È vero che TLOU parte da una pandemia globale, ma ridurre la narrazione a una storia che deve necessariamente chiudersi con una risoluzione su "il destino dell’umanità" non è, a mio parere, in linea con l’approccio della serie, né nei giochi né in TV. TLOU non è mai stato una storia sulla pandemia o sulla sua risoluzione, bensì sulle persone che vivono dopo il crollo della società, sulle loro relazioni, i loro traumi e la loro capacità (o incapacità) di trovare un senso in quel mondo distrutto.
Il finale di Part II è perfettamente in linea con questa filosofia: chiude l’arco narrativo di
Ellie e Abby, portando a compimento le tematiche della vendetta, della perdita e della redenzione.
Un eventuale Part III potrebbe raccontare un’altra storia, ma il punto di chiusura della vicenda principale è chiaro.
Per quanto riguarda il pubblico della serie TV, è vero che una parte di spettatori potrebbe aspettarsi "di più", ma non per una reale necessità narrativa, piuttosto per un’abitudine da serialità tradizionale, che spesso punta a prolungare le storie anche quando non ce n’è un reale bisogno. La serie di HBO si è distinta proprio per l’attenzione nel rispettare il tono e la struttura del materiale originale: se hanno il coraggio di mantenere quel livello di fedeltà, il finale di Part II sarà visto per quello che è, una conclusione forte e coerente, e non un cliffhanger che obbliga a una continuazione immediata.
Poi, chiaro, se Druckmann e Mazin vorranno raccontare qualcosa di nuovo e lo faranno bene, ben venga. Ma dire che il finale di Part II non possa essere quello della serie perché "il pubblico non lo accetterebbe" significa sottovalutare sia la qualità della storia che l’intelligenza degli spettatori.