ho provato la medesima sensazione ma stavolta nei confronti di Rachel: da una parte il suo approcciarsi e avvicinarsi a Chloe cercando il suo aiuto sembra un po' precipitoso e dapprima non esaustivamente giustificato, ma dall'altra, anche se la conosce da pochi giorni, diversi dialoghi, comportamenti e scene (forse anche oggetti esaminati, non ricordo) suggeriscono che deve aver trascorso un periodo maggiore ad osservarla dalla distanza* ammirandone la forza interiore e quella che alla mente di Rachel deve presentarsi come un'innata schiettezza menefreghista, contrapposta al verboso politichese privo di contenuti, straripante di artifici retorici all'insegna del contegno emotivo, con cui viene trattata quotidianamente dal signor Amber. Ma su questo secondo aspetto di Chloe (schiettezza) in parte si sbaglia dal momento che la nostra piratessa sta attraversando una fase molto delicata (edit: che poi "fase" non è , credo sia qualcosa che ti accompagna per tutta la vita... oppure esiste chi riesce ad andare oltre meglio di altri, non so, resto in rispettoso silenzio, è molto complesso e credo personalissimo; mentre "delicata" in questo caso sembra un aggettivo insulso e un po' pretenzioso), l'elaborazione di un grave lutto (edit: il freddo distacco che sembra sottintendere questa terminologia clinica non è che mi piaccia granché) e l'assenza di Long Max Silver, tanto da essere sufficienti un paio di frasi ponderate che sanciscono il ritorno della guida spirituale identificata in Samuel, il bizzarro ed enigmatico giardiniere dall'animo placido e gentile, figura mistica e conturbante, lettore impegnato, che accarezza anche stavolta la protagonista con la sua saggezza discreta e sottovalutata, per scuotere violentemente una ragguardevole sezione del terreno in cui affondano le radici di questi atteggiamenti da spaccona, rassicurandola con la sua umile prosa su una verità tanto semplice da pronunciare quanto difficile da accettare: "stare male, o non stare bene, è ok".
A mitigare la sensazione citata nella prima riga interviene poi il fatto che stavolta la personalità di Rachel si è delineata più chiaramente: una ragazza cresciuta in mezzo ad agi materiali e perbenismo (dove tutto sussurra all'orecchio che "stare male non è ok") garantiti da una famiglia molto benestante, o meglio, soprattutto da un padre con una carriera politico-giudiziaria affermata e un portafoglio pingue, che sostiene di averla protetta dalla sofferenza, ma allo stesso tempo, credo io, bloccandola in un limbo di ovatta dove, contrariamente alla realtà che assedia dall'esterno quel nucleo di affetti, non ci si può pungere e dove, scusa la reiterazione ma ritengo importante ripeterlo affinché si capisca meglio il seguito, "stare male non è ok", di modo da renderle difficoltoso riuscire a manifestare le proprie, di sofferenze, spontaneamente, senza sotterfugi mediatori innalzati alla stregua di dighe razionali sulle quali si infrange la vergogna di sentirsi emotivamente nuda davanti a se stessa e agli altri. E tuttavia nel suo intimo vorrebbe mettersi ai comandi di un escavatore munito di palla da demolizione e provocare il crollo definitivo della barriera di cemento e ferro per lasciarsi andare almeno quel tanto che basta per sentirsi più in sintonia con se stessa, come, ai suoi occhi, sembra riuscirci così spontaneamente Chloe la temeraria (è appunto questo uno dei motivi per cui la ammira e vede in lei un possibile propellente per la spinta necessaria a compiere il salto nel vuoto). Per cui, divincolandosi in tale conflitto di intenti, quando trova una sponda (in Chloe) usa vie traverse (ma ben lungi dall'essere inutili a mandare avanti il processo di rottura del guscio) per lasciare fluire la corrente burrascosa del proprio travaglio interiore. La sua infanzia è durata più a lungo rispetto a quella di Chloe, come dice quest'ultima commentando un quadretto familiare appeso a una parete di casa Amber. Tra parentesi: nello stesso momento, come in tanti altri, aleggia nell'aria il brusio disturbante della perdita di William.
*Su questo punto tengo a specificare che comunque sono dell'idea che la velocità con cui un rapporto si approfondisce tra due o più persone è estremamente variabile in base a tanti fattori. Può impiegare mesi, anni o giorni, può subire accelerazioni improvvise o richiedere ritmi più rilassati per maturare in un legame solido. Forse ho appena detto una cosa banale o di poco valore per il suo essere generica.
Provando a individuare almeno un tema portante, direi che uno degli obiettivi cardine di questo secondo giro di giostra consiste nell'illustrare un ventaglio di alternative con cui le persone possono reagire quando si affaccia l'occasione e/o la necessità di rivolgersi al prossimo per chiedere aiuto in una forma di comunicazione qualsiasi uscendo dalla propria comfort zone (che non è poi così tanto confortevole). Seminato nell'episodio precedente da William durante il dialogo in auto che si conclude con l'autocombustione dell'immagine onirica di Rachel fuori dal finestrino, è proprio lei che si carica sulle spalle il fardello di diventarne la principale ambasciatrice. La via traversa con la quale cerca di esplicitare la richiesta di aiuto, ancora una volta - come per l'incendio - usando un espediente il cui significato più profondo è comprensibile soltanto a Chloe nonostante sul momento attiri l'attenzione di un pubblico più ampio che tuttavia resta in superficie, è l'improvvisazione teatrale.** Ma non è l'unico personaggio a confrontarsi con questo tema, infatti sul telefono arrivano a più riprese gli SMS di Joyce che con molti meno problemi ribadisce di aver bisogno di sua figlia, di sentire la sua mancanza. Anche Drew, a seguito della mia scelta di intervenire tempestivamente per interrompere il pestaggio perpetrato per mano di Damon aprendo quella porta del dormitorio, sembra riconsiderare le buone intenzioni di una "semisconosciuta" che inizialmente "doveva farsi gli affari propri". Sulla nostra protagonista... eh, a parte ricordare la finta seduta psicoanalitica sui sedili del pick-up, non azzardo ancora nulla, preferisco aspettare di vedere la fine del terzo episodio. Piuttosto, senza emettere nessun giudizio su cosa sia giusto o sbagliato, vorrei sottolineare come da un lato l'ideale della fuga fisica dall'epicentro del dolore veicoli un manifesto di libertà, mentre dall'altro dia l'impressione di chiudersi in una bolla di eccitazione inebriante ed euforica accompagnata da sollievo, speranze e prospettive, che accoglie una relazione ricca di emozioni autentiche riservate esclusivamente alla coppia interessata, condivise e condivisibili soltanto al suo interno. Chloe e Rachel, sotto questa lente, assumerebbero verosimilmente una posizione meno ricettiva nei confronti delle altre persone, tagliandosi fuori dal resto del mondo per crearsi il proprio paradiso di fiducia e confidenza mentre là fuori tutto va a rotoli. Se l'analisi non scricchiola, il paradosso che stimola la riflessione secondo me risiede nel fatto che per giungere a questo ipotetico risultato di chiusura (della coppia verso il mondo fuori da essa) siamo partiti da un'apertura coraggiosa del singolo verso una persona (rappresentata da Chloe per Rachel, ma anche viceversa) che divaricando uno spiraglio di affinità, comprensione e intimità l'ha reso automaticamente una sua prerogativa. In sintesi il ragionamento è questo: tu sei speciale, sei l'unica persona degna di conoscermi per ciò che sono realmente, laddove tutti gli altri non lo sono. Allora mi pongo la seguente domanda: questo meccanismo di autodifesa proiettato verso la progressiva circoscrizione di chi è meritevole di ascoltare e rispondere ai nostri pensieri e sentimenti più nascosti può renderci miopi? Poco fa ho stabilito di tenere a freno la lingua su Chloe, ma penso ad Eliot, alle sue goffe ed ingenue avance, alla foto del vecchio concerto conservata gelosamente nel cassetto della sua scrivania e ai suoi componimenti da poeta maledetto con le farfalle nello stomaco corredati di disegni, dai quali emerge il tenero tentativo di interpretare e immedesimarsi nella psiche della nostra ragazzaccia sensibile, col cuore di chi vorrebbe esplorare quel pianeta - che passa le ore ad osservare col telescopio - preso per mano dalla sua unica abitante, nonché divinità incontrastata, creatrice assoluta del cielo e della terra, per farsi spiegare che tipo di flora e fauna cresce e prolifera lassù. Ma non sa quale tuta indossare per sopravvivere alla sua atmosfera e può solo cercare di immaginarsi come sia quest'ultima mettendola nero su bianco come meglio gli riesce.
**In realtà durante il secondo atto con Chloe nei panni di Ariel (mio dio che cos'era con quel costume addosso appena l'ho vista riflessa nello specchio del camerino), nelle battute del mago che chiede al suo fedele servitore di avere ancora un po' di pazienza e accettare un rinvio alla concessione della libertà, io ci vedo in parallelo simbolico anche una Joyce che per amore materno chiede a Chloe di non allentare o spezzare certi legami proprio in un momento così difficile per entrambe, anche se vorrebbe volare via libera dalla situazione domestica angustiante e dalla presenza di un nuovo fidanzato che non approva.
Ora passiamo a considerazioni più leggere.
Povero Skip e le ovaie in fiamme.
Per aprire il baule stavo inserendo date e indirizzi.
Non è stato facile prendere la decisione di aprire la porta del dormitorio dopo l'arrivo di Damon.
Pro apertura:
- non volevo che al fratellone capitasse qualcosa di brutto
Contro apertura:
- mi aveva chiesto di restare dentro con Mikey
- mostrando la busta con le banconote avrei indirettamente confessato di aver frugato nella loro stanza, tradendo anche la fiducia di Mikey con il quale mi sembrava di aver raggiunto una certa intesa giocando insieme la partita a D&D o surrogato cartaceo inventato da LiS
- avevo letto della situazione di emergenza economica del padre e poteva essere un'opportunità da cogliere per restituire i soldi a chi apparentemente ne aveva più bisogno
- (contro apertura) un'azione del genere però quanto avrebbe guastato il rapporto con Frank, aka lo stesso spacciatore con cui avevo visto intrattenersi quella donna, di cui solo adesso conosco la vera identità, e quindi possibile fonte di informazioni sul suo conto?
Che casino, ha prevalso il timore che potesse finire molto male.
La rappresentazione teatrale è il fiore all'occhiello dell'episodio, wow.
Tra l'altro la regia non delude mai, sfrutta spessissimo le inquadrature che sfocano gli elementi ingombranti in primo piano per incorniciare ciò che è protagonista della scena in lontananza, è un metodo di ripresa che trovo davvero delicato e bellissimo (come nell'ellissi temporale in cui la videocamera fa capolino da un lato all'altro dell'attrezzatura scenografica per riassumere gli atti dello spettacolo in pochi movimenti lenti).
Mi hanno fatto ridere il ritorno del great wall of bitchiness e Dana con i suoi scoglilingua, specialmente l'ultimo dedicato a Chloe è stato il migliore. Effettivamente era lì da un pezzo a cazzeggiare importunando gli attori.

E complimenti a Federica Lusardi per la frase riadattata in italiano con un bel "non me ne frega un picasso".
Sì ok, davanti alla prospettiva del bacio non mi sono tirato indietro, anche per demerito delle restanti opzioni.
"Dove vogliamo andare, Rachel?" Peccato non ci fosse... Seattle.
Sulla madre biologica mi hanno fregato quasi del tutto, verso la fine dell'episodio ricordo di aver avuto un brevissimo flash che mi stava immettendo sulla strada giusta ma non ha fatto in tempo a risalire la coscienza. Poi ne ero convinto appena prima che il padre glielo rivelasse. A parte il colore dei capelli che può essere ereditato anche da nonni e altri antenati, sono stato condizionato da due distrattori: il primo è quello che forse meno preferisco, cioè il padre distaccato e insensibile che tradisce la compagna mentendo a tutti, figlia compresa; il secondo, che mi piace di più, è stato associarla alla figura di Frank a cui si aggiunge l'interpretazione del sorriso in chiusura dell'episodio 1. Ora il significato del gesto è ribaltato. Svolta non banale che promette "complicazioni" interessanti. Youth di Daughter me l'aspettavo in una scena più movimentata, chissà perché. Bello bello. Vai Rachel, vai Chloe. Datevi man forte fino a dove non voglio arrivare.