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Provate i fumetti di Edizioni Inkiostro!Sono Fenomenali 

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[MENTION=35987]hihey54[/MENTION] Queste te le devi leggere, sono 2 cose omesse nell'anime che mi hanno steso
Nel volume 1, dopo l'incoronazione, una sera Steph è presa bene e va in stanza da Sora. Quest'ultimo è da solo (apparentemente).
Steph è vogliosa come non mai e inizia a parlare con Sora e chiede del perchè abbia voluto che lei si innamorasse di lui con la storia del gioco e dei comandamenti. Lei poi gli chiede se forse è perchè lui prova lo stesso.
Dopo questa affermazione, tutta rossa, si avvicina a lui e si alza la gonna e dice tipo "se è così, quello che mi rimane da darti ora è questa, sai..."
Dopodichè, mentre Sora riflette su cosa voglia dire amore e roba simile, salta fuori Shiro, che spiega a Steph di essere un mero oggetto per permettere a Sora di masturbarsi (le fa vedere il video dove è nuda nel bagno).
Steph non capisce (Shiro lo definisce "fapping" non "masturbation") così Shiro le fa vedere con la mano la dinamica della scena.
Vabbhè ero senza parole.
Steph poi si inca**a, urla, e se ne va. Sora discute un pò con Shiro, e la scena termina con quest'ultima che mormora "altri 7 anni" in riferimento allla riflessione sulla differenza tra sentimento romantico e desiderio sessuale.
Questa cosa potrebbe essere importantissima, perchè nell'anime, oltre all'essere genuinamente gelosa, questi possibili sentimenti di Shiro non si vedono neanche col binocolo.
Altra scena bellissima, quando Sora chiede a Steph da dove vengono i bambini
C'è un lunghissimo dialogo dove Sora non si spiega come possano riprodursi gli umani, se i comandamenti vietano di ferire gli altri, e almeno la prima volta è una sorta di ferita
Il tutto viene spiegato con una sorta di consenso involontario che permette di fare questo tipo di cose.
Ma comeFinito di vedere Mob Psycho 100.
Uno degli anime più deludenti che abbia mai visto.
Sent using Tapatapatapa
Ci credi che non riesco a trovarci una cosa da salvare?Ma come![]()
Si, eccolo qui: http://forum.spaziogames.it/board/threads/435950Leggendo Terra ForMarsi primi 6 volumi... C'è il topic ufficiale nel forum?
http://www.vignettae.it/articoli/recensioni/item/889-soft-cityHariton Pushwagner, all'anagrafe Terje Brofos, nasce nel 1940, compie studi artistici a Oslo, da adolescente si trasferisce a Parigi e da qui inizia una vita da vero e proprio artista bohèm. È nel 1969 che inizia a lavorare a Soft City. Composto fino al 1975, non vedrà mai la luce in quanto ne verranno perse le tracce durante il suo ritorno in Norvegia nel 1979. Ma senza timore arriviamo al 2002 quando, in circostanze non troppo chiare, l'opera viene ritrovata. Ora il problema è che Pushwagner aveva già da tempo rinunciato ai diritti sul proprio lavoro, e questo porterà a una battaglia legale che si concluderà solo nel 2008, quando il fumetto viene pubblicato dalla norvegese No Comprendo, e nel 2016 esce l'edizione della NYR Comics, divisione fumettistica della New York Review Books (edizione oggetto di questa recensione).
Ma vediamolo più nel dettaglio: il setting è quello di un non meglio precisato futuro prossimo, una realtà socialmente perfetta della quale ci viene offerto uno scorcio giornaliero. Le primissime pagine definiscono fin da subito tanto il tono quanto i contenuti dell'opera: il sole (rappresentato come un occhio del cielo, l'impossibilità di nascondersi a un controllo a cui non sfugge nulla) sorge su un gigantesco palazzo, un'infinita serie di finestre tutte uguali, una piattezza e una ripetizione che opprimono. Veniamo così introdotti al risveglio della famiglia, che è nucleo prototipico per qualsiasi altro gruppo familiare del fumetto: una moglie, un marito, un figlio; il lavoro e lo shopping; cieca obbedienza e cieco consumismo. Due poli dal ruolo sociale rigidamente determinato, e come la famiglia che ci viene dato seguire da vicino il fumetto offre scorci, allargando il campo visivo, in cui ogni altra famiglia su cui ci è possibile posare l'occhio svolge le stesse identiche azioni, ricopre lo stesso identico ruolo. Omologazione dei movimenti e dei pensieri, qualcosa di talmente radicato e capillare da non venire nemmeno messo in discussione.
Mentre la giornata inizia il suo corso, due sono le prime direttive sulle quali vale la pena porre attenzione. Prima di tutto, quello che mi verrebbe da definire il “fattore soft”: tutto in questa società viene definito in funzione di questo attributo, soft. Abbiamo così le soft pill, prese a inizio e fine giornata; soft times, il quotidiano con tutte le novità dal mondo; soft electric, per gli elettrodomestici della casa; il soft park della soft inc., in cui timbrare all'entrata un cartellino soft work e lavorare come soft executives; addirittura l'onomatopea durante la rasatura mattutina è soft shave. Soft City, la realtà in cui tutto è accomodante, niente è fuori posto e non ci sono preoccupazioni.
L'altra direttiva a cui ho fatto riferimento, e che in parte riflette questo “fattore soft”, è il lavoro svolto sul linguaggio da Pushwagner. Ne abbiamo un esempio nei pochi balloon di dialogo o nelle scritte che ci è dato cogliere, la lingua di questa società futura è un insieme di più idiomi, senza netti confini, mischiati insieme da una globalizzazione ormai normalizzata e data per scontata. In questo modo vediamo contrapporsi e integrarsi termini dall'inglese, dal francese, dal tedesco o dall'italiano, in un collage che più che suggerire ricchezza e varietà culturali trasmette un senso di impoverimento, che determina anche l'assoluta elementarità dei discorsi e dei pensieri dei personaggi.
Durante la scena della colazione ci viene proposto un altro aspetto importante che caratterizza questa distopica società. Vediamo infatti il padre intento alla lettura del giornale, e ciò che si trova di fronte è a dir poco agghiacciante: le notizie sono dominate da un clima di violenza, tanto in ambiti casalinghi quanto su larga scala, parlando senza filtri di guerre e povertà. Notizie sì agghiaccianti, ma solo per il lettore fuori dal fumetto, perché il padre non sembra minimamente scomporsi. Ecco a cosa ha portato l'accomodante realtà in cui vivono queste persone, la più assoluta indifferenza verso ciò che succede tanto nel mondo quanto più vicino a loro. Verso la fine della giornata, relegata agli angoli della pagina, vedremo una scena che rimarca questo concetto, in cui una persona, senza che ci venga fornito alcun contesto, viene presa a manganellate da un poliziotto, e la sua sofferenza non merita nemmeno uno sguardo da parte della massa di lavoratori che può pensare solo al ritorno a casa.
A differenza di numerosi aspetti discussi fino ad ora forse questo è il primo a porre Soft City in netta contrapposizione con l'ormai tradizionale letteratura distopica. Ciò che c'è di negativo nel mondo non viene censurato, non è necessario filtrare la realtà per l'uomo medio, perché questo decide volontariamente di ignorarla. È una visione particolarmente cinica e senza via di scampo.
Conclusa la scena della colazione, arriva il momento per il padre (e per migliaia di altri padri identici a lui) di andare al lavoro, ed è qui che inizia una delle sequenze più suggestive dell'intero fumetto. Iniziamo con l'uscita dall'appartamento, in cui vediamo uscire nello stesso istante altre decine di persone, tutte con la medesima routine controllata fino all'ultimo secondo. Una volta raggiunto il parcheggio vediamo la facciata del palazzo e decine di madri, ognuna con il proprio bambino, salutare ciascuna il proprio marito, in un meccanismo talmente identico e ripetitivo da risultare assolutamente spersonalizzato. Ora i padri entrano in macchina e si dirigono al lavoro, e lo spettacolo che troviamo davanti fa venire le vertigini. Un numero incalcolabile di automobili viaggia in una città dai palazzi senza fine e senza nessuna particolarità architettonica, solo un'infinita serie di finestre. Il cielo è impossibile da scorgere, il senso di oppressione è assoluto.
In questa incredibile sequenza emerge con forza tutta la particolarità del tratto stilistico di Pushwagner. Mi sembra fino ad ora di avere chiaramente reso l'idea di come si tratti di un fumetto monumentale da un punto di vista realizzativo, e infatti la lunga gestazione non dovrebbe sorprendere. Nel proporre però tavole in cui a regnare è la ripetizione e l'omologazione Pushwagner compie una scelta apparentemente paradossale: l'impressione è che sia tutto realizzato a mano libera, anche quando si tratta di tracciare le linee di un palazzo, e così è proprio nei momenti di maggiore distacco empatico che ci viene ricordato come tutto ciò sia opera di un uomo, sia un prodotto artistico, sia il risultato di un lavoro creativo. Un contrasto che conferisce un'impronta assolutamente unica all'opera, e che porta ad ammirare senza sosta ogni singola pagina.
È una sequenza che riesce a essere anche molto evocativa, e nell'introduzione al volume Chris Ware la paragona a una scena dal film Solaris di Andrej Tarkovskij, pellicola fantascientifica del 1972. Nel film di Tarkovskij un viaggio in un'autostrada giapponese grazie a pochi accorgimenti diventa un vero e proprio viaggio metafisico, un oscillare tra realtà e sogno, o tra realtà parallele, e questo squarcio che si apre ha qualcosa in comune con il lavoro di Pushwagner. Ci sono momenti in cui lo statuto di realtà viene messo in discussione, lampi destinati a morire tanto velocemente quanto sono esplosi in cui ci si domanda “Where is the mind when the body is here?”. Momenti che però non potranno mai essere niente di più di una domanda lasciata senza risposta, perché prima che uno possa rendersene conto la giornata è finita e si può solo aspettare che il sole sorga di nuovo.
Questo mi porta all'ultima osservazione su questo ricchissimo fumetto, ovvero la circolarità del tutto. In apertura ci viene rivolta una domanda: “The beginning or the end?”, ed è qualcosa che a fine lettura non può non tornare in mente al lettore. La ripetizione non controlla solo la singola giornata, ma essa stessa è posta in un ciclo che non sappiamo né quando sia iniziato né se potrà mai veramente finire, o anche solo cambiare. In questo senso si riflette l'intento più ampio dell'opera, il mostrare una realtà del genere senza dirci come si sia arrivati a questo punto né se sia possibile trovare una via di scampo. Ci viene semplicemente offerta una finestra in un mondo come un futuro che potrà arrivare o un presente che è già qui.
Tutto questo lo dico senza allarmismi o senza volere fregiare Pushwagner del titolo di “profeta” come troppo spesso viene fatto per gli autori che trattano temi del genere, ma volendo contribuire alla riflessione che lui stesso finisce per mettere in moto. Opere del genere diventano quindi una lente per leggere il presente non tanto per fare la conta di quanto ci abbia preso e su quanto si sia sbagliato, ma piuttosto per potere riconoscere quanto ci sfugga da sotto gli occhi a causa del filtro della quotidianità e dell'abitudine. Soft City è un'opera di escapismo nel senso più puro e nobile del termine, ci permette durante la lettura di estraniarci da noi stessi e di metterci in prospettiva, e di farlo insieme a tutto ciò che ci circonda.
Concordo con te sulla ripetitività, è un fattore che non mi è piaciuto.Finito Youjo Senki, non male, la protagonista principale è ottima, peccato che la totalità del cast eccetto Tanya sia estremamente dimenticabile ed essendo una serie basata sulla guerra potevano esserci più strategie e cambiamenti visto che si ripete sempre lo stesso schema per le battaglie:
1)Le cose vanno male
2)Arriva Tanya OP
3)Vittoria!
4)Tornare al punto 1
Poteva essere gestito tutto un po meglio, ma il risultato è discretoTecnicamente è un po debole e il design dei pg va dallo scarso al brutto forte ma si è visto di peggio:emov: