Conosco abbastanza la questione ma non in modo approfondito.Immagino che l'introduzione di questi organi derivi dalla tradizione coloniale inglese e dalla tendenza di riconoscere spazi di autonomia giuridica alle comunità di minoranza, tipo in India.
Sono tendenzialmente d'accordo nel riconoscimento delle specificità di un gruppo religioso, ma credo che vi siano anche qui dei limiti. Mi stupisce più che altro che nel sistema inglese abbiano dovuto commissionare una ricerca sulle attività e sul funzionamento dettagliato di molti sharia councils. Come se lo Stato non fosse completamente a conoscenza di queste attività. Mi aspettavo il contrario, nel nostro ordinamento il funzionamento della possibilità che norme e atti di natura religiosa abbiano effetti civili è (pur con tutti i suoi problemi) più chiaro. Mi riferisco alle sentenze del diritto canonico che hanno efficacia civile, anche se parliamo di situazioni con una storia molto diversa.
Pare che il funzionamento di molti Sharia councils favorisca l'inclusione sociale delle comunità musulmane, visto che fungono spesso da punti di consulenza in questioni legali e da centri di mediazione in campo civile commerciale e familiare. Molte comunità percepiscono la separazione di quelle che sono decisioni secondo i valori islamici e quelle che derivano da valori dello Stato come non necessariamente in conflitto ma come due piani diversi.
Questo mi sembra positivo.
Un punto potenzialmente problematico è sicuramente il fatto che alcune decisioni nel campo di diritto di famiglia abbiano efficacia di lodo arbitrale e possano essere convalidate dai tribunali. In quel caso occorre che ci sia molta chiarezza e attenzione, perché ci vogliono criteri precisi nel vagliare la compatibilità tra precetti religiosi e ordinamento civile, alcune cose non possono passare e avere efficacia civile.
Di per sé non la vedo come un male, però molto complicato.
In realtà quello a cui voi probabilmente fate riferimento è la società multiculturale.
La società multiculturale è quella in cui viviamo adesso, in cui, per varie ragioni, le persone che risiedono in un dato territorio sono portatrici di culture diverse. E' un po' come una fotografia.
Il multiculturalismo, invece, è un'insieme di teorie su come affrontare la società multiculturale, sviluppatosi soprattutto in Canada e negli USA. Il Canada è considerata un po' la patria del multiculturalismo, anche se lì l'esigenza nasce dall'esigenza della convivenza tra i gruppi anglofoni e francofoni, nonché gestire la questione degli indigeni (i popoli che abitavano il Canada prima delle colonie).
Per come si sviluppa in generale il multiculturalismo, visto che molte legislazioni e politiche nazionali spesso volontariamente o meno seguono questo schema, uno dei suoi problemi è che tende a inquadrare le culture come gruppi chiusi e rigidi e a dividerle. Riconosce l'esistenza e il diritto di una minoranza, ma questa non deve intaccare troppo i diritti della maggioranza. Quindi le politiche multiculturaliste tendono a creare città divise in cui abbiamo quartieri caratterizzati dal punti di vista etnico o culturale. Il quartiere italiano, cinese, marocchino e così via...
Con ciò aumenta l'incomunicabilità tra le culture (e prima ancora tra le persone), magari sviluppando veri e propri "ghetti" dove si concentrano altri problemi, immigrazione, povertà, degrado sociale.
Personalmente propendo per l'altro modello che si cerca di attuare, quello dell'intercultura, in cui si privilegia la comunicazione e la relazione tra le culture, evitando di dividere i luoghi in cui abitiamo per settori culturali, favorendo la coabitazione.