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Wonder woman 1984 – Patty Jenkins, 1984. Cercavo qualcosa di inverosimilmente stupido e l'ho trovato, solo perché due ore e mezza... d'altra parte, anche questo fa parte dell'esperienza.
La terra trema – Luchino Visconti, 1948. È quasi banale sottolineare come il linguaggio neorealista si adatti perfettamente al verismo letterario. Forse proprio per questo però ho avuto l'impressione che gli mancasse qualcosa per brillare di luce propria.
Midsommar – Ari Aster, 2019. Terza visione, so che non è perfetto ma lo adoro.
Verdens verste menneske (La persona peggiore del mondo) – Joachim Trier, 2021. Strutturalmente leggero, narrativamente girovago, di base uno studio di personaggio come se ne sono visti e se ne vedranno tanti ma non per questo privo di cuore né di voglia di raccontare, girare, recitare, insomma di fare del Cinema. Probabilmente con il tempo i dettagli sbiadiranno, ma non il modo vividissimo in cui riesce a catturare un modo di sentire che a questo punto oserei definire generazionale: ci si può rivedere di più o di meno, sentirsi più o meno in sintonia con la protagonista, giudicare le sue scelte in modi diversi – o non farlo proprio – ma il fatto è che da qualche parte c'è una vitalità che buca lo schermo e che ti spinge a voler vivere questa storia, queste situazioni, queste vite, nonostante tutta la confusione e l'amarezza. Piaciuto molto.
Drive my car – Ryusuke Hamaguchi, 2021. Il fatto che io abbia deliberatamente speso tre ore per vederlo tutto misura quanto abbia da fare in questo periodo.
La terra trema – Luchino Visconti, 1948. È quasi banale sottolineare come il linguaggio neorealista si adatti perfettamente al verismo letterario. Forse proprio per questo però ho avuto l'impressione che gli mancasse qualcosa per brillare di luce propria.
Midsommar – Ari Aster, 2019. Terza visione, so che non è perfetto ma lo adoro.
Verdens verste menneske (La persona peggiore del mondo) – Joachim Trier, 2021. Strutturalmente leggero, narrativamente girovago, di base uno studio di personaggio come se ne sono visti e se ne vedranno tanti ma non per questo privo di cuore né di voglia di raccontare, girare, recitare, insomma di fare del Cinema. Probabilmente con il tempo i dettagli sbiadiranno, ma non il modo vividissimo in cui riesce a catturare un modo di sentire che a questo punto oserei definire generazionale: ci si può rivedere di più o di meno, sentirsi più o meno in sintonia con la protagonista, giudicare le sue scelte in modi diversi – o non farlo proprio – ma il fatto è che da qualche parte c'è una vitalità che buca lo schermo e che ti spinge a voler vivere questa storia, queste situazioni, queste vite, nonostante tutta la confusione e l'amarezza. Piaciuto molto.
Drive my car – Ryusuke Hamaguchi, 2021. Il fatto che io abbia deliberatamente speso tre ore per vederlo tutto misura quanto abbia da fare in questo periodo.