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Ultimo Film Visto | Consigli e Domande Inside

  • Autore discussione Staff Cinema
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Togg

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Haru, Yoshimitsu Morita
Due che si conoscono via internet, text only siamo negli anni 90. Prima di tutto gran magone per chi ha conosciuto questo internet qui. Poi la storia d'amore segue in realtà sviluppi abbastanza standard, ma ha il pregio di non denigrare o più in generale moralizzare tutto il resto che la anticipa. E visti i tempi presenti sembra grasso che cola.
 

Quinlan

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A bug's life, John Lasseter, Andrew Stanton. L'animazione in CGI di quegli anni è invecchiata maluccio bisogna dirlo, la storia però oltre ad essere molto godibile ricorda in parte persino quella de "I sette samurai", c'è anche una spruzzatina di Marx nelle tematiche. Insomma un buon film pur non essendo uno dei Pixar migliori.

The Batman, Matt Reeves. Non c'ho nemmeno voglia di partire con la stroncatura facendo l'elenco delle solite cose, è brutto e basta.
 

ken-chan90

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Indiana Jones and the raiders of the lost ark

Sente parecchio il peso degli anni, capisco l'importanza storica ma è talmente stato riutilizzato/imitato in molti altri film/videogiochi che ormai è un gigantesco clichè.

E' forse il film più vecchio che abbia mai visto, ho trovato più freschi film usciti 20 anni prima.

Do un 8 politico perchè comunque ne capisco l'importanza, soggettivamente è un 7.5 risicato.
 
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ken-chan90

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La persona peggiore del mondo, Joachim Trier. Lo metto senza dubbio tra i migliori film di questo decennio, dialoghi scritti benissimo, belli gli slanci poetici/visionari, grande uso della colonna sonora, fotografia quasi mai piatta o banale; forse l'unico difetto è il finale che ho trovato fiacchetto, per il resto gran bel film veramente.

L'ho appena visto e condivido il tuo giudizio, questo si becca un 9 secco.

E' brillante anche nella sua alternanza/comicità che spezza il ritmo o l'umore sia all'interno di alcune scene (la testata al lampadario, la gente che entra nella stanza durante il flirt) che nella trama principale (la malattia, il finale).

L'introspezione durante il trip allucinogeno come anche il confronto tra la gravidanza e la fine della vita sono rese in modo sublime sia dai dialoghi che visivamente. Anche il finale che tu trovi un pò fiacchetto mi ha spiazzato e sorpreso, direi piacevolmente visto che lo ha fatto in modo non banale.
 

Viscaccia

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San Andreas (Brad Peyton). Di solito film del genere sono il mio guilty pleasure, questo è proprio pessimo
 

Viscaccia

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Sonic (Jeff Fowler). Simpatico, vale la pena recuperare almeno la clip in cui Jim Carrey si sfoga nel blindato.

Midsommar (Ari Aster). Ho visto la director's cut, 2h50 volate, peccato per la trama però. E' un buon film, sicuramente non brutto, ma neanche memorabile per il genere.
 

Viscaccia

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Più che la trama, direi i personaggi che sono il vero problema (protagonista a parte)

Tutto troppo stereotipato

Consiglio “A Classic Horror Story”, stereotipato anche quello certamente, ma fino ad un certo punto
 

Reservoir Dog

Gunslinger
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The Witch (R. Eggers)
Spinto dal fatto che mi da fastidio non poter vedere The Northman in lingua originale e che avevo voglia di horror ho deciso di recuperare questo. Devo dire che non mi ha fatto impazzire. È sicuramente ben diretto, ben recitato (il padre troneggia sul resto, meno male che almeno questo l'ho recuperato in o.v.) però, non so, non è riuscito a prendermi. Soprattutto non trovo che sia riuscito a trasmettere la sensazione di paranoia in cui i personaggi cadono
anzi, mi ha fatto sorridere come i personaggi passano dall'accusarsi a vicenda di fare patti col diavolo a fare small talk nel giro di 5 minuti :asd:
Anche a livello visivo ho trovato tutto bello, ma è mancata quella trovata di cui, imho, il film necessitava, considerando il soggetto in questione. Un peccato, mi aspettavo di più. Spero che "The Lighthouse" (su cui avevo più aspettative) riesca a convincermi di più.
 

Togg

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the lighthouse secondo me è molto peggio di the vvitch

Personal Problems
, Bill Gunn
Quello del film indipenentissimo di vampiri, un cult. Qui stessa cosa ma con la soap opera di una famiglia nera a new york. Pure bello.
 

Togg

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Io Island, Kim Ki-young
Uno dei registi classici coreani diciamo. Qui casini socio umani in un'isola povera, salti temporali, e una valanga di personaggi. Troppa trama di cui non c'era bisogno e nonostante il fascino generale l'aspetto di perdizione umana non è mai secondo me problematizzato a dovere.

Moi, un noir
, Rouch
A poco a poco che si segue questo protagonista pover e nero, che si ritrova a vagabondare in un altro stato africano, ci si affeziona. Nonostante Rouch faccia tutto il possibile per fare l'occhiolino con una voce off piaciona. Se il personaggio è perso, mediocre, e di quello il film tratta, non stare a cercare di ammantare la sua avventura di chissà che sguardo sulla vita. Basta fare il paragone con Bad Movie di Jang Sun-Woo, Rouch dà per scontata ogni dinamica sociale al punto di privarla di interesse. Nonostante tutto guardabile.
 

Togg

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Le journal intime d'une nymphomane, Franco
Lineare per un suo film ma secondo me molto molto bello.
 

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The Witch (R. Eggers)
Spinto dal fatto che mi da fastidio non poter vedere The Northman in lingua originale e che avevo voglia di horror ho deciso di recuperare questo. Devo dire che non mi ha fatto impazzire. È sicuramente ben diretto, ben recitato (il padre troneggia sul resto, meno male che almeno questo l'ho recuperato in o.v.) però, non so, non è riuscito a prendermi. Soprattutto non trovo che sia riuscito a trasmettere la sensazione di paranoia in cui i personaggi cadono
anzi, mi ha fatto sorridere come i personaggi passano dall'accusarsi a vicenda di fare patti col diavolo a fare small talk nel giro di 5 minuti :asd:
Anche a livello visivo ho trovato tutto bello, ma è mancata quella trovata di cui, imho, il film necessitava, considerando il soggetto in questione. Un peccato, mi aspettavo di più. Spero che "The Lighthouse" (su cui avevo più aspettative) riesca a convincermi di più.

Rispetto a The witch, The lighthouse è sì un tour de force estetico e sensoriale ma per me non va oltre l'esercizio di stile. Il primo non è nulla di eccezionale ma perlomeno riusciva a creare un certo clima di terrore religioso-folcloristico che raramente viene ben sfruttato.

Aggiornamento mie visioni (e revisioni):

Hōhokekyo tonari no Yamada-kun (I miei vicini Yamada) – Isao Takahata, 1999. Seconda visione. Semplice ed episodico ma anche per questo universalmente amabile. Contiene alcune delle sequenze che userei per dimostrare a qualunque scettico quanto il cinema di animazione sia un pilastro fondamentale di quest'arte, nonché probabilmente la sua forma più pura. L'uso del bianco e degli spazi vuoti di Takahata sarà superato solo in Kaguya-hime – forse.

Aliens – James Cameron, 1986. Favolosa l'effettistica, titanica Weaver, per il resto film d'azione ottantiano direi quasi quintessenziale, quindi piuttosto efficace se si è dell'umore adatto ma anche innegabilmente datato e perché no un po' ridicolo in certi schemi.

Petite maman – Celine Sciamma, 2021. Non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che un soggetto così avrebbe meritato di essere sviluppato e approfondito molto di più. In ogni caso, nel suo piccolo è profondamente toccante e credo mi resterà nel cuore anche quando i dettagli della storia inizieranno a sbiadire nella mia memoria.

American psycho – Mary Harron, 2000. Seconda visione. Non amo il finale ma non riesco a non adorare tutto il resto. La surreale e macabra comicità è troppo perfetta per non essere intenzionale, eppure trovo stupefacente che venga da un film del 2000.

Madame Claude – Just Jaeckin, 1977. Ok – non sarà la principale attrattiva del film, ma devo dire che ho trovato i personaggi di Claude e delle ragazze sorprendentemente ben scritti e interpretati. Anche la fotografia è di buona fattura, con alcune scene particolarmente brillanti e capaci di far leva sui migliori brani della colonna sonora. Peccato che il film sembri non volersene accorgere, e regali decisamente troppo spazio al tale fotografo e all'intrigo internazionale e alla musichetta settantiana etc. etc. ossia in pratica l'esatto contrario di tutto quello che funziona nel film.

I dolci inganni – Alberto Lattuada, 1960. Inizia il decennio magico del Cinema italiano, un periodo in cui retrospettivamente sembrerebbe che a Cinecittà bastasse buttare giù una qualsiasi sceneggiatura di gente che se ne gira per Roma per tirar fuori un grande film. Questo è uno di quei casi, e anche se temo che ben presto (complice un titolo spericolatamente generico) inizierò a dimenticare i blandi nodi dell'intreccio o i tipici lineamenti dei personaggi, è nondimeno piacevole lasciarsi condurre dal racconto e dalla sua malcelata episodicità, senza alcuno sforzo apparente da parte del regista, degli sceneggiatori, degli attori.

Tomboy – Celine Sciamma, 2011. Seconda visione. L'aspetto più impressionante è la sua semplicità: una lezione di show, don't tell capace di trattare temi delicati senza forzature, senza retorica, senza giudizi. Nel suo piccolo, perfetto.

Aa fei zing zyun (Days of being wild) – Wong Kar-wai, 1990. Ho l'impressione che Wong sia più bravo a scrivere monologhi che dialoghi. Personaggi e struttura non sono lontani da Fallen angels e Chungking express, anche se forse la apprezzo più qui essendo le due coppie più legate. In generale abbastanza dimenticabile il film – Maggie Cheung invece decisamente no.

Mio figlio professore – Renato Castellani, 1946. Mi ero fatto questa aspettativa che la vicenda fosse più legata al contesto storico, che invece viene tenuto sullo sfondo salvo alcune scene. Non gli si può dir nulla in quanto evidentemente ben diretto e interpretato, in particolare da un Fabrizi che avrebbe potuto far stare in piedi il film anche da solo; resta comunque nei toni molto più melodrammatico che neorealista, e questo potrebbe farlo apparire datato o fine a se stesso.

Primo amore – Matteo Garrone, 2004. Forse il più agghiacciante della filmografia? Che non è affatto poco. La scelta dei soggetti, il casting e la direzione degli attori di Garrone sono, come sempre, impressionanti.

L'imbalsamatore – Matteo Garrone, 2022. Dal titolo pensavo ancora peggio di Primo amore invece no. Non che non sia estremamente sordido e degradante, ma forse essendo un po' più convenzionale in certe dinamiche ho avuto la sensazione che la pesantezza rimanesse come dire contenuta all'interno della storia, senza dovermi necessariamente sentire sudicio per il solo fatto di averlo guardato. Forse un po' fine a se stesso ma comunque altra prova di buon livello da quello che è probabilmente il miglior regista italiano dell'ultimo ventennio.

La dolce vita – Federico Fellini, 1960. Seconda visione. Che direi tutto sommato positiva o quantomeno utile, essendo stata la prima non un gran successo. Vorrei amarlo perché è probabilmente l'opus magnum del decadentismo cinematografico; d'altra parte la sua episodicità – benché in parte chiaramente funzionale a trasmettere il senso di caoticità e inconsequenzialità che lo innerva fino a culminare nell'iconico finale – è forse fin troppo rigida, e ho la sensazione che privi del giusto respiro alcune delle sue sequenze migliori. Soprattutto, per quanto ci provi, non riesco a passar sopra ai molti, troppi scambi che sicuramente volevano (spero) almeno in parte apparire demenziali, ma che inesorabilmente sprofondano in un cringe al limite dell'insopportabile. Andiamo a mangiare gli spaghètti? Am aaam?
 
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Perché La dolce vita decadentismo e cringe? Il protagonista o gli altri? Posso capire la questione rigidità, ma in realtà secondo me fa un buon lavoro per un film fondamentalmente tematico e senza sviluppo psicologico.
 

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Perché La dolce vita decadentismo e cringe? Il protagonista o gli altri? Posso capire la questione rigidità, ma in realtà secondo me fa un buon lavoro per un film fondamentalmente tematico e senza sviluppo psicologico.
Beh il decadentismo mi sembra evidente... e se non lo fosse (oltre al finale) c'è letteralmente un episodio sull'aristocrazia degenerata in cui la tipa dice "Cosa credi? Che noi siamo meglio?", più i dialoghi sul finale, etc. E insomma i salotti e l'ennui e la promiscuità e il disgusto e il suicidio etc., a mio modo di vedere il decadentismo è il sentimento principale che attraversa del film e il significato fondamentale della rappresentazione che offre.

Sul cringe è più una cosa di Fellini in generale, i suoi personaggi-folletto e le frasi fatte in mezzo inglese non si capisce perché etc. etc. Potrei metterci pure quella specie di esotismo decorativo con cui ti piazza lì l'africana o l'asiatico o l'indiana per fare un balletto o cantare una canzone, anche se su quello non ho ancora capito come sentirmi a riguardo.
 

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Beh il decadentismo mi sembra evidente... e se non lo fosse (oltre al finale) c'è letteralmente un episodio sull'aristocrazia degenerata in cui la tipa dice "Cosa credi? Che noi siamo meglio?", più i dialoghi sul finale, etc. E insomma i salotti e l'ennui e la promiscuità e il disgusto e il suicidio etc., a mio modo di vedere il decadentismo è il sentimento principale che attraversa del film e il significato fondamentale della rappresentazione che offre.
Ti riferisci alla parte in cui lui va in quel salotto un po' semi culturale, che lo attira pure, ma ovviamente si scopre che pure loro si rompono le palle, e lì ok.
Ma il movimento del protagonista ti sembra decadente? Perché a me no, il protagonista è un protagonista che cerca emozioni, si innamora e c'ha voglie a nastro. Poi certo non riesce ed è frustrato, visto che appunto non sa come uscirsene dalla sua forma relazionale di coppia etc
 

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Ti riferisci alla parte in cui lui va in quel salotto un po' semi culturale, che lo attira pure, ma ovviamente si scopre che pure loro si rompono le palle, e lì ok.
Ma il movimento del protagonista ti sembra decadente? Perché a me no, il protagonista è un protagonista che cerca emozioni, si innamora e c'ha voglie a nastro. Poi certo non riesce ed è frustrato, visto che appunto non sa come uscirsene dalla sua forma relazionale di coppia etc
Sì ma al di là della singola scena o personaggio è proprio l'affresco socio-culturale ad essere decadente, poi lui in particolare ha la sua parabola da giovane di belle speranze e velleità artistico-professionali che vi si trova invischiato e frustrato e alla fine non vedendo alternative vi si abbandona.

Comunque l'arco del protagonista è sì decadente, o meglio, diventa definitivamente (?) decadente proprio sul finale che è quasi esplicito a riguardo.

In tutto questo solo non vorrei che passasse una connotazione necessariamente negativa del concetto di decadentismo, è proprio un sentimento, un modo di vivere e rappresentare una società, magari con implicazioni non proprio rosee, questo è certo, ma non per questo privo di interesse dal punto di vista artistico o narrativo.

Sul salotto anche, sì, anche se lì il punto rilevante ai fini dell'intreccio era nel padrone di casa, che lui sembrava vedere un po' come modello – acculturato, sensibile, di successo, con moglie e figli sani intelligenti felici, salvo che poi pure questo per qualche motivo scoppia e va a finire come va a finire, e non a caso è a quel punto che il protagonista smette anche solo di provarci e da lì degenera subito nel finale.
 
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Sì perché infatti cerca una soluzione semplice, pensa magari sto salotto culturale ce l'ha, e invece no. Però decadente sembra negativo sì, cioé non è che i prolettari stanno meglio dei ricchi dell'entertainement.
Altrimenti pure la protagonista di Chungking Express è decadente, perché non ha le idee chiare e si innamora di uno sbirro che passa qualche volta a un ristorante a caso di hong kong.
Post unito automaticamente:

La scena clou del litigio in auto, lei che gli fa la filippica sul fatto che ha già tutto e DEVE essere felice così, e lui che ovviamente inizia a vomitarle addosso la ricerca emozionale impossibile:

 

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The Jang Sun-woo Variations, Tony Rayns
Vi consiglio di vedere i due capolavori del regista coreano in questione (Bad movie e Lies). Il documentario riprende cronologicamente la sua carriera e ha alcuni momenti interessantissimi su cosa è fare film seriamente disturbanti, per di più in un paese come la Corea che levati.

Society, Brian Yuzna
Un mix di Blue Velvet, Essi Vivono, Eyes Wide Shut, ma senza la scrittura di nessuno di questi. Stereotipi mal esplorati, azione coreografata caoticamente che si sussegue solo per fare dimenticare la mancanza di direzione.
 
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