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Per il negozio, io ho usato un metodo che mi è sembrato piuttosto affidabile:
partendo dal centro commerciale abbandonato si torna indietro fino quasi alla fine del ponte, e si vede dove è spawnato Emil sulla mappa...se non è nei pressi dell'accampamento della resistenza, si torna nel centro commerciale e si riesce...si capisce che l'area è refreshata anche perché il pod o chi di dovere ripeterà la "frase del momento" che viene detta ogni volta che si accede ad una nuova area
una volta che Emil è spawnato nei pressi dell'accampamento della resistenza, resta comunque non garantito che abbia il negozio più raro (quello con le armi) ma se non ricordo male ci sono buonissime probabilità che abbia quello con i materiali
superstizione vuole che per ottenere lo shop con le armi Emil vada fermato in prossimità dell'accampamento della resistenza...non posso confermare nè smentire questa cosa al 100%, quindi sta a chi tenta
ps nel momento in cui Emil ottiene il "negozio raro" potrebbe mandare una mail in cui dice che si annoia
una volta che Emil è spawnato nei pressi dell'accampamento della resistenza, resta comunque non garantito che abbia il negozio più raro (quello con le armi) ma se non ricordo male ci sono buonissime probabilità che abbia quello con i materiali
superstizione vuole che per ottenere lo shop con le armi Emil vada fermato in prossimità dell'accampamento della resistenza...non posso confermare nè smentire questa cosa al 100%, quindi sta a chi tenta

ps nel momento in cui Emil ottiene il "negozio raro" potrebbe mandare una mail in cui dice che si annoia

Per me quel finale è stata la completa quadratura del cerchioPoi bellissimovedere i Pod che realmente si preoccupano di ripristinare gli androidi, 9S e 2B a fianco come sempre ed A2 in disparte. Alla fine il minigame finale (che senza aiuto è ai limiti dell'impossibile, penso ci siano riusciti pochissimi in solo) rappresenta una strenua lotta contro il sistema che vuole cancellare le lore memorie perché è stato programmato così. Superano quell'ostacolo gli androidi ritrovano se stessi e questa volta con la possibilità di un futuro diverso senza più ordini e direttive da seguire ciecamente
ed a suo modo, questo a tutti gli effetti un happy ending per gli standard di Taro. Innanzitutto attraverso la rilettura che si può dare dell'intero gioco a posteriori, emerge prepotentemente uno dei temi dominanti di Automata, ovvero l'autodeterminazione: molti se non tutti i personaggi principali e non a un certo punto sviluppano la propria unicità, reagiscono alla predeterminazione della loro condizione attraverso una peculiarità che stride con la "missione" alla quale dovrebbero obbedire...oltre al trio di androidi protagonisti e ai pod, ci sono tutte quelle biomacchine "speciali" che in un modo o nell'altro si ribellano alla rete; è piuttosto emblematico tralaltro il fatto che le biomacchine, volutamente "limitate", a un certo punto comincino ad imitare gli esseri umani; e attraverso questa imitazione, nella presa di coscienza dei loro limiti, della loro condizione e della loro impotenza, più di una volta finiscono per fare una brutta fine schiacciati dal peso dell'inquietudine (nb la missione delle macchine suicide)
in ogni caso, quel che accomuna tutti questi personaggi è l'insofferenza verso una condizione limitante e priva di senso, scandita da azioni meccaniche che sono state imposte da qualcun altro. Una volta che si è seguito singolarmente il percorso di tutte queste figure, protagonisti e macchine, e si è visto che in un modo o nell'altro questo percorso li conduce all'annientamento...ecco che subentra il finale E, che in una maniera veramente elementare ma sorprendentemente efficace, a un certo punto riesce a comunicare al giocatore che non è più degli YorHa, delle biomacchine, di Nier Automata che si sta parlando, ma dell'esistenza stessa...ha senso? Ha veramente senso continuare a ritentare, a riprovare ad emergere in una battaglia che sembra impossibile, che pare essere fine a se stessa? E - la maggior parte dei giocatori immagino - continua a rispondere compulsivamente in maniera negativa alle provocazioni del gioco (accetti che la vita non ha senso?)...si ribella, si rifiuta, fosse anche per una logica di orgoglio ludico...anche se non sa esattamente come supererà quella dannata divisione marketing (
)
ma è proprio allora che comincia ad affiorare una risposta...a poco a poco, iniziano ad apparire quei messaggi, e ci si inizia a rendere conto che sono reali...e non solo: ci si inizia a rendere conto di come qui non si stia più parlando del gioco, di un gioco...e questi nomi, questi anonimi nickname, che iniziano a sparire uno dietro l'altro per darci la possibilità di arrivare alla fine (backup o meno)...non sono altro che questo, un desiderio di solidarietà verso un completo estraneo, mossi dalla comune condizione di trovarsi in una condizione talvolta frustrante e senza senso come può essere la vita stessa...e infine il messaggio dopo i titoli di coda, che lascia aperta la speranza per un futuro diverso, fosse anche semplicemente perché basato sulle forze dei protagonisti.
Questo concetto l'ho trovato anticipato in maniera molto delicata anche nel racconto testuale che raccontava il bg delle "nuove" Devola e Popola: quando sono vagabonde, comincia a piovere, una goccia scende sul viso di Devola come una lacrima...selezionando "sfioro la guancia" l'altra risponde "ma che fai? non serve" e le viene risposto, semplicemente..."e invece serve"
in fondo, per quanto il mondo a volte sia un posto insensato e meschino, penso che Yoko Taro abbia voluto puntare i riflettori su quel tanto di speranza che ancora si cela annidata nelle possibilità date dalle relazioni tra esseri umani
in ogni caso, quel che accomuna tutti questi personaggi è l'insofferenza verso una condizione limitante e priva di senso, scandita da azioni meccaniche che sono state imposte da qualcun altro. Una volta che si è seguito singolarmente il percorso di tutte queste figure, protagonisti e macchine, e si è visto che in un modo o nell'altro questo percorso li conduce all'annientamento...ecco che subentra il finale E, che in una maniera veramente elementare ma sorprendentemente efficace, a un certo punto riesce a comunicare al giocatore che non è più degli YorHa, delle biomacchine, di Nier Automata che si sta parlando, ma dell'esistenza stessa...ha senso? Ha veramente senso continuare a ritentare, a riprovare ad emergere in una battaglia che sembra impossibile, che pare essere fine a se stessa? E - la maggior parte dei giocatori immagino - continua a rispondere compulsivamente in maniera negativa alle provocazioni del gioco (accetti che la vita non ha senso?)...si ribella, si rifiuta, fosse anche per una logica di orgoglio ludico...anche se non sa esattamente come supererà quella dannata divisione marketing (

ma è proprio allora che comincia ad affiorare una risposta...a poco a poco, iniziano ad apparire quei messaggi, e ci si inizia a rendere conto che sono reali...e non solo: ci si inizia a rendere conto di come qui non si stia più parlando del gioco, di un gioco...e questi nomi, questi anonimi nickname, che iniziano a sparire uno dietro l'altro per darci la possibilità di arrivare alla fine (backup o meno)...non sono altro che questo, un desiderio di solidarietà verso un completo estraneo, mossi dalla comune condizione di trovarsi in una condizione talvolta frustrante e senza senso come può essere la vita stessa...e infine il messaggio dopo i titoli di coda, che lascia aperta la speranza per un futuro diverso, fosse anche semplicemente perché basato sulle forze dei protagonisti.
Questo concetto l'ho trovato anticipato in maniera molto delicata anche nel racconto testuale che raccontava il bg delle "nuove" Devola e Popola: quando sono vagabonde, comincia a piovere, una goccia scende sul viso di Devola come una lacrima...selezionando "sfioro la guancia" l'altra risponde "ma che fai? non serve" e le viene risposto, semplicemente..."e invece serve"
in fondo, per quanto il mondo a volte sia un posto insensato e meschino, penso che Yoko Taro abbia voluto puntare i riflettori su quel tanto di speranza che ancora si cela annidata nelle possibilità date dalle relazioni tra esseri umani
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