Doom Generation di Gregg Araki
Molto interessante. Film che va a rappresentare l'idea della generazione x in maniera tanto surreale quanto realista. Allo stesso tempo, una critica all'ipocrisia delle persone "ben pensanti" dell'epoca. Un connubio tra onirismo e carnalità, sostenuto più dal comparto tecnico che da quello autoriale. Infatti la fotografia è molto azzeccata per l'atmosfera ed il messaggio mentre la colonna sonora è gradevole nonché martellante. L'unica pecca, più sul piano extracinematografico, è che si tratta di una pellicola abbastanza derivativa, cioè molto influenzata da quello che piaceva in quel periodo, infatti fa richiami a film pulp e a film grotteschi (anche ai thriller volendo), senza legarli bene nel suo dna. Non so se mi sono spiegato. Così facendo, in conclusione, rende memorabile più che altro la sua estetica (e la testa parlante).
Getting Any? di Takeshi Kitano
Film che vidi già nel 2018, ma che poi ho recuperato per rinfrescarmelo un po'. Vari episodi in puro stile Kitano con protagonista questo poraccio a cui capita veramente di tutto. Si fa parodia di molte cose: dai media alla società. I media anche a livello di generi, infatti si passa dai film storici in costume agli yakuza e dal sci-fi horror ai monster movies. Il protagonista è un ragazzo contemporaneo ante-litteram, non fa praticamente nulla, è completamente inetto agli eventi e vive tutte queste situazioni assurde in maniera immobile ed estranea al mondo. Certo è normale essere estranei ad un mondo come quello, però non è così sveglio neanche nella parte più sobria, anzi... . Un film avanti per il suo tempo, infatti con parodia della società mi riferisco al modo in cui sono messi in scena la dipendenza dal sesso e dal consumismo, i falsi miti della società dell’immagine, la violenza come gerarchia sociale, l'ignoranza che diventa saccenza, e quant'altro. Molto bello nel suo essere buffo.
Gozu di Takashi Miike
Film che è allo stesso tempo avanti per il suo periodo e giusto per il suo periodo. "Avanti" per il suo essere così fuori dagli schemi ma anche a suo modo queer, come piace forse più oggi che allora. "Giusto" perché la sua carica simbolica e metaforica oggi andrebbe persa, essendo un'epoca più superficiale. A me piacciono queste opere folli, stratificate, che offrono modo di usare la testolina e riflettere sia su quanto si sta vedendo, che su quanto abbia una corrispondenza nel nostro mondo. Il film parte come uno yakuza movie classico, se non fosse che il protagonista è completamente fuori e noi praticamente viviamo la storia dal suo punto di vista. Il fatto che la sua pazzia si rifletta nel mondo circostante, rende il suo viaggio on the road completamente folle. Il film si muove tra due piani: quello antinarrativo e quello simbolico; quindi non è proprio istantaneo da capire. Il film è on the road non solo per il protagonista, ma anche per la mente dello spettatore, la quale viene sballottata di qua e di là fino ad un finale unico e incisivo.
Visitor Q di Takashi Miike
Film singolare, anche qui si uniscono il realismo e l'assurdo. L'estetica del film e il suo focalizzarsi su dinamiche familiari è un pretesto per renderlo quasi "mondano", tuttavia il grottesco, l'eccesso, il cinismo, la violenza, il black humor e lo "strano" lo indirizzano su tutt'altra strada. Idem per i bisogni intimi e personali dei personaggi, che rendono l'atmosfera umana, influenzati da una messa in scena perversa e ricca di ilarità, che rende tutto disumano. Bellissime le inquadrature, fantastica l'ironia, ottimo il suo dualismo e ben fatto anche qui il finale. Rimane comunque un film non per tutti, di nicchia non solo per il budget ma anche per le sue idee e il suo modo di porle.
Tetsuo di Shin'ya Tsukamoto
Dal momento che è il più famoso del gruppetto, sarà il film di cui parlerò meno. Che c'è da dire? Avanguardista (sia visivamente che tematicamente), fatalista (filosoficamente) e carnale (pragmaticamente). Come io abbino gli aggettivi e gli avverbi, il regista nel film abbina la pulsione umana al distacco del progresso. Il caldo del corpo al freddo del ferro. La fusione di questi elementi non ha solo previsto la storia umana, ma anche spianato la strada per quella del cinema successivo.
Cure di Kiyoshi Kurosawa
Come lo definì qualcuno, è il "capostipite dell’evoluzione dell’horror giapponese in un genere più stratificato". Infatti si utilizzano le caratteristiche tipiche di quel genere per affrontare un'indagine psicologica. C'è anche molto noir evidentemente. Anche qui si alterna la carnalità, data dalla violenza e dal sangue, all'onirismo, dato dalle sequenze metafisiche che rendono il film più filosofico. Si tratta di una pellicola tutta di dualismo. La regia alterna la staticità alla frenesia, passa dalla sovraesposizione alla sottoesposizione, toglie al comparto musicale per dare a quello sonoro. Il film è molto introspettivo seppur molto elittico, lavora molto di sottrazione. E anche qui c'è una dualità: si toglie alla narrazione per dare all'osservazione. Si toglie al capito per dare al percepito. L'inquietudine è data dall'essere umano stesso: non dal suo interagire col soprannaturale, bensì dalla psiche. La morte ha la valenza di uno sbadiglio, è un comportamento di routine, questo è il punto. Si rappresenta un genere umano vuoto, freddo. Più cosmopolita ma meno sano. Sano sia nel suo capire il mondo, che nel suo agire nel mondo. La paura è data dalla consuetudine: dall'acqua, dalla calma, dal silenzio, da un bicchiere. Quello che mi piace di film come questo è che mostrano (pur lavorando di sottrazione, ripeto) come l'interno della mente e l'esterno del corpo rappresentino potenzialmente due ecosistemi non solo diversi ma anche contrastanti. In questo film le forze del male sono date dalla calma e dalla mondanità. Dal normale. Molto interessante e molto intelligente. Da un pretesto che sa di già visto ad un'opera unica. Con un gran finale anche. Davvero bello.