La sequenza di apertura su Krypton è, praticamente, un film a parte: la WB e Snyder potrebbero tranquillamente trarne un franchise di fantascienza non indifferente, e mostrare il passato di Krypton o la giovinezza di Jor, sino a terminare con la partenza di Kal e l'inevitabile morte di un mondo ormai condannato. Personalmente io sono sempre rimasto affascinato dalla figura del supremo scienziato di Krypton, Jor-El è una persona molto umana e completamente distaccata da quella freddezza che regna nel consiglio e la rigidità militare della gilda di Zod. Lady Lara, così regale e tanto madre, nonostante il poco tempo, mostra una personalità forte, come ogni madre dovrebbe essere e totalmente fiera del suo retaggio e di quello del suo amato. Russell Crowe ci regala il Jor-El migliore mai visto (chi scrive, ha quasi dimenticato l'interpretazione di Marlon Brando, non tanto per per ciò che fu, quanto perchè il personaggio di Crowe è molto più vicino al Jor che ho sempre amato e desiderato vedere su schermo) e l'unica cosa che si può rimpiangere e la sua inevitabile dipartita. Ecco che la magia della pellicola, però, risiede anche nel rinnovamento, e nel saper agire in modo giusto quando il momento lo richiede (Fortezza della Solitudine insegna).
I flashback e il passato di Clark, dipanati per tutta la pellicola, riescono pienamente a potenziarne la figura e a spiegare l'uomo: Kal, o Clark che dir si voglia, è umano. Molto più umano di quanto la sua appartenenza aliena possa non far comparire. Egli è totalmente cosciente della sua fragilità ma allo stesso tempo è insicuro di quella natura che lo ha plasmato. Jonathan (Kevin Costner ) dona magnificenza ad una delle persone più care al cuore di Clark Superman, Clark e Kal. La stessa persona e nel contempo tre figure così differenti. Tutte e tre trovano spazio nel film, e tutte e tre lo fanno nei momenti che sono richiesti da una sceneggiatura che è impossibile da definire banale, piatta e poco originale. Goyer plasma tra le sue mani il Superman (almeno al cinema) del futuro. Quello che in molti hanno invocato e che ora hanno paura a riconoscere forse. Io voglio anche apprezzarne le critiche, ma che siano costruttive, ben argomentate e ricche di particolari e prove che le sostengano; quelle fuori da questi schemi non le prendo nemmeno in considerazione, soprattutto perchè spesso "stilate" da primedonne e dive in decadenza, sempre alla ricerca di luci della ribalta e occhi di bue. No grazie, non sono interessato.
La rivelazione finale, la sequenza finale del film è forse la più vicina ad una sorpresa, non tanto perchè molto iconografica del personaggio, quanto carica di un aspetto importante, che tende senza remore ad un sequel (ormai quasi sicuramente annunciato) e a sviluppi particolarmente piacevoli. Senza giri di parole (o Valzer) Cavill plasma un ragazzo che diventa uomo e un eroe che diventa un *** (inteso senza blasfemia, ma come salvatore per un mondo che lo invoca). E' Snyder stesso che trascende ad una illuminazione SPECIFICANDO l'età della "venuta" di Superman (33 anni) e sottolinea il tutto con una bellissima scena di iconografia cristiana senza pari (se non la medesima sequenza vista 7 anni fa nel Returns di Singer -altro meraviglioso accostamento-). Superman non per forza deve tendere al magnifico e sempre più spesso deve concedere di camminare a terra (non a caso prima di consegnarsi parla con un prete (OH MY GOD! For Tomorrow!-) e agli uomini di avvicinarsi a lui, unirsi a lui nella luce (ecco le parole di Jor, come fossero una profezia) per essere migliori: l'esempio da seguire, non un *** da venerare.