Al cuore del dibattito sui meriti della cooperazione europea sta una percezione che appare in superficie inevitabile: da un lato l’integrazione genera indubbi benefici; dall’altro, perché questi si materializzino è necessaria una cooperazione talvolta politicamente difficile da conseguire o da spiegare. Questa tensione tra i benefici dell’integrazione e i costi associati con la perdita di sovranità nazionale è per molti aspetti e specialmente nel caso dei paesi europei, solo apparente. In realtà in molte aree l’Unione europea restituisce ai suoi paesi la sovranità nazionale che avrebbero oggi altrimenti perso. [...]
Nel complesso i cittadini europei apprezzano i benefici dell’integrazione economica che l’Unione europea ha prodotto[2] e da anni considerano come il suo maggior successo la libera circolazione delle persone, dei beni e dei servizi, cioè il mercato unico. Inoltre il 75% dei cittadini dell’area dell’euro è a favore dell’euro e dell’unione monetaria e il 71% degli europei è a favore della politica commerciale comune. [...]
La vera sovranità si riflette non nel potere di fare le leggi, come vuole una definizione giuridica di essa, ma nel migliore controllo degli eventi in maniera da rispondere ai bisogni fondamentali dei cittadini: “la pace, la sicurezza e il pubblico bene del popolo”, secondo la definizione che John Locke ne dette nel 1690[3]. La possibilità di agire in maniera indipendente non garantisce questo controllo: in altre parole, l’indipendenza non garantisce la sovranità. Si prenda l’esempio, estremo ma efficace, di quei paesi che sono totalmente al di fuori dell’economia globale: essi sono indipendenti, ma certamente non sovrani in un senso pieno della parola, dovendo ad esempio spesso contare sull’aiuto alimentare che proviene dall’esterno per nutrire i propri cittadini. [...]
Ma quanto più i vari paesi sono tra loro collegati, tanto più esposti essi sono alla volatilità dei flussi di capitale, alla concorrenza sleale e ad azioni discriminatorie, quindi ancor più necessaria diviene la protezione dei cittadini. Una protezione, costruita insieme, che ha permesso di realizzare i guadagni dell’integrazione, contenendone in una certa misura i costi. Una protezione che attraverso strutture e istituzioni comunitarie limita gli spillover, assicura un uguale livello di concorrenza, protegge da comportamenti illegali, in altre parole, una protezione che risponde ai bisogni dei cittadini, e quindi permette ai paesi di essere sovrani. [...]
In questo mondo così interconnesso, cercare l’indipendenza da queste istituzioni pone i paesi di fronte a scelte complesse. O, per poter continuare ad avere accesso al mercato unico, devono accettare passivamente regole scritte da altri perdendo il controllo su decisioni che toccano l’interesse dei propri cittadini, o devono separarsi dai partner commerciali più importanti, perdendo controllo sul benessere dei loro cittadini. [...]
Per tutte queste ragioni, porsi al di fuori dell’UE può sì condurre a maggior indipendenza nelle politiche economiche, ma non necessariamente a una maggiore sovranità. Lo stesso argomento vale per l’appartenenza alla moneta unica. [...]
Furono proprio questi spillover provenienti dalle economie più grandi uno dei motivi per cui si creò la moneta unica. Nel Sistema monetario europeo ad essa antecedente, la maggior parte delle banche centrali doveva seguire la politica monetaria della Bundesbank. Per questo dopo più di un decennio di esperienze deludenti quando non devastanti, si preferì riguadagnare la sovranità monetaria condividendola nella creazione della moneta unica[14].
Il secondo modo in cui la globalizzazione vincola la sovranità di un paese sta nel limitarne la capacità di emanare leggi e fissare standard che riflettano gli obiettivi sociali del paese stesso. [...] Analogamente, l’integrazione finanziaria globale riduce il potere che i singoli paesi hanno di regolare, tassare, fissare gli standard di protezione sociale. Le imprese multinazionali influenzano la regolamentazione dei singoli paesi con la minaccia di ricollocarsi altrove, scelgono i sistemi fiscali a loro più favorevoli spostando tra le varie giurisdizioni i flussi di reddito e le attività intangibili. [...] In tal modo, l’Unione europea influenza di fatto o di diritto le regole globali in un’ampia gamma di settori. E ciò permette ai paesi europei di conseguire un risultato unico: fare in modo che la globalizzazione non sia “una corsa al ribasso” degli standard. Piuttosto l’Unione europea innalza gli standard nel resto del mondo al livello dei propri. [...]
Nella sua storia l’Unione europea ha seguito due metodi di cooperazione. In taluni casi, sono state create istituzioni comunitarie a cui è stato conferito un potere esecutivo, come ad esempio, nel caso della Commissione per ciò che riguarda le politiche commerciali o la BCE per la politica monetaria. In altri casi, quali la politica di bilancio o le riforme strutturali, sono i governi nazionali a detenere il potere esecutivo, legati però tra loro da regole comuni. [...] Nei casi in cui il potere esecutivo è stato conferito a istituzioni comunitarie, il risultato è stato, secondo molti, positivo. La politica commerciale ha aperto nuovi mercati: l’Unione europea ha concluso 36 accordi di libero scambio a fronte dei 20 degli USA[32]. La politica monetaria ha adempiuto al suo mandato. Invece, nelle aree di cooperazione basate su regole comuni, il giudizio è meno positivo. Le regole di bilancio sono state negli anni un importante schema di riferimento per la politica fiscale dei paesi membri, ma si sono rivelate spesso difficili da far osservare e complesse da spiegare ai cittadini. Nel campo delle politiche strutturali, il quadro non è molto diverso; le raccomandazioni specifiche per i paesi hanno avuto un impatto limitato: la percentuale delle raccomandazioni seguite è stata ogni anno inferiore al 10%[33]. [...]
Nel mondo di oggi le interconnessioni tecnologiche, finanziarie, commerciali sono così potenti che solo gli Stati più grandi riescono a essere indipendenti e sovrani al tempo stesso, e neppure interamente. Per la maggior parte degli altri Stati nazionali, fra cui i paesi europei, indipendenza e sovranità non coincidono. L’Unione europea è la costruzione istituzionale che in molte aree ha permesso agli Stati membri di essere sovrani. È una sovranità condivisa, preferibile a una inesistente. È una sovranità complementare a quella esercitata dai singoli Stati nazionali in altre aree. È una sovranità che piace agli Europei.
L’unione europea è stata un successo politico costruito all’interno dell’ordine internazionale emerso alla fine della seconda guerra mondiale. Dei valori di libertà, pace, prosperità, su cui quest’ordine si fondava, l’Unione europea è stata l’interprete fedele.
L’Unione europea è stata un successo economico perché ha offerto l’ambiente in cui le energie dei suoi cittadini hanno prodotto una prosperità diffusa e durevole fondata sul mercato unico e protetta dalla moneta unica. Gli ultimi dieci anni hanno messo drammaticamente in luce carenze delle politiche nazionali e necessità di evoluzione nella cooperazione all’interno dell’Unione europea e al suo esterno.