Shin Godzilla – Hideaki Anno, 2016. Due ore del miglior
Evangelion distillato, ricontestualizzato in uno scenario verosimile e arricchito del fascino di Gojira e dell'incubo nucleare di cui è simbolo. La fotografia è blandissima e la soluzione dell'intreccio potrebbe apparire anticlimatica rispetto alla costruzione, ma non è questo che conta. Bellissimo.
Guilty of romance – Sion Sono, 2011. Non ho moltissimo da dire, il primo atto è ben costruito e la cornice investigativa intrigante. È molto lungo e a lungo andare non è che ci siano poi chissà quali sviluppi, e forse per compensare questa mancanza il montaggio inizia un po' a svarionare e in generale il film diventa un po' troppo urlato per i miei gusti. Soluzione dell'intreccio non molto soddisfacente.
La parmigiana – Antonio Pietrangeli, 1963. Un buon Pietrangeli, dalle traiettorie e personaggi non dirompenti – che in parte riprenderà, superandosi, in
Io la conoscevo bene – ma forte di una costruzione alternata più interessante e intelligente di quanto non potrebbe apparire a prima vista, essendo che lo sviluppo si dipana in maniera molto graduale e organica fino alle ultime battute. Apprezzabile anche la scrittura comica di diversi scambi. Mi rimane abbastanza misteriosa la scelta del titolo, essendo la provenienza della protagonista di fatto ininfluente ai fini della narrazione.
Napoléon – Abel Gance, 1927. Assurdamente ambizioso, una prova cinematografica talmente vigorosa da giustificare ogni concessione agiografica vi si voglia (e possa) trovare. Prove attoriali magnifiche e su tutte quelle dei i due protagonisti, i cui soli sguardi sembrano capaci, a un secolo di distanza, di penetrare lo schermo. Unico appunto, il fatto che la narrazione si interrompa con l'inizio della campagna d'Italia – che dà la sensazione, dopo cinque ore di film, di trovarsi ancora all'inizio della storia. Bellissima la firma di Gance: non banalmente
un film de Abel Gance, ma
Napoleon vu par Abel Gance. Pura megalomania cinematografica.
Perfect blue – Satoshi Kon, 1997. Kon è innegabilmente uno dei maestri dell'animazione mondiale e probabilmente quello che nel lungometraggio ha spinto più all'estremo le possibilità di montaggio offerte da questa insostituibile forma di Cinema. Anche il soggetto è molto affascinante e le pressioni sociali e artistico-professionali rappresentate con grande cura per il dettaglio. Come spesso mi succede con lui non ho però trovato molto soddisfacente l'intreccio, e in particolare in questo caso la risoluzione finale mi è sembrata banalizzare quanto costruito con una interpretazione incoerentemente letterale, tale da suscitare dubbi non solo sulla solidità della trama ma anche sulla pretestuosità di alcune scene particolarmente astratte o violente. Resta a prescindere un
tour de force artistico ed emozionale di rara intensità, ma il soggetto avrebbe comunque meritato una sceneggiatura più convincente.
Il divo – Paolo Sorrentino, 2007. Affascinante non solo la scelta del soggetto ma anche il modo in cui vi si immerge, entrando nel merito e nei dettagli della cronaca politica del periodo senza l'urgenza di semplificare né estremizzare. Detto ciò, lo ho trovato davvero fin troppo scritto, e l'inverosimiglianza dei dialoghi cozza un po' con le tendenze al limite del documentaristico-cronachistico che il film sembra voler portare avanti. Questa esasperazione mi è sembrata riflettersi anche nella struttura narrativa, con il film che a più riprese sembra dover finire e invece non finisce, appesantendo ulteriormente ciò che segue: non che sia necessario attenersi sempre e comunque ai convenzionali tre atti, ma mi ha dato una certa impressione di confusione. Nel complesso meritevole ma non imperdibile.
One piece: Stampede – Takashi Otsuka, 2019. Disegnato e animato benissimo e il primo atto è
fan service di alta qualità. Da quando scende in campo il cattivone di turno però la butta abbastanza in caciara, peccato.
Rebuild Evangelion, Anno
Visti tutti e quattro in qualche giorno. Mi ha convinto globalmente, mi pare che abbia capito dopo la serie come concentrarsi su questo affollamento concettuale-psicologico senza neanche provarci più di tanto coi personaggi. La storia tiene, è un po' il Norwegian Wood degli anime. Lui perso totale e varie ragazze che ci provano, suo padre messo ancora peggio, e alla fine si fa la copia più normale di sempre. Anzi addirittura due. Va bene così. Decente. Ovviamente gli altri film di Anno sono tutta un'altra storia, principalmente perché ha abbandonato questo nucleo di scrittura di "sono perso ma prima o poi mi riorienterò in questo mondo".
1 e 2 sono al pari della serie, 3 e 4 sono la merda.