Certo, perché le opinioni che vengono espresse da Trump sono come quelle di un privato cittadino, vero? E il fatto che l'amministrazione sia ripetutamente ostile ai late night show è solo una mera coincidenza con la chiusura di due di questi in appena 2 mesi. E nel caso in cui chiudessero Fallon e Meyers dopo che Trump ha espresso pubblicamente il desiderio che chiudano pure Fallon e Meyers, sarebbe anche in quel caso solo un'altra fortuita coincidenza.
Puoi addurre tutte le motivazioni che vuoi, certo è che il tempismo non è dalla tua parte, né lo sono i desideri espressi di Trump.
Le supposte perdite (non ho trovato dati certi, solo stime) economiche di Colbert non giustificano la chiusura del late show più un seguito in un panorama in cui tutti i late show sono in calo.
Poi le denunce dovrebbero arrivare per la gestione di Twitter nella campagna 2020? Tu ricordi quello della campagna elettorale e delle elezioni del 2020? Non quello che successe 2 mesi dopo?

boh Ken, stiamo parlando davvero del nulla. E stai prendendo le difese (mettendoti abbastanza in imbarazzo) di uno che è apertamente ostile agli organi di informazione a lui non compiacenti. Di cosa stiamo parlando?
Non si tratta di
"censura" e nemmeno di "tappare la bocca"... Nessuno ti impedisce di dire stupidaggini negli USA, il primo emendamento protegge la libertà di parola ed è sacro per gli americani. Infatti nessuno ha impedito a Kinnel di dire le sue cazzate, e in 20 anni ha ricevuto parecchi ammonimenti ma credo che questa sia la prima volta che sbeffeggia pure un fatto di cronaca. Quindi di cosa parliamo? Parliamo di un’azienda privata (ABC) che ha deciso di liberarsi di una figura che poteva rappresentare un danno commerciale. È la stessa logica con cui molti marchi di moda hanno interrotto i rapporti con Chiara Ferragni dopo il caso del panettone.
Se sei un personaggio pubblico o un influencer e fai dichiarazioni fuori luogo, specie su temi delicati come una tragedia, è molto probabile che la tua azienda decida di interrompere i rapporti con te. Non è censura: è tutela della propria immagine e del proprio prodotto.
Un esempio simile è quello della DC Comics, che ha cancellato un nuovo spin-off fumetto di Batman dopo che la sceneggiatrice idiota aveva pubblicato sui social commenti ironici proprio su questa tragedia. Quando si decide di "festeggiare" su cose serie o dolorose, si finisce spesso per pentirsene ma a quel punto non si può invocare la censura. È semplicemente un tuo atto volontario di esprimere un'opinione, in questo caso il voler esibire un’ideologia in modo superficiale e provocatorio porta conseguenze.
Quando si sceglie di esercitare la propria libertà di espressione per “commentare” tragedie con battute stupide o ciniche, non ci si può poi sorprendere se arrivano delle conseguenze. In questo caso, l’azienda ha esercitato a sua volta la propria libertà quella di tutelare l’immagine del marchio attraverso il licenziamento. Quindi anche per la sceneggiatrice licenziata dalla DC
, quindi ha stato Trump? Ovviamente no, ci sono tantissimi altri episodi di licenziamenti di persone che tu ignori, perché settori che non frequenti, gente che ha avuto le stesse ripercussioni lavorative in questi giorni per i loro stupidi commenti sui social su questa tragedia. Sono cose che sono sempre avvenute, non le scopriamo oggi, durante l'era Biden dems e soci si licenziava per altri fatti ecc ecc è sempre stato così per ogni episodio "divisivo" (anche se per mia opinione personale, su una tragedia bisognerebbe solo far silenzio e senza fare il tifo, o commentare cose strampalate ideologiche come alcuni impudentemente hanno fatto e poi scoprire che "esistono conseguenze lavorative")
Gridare alla censura, in questi casi, è solo un modo per sottrarsi alle responsabilità delle proprie parole. Non è censura, è la naturale conseguenza di un uso irresponsabile della libertà di parola.
Questo episodio è emblematico di una dinamica sempre più diffusa nella nostra società: la confusione tra libertà di espressione e libertà dalle conseguenze.
Viviamo in un’epoca iperconnessa, in cui ogni dichiarazione pubblica anche fatta “a titolo personale” viene percepita come rappresentativa di un’identità più ampia, quella professionale, politica o culturale. Le piattaforme sociali hanno abbattuto il confine tra sfera privata e pubblica, e molte persone sembrano ignorare che la visibilità comporta anche responsabilità.
In questo contesto, invocare la “censura” ogni volta che un’opinione provoca una "conseguenza" negativa in ambito professionale è un sintomo di immaturità culturale.