Vado velocissimo
Duvidha | Mani Kaul, 1973. Esteticamente può ricordare lo splendore di Parajanov: Kaul ha un simile senso per il colore, per l'opulenta ricercatezza dei costumi, per una fotografia quasi tattile nel suo imprimersi nella pellicola. Si respira un'atmosfera luminosa e sospesa, ulteriormente accentuata da un utilizzo del fermo immagine che può ricordare quello di Marker. Nonostante alcuni tratti grossolani – alcune scelte curiose nei fermo immagine, che mi hanno fatto sospettare dei limiti nel materiale girato, un doppiaggio in alcuni frangenti inadeguato, un finale confuso e balbettante nel montaggio – vale la visione anche solo per la componente estetica divina.
John From | João Nicolau, 2015. Terza visione. Questo è un film speciale speciale per me. Un calorosissimo e coloratissimo sogno ad occhi aperti adolescenziale. Amo tutti i piccoli tocchi che Nicolau dissemina in ogni scena, e come ci sia sempre qualcosa che si muove sotto la superficie anche quando questa sembra perfettamente ferma. Nella sua semplicità, riesce a mettere in suoni e immagini il sentimento di una cotta adolescenziale con una sottigliezza ed una naturalezza commoventi. Si vede che tutto il cast si è divertito facendolo. La progressione narrativa e il suo sfociare nel finale sono pura magia. La prima volta che lo vidi neppure mi piacque, eppure con il tempo mi ci scopro sempre più affezionato. Si respira un amore per l'amore quasi rohmeriano. Ogni volta che lo rivedo mi riempie il cuore.
Baisers volés | François Truffaut, 1968. In qualche modo Truffaut riesce a combinare narrazione episodica e lineare, e a ottenere solo i benefici di entrambi gli stili.
Baisers volés non è niente di più che una raccolta di brevi disavventure messe una dietro l'altra, per giocare con situazioni e personaggi finché dura il divertimento e poi passare senz'altro alla successiva – spesso trovando il modo di divertirsi anche nelle transizioni stesse, e acquistando un senso di sottile ma costante imprevedibilità che è deliziosa di per sé. Non è niente di più, eppure è maggiore della somma delle sue parti. Leggiadro.
Ford v Ferrari | James Mangold, 2019. È un prodottino, ma al di là della totale banalità e mancanza di sottigliezza della sceneggiatura non si può negare che riesca a mettere in scena una bella storia di automobilismo. Ottime le scene dedicate alle corse. Un plauso a Bale per essere riuscito a sporcare un po' il proprio personaggio e a dargli quel minimo di spessore che nella sceneggiatura latitava.
Antichrist | Lars von Trier. Pazzesco. Esteticamente Trier ai suoi massimi qui, i super-rallentatori come lui probabilmente nessuno. Un distillato di orrore archetipico e psicologico. Durante la visione mi pareva quasi di sentire Eggers e Aster prendere appunti sui loro bloc notes.
Kárhozat (
Perdizione) | Béla Tarr, 1988. Tecnicamente Tarr è indiscutibilmente un maestro, e mi ha sorpreso trovare qui un senso musicale quasi lynchiano. Purtroppo per me non c'è molto a parte questo, e ho la sensazione che di qui a qualche settimana ricorderò poco o nulla.
Satantango | Bela Tarr, 1994. Qui Tarr trova la sua dimensione, usando i tempi per gestire liberamente i suoi maestosi piani sequenza e imprimere la pellicola di un'atmosfera densissima nella sua stasi. Mi è piaciuto molto anche l'uso del montaggio nei primi capitoli. Secondo me perde un po' di forza dopo la metà, con la narrazione che inizia a incanalarsi in una progressione più standard e (mi è parso) un po' di sopraggiunta stanchezza nel ricercare soluzioni visive sempre nuove rispetto all'estro dei capitoli precedenti. In generale dopo l'arrivo di Irimias al villaggio ho cominciato a perdere interesse nell'intreccio, e il finale mi ha sinceramente lasciato con l'amaro in bocca. Personalmente avrei preferito una narrazione ancora più statica o rarefatta, senza altre distrazioni. Nel complesso l'ho trovato un buon film, che con l'esclusione di alcuni passi falsi del montaggio nella seconda metà riesce a fare un uso significativo degli spazi e dei tempi per condensare la propria atmosfera in immagini, il che non è poco. Peccato di nuovo per la debolezza della narrazione.
The beach bum | Harmony Korine, 2019. A tratti è anche divertente e qualche spunto interessante ce lo si può trovare, ma nel complesso non brilla mai.
Breaking the waves | Lars von Trier, 1996. Ci sono alcune pennellate di puro e sincero amore per il prossimo che credevo totalmente al di fuori del suo campo di interesse. Per molti aspetti ai livelli del miglior Trier, solo la sceneggiatura non mi ha convinto del tutto.
The lighthouse | Robert Eggers, 2019. Eggers si conferma come uno dei registi tecnicamente più promettenti in circolazione, con una padronanza tecnica ed una precisione estetica semplicemente impeccabili. Purtroppo di nuovo ho la sensazione che continui solo a scalfire la superficie del suo materiale, ed è ancor più vero per
The lighthouse che per
The witch, che perlomeno a tratti riusciva ad alludere a qualcosa di profondamente successivo. Qui per emozionarsi o sorprendersi c'è pochino.
Europa | Lars Von Trier, 1991. Un sogno. La mano di Trier sembra in grado di plasmare il materiale filmico con una libertà quasi irreale. L'estetica ferroviaria è di
Europa è un sogno. Grazie.
Non sono andato velocissimo ma vabbè
Let’s Scare Jessica to Death, Hancock
Rilassatissimo ritratto psicologico con splash horror. Visto che parlavate di Cassavetes questo ricorda il personaggio di lei con i suoi problemi mentali da gestire. Nella vita cerchi come uscirtene e a volte ti ci ritrovi ancora più invischiata. Bellissimo film con piccola equipe.
Mai sentito nominare ma il titolo è fantastico