L'"introduzione" di Casino è un miracolo cinematografico. //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif Che goduria di film, soffre un po' di un calo di ritmo nella parte centrale ma per il resto è praticamente perfetto.
L'introduzione, il
panegirico del danaro, altro non è che un velato omaggio al bellissimo film di Von Sternberg, I misteri di Shanghai del 1941; dove il denaro veniva smistato tramite ceste, in mezzo a un' infernale orgia dantesca.
È sicuramente un suo film manifesto, nel senso che è Tarantino puro, però qualitativamente mi pare il solo film "minore" che abbia fatto finora, che non vuol dire scadente, anzi è un bellissimo film che riporta ai film drive in anni '70
Sullo scadente siamo d'accordo: non penso abbia girato ancora un film scadente; ma per me i kill bill sono quelli più deludenti, proprio per quello che aveva mostrato prima. Con gli anni pensavo di assorbire la botta, ma non è andata così: ancora brucia.
Tornando alla mia scorpacciata scorsesiana:
Bypassando l'esordio, nel senso di dignitoso film
didattico (si fa per dire), dove sia scorsy che Keitel muovono i primi passi; il vero primo film di Scozzese è la ballata folk America 1929, prodotto da Corman, doveva essere una specie di secondo atto de Il clan dei Barker, e invece ne è venuta fuori l'estetica scorsesiana nella grande depressione: a metà tra gli hobo vagabondi de L'imperatore del nord e il gangster fumettoso e sudaticcio The grissom gang (entrambi di Bob Aldrich), con un pizzico di polemica sulle radici e su certe vie intraprese dalla cosiddetta politica populista. Splendido.
Da America 1929 a Mean Streets il passo è breve: il primo crime di Scozzese si comporta come i poemi classici, declamando negli intenti, subito nelle prime strofe, gli obbiettivi, qui non solo del film, ma di una carriera: il quartiere le radici la famiglia la religione il peccato i sensi di colpa. Il modo è quello della new hollwood (Keitel che si rivolge alla sua amante con il gesto della pistola, omaggio chiarissimo a Godard), con zoomate anche repentine, riprese che sembrano documentaristiche; dialoghi che scorrono senza una connessione con le immagini. I protagonisti vanno al cinema a vedere nell'ordine Sentieri Selvaggi di Ford e La tomba di Ligeia, del ciclo Poe di Corman. Alla tele compare fugacemente un'immagine de Il grande caldo, spietato capolavoro noir del grande Lang, giusto per ribadire l'amore di scorzy per questi due grandi autori (come si chiama il personaggio di Jerry Lewis in The King of Comedy?).
Mi fermo con l'incredibile omaggio non solo ad un'epoca, ma ad un genere; parlo del meraviglioso New York New York, interpretato alla grandissima dalla Minnelli (brutta ma brava), figlia d'arte, e da un intenso De Niro. La storia in sé non è che accechi, però l'ultima mezz'ora (parlo della versione da 150'), tra omaggi cinefili con Happy Handing,l'episodio totalmente musical : cromatismi, gusti anche eccentrici e geometrici nelle inquadrature (che rivedremo a questi livelli solo anni dopo nel bellissimo lavoro dei Coen, Il grande Lebowski) e il finale non consolatorio, valgono il famoso prezzo del biglietto.
Per ora mi fermo qui.