Questo però è un altro discorso: gli uomini non stavano male in quanto esclusi dal mondo delle possibilità in quanto uomini, ma stavano male perché operai schiavi nelle miniere.
Però, quando scoppiava le guerra, in quanto uomo, non avevo alcuna possibilità di tirarmi indietro in modo "legale", e con tutta probabilità sarei andato incontro alla morte. A me questo sembra essere escluso dal mondo delle possibilità in quanto uomo.
Ti dirò, finché il dogma è "maschio oppressore femmina oppressa", lo accetto: è uno sloga semplificato di ciò che storicamente ha portato alla nascita del movimento.
Ni. Il movimento nasce per rivendicare pari diritti e opportunità tra donne e uomini. E' molto diverso dalla retorica che viene perpetrata oggi. E' semplificato? Si. Ma questa semplificazione a cosa porta? Alla discriminazione del genere maschile nel suo complesso, che non porta alla presa di responsabilità del singolo individuo.
A mio avviso, la cosa interessante è il patriarcato affligge anche l'uomo, che sempre in dinamiche su piccola scala come quella familiare, magari scoraggia il bambino ad andare a danza. E non a caso parlo di famiglia, non del padre di famiglia, perchè anche la madre di famiglia può esercitare la stessa filosofia seppur ricopra il ruolo di sottomessa.
Super legittimo. Questa è una battaglia giusta che ha a cuore l'interesse di tutti, non di uno a scapito dell'altro.
Da qui l'importanza di capire il perimetro della discussione: dinamiche in cui la donna è la violenta della famiglia, non ricadono nella tematica del patriarcato. Il patriarcato ha la sua definizione, la madre violenta in famiglia ha un'altra definizione, o se non ce l'ha è perché non è sorto un motivo per coniarla. Ora, il motivo per cui non esiste lo rimanderei.
Non vedo perché rimandarlo. Se viene passato sottobanco come una cosa poco rilevate è proprio perché la retorica del "Maschio oppresso e femmina oppressa" oppure il termine "patriarcato" hanno garantito una specie di immunità mediatica ai crimini commessi dalle donne. Se ne deve parlare, perché è importante.
In tutto ciò, sbagli a dire che il femminicidio discrimina gli omicidi di genere ai danni maschili, semmai l'attenzione mediatica è tutta focalizzata sui primi. Poi potremmo discutere del fatto che su 100 omicidi di genere, 90% sono a danni di donne e quindi il focus su una problematica è più o meno giusto, però è a mio avviso sbagliato ribattere ad un tema evidente (dicevo l'altra volta che per certi indicatori l'unico numero giusto è "0") chiedendosi del perché allora non si parla di altro. Di sicuro con una nazifemminista sarei il primo a farlo perché sarei infastidito dall'essere additato come nemico per le colpe dei miei padri (colpe su piccola scala, visto che non ho origini oligarchiche), ma in generale riconosco che lo farei solamente per una difesa violenta.
Il motivo per cui dico che parlare di femminicidio è discriminante è perché, secondo me, alimenta la lotta tra i sessi. Alimenta il dogma "maschio oppressore femmina oppressa". E' vero, sono più maschi a uccidere le donne piuttosto che le donne a uccidere i maschi, ma questa retorica del "chi ammazza di più" delegittima tutte le vittime dell'altra categoria. Questa lotta di chi è più sfigato polarizza soltanto le masse. Non posso mai dimenticare di quando morì una povera ragazza sul lavoro. La notizia è ha fatto il giro del web e dei servizi mediatici.
Giustissimo.
Qualche mese fa, però, il collega di un mio amico è morto decapitato, letteralmente, da un cavo spezzato su una nave da crociera. La foto del suo corpo senza testa ha fatto il giro tra telefoni. Con tutta probabilità è finita anche tra le mani della famiglia. Nessuno ne ha parlato.
Il bias è notevole, è pensante, asfissiante.
Si dice che i casi delle donne che denunciano moleste e violenze stia aumentando, che finalmente stanno venendo a galla. Da una notizia del genere si evince chiaramente che i maschi violenti e molestatori sono pari se non superiori alle denunce fatte, ma non è così, perché nel calderone delle denunce fatte non si fa discriminazione tra denunce vere e quelle fatte da donne che strumentalizzano la tematica per perseguire i propri fini. Per togliere a un uomo casa, soldi, diritto di vedere il figlio crescere. Per negargli i suoi diritti, la vita. E i casi sono così tanti da far venire i brividi. La caritas dice che un uomo povero su due è un divorziato.
Non si parla di quanto le donne siano avvantaggiate in materia di genitorialità a completo svantaggio dell'uomo.
Non si parla del fatto che il 15% dei secondo geniti non siano figli del proprio padre. 25% per i terzogeniti. Questa non è violenza?
Dicendo queste cose sembra che io contraddica me stesso perché sto facendo a gara chi è più sfigato. Però quando leggo nei social, soprattutto dopo quanto è accaduto a quella povera ragazza, tutto l'incitamento all'odio che viene perpetrato ai danni dell'uomo, e che viene normalizzato, incentivato, mi viene veramente una tristezza infinita. Leggo commenti di ragazzini che scrivono "mi vergogno di essere nato maschio". Questa non è sensibilizzazione.