Alert Religioni (Leggere il primo post prima di intervenire)

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La religione é un fatto culturale e d'insegnamento. Te senti questo "qualcosa" probabilmente, poiché ti é stato insegnato fin da piccolo. Saremmo veramente liberi di scegliere quando incominceremo a ricevere un'educazione religiosa a partire dai 15 anni.
appunto.

io ho deciso anni fa, dopo aver riflettuto, che non avevo bisogno di credere in qualcosa di soprannaturale ed ho semplicmente smesso di farlo.

tuttavia sono cresciuto secondo un'educazione cristiana, vivo in una società cristiana che cerca di imporre al prossimo valori cristiani, è difficile non essere cristiani se non cresci in una famiglia che accetta le tue scelte/ti fornisce qualche spunto per sviluppare una qualsivoglia libertà intellettuale.

alla fine tutto il sistema del catechismo, dell'oratorio non laico etc. sono strumenti per creare fedeli, è un circolo vizioso, e a me da fastidio.

il pedobattesimo, senza il quale il bambino viene spesso discriminato (è successo a miei conoscenti) è un'imposizione da parte della società che comporta come conseguenze comunione e cresima, che ne fanno un credente a tutti gli effetti

 
Aliasalberto, Ciccioct non ha parlato di emozioni o di altri fenomeni psichici.
Ha parlato d'esperienza, e l'esperienza si rileva coi fatti.


 


Io i suoi non li conosco. So solo che nella semplicità umana si nota con una certa facilità, tempo dopo tempo, la risposta alla preghiera.



Io stesso agli inizi della mia storia cristiana attribuivo le prime risposte (sempre
fatti) alla casualità. La ragione lo esige.


Prego e ricevo qualcosa. Funziona, ma potrebbe essere una casualità. Ma poi accade di nuovo, poi ancora, e ancora, e ancora.



A un certo punto non c'è bisogno di vedere gli angeli per sentire dentro di sè una sgradevole sensazione di ingratitudine che molti neo-cristiani sentono.


 


Un esempio stupido (ed è un
esempio, è una cosa simile all'originale... non l'originale, altrimenti non sarebbe un esempio!):


Lascio il mio letto disfatto, torno a casa e lo trovo rifatto.


 


Potrei avere un lapsus e chiedermi se sono io che l'ho fatto prima d'uscire senza ricordarmene, oppure se qualcuno l'ha fatto per me senza avermelo detto.



Il giorno dopo stessa situazione, poi ancora. È chiaro -senza tanti riferimenti a illusioni/malattie mentali- che qualcuno entra in continuazione nella mia camera e mi rifà il letto (che sia mia madre o la vicina di casa).


 


È vagamente la medesima cosa, è il primo impatto che solitamente si ha con *** (e solitamente in momenti terribili della propria vita).



Poi pian piano spunta la fede che non esige più "miracoli" diretti e/o materiali, perchè nasce un nuovo legame indescrivibile.


 


Ecco tutto, in una cruda sintesi.



Per me questo è arrivato solo in un secondo momento (quando diciamo che sì, si cresce e bisogna vedersela con problemi reali, la mia conversione iniziale consistette in un "semplice" contatto uomo/assoluto, uno dinquei momenti inncui, per un attimo, si esce dalla condizione prettamente umana: la cecità della caduta sulla via di Damasco, per intenderci.

Il bello è che tutto questo successe proprio quando misi in dubbio quella pseudo-educazione cattolica in cui ero cresciuto, gli episodi furono utilissimi a distruggere la figura di *** che si fa il bambino e ad iniziare a concepire quella del *** Vivo.

Anche se sì, la conversione è durata anni, dopotutto.

Perché ti fa piacere che sia così, non perché lo sia davvero. Quando dico che, metaforicamente, il letto te lo rifà la mamma e non ***, intendo, letteralmente, che nelle occasioni in cui credi che sia *** a intervenire, in realtà c'è sempre una spiegazione perfettamente razionale, che sia il caso o la precisa intenzione di qualcuno che vuole aiutarti. E ammesso che non la si trovi, questa spiegazione, non significa che il passo successivo debba essere l'invenzione di sana pianta. Troppo fantasioso aggiungere ***, che in questo modo si configura come una spiegazione jolly, che si può usare per motivare tutto quello che non capiamo.


Saluti.
Quando il caso sarà una spiegazione razionale io sarò xenofag, e non stiamo parlando di fisica quantistica.

Ad ogni modo Chen non è (forse) stato chiaro, però parlo per me: la preghiera "rifà il letto" dentro di te, ti rendencapace di affrontare molte situazioni che prima di pregqre ti inducevano a crollare, dandoti addirittura la possibilità di risolverle, persino quando il problema non è nemmeno tuo. E qui non c'è spiegazione razionale che tenga, io sono l'unico responsabile delle mie azioni, eppure a volte faccio cose che per carattere non farei mai, e non è nemmeno difficile, e credimi che ho tentato di spiegarlo in tutti i modi, effetto placebo incluso, ma davvero nulla potrà convincermi che io periodicamente stia vicinona mia madre proprio quando so che si sfogherà facendomi soffrire piuttosto che rintanarmi in camera mia come facevo una volta a causa di un effetto placebo, perchè c'è qualcosa che mi fa capire che lì c'é bisogno di me, e che pure lo studio può andarsene al diavolo. Ecco, questo succede solo da quando prego (credere non bastava!), e per di più riesco anche a sopportare parole davvero molto pesanti, che prima mi distruggevano. E no, non è nemmeno questione di abitudine, quella purtroppo l'ho fatta da un pezzo. Il vero "miracolo" (nel senso letterale, meraviglia) è che proprio ora nella mente di mia madre pare che qualcosa stia cambiando, specialmente da quando l'ho convinta a parlare con il parroco.

Va bhè Alias, se non scrivo dei testi sacri sono arrendevole, se ne scrivo te ne freghi, se credo in D-o sono un'illusa se credo nella democrazia pure...
Ma semplicemente, non vuoi che i bimbi siano "sviati" dalla chiesa? Prova ad educarli no?

I nostri figli sono battezzati, hanno seguito catechismo e così farà anche l'ultima arrivata (ora ha tre anni) ma i primi due hanno un cervello funzionante e non sono stati "plagiati" da nessuno

Non vuoi che le farneticazioni (a volte trovo anch'io il papa farneticante) rovinino la vita sociale?

Con la democrazia ed il voto no? Allora la soluzione qual'è?
Come mai avete deciso di battezzarli? Sempre ti piaccia rispondere a domande del genere in un forum, sentiti libera di ignorarmi //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif

La religione é un fatto culturale e d'insegnamento. Te senti questo "qualcosa" probabilmente, poiché ti é stato insegnato fin da piccolo. Saremmo veramente liberi di scegliere quando incominceremo a ricevere un'educazione religiosa a partire dai 15 anni.
Lol, ha detto di essere vissuto in una famiglia NON religiosa //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/emoticons_dent1005.gif

E in casa mia si è sempre parlato piuttosto male dei preti, classico caso di cristianesimo fai-da-te (per buoni motivi, tra l'altro), eppure i cattolici fai-da-te online mi hanno creato più problemi degli atei (sì, esistono "cristiani" per cui se citi Agostino sei un'oscurantista fantasma di prete che va allontanato dalla piattaforma, perchè l'idea del peccato originale mette in pericolo la carità nel cristianesimo. Poi quando osi ammettere che bannandoti non sono un chiaro esempio di carità, vanno pure a dire in giro che esistono falsi account et similia, roba da matti).

Ps: al momento, per lo meno, i figli fuori dal matrimonio sono accettatissimi nel mondo cristiano, e anzi viene offerto sostegno a chi viene danneggiato da certe condizioni, semplicemente il Papa ribadisce che la condizione ottimale (quindi l'unica davvero accettabile a priori, ma quando il danno è fatto è fatto) è quella della famiglia unita nel matrimonio (il che non vuol dire, quando si parla in questi termini, che ci sia bisogno dell'atto ufficiale, ma semplicemente dell'amore coniugale in tutto il suo splendore). Beh, due genitori che si amano saranno sempre "avanti" a due che a mala pena si tollerano, ed il matrimonio cristiano non può esistere senza amore, non è la carta a parlare.

C'è da capirla, la teologia cristiana, purtroppo in questo gli stessi cristiani spesso dimostrano di non essere all'altezza.

 
Quando il caso sarà una spiegazione razionale io sarò xenofag, e non stiamo parlando di fisica quantistica.
Eh, il caso è una spiegazione razionale eccome, caro xenofag (?).

Ad ogni modo Chen non è (forse) stato chiaro, però parlo per me: la preghiera "rifà il letto" dentro di te, ti rendencapace di affrontare molte situazioni che prima di pregqre ti inducevano a crollare, dandoti addirittura la possibilità di risolverle, persino quando il problema non è nemmeno tuo. E qui non c'è spiegazione razionale che tenga, io sono l'unico responsabile delle mie azioni, eppure a volte faccio cose che per carattere non farei mai, e non è nemmeno difficile, e credimi che ho tentato di spiegarlo in tutti i modi, effetto placebo incluso, ma davvero nulla potrà convincermi che io periodicamente stia vicinona mia madre proprio quando so che si sfogherà facendomi soffrire piuttosto che rintanarmi in camera mia come facevo una volta a causa di un effetto placebo, perchè c'è qualcosa che mi fa capire che lì c'é bisogno di me, e che pure lo studio può andarsene al diavolo. Ecco, questo succede solo da quando prego (credere non bastava!), e per di più riesco anche a sopportare parole davvero molto pesanti, che prima mi distruggevano. E no, non è nemmeno questione di abitudine, quella purtroppo l'ho fatta da un pezzo. Il vero "miracolo" (nel senso letterale, meraviglia) è che proprio ora nella mente di mia madre pare che qualcosa stia cambiando, specialmente da quando l'ho convinta a parlare con il parroco.
Non ho capito dove tu voglia arrivare con la storia di tua madre né perché l'abbia scritta. Per la storia delle situazioni che prima ti inducevano a crollare, è proprio una specie di effetto placebo. Tu preghi, ti convinci che la preghiera ti farà stare meglio e, quando ti succede di notare un miglioramento (salute, lavoro, amore, famiglia, amici etc.), pensi che sia stato merito della preghiera. Tuttavia, quando le cose non vanno come vorresti, anziché pensare che la preghiera abbia fallito, ovvero che *** abbia fallito, trovi una giustificazione: ti ripeti magari che non è il momento giusto, che non hai pregato nel modo adatto, che le vie del signore sono infinite, che non tutti i mali vengono per nuocere e così via. Il tuo ragionamento è chiuso in sé stesso ed esclude ogni possibile messa in discussione della validità della preghiera. Tu ti sei semplicemente convinto che sia bene pregare, quindi lo fai, indipendentemente dall'esito. Analogamente, molte persone ritengono che gettarsi alle spalle un pizzico di sale, quando in tavola viene accidentalmente versato dell'olio, le aiuti a scongiurare un qualche male, una sventura, un avvenimento negativo in generale, e così esorcizzare la situazione portandola a proprio vantaggio. Magari dopo ti travolge un tram o magari vinci un milione di euro. In ogni caso, troverai una scusa per ricollegare tutto a quell'episodio: "non ho gettato abbastanza sale", "non l'ho fatto con la mano giusta"; oppure: "hai visto, mi ha portato bene!". Questo non è un atteggiamento razionale, ma visionario e infantile.

Quello che tu spieghi come miracolo, cioè il cambiamento in tua madre, io lo leggo come una debolezza che tu stai in qualche modo sfruttando (in buona fede, intendiamoci) per convincerla che la tua strada sia (l'unica) giusta. Le spiegazioni razionali agli avvenimenti che non ti spieghi ci sono sicuramente. Come ho già detto, il fatto che tu non riesca a trovarle (o magari inconsciamente non voglia trovarle), non significa che non ci siano e non ti autorizza a inventare spiegazioni inverosimili o addirittura impossibili. D'altronde, se io credessi con la stessa forza con cui credi tu e pregassi per qualcosa che si escludesse mutuamente con una delle cose per cui preghi tu, chi "vincerebbe" tra di noi? Ci sarebbe almeno uno sconfitto, ovvero almeno una preghiera inesaudita; nel peggiore dei casi, entrambi rimarremmo inascoltati. Questo porta a una considerazione successiva, ovvero all'arrogante convinzione che il proprio modo di pregare sia più giusto e che gli oggetti delle proprie preghiere siano più meritevoli di essere realizzati; in poche parole, che *** la pensi esattamente come noi.

 
Effettivamente è più facile appoggiarsi ad altro che guardare se stessi, capire gli errori migliorare e poi andare avanti...Le cose succedono, scendi in strada inciampi e un camion ti prende sotto...non vedo perché cercare significati nel sopranaturale

 
Cancellare un post a me sa tanto da malafede...

Mi permetto di dire che quel post era delizioso, ma non c'entrava veramente niente con la logica. XD

La realtà delle cose non dipende dal fatto che io le asserisca: se dico che domani ci potrà essere o non essere una battaglia navale, e domani accade una battaglia navale, non vuol dire che dipende dal fatto che io l'abbia detto che c'è la battaglia navale. Anche su ***, se io dico che c'è o che non c'è, non vuol dire che *** c'è o non c'è. Per DIMOSTRARE che *** c'è o non c'è, o che ci sarà o non ci sarà una battaglia navale, invece, mi serve un sillogismo scientifico: ma i sillogismi non sono scientifici a meno che non abbiano una premessa evidente e derivata da un altra evidenza, quindi da una scienza. Non abbiamo scienza di *** nè abbiamo una sua evidenza, quindi non potremo mai dire che "E' vero che *** esiste" o "E' falso che *** non esiste", al massimo possiamo portare prove logiche della correttezza o scorrettezza logica di ***: le prove a posteriori garantirebbero in questo senso l'esistenza di *** (Il primo motore immobile, la prova per eminenza, la prova modale) mentre i paradossi teologici la sua inesistenza: Ma nessuna di queste due cose ci dice la verità perchè non parte da premesse di cui abbiamo scienza.

 
Le mie prime preghiere sono state una sfida, una scommessa, mi sono inginocchiato di fronte al Ss. sacramento anche con un po' di vergogna, e ne sono uscito diverso: mai avrei pensato che potesse funzionare.

E non ho mai pregato perchè qualcosa accadesse, è qui che ti sbagli, io ho sempre e solo pregato perchè il Signore mi desse la forza di compiere la Sua volontà, anche non conoscendola.

Non prego mai perchè mia madre, ad esempio, superi i suoi problemi, ma solo che mi sia data la possibilità di convincerla a superarli, la preeghiera è un semplice dialogo uomo-***, nulla di più, nulla di meno.

Poi ok, i motivi potrebbero essere anche altri, la preghiera non mi dà la certezza di *** (che non ho affatto, in realtà), ma funziona, cambia il mio atteggiamento e, quindi, la mia vita; il resto non riguarda più la preghiera, se non come parte.

 
Le mie prime preghiere sono state una sfida, una scommessa, mi sono inginocchiato di fronte al Ss. sacramento anche con un po' di vergogna, e ne sono uscito diverso: mai avrei pensato che potesse funzionare. E non ho mai pregato perchè qualcosa accadesse, è qui che ti sbagli, io ho sempre e solo pregato perchè il Signore mi desse la forza di compiere la Sua volontà, anche non conoscendola.

Non prego mai perchè mia madre, ad esempio, superi i suoi problemi, ma solo che mi sia data la possibilità di convincerla a superarli, la preeghiera è un semplice dialogo uomo-***, nulla di più, nulla di meno.

Poi ok, i motivi potrebbero essere anche altri, la preghiera non mi dà la certezza di *** (che non ho affatto, in realtà), ma funziona, cambia il mio atteggiamento e, quindi, la mia vita; il resto non riguarda più la preghiera, se non come parte.
Cambia l'atteggiamente anche andare da un buon psicologo/a

 
Effettivamente è più facile appoggiarsi ad altro che guardare se stessi, capire gli errori migliorare e poi andare avanti...Le cose succedono, scendi in strada inciampi e un camion ti prende sotto...non vedo perché cercare significati nel sopranaturale
Per paura. Secondo me è più confortante credere che ci sia un protettore, un padre metaforico, sempre disposto ad aiutarci, anche nel peggiore dei casi. In questo modo l'uomo vince sempre, perché ha le spalle coperte. Per autoconvincersi di ciò e rendere l'inverosimile meno assurdo, ci si inventa che sia necessario eseguire determinate azioni e precetti morali, cose che l'uomo si autoimpone, ma che finge di ricevere direttamente da *** o indirettamente dai suoi vicari. È simile al processo mediante il quale il bambino, che gioca e si finge uno stregone, si immagina di dover pronunciare delle parole particolari per formulare un incantesimo: esperire l'azione concreta, magari accompagnata da riti che prevedono sempre uno stesso canovaccio (la formula magica, l'imposizione delle mani, indossare un cappello a punta etc.), rende più concreta la fantasia, che si materializza nei gesti e nelle credenze. Immaginare per un attimo che potrebbe non esserci questo potere, che questi riti potrebbero non avere alcun significato, lascia al bambino il fastidio di dover affrontare la realtà e dover ammettere che è tutta una finzione, che, dunque, non gli è possibile controllare il mondo circostante. Immaginare che *** non ci sia affatto e che i propri riti siano vani (pregare, andare in chiesa periodicamente, ricevere benedizioni e sacramenti etc.), lascia al credente lo sconforto che una mano amica non ci sia affatto e che sia impossibile sottrarsi all'eventualità di essere colpiti dal male (che può essere una malattia, un'ingiustizia etc.), senza possibilità di protezione o riscatto. Per alcuni, questa presa di coscienza è terrorizzante. Ma penso che pochi siano disposti ad ammetterlo.

 
Effettivamente è più facile appoggiarsi ad altro che guardare se stessi, capire gli errori migliorare e poi andare avanti...Le cose succedono, scendi in strada inciampi e un camion ti prende sotto...non vedo perché cercare significati nel sopranaturale
Non è così semplice: da quando prego la mia vita è più DIFFICILE, ho MENO tempo per me, perchè l'effetto della preghiera, su di me almeno, è proprio quello di spingermi non a cercare la tranquillità, ma una guerra contro il me stesso che, dopotutto, stava meglio quando mia madre urlava da sola che ora, dato che mettendomi a disposizione divento spesso anche "l'antagonista" degli sfoghi. Eppure sono più FELICE, e sinceramente il perchè non so spiegarlo, è come il fatto della preghiera in luoghi pubblici: da membro della società (anche cristiana) mi vergogno e mi sento ridicolo, da cristiano mi vergogno della vergogna stessa, e comprendo il paradosso di Kierkegaard, pur non accettando quasi nulla della sua filosofia.

Se il mondo in cui sono cresciuto mi pone in soggezione nel momento in cui prego e mi sento inevitabilmente "giudicato" da nonsochi, ha ragione lui, il cristianesio è fondamentalmente anti-etico e paradossale, o almeno lo è nel mio mondo, hic et nunc.

Eppure un paio d'anni fa avrei pensato, vedendo qualcuno che si inginocchiasse in chiesa, che quello non avesse compreso alcunchè della misericordia divina.

Eppure ero io, a non aver compreso nulla dell'uomo, e quanta strada ho ancora da fare!

Ps: i riferimenti alla mia storia personale non vogliono dimostrare nulla, sono eventi soggettivi e che poco possono offrire se non una testimonianza, prendetela come tale.

Ad ogni modo a me *** m'ha sempre buttato nella mischia (per dirla come un gesuita), se voglio protezione la chiedo più volentieri a quell'egoista che mi abita dentro //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/winks.gif

Cambia l'atteggiamente anche andare da un buon psicologo/a
In che modo uno psicologo può convincermi che lasciare che mi si faccia male sia fondamentale per la mia personalissina felicità? E oerchè lo farebbe?

 
Le mie prime preghiere sono state una sfida, una scommessa, mi sono inginocchiato di fronte al Ss. sacramento anche con un po' di vergogna, e ne sono uscito diverso: mai avrei pensato che potesse funzionare. E non ho mai pregato perchè qualcosa accadesse, è qui che ti sbagli, io ho sempre e solo pregato perchè il Signore mi desse la forza di compiere la Sua volontà, anche non conoscendola.

Non prego mai perchè mia madre, ad esempio, superi i suoi problemi, ma solo che mi sia data la possibilità di convincerla a superarli, la preeghiera è un semplice dialogo uomo-***, nulla di più, nulla di meno.

Poi ok, i motivi potrebbero essere anche altri, la preghiera non mi dà la certezza di *** (che non ho affatto, in realtà), ma funziona, cambia il mio atteggiamento e, quindi, la mia vita; il resto non riguarda più la preghiera, se non come parte.
Quindi hai sempre pregato perché qualcosa accadesse, quel qualcosa di cui hai appena scritto tu. Lo fai sempre per un tornaconto personale, cosa che implica la convinzione che *** abbia il compito di ascoltarti e accontentarti. Ma se il *** in cui credi è onnisciente, sa già in anticipo cosa desideri, quali saranno le cose per cui pregherai, dunque non ti è necessario pregare. L'unico motivo che resta, tolto quello della richiesta, è la tua volontà di trovare conforto nell'azione della preghiera, nella convinzione che essa produrrà effetti positivi concreti. Questo è esattamente l'effetto placebo: compiere un'azione inconsapevolmente inutile, nella convinzione che porterà del bene. Prendi la pillola, perché ti è stato detto da medici autorevoli che ti farà stare bene; ti convinci che funzionerà, forte delle rassicurazioni ricevute, e induci su te stesso un effetto guaritore, su un disagio che, evidentemente, non ha cause fisiche bensì psichiche: sei convinto di aver preso la cura dall'esterno, quindi ti predisponi alla guarigione dall'interno. Io prenderei davvero in considerazione la psicoterapia, come dice Xile. Non lo dico per offenderti, ma perché questa cosa potrebbe esserti d'aiuto più di qualsiasi religione.

 
Per paura. Secondo me è più confortante credere che ci sia un protettore, un padre metaforico, sempre disposto ad aiutarci, anche nel peggiore dei casi. In questo modo l'uomo vince sempre, perché ha le spalle coperte. Per autoconvincersi di ciò e rendere l'inverosimile meno assurdo, ci si inventa che sia necessario eseguire determinate azioni e precetti morali, cose che l'uomo si autoimpone, ma che finge di ricevere direttamente da *** o indirettamente dai suoi vicari. È simile al processo mediante il quale il bambino, che gioca e si finge uno stregone, si immagina di dover pronunciare delle parole particolari per formulare un incantesimo: esperire l'azione concreta, magari accompagnata da riti che prevedono sempre uno stesso canovaccio (la formula magica, l'imposizione delle mani, indossare un cappello a punta etc.), rende più concreta la fantasia, che si materializza nei gesti e nelle credenze. Immaginare per un attimo che potrebbe non esserci questo potere, che questi riti potrebbero non avere alcun significato, lascia al bambino il fastidio di dover affrontare la realtà e dover ammettere che è tutta una finzione, che, dunque, non gli è possibile controllare il mondo circostante. Immaginare che *** non ci sia affatto e che i propri riti siano vani (pregare, andare in chiesa periodicamente, ricevere benedizioni e sacramenti etc.), lascia al credente lo sconforto che una mano amica non ci sia affatto e che sia impossibile sottrarsi all'eventualità di essere colpiti dal male (che può essere una malattia, un'ingiustizia etc.), senza possibilità di protezione o riscatto. Per alcuni, questa presa di coscienza è terrorizzante. Ma penso che pochi siano disposti ad ammetterlo.
Non esiste la giustizia se non esiste ***, tanto per chiarire eh.

 
Le mie prime preghiere sono state una sfida, una scommessa, mi sono inginocchiato di fronte al Ss. sacramento anche con un po' di vergogna, e ne sono uscito diverso: mai avrei pensato che potesse funzionare. E non ho mai pregato perchè qualcosa accadesse, è qui che ti sbagli, io ho sempre e solo pregato perchè il Signore mi desse la forza di compiere la Sua volontà, anche non conoscendola.

Non prego mai perchè mia madre, ad esempio, superi i suoi problemi, ma solo che mi sia data la possibilità di convincerla a superarli, la preeghiera è un semplice dialogo uomo-***, nulla di più, nulla di meno.

Poi ok, i motivi potrebbero essere anche altri, la preghiera non mi dà la certezza di *** (che non ho affatto, in realtà), ma funziona, cambia il mio atteggiamento e, quindi, la mia vita; il resto non riguarda più la preghiera, se non come parte.
ma per l'utilizzo che fai della preghiera tu non hai bisogno di alcun *** in particolare, non segui le usanze religiose ed i riti che contraddistinguono una qualsivoglia religione (mi pare di aver capito che tu sia cristiano), ma hai solamente bisogno di qualche momento di raccoglimento con te stesso e quella che ti sei convinto essere un'entità superiore, che tu identifichi nel *** cristiano.

tu hai bisogno di trovare una motivazione per andare avanti/per risolvere i tuoi problemi e l'hai trovata nel dialogo con ***, ma questo non implica che questo debba necessariamente esistere.

Potrebbe invece essere solamente un gesto tramite il quale tu riesci ad autoconvincerti ed è solamente merito tuo, non dell'intervento di chissà quale divinità.

Dal mio punto di vista i risultati che ottieni pregando li otterresti anche meditando semplicemente, perchè è quello che fai nell'atto di chiedere consiglio a ***.

P.S. @aliasalberto: pensi più o meno le stesse cose che penso io, apprezzo molto i tuoi post

 
Non è così semplice: da quando prego la mia vita è più DIFFICILE, ho MENO tempo per me, perchè l'effetto della preghiera, su di me almeno, è proprio quello di spingermi non a cercare la tranquillità, ma una guerra contro il me stesso che, dopotutto, stava meglio quando mia madre urlava da sola che ora, dato che mettendomi a disposizione divento spesso anche "l'antagonista" degli sfoghi. Eppure sono più FELICE, e sinceramente il perchè non so spiegarlo, è come il fatto della preghiera in luoghi pubblici: da membro della società (anche cristiana) mi vergogno e mi sento ridicolo, da cristiano mi vergogno della vergogna stessa, e comprendo il paradosso di Kierkegaard, pur non accettando quasi nulla della sua filosofia. Se il mondo in cui sono cresciuto mi pone in soggezione nel momento in cui prego e mi sento inevitabilmente "giudicato" da nonsochi, ha ragione lui, il cristianesio è fondamentalmente anti-etico e paradossale, o almeno lo è nel mio mondo, hic et nunc.

Eppure un paio d'anni fa avrei pensato, vedendo qualcuno che si inginocchiasse in chiesa, che quello non avesse compreso alcunchè della misericordia divina.

Eppure ero io, a non aver compreso nulla dell'uomo, e quanta strada ho ancora da fare!

Ps: i riferimenti alla mia storia personale non vogliono dimostrare nulla, sono eventi soggettivi e che poco possono offrire se non una testimonianza, prendetela come tale.

Ad ogni modo a me *** m'ha sempre buttato nella mischia (per dirla come un gesuita), se voglio protezione la chiedo più volentieri a quell'egoista che mi abita dentro //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/winks.gif

In che modo uno psicologo può convincermi che lasciare che mi si faccia male sia fondamentale per la mia personalissina felicità? E oerchè lo farebbe?
Uno psicologo non ti convincerà mai di niente, con te cerca di affrontare un percorso per scoprire cosa a te fa stare male e cerca di risolvere i vari problemi. Tu già dici che ti lasci fare del male quindi sai che qualcosa non va, dovresti cercare di capire perché lo permetti allora, ma fidati che non sono risposte che si possono avere subito, ci vuole molto tempo.

 
Uno psicologo non ti convincerà mai di niente, con te cerca di affrontare un percorso per scoprire cosa a te fa stare male e cerca di risolvere i vari problemi.
La felicità non funziona così. Anche se dovessimo discuterne a lungo, bisogna vedere se è possibile pensare la felicità come "Non avere problemi", piuttosto che -come la penso io- "poter fare e avere ciò che si vuole". Uno psicologo non ti rende felice, al massimo ti rende lucido, sveglio, reattivo, razionale, aperto.

PS:

Ma se il *** in cui credi è onnisciente, sa già in anticipo cosa desideri, quali saranno le cose per cui pregherai, dunque non ti è necessario pregare.
Svarione teologico, *** è onnisciente ma non presciente, non è omnitemporale ma è atemporale. *** è presente e guarda il film della vita in ogni singolo momento in cui il film va, lui sa tutto perchè sta vedendo tutto, e non perchè l'ha già visto.

Supporre il contrario sarebbe come a dire che *** è sottoposto al tempo, perchè anche lui in un qualche "momento" ha compiuto l'azione del sapere, e ora non la compie piu'. La scienza di *** è eterna e SEMPRE presente, quindi dovremmo dire che *** l'azione la compie e basta, se chiedo a *** se sono destinato a uccidere un lombrico lui mi potrebbe dire che non sono destinato a un bel niente: io lo sto facendo, proprio in quel momento, davanti ai suoi occhi. E' faccio tutto per libero arbitrio, non essendoci temporalità nella conoscenza di *** non c'è un tempo in cui è stato stabilito che io facessi quello è quello, ma viene stabilito nel presente: e il presente è il momento in cui scelgo. Certo non pretendo che ciò che ho appena detto venga capito alla prima lettura, se ci riesci mi fai un piacere ma se non ci riesci non rispondere "Non cambia nulla" perchè vuol dire che non hai capito e stai partendo dalle tue premesse erronee evitando il discorso che hai appena letto, rispondi "Non ho capito." e provo a ripeterlo meglio.

 
La felicità non funziona così. Anche se dovessimo discuterne a lungo, bisogna vedere se è possibile pensare la felicità come "Non avere problemi", piuttosto che -come la penso io- "poter fare e avere ciò che si vuole". Uno psicologo non ti rende felice, al massimo ti rende lucido, sveglio, reattivo, razionale, aperto.
Infatti non ho parlato di felicità //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/smile.png Uno psicologo aiuta a capire i propri pensieri, e individuare i vari inghippi che una persona si porta dietro nella vita e li scardina.

 
Quindi hai sempre pregato perché qualcosa accadesse, quel qualcosa di cui hai appena scritto tu. Lo fai sempre per un tornaconto personale, cosa che implica la convinzione che *** abbia il compito di ascoltarti e accontentarti. Ma se il *** in cui credi è onnisciente, sa già in anticipo cosa desideri, quali saranno le cose per cui pregherai, dunque non ti è necessario pregare. L'unico motivo che resta, tolto quello della richiesta, è la tua volontà di trovare conforto nell'azione della preghiera, nella convinzione che essa produrrà effetti positivi concreti. Questo è esattamente l'effetto placebo: compiere un'azione inconsapevolmente inutile, nella convinzione che porterà del bene. Prendi la pillola, perché ti è stato detto da medici autorevoli che ti farà stare bene; ti convinci che funzionerà, forte delle rassicurazioni ricevute, e induci su te stesso un effetto guaritore, su un disagio che, evidentemente, non ha cause fisiche bensì psichiche: sei convinto di aver preso la cura dall'esterno, quindi ti predisponi alla guarigione dall'interno. Io prenderei davvero in considerazione la psicoterapia, come dice Xile. Non lo dico per offenderti, ma perché questa cosa potrebbe esserti d'aiuto più di qualsiasi religione.
È qui che sbagli: prima di pregare non sono AFFATTO intenzionato a compiere la volontà di ***. Anzi, ti dirò, ormai durante la preghiera non penso nemmeno più, non formulo pensieri, parole, la mia unica preghiera è sondare i volti delle persone con cui entro in contatto quotidianamente.

Dopo la preghiera, giungo alla conclusione che le mie pretese, i miei desideri, sono spesso ridicoli, si forma una nuova volontà che sostituisce la vecchia, vengo posto in confronto con Cristo nella sua passione, e mi rendo conto che sì, sono uno stupido e un ingrato, e che non merito di chiedere alcunchè.

Poi il desiderio di essere al suo posto, l'accettazione dell'inesistenza dell'Amore con la A maiuscola senza sofferenza e abnegazione, il rendersi conto che tutto ciò che pretendo sarebbe così inutile che farei meglio a privarmi di ciò che ho già.

So che difficilmente mi capirai, ancora una volta, ma sto cercando di esprimere l'inesprimibile in modi diversi perchè qualcuno magari lo capisca: la preghiera è un rovescianento della volontà, la nascita di una volontà nuova, ogni giorno. E non chiedo proprio niente, nessun tornaconto, perchè ho potuto sperimentare che la felicità sta nel compiere la volontà di ***, non la mia. E se compiere la Sua volontà è un vantaggio per me, mi chiedo che senso avrebbe il fatto che la preghiera con me funzioni, di chi sarebbe questa volontà che nemmeno conosco? Del caso? Benedetto sia quel caso, allora, che mi convince a donare me stesso contro la convenienza!

Ps: la preghiera di fatto serve a ME per godere del rapporto con ***, mica a lui come indirizzo, se non prego decido liberamente di non intrattenere questo rapporto, *** non mi costringerà a goderne.

Riguardo alla psicoterapia: no grazie, ho tutto ciò di cui ho bisogno.

Ad ogni modo mi tornano ora in mente parole pronunciate molto tempo fa, quando ancora non le comprendevo appieno.

"A quale fine?"

"Per imparare a meglio Servire *** ed il prossimo."

"Quali vantaggi materiali pensi di ottenerne?"

"Nessuno."

Mai ottenuti, di fatto, di vantaggi spirituali invece sì, grazie anche a quelle parole ero nel luogo in cui mi convertii, ma quelle parole non avevano a che fare con la preghiera, di fronte a me era un uomo. Nessuna meraviglia, dunque, che si possano ottenere anche con la preghiera, ma resta il fatto che questa non è sincera se l'obiettivo è proprio quel tipo di vantaggio, e non la disposizione a distruggere l'egoismo che gonfia tanto l'ego,

 
Infatti non ho parlato di felicità //content.invisioncic.com/a283374/emoticons/smile.png Uno psicologo aiuta a capire i propri pensieri, e individuare i vari inghippi che una persona si porta dietro nella vita e li scardina.


Tu no, lui si.

 
ma per l'utilizzo che fai della preghiera tu non hai bisogno di alcun *** in particolare, non segui le usanze religiose ed i riti che contraddistinguono una qualsivoglia religione (mi pare di aver capito che tu sia cristiano), ma hai solamente bisogno di qualche momento di raccoglimento con te stesso e quella che ti sei convinto essere un'entità superiore, che tu identifichi nel *** cristiano.tu hai bisogno di trovare una motivazione per andare avanti/per risolvere i tuoi problemi e l'hai trovata nel dialogo con ***, ma questo non implica che questo debba necessariamente esistere.

Potrebbe invece essere solamente un gesto tramite il quale tu riesci ad autoconvincerti ed è solamente merito tuo, non dell'intervento di chissà quale divinità.

Dal mio punto di vista i risultati che ottieni pregando li otterresti anche meditando semplicemente, perchè è quello che fai nell'atto di chiedere consiglio a ***.

P.S. @aliasalberto: pensi più o meno le stesse cose che penso io, apprezzo molto i tuoi post
Ne sono consapevole, c'è molto della meditazione nel mio metodo di preghiera, infatti anche prima ho accennato che non è la preghiera a farmi credere in ***, mi sono convertito molto prima di iniziare a pregare.

In quanto ai sacramenti, con me funzionano a meraviglia.

In quanto alla motivazione per andare avanti, sinceramente prima che iniziassina pregare non ne sentivo proprio il bisogno, come ho già detto la prima preghiera matura non è stato altro che un ingenuo "vediamo cosa si prova".

Poi sì, potrebbe pure essere solo autoconvinzione, ma poi diventa buffo dover spiegare come, da un momento all'altro, abbia cominciato ad autoconvincermi solo con un simbolo di Cristo davanti (quando non il Santissimo stesso) e con le ginocchia sul pavimento, ancora più buffo sarebbe dover spiegare altre esperienze che non voglio raccontare qui, forse per quella "vergogna paradossale", o forse per prudenza.

Ma appunto si è sempre in bilico tra "c'è" e "non c'è", questa la natura della Fede.

Il fatto è che comunque io credo nel *** Vivo, che vive in mezzo a noi, dentro di noi, "sopra" di noi, vive in me come vive nel peggiore degli assassini, quindi anche il fatto del rapporto con me stesso... Sarebbe strano se quel *** non si manifestasse lì, anzi sarebbe una grande forma di dolore, perchè vorrebbe dire che non avrei alcun interesse nel cercarlo.

Quando poi si manifesta nell'altro, nel piû debole soprattutto, in colui che per te non fa nulla, se non soffrire...

Lo so, tutto questo vi suona incredibile e non potete fare a meno che ricondurlo a qualcosa che già conoscete, ma io vi dico che se la Fede non l'avete, certe cose non le conoscete. Poi sta a voi, fidarvi o meno.

Uno psicologo non ti convincerà mai di niente, con te cerca di affrontare un percorso per scoprire cosa a te fa stare male e cerca di risolvere i vari problemi. Tu già dici che ti lasci fare del male quindi sai che qualcosa non va, dovresti cercare di capire perché lo permetti allora, ma fidati che non sono risposte che si possono avere subito, ci vuole molto tempo.
Mi faccio "fare del male" perchè è attualmente l'unico modo di "fare del bene" e credimi: in questo non c'è nulla che non va, anzi ne sono felice, ma non voglio parlare di vicende personalissime come il rapporto con mia madre, non qui.

 
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