Innanzitutto per quanto riguarda me io non ho mai parlato di certezza religiosa, la mia posizione circa la fede è quella appunto di "fede" "fiducia", ovvero mettere da parte i dubbi dell'intelletto e dei sensi (dov'è ***? perchè c'è tanto male nel mondo etc?) in favore di un apertura ad una notizia annunciatami, che mi dice di non temere perché, per esempio, gli ultimi saranno i primi e i miti erediteranno la terra. Puoi constatare da solo quanto questo non sia certo un sistema di certezze, ma una presa di posizione tutta incondizionata (nel senso che non è condizionata da motivi materiali- visivi- empiricamente palpabili, un po' come la fiducia che si da ad un amico che dice di non aver commesso quella o quell'altra colpa) che è certo vacillante nel momento in cui i dubbi si ri-presentano, ma che resiste a merito della sua stessa consistenza: quella cioè di essere conveniente e quella di essere estremamente affine al mio personalissimo, diciamo intimo, apparato filosofico; cioè di sposarsi incredibilmente con il mio modo di intendere e vivere la vita, e implicitamente quindi di sposarsi benissimo con me.Semplicemente ritenendo rivelata la tua religione, ossia, prendi una credenza e fai nei suoi confronti un atto di fede per cui quella credenza tra le tante diventa certezza. Sì fa la stessa cosa con i gatti neri: chi dice che i gatti portino sfortuna o chi dice che proprio quelli neri e non, per esempio quelli grigi portino sfortuna? Facile: basta fare un atto di fede per cui i gatti neri portano sfortuna.
Un buon esempio può essere a mia rappresentanza quello di Montaigne, scettico per eccellenza, il quale definì il cristianesimo proprio come la soluzione ultima e piu' adatta allo scetticismo in quanto tale: dovendo sospendere l'assenso sulle cose, sulla realtà e a tratti persino sull'io è naturale per lui (e per me) pensare alla fede Cristiana come alla religione piu' " scettica" che ci sia, poiché non basa la rivelazione sulle impressioni dell'uomo (fallace e finito), ma sulla parola di ***, che nel campo della verità ha molta piu' autorità di me. Gesu' stesso dice che noi (e tra noi, anche io)"non vedremo" e dunque non avremo l'evidenza, ma ciò nondimeno questo ci rende automaticamente beati, perché crederemo comunque.
E' quindi automatico ragionare sul come la fede non si basi né abbia obbligatoriamente ragione nella "vista", perché se all'evidenza e alla certezza si dessero il primato del luogo della fede allora ben pochi sarebbero i cristiani a predicare la buona novella, invece è proprio questo suo tratto sovrarazionale e specialmente dimissivo del giudizio verso chi ha veramente il potere di fare giudizi che mi ha trascinato a ripensare sempre in maniera nuova la mia fede.
E dal canto mio non è affatto detto che il percorso sia finito.
Ovviamente mi puoi e hai tutto il diritto di ribattere, come d'altronde ho fatto prima anche io, che il mio relativo approccio alla fede non fa la regola nè giustifica in qualche modo la definizione canonica di fede - che detto francamente, non conosco-, ma il mio intervento non ha un fine positivo quanto piuttosto uno negativo: mi serve a farti capire quanto banalizzare l'idea che hai della fede, considerandola una sorta di salto nel vuoto senza significato e paragonabile alla superstizione, non permette a te stesso di affacciarsi ad essa nè rende giustizia a tutti coloro che credono veramente e che hanno probabilmente usato molto, tanto, il proprio intelletto prima di dire "si, ci sto".