Prima di immergermi nella lettura del DEF, del quale dovrei essere relatore in Commissione Speciale (povero Serendippo, abbracciatelo fortissimo!), vorrei ricordare una cosa a tutti quelli cui questo blog ha insegnato a leggere la realtà con occhi diversi, a unire i puntini in un quadro coerente.Se oggi potete ascoltare
queste parole, o
queste parole, cioè se potete sentirvi rappresentati nelle nostre istituzioni, se potete sperare che alle parole seguano i fatti, se avete una ragionevole e fondata speranza che il nostro paese riprenda coscienza della propria dignità, e che nelle istituzioni si torni a ragionare in termini di interesse nazionale e non di pensiero magico, se questo è accaduto, lo dovete certo alla tenacia di Claudio e mia, alla nostra volontà di combattere per il nostro paese, per il nostro (cioè anche vostro) interesse: questa, naturalmente, era una condizione necessaria.Tuttavia, non sarebbe stata sufficiente.Affinché queste idee buone, per quanto non particolarmente originali, anzi, direi: buone proprio perché non particolarmente originali, al limite del tautologico (un accordo monetario insostenibile è insostenibile, regole fiscali procicliche sono procicliche), affinché queste idee, dicevo, potessero trasformarsi in prassi politica, potessero giungere nel Palazzo, un altro snodo è stato indispensabile. Il vero punto di svolta è stato l'ascolto che Matteo Salvini ha dato al nostro messaggio. Quello che vi permette oggi di vedervi rappresentati in Senato e alla Camera è stata l'umiltà intellettuale e l'apertura di spirito con cui Salvini ha accettato, a differenza di tutti (cioè tutti) gli altri politici italiani, di confrontarsi con una visione del mondo alternativa. Aggiungo che anche questo non sarebbe bastato. Se siamo arrivati dove per anni avete auspicato che noi arrivassimo è perché c'è una struttura, un partito, fatto di centinaia, migliaia di militanti, che da decenni lavorano in territori non sempre propizi, per creare quella rete territoriale che è, in democrazia, elemento imprescindibile per un reale esercizio della democrazia partitica. Queste persone, a loro volta, hanno avuto il buon senso e il coraggio di accogliere l'invito del loro leader a un profondo cambiamento di prospettiva.Inutile che vi dica l'ovvio: di questo partito io non ho condiviso la storia, e in passato ho spesso avversato le posizioni. Basta leggersi il mio primo articolo esplicitamente politico,
quello del 2011, dove definivo la Lega una "destra becera e nazionalista", aderendo totalmente al cliché che i media, dei quali pure sapevo la natura intrinsecamente truffaldina, mi proponevano. A mia discolpa posso dire che quella Lega era ancora la Lega Nord, animata da tensioni secessioniste, la Lega che aveva in Italia l'atteggiamento che la Germania ha in Europa: noi siamo migliori e gli altri si fottano. Questo atteggiamento è cambiato, e Matteo Salvini ha chiesto scusa al resto del paese, aprendo una nuova stagione. Capisco le diffidenze, capisco le ferite difficili da rimarginare, non voglio giudicare. Quella Lega, però, pur con i suoi limiti (se ha deciso di cambiare, significa che percepiva come un limite essere un partito regionale), stava costruendo la struttura che ha poi permesso a Claudio e a me di fare azione politica. Da allora ho anche studiato molto, deponendo la saccenza dell'intellettuale di sinistra che sa di sapere, capendo che le nazioni non sono così male se consideri l'alternativa, e che il progressismo non è una buona idea se davanti a te c'è un baratro. Ma al di là dell'evoluzione del mio pensiero, che è avvenuta qui, con voi, cui tutti voi avete assistito e partecipato, resta un fatto: quelle persone che giudicavo in modo sprezzante stavano lavorando per me, anche se io non lo sapevo, e nessuno poteva saperlo.