lontanamente menzionato dalla rinomata testata "Australia declassified", notoriamente piena di recipienti di premi Pulitzer). Quindi al caro Putin non servono solo bot (che comunque ha), gli basta pagare leccapiedi reali per ottenere molta piu' visibilita' dei bot pro-ucraina.
 
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