- Iscritto dal
- 1 Ago 2008
- Messaggi
- 5,423
- Reazioni
- 160
- Medaglie
- 9
Nemmeno mi ricordo l'ultima volta che ho commentato Scorro un po' il diario di Letterboxd e se mi viene in mente qualcosa scrivo qualche riga con pochissima punteggiatura, pronti via,
Alice in den Städten di Wenders, on the road basato sulla solita dicotomia adulto-bambino. La sceneggiatura funziona, il ritmo è molto rilassato e si lascia accompagnare molto piacevolmente.
Uski roti di Mani Kaul, sceneggiatura e intreccio ridotti all'osso, trovo però sempre affascinante il linguaggio visivo di Kaul e il modo in cui costruisce gli spazi intorno ai propri personaggi.
27 down di Awtar Krishna Kaul, mi ha ricordato un po' Europa di von Trier per il modo in cui insiste sul treno come come non-luogo, utilizzando il movimento incessante per infondere nella narrazione una sospensione quasi onirica. La melancolia del protagonista mi ha un po' stancato a lungo andare ma il film è comunque notevole sia per regia che sceneggiatura.
Blade runner 2049 di Villeneuve, con me ha avuto il grosso problema che ho fatto sinceramente fatica a credere al nodo centrale della vicenda. ma al di là di questo non si può dire che non sia un prodotto ben confezionato, a tratti brillante, con un world-building non banale e capace di stare in piedi anche da solo, al punto che forse ci si poteva anche risparmiare di tirarci dentro pure Ford, nel complesso promosso.
Direktøren for det hele di Von Trier mi ha un po' deluso, sarà che partivo con la speranza di trovarmi davanti la versione di Von Trier di The office e non l'ho trovata, ma a parte questo ho trovato proprio poco interessante l'intreccio i personaggi e le situazioni che si vengono a creare. Poteva venirne fuori qualcosa di forte, così è una commediucola non particolarmente brillante.
La maschera del demonio di Bava non so, si lascia guardare ma non ci ho trovato proprio niente di interessante.
Baskin di Evrenol doveva essere un corto, nella parte finale ci sono scene molto forti sia come immaginario che come realizzazione ma per il resto tanta noia.
Toy story 4 di Cooley si lascia guardare volentieri, peccato solo che il bel finale del 3 ne esca ridimensionato. Non so se sono io ma a sto giro il modo ossessivo con cui parlano dei bambini l'ho trovato un po' inquietante e ambiguo.
The rescuers di Reitherman, Stevens e Lounsbery, premetto che non è che sia nulla di particolarmente notevole ma un cartone con un immaginario così brutale non posso non apprezzarlo, da piccolo avevo visto giusto spezzoni qua e là e che incubi, che incubi meravigliosi.
Ride your wave di Yuasa, a tratti molto toccante ma anche molto convenzionale, probabilmente tirato un po' troppo per le lunghe. La componente sovrannaturale è un po' meh ma è anche vero che se togli quella togli tre quarti di film.
Le beau mariage di Rohmer stavo per mollarlo salvo poi rendermi conto che il film stava andando nella direzione diametralmente opposta a quella che pensavo, Di base prende i soliti stereotipi da rom-com e fa andare tutto male. Fa un po' star male ma può anche essere esilarante se lo si prende per il verso giusto. Per certi versi anticipa un po' quell'estetica del cringe che abbiamo tutti imparato ad amare. Altro centro da parte di Rohmer per me.
Pirosmani di Shengelaia, so che è cliché dirlo specialmente sulla biografia di un pittore ma praticamente qualsiasi fotogramma potrebbe essere incorniciato e appeso al muro, deliberatamente pittorico nella composizione, nella scelta dei soggetti, dei colori, dell'illuminazione. Da sottolineare un inaspettato senso dell'umorismo che ho trovato francamente esilarante. Molto molto bello.
Ossessione di Visconti, trama ormai inesorabilmente prevedibile ma è l'occhio di Visconti ad elevare la pellicola, come si fa a esordire con una prova del genere io non lo so.
The cat in the hat di Welch, FINALMENTE dopo 17 anni ho trovato il coraggio di vederlo e, e che dire, vogliamo rivalutarlo come miniera per memi? Sia chiaro il film è osceno ma mentirei se dicessi che non mi ci sono divertito, certe robe poi in un film per bambini non ho idea di come siano riusciti a farsele passare.
L'enfant secret di Garrel, riuscitissima commistione di cinema muto e sonoro, una storia spiccatamente autobiografica e visibilmente sofferta da parte di Garrel che brilla soprattutto negli occhi e nei silenzi di Wiazemsky. Se nel mood giusto merita sicuramente la visione. Bellissime immagini.
Synecdoche, New York di Kaufman, impossibilmente denso, follemente ambizioso, stratificato, convoluto, Kaufman esordisce con un'opera titanica sulla vita la morte l'arte che tocca praticamente ogni corda dello spettro emotivo per un'esperienza esilarante, opprimente, febbricitante, estenuante, sicuramente come nessun'altra. Come faccia a stare tutto in meno di due ore è e rimarrà un mistero per me. Può piacere o no, ma la definizione di capolavoro è stata scritta proprio per opere come questa.
Ah quest'anno sono anche riuscito a recuperare tutto Mad men e confermo che sì è un capolavoro.
Buon 2021 a tutti.
Alice in den Städten di Wenders, on the road basato sulla solita dicotomia adulto-bambino. La sceneggiatura funziona, il ritmo è molto rilassato e si lascia accompagnare molto piacevolmente.
Uski roti di Mani Kaul, sceneggiatura e intreccio ridotti all'osso, trovo però sempre affascinante il linguaggio visivo di Kaul e il modo in cui costruisce gli spazi intorno ai propri personaggi.
27 down di Awtar Krishna Kaul, mi ha ricordato un po' Europa di von Trier per il modo in cui insiste sul treno come come non-luogo, utilizzando il movimento incessante per infondere nella narrazione una sospensione quasi onirica. La melancolia del protagonista mi ha un po' stancato a lungo andare ma il film è comunque notevole sia per regia che sceneggiatura.
Blade runner 2049 di Villeneuve, con me ha avuto il grosso problema che ho fatto sinceramente fatica a credere al nodo centrale della vicenda. ma al di là di questo non si può dire che non sia un prodotto ben confezionato, a tratti brillante, con un world-building non banale e capace di stare in piedi anche da solo, al punto che forse ci si poteva anche risparmiare di tirarci dentro pure Ford, nel complesso promosso.
Direktøren for det hele di Von Trier mi ha un po' deluso, sarà che partivo con la speranza di trovarmi davanti la versione di Von Trier di The office e non l'ho trovata, ma a parte questo ho trovato proprio poco interessante l'intreccio i personaggi e le situazioni che si vengono a creare. Poteva venirne fuori qualcosa di forte, così è una commediucola non particolarmente brillante.
La maschera del demonio di Bava non so, si lascia guardare ma non ci ho trovato proprio niente di interessante.
Baskin di Evrenol doveva essere un corto, nella parte finale ci sono scene molto forti sia come immaginario che come realizzazione ma per il resto tanta noia.
Toy story 4 di Cooley si lascia guardare volentieri, peccato solo che il bel finale del 3 ne esca ridimensionato. Non so se sono io ma a sto giro il modo ossessivo con cui parlano dei bambini l'ho trovato un po' inquietante e ambiguo.
The rescuers di Reitherman, Stevens e Lounsbery, premetto che non è che sia nulla di particolarmente notevole ma un cartone con un immaginario così brutale non posso non apprezzarlo, da piccolo avevo visto giusto spezzoni qua e là e che incubi, che incubi meravigliosi.
Ride your wave di Yuasa, a tratti molto toccante ma anche molto convenzionale, probabilmente tirato un po' troppo per le lunghe. La componente sovrannaturale è un po' meh ma è anche vero che se togli quella togli tre quarti di film.
Le beau mariage di Rohmer stavo per mollarlo salvo poi rendermi conto che il film stava andando nella direzione diametralmente opposta a quella che pensavo, Di base prende i soliti stereotipi da rom-com e fa andare tutto male. Fa un po' star male ma può anche essere esilarante se lo si prende per il verso giusto. Per certi versi anticipa un po' quell'estetica del cringe che abbiamo tutti imparato ad amare. Altro centro da parte di Rohmer per me.
Pirosmani di Shengelaia, so che è cliché dirlo specialmente sulla biografia di un pittore ma praticamente qualsiasi fotogramma potrebbe essere incorniciato e appeso al muro, deliberatamente pittorico nella composizione, nella scelta dei soggetti, dei colori, dell'illuminazione. Da sottolineare un inaspettato senso dell'umorismo che ho trovato francamente esilarante. Molto molto bello.
Ossessione di Visconti, trama ormai inesorabilmente prevedibile ma è l'occhio di Visconti ad elevare la pellicola, come si fa a esordire con una prova del genere io non lo so.
The cat in the hat di Welch, FINALMENTE dopo 17 anni ho trovato il coraggio di vederlo e, e che dire, vogliamo rivalutarlo come miniera per memi? Sia chiaro il film è osceno ma mentirei se dicessi che non mi ci sono divertito, certe robe poi in un film per bambini non ho idea di come siano riusciti a farsele passare.
L'enfant secret di Garrel, riuscitissima commistione di cinema muto e sonoro, una storia spiccatamente autobiografica e visibilmente sofferta da parte di Garrel che brilla soprattutto negli occhi e nei silenzi di Wiazemsky. Se nel mood giusto merita sicuramente la visione. Bellissime immagini.
Synecdoche, New York di Kaufman, impossibilmente denso, follemente ambizioso, stratificato, convoluto, Kaufman esordisce con un'opera titanica sulla vita la morte l'arte che tocca praticamente ogni corda dello spettro emotivo per un'esperienza esilarante, opprimente, febbricitante, estenuante, sicuramente come nessun'altra. Come faccia a stare tutto in meno di due ore è e rimarrà un mistero per me. Può piacere o no, ma la definizione di capolavoro è stata scritta proprio per opere come questa.
Ah quest'anno sono anche riuscito a recuperare tutto Mad men e confermo che sì è un capolavoro.
Buon 2021 a tutti.