Inoltre come si è visto, solo una parte dei beneficiari sono persone in età da lavoro e disoccupate, mentre altri sono minori, anziani, oppure occupati a basso reddito. Proprio riguardo a questi ultimi si è detto che il RDC, così come avvenuto ad esempio in Germania con le riforme Hartz, possa di fatto condurre ad un ulteriore peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro, in quanto consentirebbe ai datori di lavoro di assumere persone con una retribuzione molto bassa, che verrebbe poi integrata dal reddito di cittadinanza. Secondo alcuni questo rischio di peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro è insito anche nel livello di 850 euro lordi fissato come retribuzione minima accettabile per una offerta di lavoro, che considerano un livello basso. Altri invece considerano tale soglia troppo alta in rapporto ai salari esistenti, e inoltre una soglia che presuppone un lavoro a tempo pieno, mentre si dovrebbero spingere i disoccupati ad accettare anche eventuali lavori part-time. Come si vede la questione può essere vista da lati opposti. La mia opinione è che erogare un reddito integrativo a persone che lavorano comporta sempre il rischio di sussidiare in realtà le imprese, che possono approfittarne per rendere accettabili ai lavoratori salari molto bassi. Il problema potrebbe essere forse superato attraverso una verifica, per i lavoratori che facciano richiesta del RDC, della corrispondenza delle retribuzioni orarie a quanto previsto dalla contrattazione sindacale o da un eventuale salario minimo legale (proposto sia dal Movimento cinque stelle che dal Partito Democratico ora all’opposizione, ma attualmente non in vigore). Si tratta anche qui di affinamenti che credo dovranno essere presi in considerazione col tempo e sulla base dell’esperienza. Per dimensioni e complessità la misura dovrà sicuramente attraversare un periodo di ‘rodaggio’ che consentirà di metterla ulteriormente a punto.